venerdì 28 febbraio 2014

Il nuovo Arcivescovo, tutto suo Papa


Da "La Stampa" di oggi 28 febbraio, edizione Vercelli

ERI LA NOMINA. TOCCANTE PASSAGGIO DI CONSEGNE TRA TORINO E PIAZZA D’ANGENNES
L’arcivescovo è don Arnolfo
L’ex parroco di Orbassano: scoprirò Vercelli in sella alla mia bicicletta
ALESSANDRO BALLESIO MASSIMO MASSENZIO

«Se il Signore ha voluto scegliere una zappa, cercherò di dissodare la terra come Lui chiede. Tanto più che Vercelli è zona di riso». Sono le prime parole - semplici, come è lui - di don Marco Arnolfo da nuo- vo arcivescovo di Vercelli. Era a Torino nella sede dell’arcidiocesi, ieri a mezzogiorno, quando è stata annunciata la nomina della Santa Sede. Mentre a Vercelli le campane suonavano a festa: nella sala del trono l’ideale passaggio di consegne con monsignor Enrico Masseroni che ha letto a una folla di parroci e di autorità la comunicazione di Roma.

Non farà il suo ingresso prima di un mese
Ma c’è chi ipotizza
la cerimonia a maggio


Ora tutti si chiedono quando don Arnolfo inizierà il nuovo incarico. «Non prima di un mese», è il messaggio che arriva dalle due curie. E forse nemmeno prima di Pasqua. «Perchè in tempo di Quaresi- ma è difficile trovare spazio per una liturgia solenne come una consacrazione episcopale», spiegano in piazza d’Angennes. C’è chi ipotizza un ingresso ufficiale domenica 11 maggio, in occasione della Fe- sta del buon pastore. Dopo essere stato ordinato vescovo, a Torino. Per questo motivo la Chiesa vercellese sarà retta ancora da Enrico Masseroni,

Dopo la nomina, monsignor Marco Arnolfo ha rivelato che la chiamata del Papa, attraverso il Nunzio Apostolico, era già avvenuta la scorsa settimana. «La prima reazione è stata di sorpresa e stordimento. Già in passato avevo fatto capire che quello del vescovo non era il mio posto, ma sono uscito da quel colloquio sollevato e ho detto: "eccomi!". Don Marco non ha mai nascosto la sua intenzione di rimanere ad Orbassano, anche quando il suo nome era stato accostato al vescovado di Ivrea e Aosta. La chiamata del Papa, però, gli ha fatto cambiare idea: «Da quel momento mi si è scongelato il ghiaccio attorno al cuore e ho messo tutto nelle mani del Signore. Mi sono detto che questo incarico o si svolge con uno spirito di fede o non si inizia nemmeno».
Ma non nasconde le prime preoccupazioni: «Tra i desiderata della diocesi vercellese c’è quello di avere un vescovo di esperienza, con un alto profilo spirituale e culturale. Io credo di non avere queste caratteristiche e nemmeno la preparazione adeguata per quanto riguarda le relazioni ufficiali».
Il nuovo vescovo non è mai stato a Vercelli, ma si dice affascinato dalla nuova avventura: «Non conosco la città, ma mi piace l’idea di questo pellegrinaggio che mi porta nella città di Sant’Eusebio, culla del Cristianesimo in Piemonte e in Italia. Parto con grande fiducia, sapendo di trovare un vescovo che mi vuole bene. Avrò bisogno più che mai della sua esperienza e della sua guida».
Di certo non lascerà la sua inseparabile bicicletta: «A Orbassano mi spostavo comodamente sulle due ruote: continuerò a farlo anche a Vercelli».

