giovedì 30 marzo 2017

Battutona



Almeno un sorriso su tutto il magma in piedi con il congresso del PD. Il sito satirico Lercio.it, titolare di alcune delle risate che il web sa suscitare, ha sfornato la seguente battuta:
"(Bersani & C) vorrebbero un  bradiPD, che consuma stancamente i suoi riti tra le lungaggini della vecchia politica. ..
Noi organizzeremo un APERICONGRESSO!"

Renzi spinto dai sondaggi e dal voto PD costruisce il proprio futuro


Delle "nomination" (come si direbbe per gli Oscar) nel PD di Crescentino ormai sapete tutto. 15 voti sono andati a Renzi, 4 a Orlando e per Emiliano zero virgola zero zero. Le sorti di Renzi, vi avevamo giù raccontato, trapelano dai voti in arrivo da tutta Italia e gli fanno intravvedere un futuro roseo.
L'uomo, ovviamente, fa piani per questo futuro. Primo, tirar su il morale all'Italia. E i giornalisti che sono noti ficcanaso (è il loro lavoro) ma spesso ci beccano, divulgano progetti future che forse è meglio conoscere anche per noi del popolo. 
Qui, un'anticipazione di Carlo Bertini, pubblicata su La Stampa di ieri, sulle probabili mosse future del cosiddetto Ducetto di Rignano. 




La tattica del logoramento dei nemici 
La tattica del logoramento di tutti i nemici sparsi dentro e fuori i palazzi ancora non è dispiegata a pieno, ma di qui a un mese andrà a regime: se Renzi riprenderà in mano il Pd, rilegittimato dalle primarie a dare le carte magari con un risultato tondo del 60%, questa strategia toccherà il suo apice. Ridotta all' osso suona così: o il governo riuscirà a servire sul piatto degli italiani una manovra d' autunno espansiva senza lacrime e sangue, o si potrebbe andare a votare il 24 settembre in tandem con la Germania.

Per non fare la fine di Bersani

Per non essere logorato come capitò a Bersani col governo Monti, Renzi mette in conto pure di rovesciare il tavolo. E fa filtrare dunque la minaccia di voto anticipato che allarma tutti i palazzi romani. Nei canali di trattativa tra i ministri più «politici» del Pd e Padoan; così come nella dialettica tra capigruppo e governo, il nodo di come allargare i cordoni senza tasse e tagli ai servizi è il rebus che preoccupa tutti. E Renzi fa sapere quale sia la posta in gioco. Confermata indirettamente dal suo portavoce Michele Anzaldi: «È doveroso e giusto per il Pd combattere fino all' ultimo perché la manovra sia la meno gravosa possibile, specie per certe fasce sociali».
Perfino un personaggio felpato come Paolo Gentiloni, ben consapevole del punto di caduta, si spinge oltre e indica la rotta quando dice che ad aprile il governo farà un decreto correttivo dei conti «ma anche di crescita». Segnale chiaro della direzione che si vuole imboccare pure il suo richiamo alla «flessibilità, necessaria in un' Europa in cui la crescita va incoraggiata e non depressa».


La campagna per l'ottimismo

Il tema tiene banco negli incontri mattutini che il leader Pd ha con i parlamentari del cerchio stretto, che condividono la linea dura: «Di certo non è pensabile una manovra lacrime e sangue, votata da noi in Parlamento, che resterebbe agli atti come la manovra del Pd», taglia corto il senatore Andrea Marcucci. Senza spingersi oltre. Ma pure nei discorsi delle colombe del renzismo, la soluzione del rebus di come costruire una finanziaria da cavalcare in campagna elettorale affiora senza remore: non è più un tabù il numero perfetto, quel 3% che costituisce il limite di deficit in rapporto al Pil in base ai trattati Ue. «Sforare il 3% no, ma sfiorarlo perché no?», è il nuovo slogan. Basato sulla convinzione che la nuova forza propulsiva che avrà il loro leader potrà dare la giusta energia al governo per osare.

"I militanti votano Renzi più che nel '13"

Del resto, in Transatlantico sui volti dei renziani è rispuntato il sorriso da quando i sondaggi fotografano una vittoria netta tra gli iscritti Pd: «Un fenomeno che va avanti contro le nostre stesse previsioni: i militanti votano Renzi in misura maggiore del 2013». Una sorta di mutazione genetica del partito, perché si vede che «oggi il popolo della "ditta" riconosce Matteo come l' uomo che garantisce di più». Dunque la tesi è che dal 30 aprile Renzi tornerà ad avere voce in capitolo per dettare la posizione dei suoi gruppi parlamentari su ogni fronte, primo tra tutti sul profilo della manovra di ottobre.