Carta d’identità
Nato a Cavallermaggiore è anche laureato in Fisica
􏰀 Nato a Cavallermaggiore (Cuneo) il 10 novembre 1952, è stato ordinato sacerdote a Monasterolo di Savigliano dal cardinale Anastasio Alberto Ballestrero il 25 giugno 1978. Viceparroco a Chieri e a Santena dal 1982 al 1987. Rettore del Seminario Minore di Torino dal 1987 al 2001 (i primi 5 anni a Giaveno, poi a Torino). Direttore Opera «Città dei Ragazzi», dal 1995 al 2009. Parroco a San Giovanni Battista, in Orbassano, dal 1° ottobre 2001 (è la parrocchia più popolosa della diocesi di Torino). Vicario Episcopale per il Distretto Torino Ovest dal 2008 al 2011. Cappellano di Sua Santità dal 20 marzo 2010. Fa parte del Consiglio Presbiterale Diocesano e della Commissione scrutini candidati al presbiterato. Si è laureato in Fisica all’Università di Torino.

Le immagini e i video su
www.lastampa.it/vercelli 

martedì 25 febbraio 2014

Due giornalisti e la Segretaria Provinciale del PD candidati sindaco a Vercelli

Ormai sapete tutti che nelle imminenti elezioni amministrative del 25 maggio, che ci coinvolgono, a Vercelli si presenteranno candidati a sindaco ben due miei colleghi e amici, l'un contro l'altro armati. Non ricordo sia mai successo, qualcosa di simile. Enrico De Maria, con Pedrale, è stato per tanti anni capo delle pagine de La Stampa di Vercelli, e ultimamente dalla pensione collaborava con la Sesia: giornale di cui è stato direttore, fino a poche settimane fa, Remo Bassini, un tipo tosto, scrittore di romanzi, che si candida invece dalla parte opposta, con SEL e Voce Libera. 
Entrambi hanno dimestichezza con il mondo della politica locale, per via della loro professione, a differenza di me che sono sempre vissuta in un mondo a parte, delle arti nazionali e internazionali, per mia scelta espressa, dopo una militanza di pochi anni nelle cronache italiane. Chi l'avrebbe mai detto, che sarei decenni dopo diventata per due volte sindaco del mio Paese. Anche loro faranno i conti con attacchi feroci, e cattiverie magari più mascherate con l'educazione rispetto a quel che succede a me. Glielo auguro.

Completamente nei meccanismi della politica è invece Maura Forte, professoressa e segretario provinciale del PD, che ho conosciuto soltanto due settimane fa e mi è sembrata una persona forte davvero, e positiva. Nomen o men  Che bello che ci siano delle donne candidate sindaco, e che si sia ora obbligati a mettere donne nelle liste. Una grande speranza. 

Il metodo Boffo applicato a Crescentino

Vi ricordate il metodo Boffo? Tristemente famoso, così chiamato dall'ex direttore del quotidiano cattolico l'Avvenire. Dino Boffo nel 2009, avendo assai criticato sul proprio giornale le avventure di Berlusconi con le sue innumerevoli signorine, si vide accusare in contropartita certi pregressi non commendevoli come molestie sessuali e altre amenità su "Il Giornale", di proprietà della famiglia Berlusconi.  
Seguirono dimissioni di Boffo dall'Avvenire, indagini, denunce: finché Vittorio Feltri fu costretto a scrivere sul Giornale, tre mesi dopo: "La ricostruzione dei fatti descritti nella nota, oggi posso dire, non corrisponde al contenuto degli atti processuali". Feltri fu poi sospeso, per questo fatto, per tre mesi dall'Ordine dei Giornalisti. 

La calunnia, insomma, non è solo un venticello. E il metodo Boffo applicato alla Venegoni (che sono io) va forte a Crescentino. A partire dal consigliere Mosca, che Manzoni adorerebbe, e che d'ora in poi ripartirà con rinnovata energia. Ma dopo aver scritto che non sono mai in ufficio - la calunnia più odiosa - il mio ex Vice dal blog di Novo ne ha dato un nuovo buon esempio stamattina, andatevelo a leggere di là perché io non ho più voglia, e finisce qui. 
Mentre il PD di Crescentino (o alcuni dirigenti) mi chiede di reintegrarlo, lui rincara la dose della settimana scorsa, e sull'episodio della mia richiesta di solidarietà nei confronti di chi ha problemi economici, tira fuori che avrei chiesto per le persone in difficoltà la sua indennità di agosto che lui si era guadagnato mentre io stavo a Miami in vacanza. 
Ora, anche le pietre sanno perché io vado a Miami. "Quell'imbecille di mio marito", come lo ha chiamato lui venerdì scorso, ha avuto dei per così dire problemini, e i protocolli americani richiedono controlli ricorrenti, anche a distanza di tempo come nel nostro caso. Utilizzare questo mezzuccio, assai demagogico, qualifica chi lo faccia.
Intanto in Comune, da lunedì scorso, abbiamo smesso di essere tutti dipendenti dell'Italcardano. Si lavora in armonia, per quel poco tempo che resta. 