E gli scenari distillati dai renziani sono due: o si riesce a piegare la resistenza di Padoan a fare una manovra espansiva, «anche a costo di beccarsi una procedura d' infrazione»; o si tenta l' ipotesi (disperata) di un incidente parlamentare e del ricorso a elezioni anticipate.

domenica 26 marzo 2017

Renzi al 65%, Orlando 32%, Emiliano 1,8 per cento

Secondo i dati forniti stamattina in un articolo di Repubblica, l'ex ducetto di Rignano come lo chiama Dagospia, Matteo Renzi, nel 5 per cento dei Circoli che hanno votato (296 su 6.324), ha ottenuto il 65,5 per cento dei voti, contro il 32,7 per cento di Orlando e il solo 1,8 di Emiliano, il più legato alla vecchia tradizione del PD e anche titolare di un repentino dietro-front rispetto alla decisione di Bersani D'Alema e C di staccare la spina e andare per conto loro nel Mdp. 
I lavori vanno a rilento. Il 28 toccherà, nel suo piccolo, al PD di Crescentino.
Renzi sta intanto girando l'Emilia-Romagna a fare proseliti, sempre secondo Repubblica, mentre il congresso è in corso.  A Modena in un discorso è andato all'attacco degli scissionisti: "Chi perde nel partito non può staccare tutto e andare via, perché così sta uccidendo la democrazia interna. Non è che per andare a inseguire tre poltrone, che neppure avranno, si mette insieme una presunta scissione che finisce per rafforzare Grillo", ha detto. 
Si è dimenticato di pensare che a forza di prendere la gente a pugni in faccia come ha fatto lui, invece di cercare un minimo di dialogo, anche Renzi ha avuto la sua parte di colpa nella scissione. Non dico D'Alema, con il quale almeno se le sono cantate alla pari, ma per costringere Bersani ad andare via dalla "ditta" deve avere davvero esagerato con lui. Brutta cosa per un politico.  
Allo stato attuale, i tesserati DEM sono 420 mila, ma vista la lentezza dei lavori si presume che a votare andrà sì e no la metà, sempre secondo il giornale romano.
Emiliano è convinto di poter recuperare al Sud, e il suo consigliere Boccia ha spiegato che per esempio a Spoltore in provincia di Pescara il big magistrato in aspettativa e Governatore della Puglia ha avuto il 59 per cento dei voti contro il 33 di Renzi e l'8 per cento di Orlando. A sua volta il coordinatore della mozione Orlando, Andrea Martella, ha precisato che finora il suo leader ha vinto in 90 circoli.
C'è vittoria per tutti. Per ora. 
Prossimo passo: il 9 aprile a Roma la Convenzione degli iscritti vaglierà i requisiti degli sfidanti e assegnerà a ciascuno i numeri.




domenica 19 marzo 2017

Gli ospiti che ripuliscono la Città e il caso Arlotta


Ai tempi del mio mandato ci fu "Dal dire al fare", con quel bel gruppo di Crescentinesi che avevano iniziato la nobile attività di passare a raccogliere la sporcizia che i maleducati locali o di passaggio abbandonavano per terra, dovunque. Di quel gruppo faceva parte Maurizio Novella, che non a caso ha ripreso ora l'iniziativa con alcuni dei compagni di strada di un tempo, per lo più di area di centro-sinistra (ma perché la destra queste cose non le fa?) però anche con nuovi volti, quelli che Berlusconi definirebbe "abbronzati" e che da qualche tempo fanno parte della nostra comunità, provenienti da Paesi in guerra, rifugiati e migranti.
Accolti all'inizio malamente, a muso duro e con rampogne terrificanti, oggetto della pubblicità-progresso del vicesindaco/panino e di volantini distribuiti anche in Comune, questi ragazzi si stanno via via rivelando collaborativi. Mostrano di non cercare altro che una vita e un'attività pacifiche e dignitose, dopo tanta sofferenza. 
Dapprima fu una partitella a calcio, con la decisione della Crescentinese di dar loro una mano. Ora, grazie a Novella e C., una mano la danno loro al nostro Paese, pulendo quel che noi sporchiamo. Sarebbe d'uopo un "grazie" di quello stesso vicesindaco, che "forse" ha sbagliato, da ex immigrante, a prendersela con i nuovi immigrati.
E sempre grazie a Novella e ai Crescentinesi che hanno voluto ricominciare la loro virtuosa attività: inglobare questi ragazzi è un gesto di sana umanità.