lunedì 24 febbraio 2014

Il lancio delle sigarette, e il fattore G (come generosità)

Leggo sui giornali locali qualche titolo che mette in rilievo "le sigarette lanciate contro il vicesindaco".
I giornali fanno il loro mestiere, e il titolo è succoso. Ma il giornalismo dice anche che i fatti vanno contestualizzati, altrimenti non se ne coglie il senso reale.
L'episodio del titolo è sicuramente riprovevole, e me ne dolgo; anche perchè non corrisponde al mio carattere, visto che le cronache di questi giorni rivelano di quali incredibili di capacità di sopportazione io abbia dato prova per 5 anni. Ma la contestualizzazione dell'episodo che ora porto a conoscenza pubblica penso possa mitigare la dimensione della mia reazione.

Alcune famiglie della nostra città si erano rivolte in Comune, ad inizio anno scolastico, perché in difficoltà ad acquistare gli abbonamenti ferroviari dei loro ragazzi che viaggiano per frequentare scuole superiori a Casale o Vercelli o Chivasso; alcuni avevano anche altre esigenze, di cancelleria e varie necessità, come sa chi abbia figli studenti. 
Fortemente convinta del valore che ha lo studio, e la scuola, e del nostro compito di amministratori attenti a sostenere le famiglie in crisi, alla prima riunione di Giunta ho proposto agli Assessori, che tutti rinunciassimo a una mensilità della indennità di carica - quali che ne sia l'importo (c'è chi la percepisce integralmente e c'era già chi invece l'ha dimezzata o parzialmente ridotta, e chi l'ha interamente destinata a cause) - per costituire un piccolo fondo cassa con il quale dare intanto un aiuto a questi studenti; in alternativa, ci potevamo privare di una parte della somma almeno. Ciascuno avrebbe dato secondo le proprie possibilità - quando ci fossero state - e la propria sensibilità. 
L'ex-vicesindaco, invece, ha reagito con le sue solite maniere: "Ma no, figuriamoci! Io non ci metto una lira, queste sono cose tue, che sei una radical chic".
L'avevo seduto al mio fianco, e io avevo tra le mani un pacchetto vuoto di sigarette. D'istinto, conoscendo la sua dichiarazione dei redditi, e indignata per una accusa con la quale tentava di coprire il suo rifiuto, ho scagliato verso di lui il pezzo di cartoncino che avevo tra le mani. 

Sono cose che non si fanno, lo so bene, e me ne dolgo. Ma era un moto immediato dell'animo che denunciava il mio disprezzo. Non avrei comunque mai raccontato questo episodio se non fossi stata tirata per la manica.

venerdì 21 febbraio 2014

Ma che bello fare il Sindaco

Uffa. Ora, proprio basta. Per anni ho sopportato in silenzio vilipendi, insolenze, slealtà, dileggio, perfino volgari menzogne; da ogni parte. Da destra e da sinistra. L'ho fatto per amore della mia città, sacrificando il mio orgoglio e arricchendo la mia incredulità soltanto per evitare una possibile crisi istituzionale (sto reggendo il governo della città con una risicata maggioranza di 9 a 8, questo a oggi...).
Ma ora basta, mi sono proprio stufata.
Le insolenze e le villanie e la malaeducazione (non solo politica) di chi appare uno scaltro seguace di Azzeccagarbugli e usa l'istrionismo come arma politica, si congiungono felicemente – da parti opposte - con la cieca ambizione personale di chi dovrebbe difendere il lavoro del gruppo di maggioranza e invece si sgancia di continuo, per mettere in risalto la propria differenziazione, disprezzando ogni dovere di lealtà.
Ora basta, mi sono proprio stufata.
Questo mio lungo silenzio è stato considerato manifestazione di debolezza, e non di responsabilità, perchè la vacca di Valenza – quella che come la fa la pensa - ama praticare le strade di Crescentino, a destra e a sinistra. 

Invece la Giunta ha lavorato molto bene con impegno e sacrificio per realizzare il proprio obiettivo, di riportare al centro della vita pubblica della città l'egemonia dell'interesse pubblico su affari e traffici privati, ed è per questo atta sottoposta a ogni tipo di attacco. 

Presa a tenaglia tra questi due interessi così spregiudicatamente personali (mentre io considero l'attività politica come esercizio di un servizio all'interesse pubblico), sono apparsa stritolata nell'eco che fogli locali davano alle vicende politiche di Crescentino dipingendo con sollazzo presunte incapacità - e per questo ho anche dovuto querelare per tutelare la mia onorabilità, Non che io non faccia e non abbia fatto errori, ci mancherebbe. Ma sono stati sempre atti e scelte di cui mi sono assunta la responsabilità.  

Ma contrariamente a quanto queste due morse amavano mettere in giro, in Comune ci sto, eccome, lavorando in ufficio come qualunque persona che venga a cercarmi sa, a disposizione dei cittadini che vogliono incontrarmi e impegnandomi a risolvere i problemi, aiutare chi è in crisi o in difficoltà economiche, dare direttive sui progetti allo studio ascoltando tutti i pareri degli assessori che arrivando in Comune - tutti, meno uno - sono sempre passati nel mio ufficio a salutarmi e a discutere i problemi; quando debbo assentarmi, sto attaccata al telefono, in modo simile a quanto per esempio avrà fatto Renzi per dirne uno che conoscono tutti, e nessuno se n'è scandalizzato, sebbene i suoi incarichi e i suoi problemi fossero incommensurabilmente più gravi di questi di Crescentino. 
E comunque sempre ho assunto responsabilità mia, diretta, di ogni atto, anche quando c'era chi - come questa settimana, come fanno i topi se il gatto non c'è – approfittava della mia lontananza e si muoveva come se lui fosse quello che non è e che invece ambisce pazzamente di essere.

Penso che molti avranno trovato assai divertente che, dopo aver baccagliato per 5 anni a proporsi come “sindaco in pectore”, ora in una intervista pubblica c'è chi va professando che mai e poi mai lui ha pensato di candidarsi, e che è il popolo, invece, a chiamarlo a questo incarico. Petrolini, quando prendeva in giro Mussolini, non sarebbe stato capace d'inventare una gag altrettanto spassosa. E' però più grave che, vestendo malamente i panni deamicisiani di maestrino dalla penna rossa, si permetta di giudicare e votare il lavoro dei suoi colleghi, assegnando naturalmente a se stesso il 10 in condotta. Solo Berlusconi s'era visto capace di tanta presunzione.
A chi poi, nella stessa intervista, dice che “il pd mi ha dato i suoi voti” e legge i dati statistici preferendo ignorare il fattore “trascinamento” della leadership, ricordo che io ho apprezzato la presenza di membri del Pd nella mia Giunta e ho valorizzato il lavoro che i suoi assessori, tutti, hanno svolto insieme con gli altri assessori per realizzare il programma presentato 5 anni fa alla Città. E poi: è così difficile per il PD dire "grazie" a un sindaco come me, che da cinque anni le prende da destra e da sinistra? Come io dico "grazie" al Pd che mi ha sorretta, perché quel Pd di Crescentino fa così fatica a compiere un semplice gesto di gentilezza, e naturale cortesia istituzionale? Già, ma in questa storia il Pd di Crescentino, i suoi uomini e le sue donne, i suoi elettori anche senza tessera, non c'entrano nulla; sono altri che non sopportano la cortesia. 
Ma voglio anche ricordare con ogni chiarezza che mai e poi mai, né nel '94 né nel 2009, ho avanzato autonomamente una mia candidatura; in entrambe le elezioni, sono stata richiesta, o pregata, di candidarmi per aiutare un progetto di sinistra destinato altrimenti a essere sconfitto. Sono stati sconfitti gli altri, quelli della destra, ma l'intervistato, nella sua ossessione di delegittimare comunque la figura del sindaco, si affanna a precisare che il sindaco ha vinto perchè è stata la destra a perdere. Che genialità.

La spregiudicatezza è arrivata al punto che mi è stato mandato un messo con un ultimatum, come si comporterebbe un qualsiasi padrone del vapore e non chi esercita soltanto un semplice compito vicario (compito al quale, poi, è stato chiamato soltanto come terza scelta, come scelta di ripiego, dopo che altri due candidati che a me apparivano più adeguati avevano dovuto rifiutare per impegni professionali).
Con questi ultimi atti sconsiderati, che mi sembrano non più sopportabili, lesivi del lavoro di gruppo, e comunque strumentali a una provocazione per chissà quali fini, il vicariato appare definitivamente inadatto a chi l'avevo assegnato. Spiace per il lavoro che ha fatto, indubbio, e del quale lo ringrazio. Ma non è soltanto il lavoro che qualifica una persona. La correttezza e lo spirito di gruppo non hanno mai ammazzato nessuno. 

Ho ritirato quindi le deleghe a Franco Allegranza, tenendole per ora ad interim nelle mie mani,  e al suo posto di vicario ho scelto l'assessore Gabriele Massa.
Sono perfettamente consapevole della gravità di questo momento, e dei rischi nei quali vengo trascinata a forza data l'esiguità dei numeri, ma il tempo della chiarezza e delle responsabilità è giunto, alla fine. In questi 5 anni, ho tentato di realizzare un compito che rendesse manifesta la totale mancanza d'un qualsiasi interesse personale nell'attività politica che svolgevo per la mia città, e ho trovato compagni di strada come Taverna, Malara, Massa, Ravarino, Casa, Ratto, Graziano non soltanto leali ma, anche, portatori d'una forte concezione dell'impegno individuale, spesso anche con il costo di sacrifici non comuni. 
Sono grata a ciascuno di loro a nome della città intera, quali che siano le scelte elettorali che i cittadini avevano fatto: sappiano, i cittadini di Crescentino, di aver avuto alla guida della città donne e uomini preziosi, che hanno sempre operato per il bene comune e mai per stessi, quando hanno fatto bene o anche quando hanno sbagliato. E quando hanno sbagliato, se errori ci sono stati, la responsabilità è stata sempre mia, comunque. 
L'idea è stata di mostrare concretamente che è possibile esercitare il potere pubblico con le mani pulite e senza badare a interessi di parte. Solo un'assunzione, alla Mossi&Ghisolfi, soprattutto perché nemmeno a me comunicata anche solo per pura cortesia, mi ha fatto molto male. Per me, per noi, essere alla guida del Comune non è stato mai conquista del potere ma gestione degli interessi comuni, spesso con a disposizione più fantasia che non soldi se non i propri (vero, dott. Ravarino?). In questo, qualcuno, purtroppo, è mancato, e ha minato l'efficacia del nostro lavoro e la coesione del gruppo, al punto che il presunto “candidato del popolo” non è riuscito a trovare per la sua lista elettorale in preparazione nemmeno l'adesione di coloro che, eppure, erano stati suoi compagni nella difficile avventura di “Amare Crescentino”.
Le figure divisive raccolgono soltanto tempesta (io, nella mia ingenuità, sono perfino stata più volte a parlare con i dirigenti provinciali del partito comunque coinvolto, perchè riportassero alla ragione chi stava danneggiando il nostro comune lavoro). L'ultima esternazione pubblica così furente e fuori da ogni ragionevolezza mi ha però costretto a un atto che per 5 anni non avevo voluto decidere, perchè io “amo Crescentino”. Però, c'è un limite. 
Quando, tra non molto, tornerò al mio lavoro professionale e alla vita privata, potrò essere orgogliosa delle energie e del tempo che in questi difficili momenti ho dedicato alla mia città, per tentare di aiutarla a venir fuori dalla drammatica crisi che sta vivendo insieme con il nostro Paese. 

venerdì 14 febbraio 2014

Una targa per Josef Steiner, ultima opera dei fratelli Salati

Sabato 15 febbraio, alle ore 15, scopriremo in via Roma, accanto alla porta di Palazzo De Gregory, una targa in ricordo di Joseph Steiner, il cittadino tedesco a lungo residente a Crescentino, proprio in quel palazzo, che con la sua azione diplomatica contribuì a salvare molti crescentinesi negli anni tragici del nazifascismo e della Resistenza. 
A ricordare la figura di Steiner sarà la prof. Marilena Vittone.

La targa marmorea, che reca una frase di Primo Levi, è l'ultima opera dei Fratelli Salati, prima dell'imminente chiusura del loro celeberrimo laboratorio artigiano. Se ne va, con la loro sapienza che riassume più generazioni di maestri, un altro pezzo di una Crescentino capace di primeggiare, bonaria e operosa. Grazie al loro talento, con l'augurio di un riposo sereno in questa stagione della loro vita.










giovedì 13 febbraio 2014

Correttore di bozze


"Solo più" in italiano non si dice, e non si scrive. E' un piemontesismo che traduce letteralmente "mac pi". 


lunedì 10 febbraio 2014

Nicoletta Ravarino: la serata per i risicoltori

Di Nicoletta Ravarino, assessore alla Cultura e all'educazione.


La serata del 5 febbraio è stata dedicata ai nuovi aspetti della risicultura nella sfida del mercato globale.
Sono intervenuti la dott.ssa Cinzia Mainini e Dott. Vito Baroni , ricercatori presso il Dipartimento di Studi per l'Economia e l'Impresa dell'Università degli Studi del Piemonte Orientale.
Chi ha sfidato la serata piovosa è stato ricompensato dalle idee offerte dalla bravura dei 2 relatori che hanno analizzato il panorama italiano, valutando i pro e i contro della nostra organizzazione agricola a vocazione risicola.
Solo per citare 2 dati statistici, la produzione italiana rappresenta il 56% a livello europeo contro lo 0,4% a livello globale. Il che permette di capire che la sfida va compattuta soprattutto facendo forza sulla peculiarità del nostro prodotto.
Quindi mantenimento dei livelli di qualità a fronte di una riduzione del 13% dello scorso anno del coltivato, con problematiche legate alla parcellizzazione del settore. Le nuove strategie passano, alla luce della riduzione dei contributi europei, attraverso la capacità degli agricoltori di fare cooperazione, requisito fondamentale in futuro per avere accesso ai fondi europei.
Questo il primo grosso problema che i relatori intravvedono: iniziare a ragionare non più in termini individuali ma collettivi. Non ci siamo abituati.

L'Europa prevede anche la costituzione di aree di rispetto per salvaguardare la biodiversità, per i terreni meno produttivi. E  potrebbe essere un'opportunità per il territorio favorire fonti di reddito alternative, ad esempio legate al turismo europeo di birdwatching, cioè l'osservazione degli uccelli, un'attività e una passione che godono di un successo crescente.
Nel nostro territorio esistono già aree dedicate, come la palude di SanGenuario, e cascina Ressia che adeguatamente potenziate potrebbero rientrare in questi circuiti.
Le relazioni sono state esaustive. Si è parlato nella prima di sviluppo locale, distretti agroalimentari e ampiamenti di risicoltura.
Nella seconda relazione, più tecnica, si sono affrontate le soluzioni finanziare  innovative per favorire accesso al credito e sviluppo locale. 
Alla fine, vivace dibattito.
I relatori hanno soddisfatto a pieno la miriade di domande dei presenti che ho  intervistato alla conclusione.Tutti molto soddisfatti ma un po' scettici per quanto riguarda la cooperazione. Alcuni hanno citato esperienze pregresse non troppo positive.

Cercherò di organizzare, a breve, un altro evento analogo, fermamente convinta che la formazione sia fondamentale per un processo di ammodernamento anche rapido a cui siamo tutti tenuti se non vogliamo restare ai margini . I relatori hanno raccolto un questionario con i temi di approfondimento desiderati , che saranno oggetto del prossimo incontro.
Vorrei vedervi ancora più numerosi perchè è in gioco la nostra sopravvivenza, e mi piacerebbe insieme con voi mettere le basi per una strategia vincente che faccia crescere il nostro paesello, come abbiamo cercato di fare con la rete informatica.

sabato 8 febbraio 2014

Un complesso maschile

Di Natalia Aspesi, da Repubblica dell'8/2/14

Un tempo c'erano le madonne e le puttane, e ogni donna aveva la sua collocazione e la sua funzione. Adesso le donne invadono luoghi, per esempio gli anfratti della politica, dove per secoli avevano diritto di accesso solo gli uomini. 
Che se le trovano sempre tra i piedi, un po' puttane forse, visto che se fossero madonne starebbero a casa. Certe addirittura ai vertici del potere, e va bene la parità, ma non esageriamo: si ricordano uomini importanti sghignazzare su donne che non avrebbero dovuto essere importanti in quanto culone, vecchie, inscopabili, e fare arrivare anche al governo le meritevoli, cioè le giovani e belle, idealmente scopabilissime.
Urge una riflessione sul complesso di inferiorità degli uomini, che quelle cose là pensano di non meritarsele gratis, e si sentono costretti a pagare, con denaro, o addirittura poltrone, le gentili officianti e parenti. Quelle che ci arrivano per conto loro, alle poltrone, devono per forza essere un nuovo tipo pericoloso di puttana esente da baratti sessuali: quindi, meritevoli di insulti.  


venerdì 7 febbraio 2014

A volte




A volte mi pare che il consigliere Gian Maria Mosca abbia un debole per il cabaret. 

domenica 2 febbraio 2014

Chi si fa agnello, il lupo se lo mangia

(Da Esopo, segue traduzione…)

Lupus et agnus

Ad rivum eundem lupus et agnus venerant, siti compulsi.

Superior stabat lupus, longeque inferior agnus.

Tunc fauce improba 
latro incitatus iurgii causam intulit: 

"Cur -  inquit - turbulentam fecisti 
aquam mihi bibenti?"

Laniger contra timens :

"Qui possum - quaeso - facere quod quereris, lupe? 
A te decurrit ad meos haustus liquor."
 
Repulsus ille veritatis viribus:

"Ante hos sex menses male - ait  - dixisti mihi". 

Respondit agnus:

"Equidem natus non eram!"
 
"Pater, hercle, tuus - ille inquit  - male dixit mihi!" 
 
Atque ita correptum lacerat iniusta nece.

Haec propter illos scripta est homines fabula 
qui fictis causis innocentes opprimunt.



Il lupo e l'agnello



Un lupo e un agnello, spinti dalla sete, vanno allo stesso ruscello.

Il lupo sta più in alto e, un po' più lontano, in basso, l'agnello.

Allora il lupo, incitato dalla gola insaziabile, cerca una causa di litigio.

"Perché - dice - mi hai fatto diventare torbida l'acqua che sto bevendo?

E l'agnello, tremando:

"Coma posso - dice - fare quello che lamenti, lupo? L'acqua scorre da te alle mie sorsate!"

E quello, respinto dalla forza della verità:

"Sei mesi fa - aggiunge - hai parlato male di me!"

Risponde l'agnello:

"Ma veramente... non ero ancora nato!"

"Per Ercole! Tuo padre - dice - ha parlato male di me!"

E così, lo afferra e lo uccide dandogli una morte ingiusta.

Questa favola è scritta per quegli uomini che opprimono gli innocenti con 
falsi pretesti.