Ma mentre scrivevo queste righe, ho buttato un occhio su "Sei di Crescentino se" e ci ho trovato una pensosa riflessione registrata dell'Assessore alla Cultura, con sottofondo musicale (mi pare) della nigeriana Sade, dove senza nominarmi mi definiva Cleopatra, e vabbé bontà sua. Se la deve essere presa per il post nel quale parlavo del deserto culturale che affligge il nostro amato Paesello, e avanti Savoia. Ci sono parecchi errori nella sua esposizione (la multa per vetri non rinnovati di una scuola non è stata pagata dalla cittadinanza ma da una assicurazione) ma poi c'è tutto il resto che mi viene rimproverato dagli avversari, dalla CH4 che consente oggi alle scuole di stare al caldo, fino al Chico Bum. Giusto, dal suo punto di vista. 
Però non è che con una conferenza di Magdi Allam uno possa dichiarare esaurita l'esigenza di vita socio/culturale in un mandato di 5 anni. Le attività di dibattito o discussione o di ascolto o di arte poesia teatro e quant'altro sono il terreno sul quale si costruisce, con continuità, una maggiore conoscenza nella comunità.
Ci vuole fantasia, letture, curiosità, per riempire di riflessioni i cittadini di questo nostro mondo che cambia. 
Provi per esempio a chiamare qualcuno di questi ragazzi che hanno ripulito il paese, faccia raccontare delle loro patrie e delle loro traversie. Sarebbe una bellissima esperienza etnico-geografica a costo zero.

lunedì 13 marzo 2017

Il mite Pisapia che spiazza l'uomo solo al comando

Uno spazio è stato dedicato sui giornali di ieri, grondanti Renzi, anche a un uomo che pare il suo esatto opposto. Giuliano Pisapia, ex sindaco di Milano, avvocato, sta girando l'Italia con una proposta per l'intero Centro-Sinistra: così di buon senso, così ovvia, che stenta ad essere ascoltata da coloro che preferiscono le urla e le litigate buone per i Social e le tv.
Il Corriere della Sera, sempre ieri, ha pubblicato una cronaca chiara dell'incontro di Pisapia con il pubblico a Roma, a firma di Virginia Piccolillo. Ve la propongo per farvi un'idea più ampia (sempre se ne avete voglia))). 

«Una proposta vale molto di più di un urlo sguaiato». Debutta sul palco di un teatro Brancaccio pieno ben oltre i 1.500 posti d’ordinanza. Evidenzia con garbo tutte le contraddizioni aperte a sinistra dall’era Renzi. Ma assicura: «Si può ancora pensare che le differenze siano una ricchezza. Valorizziamo ciò che ci unisce e discutiamo per trovare un punto di incontro. Con un linguaggio tranquillo. Che bisogno c’è di gridarci dietro traditori?». Eccolo Giuliano Pisapia. Penalista, scrittore, difensore dei diritti civili, ex deputato di Rifondazione comunista, e sindaco di Milano. 
Aveva detto che avrebbe smesso con la politica. Ma non ce l’ha fatta. «Volevo andare in India, invece ho fatto un viaggio in Italia e ho trovato associazioni che si impegnano, giovani che tentano di risolvere le cose». E così lancia un movimento nuovo. Non «scendo in campo», garantisce. Ma in quel campo «aperto» si mette «a disposizione» per nuove prove tecniche di centrosinistra. Lo chiama proprio così, «Campo progressista», ma, assicura, non è un partito. È una «casa comune», dove far reincontrare tutti. Da Nicola Zingaretti a Laura Boldrini, presenti assieme a Roberto Speranza, Vittorio Prodi, Maurizio Landini, Nicola Fratoianni di Sinistra Italiana. E Matteo Renzi? È freddina la platea quando Pisapia lo evoca, dicendo che si può riuscire a dialogare «riconoscendo errori e cose belle del passato». Ma lui va avanti, convinto che «solo se si marcia uniti si vince. Divisi si regala il Paese alla destra e al populismo». 



Nessuna polemica con il Lingotto

L’applauso esplode, rumoroso, invece, quando Pisapia sottolinea che «serve una netta e forte discontinuità con gli ultimi anni». E, precisando di non voler far polemica nel giorno del Lingotto, rincara: «Se ci si è accorti di avere sbagliato occorre una svolta». «Il confronto aiuta a cercare soluzioni - manda a dire a Renzi - ma dobbiamo sapere da subito se vogliamo costruire un nuovo centrosinistra o appoggiarsi ancora alla destra e a Verdini». Il suo non sarà un ennesimo partitino. Non si presenterà alle elezioni, assicura. Ma fare da «lievito» al centrosinistra. Un aggregatore. Un movimento che viene dal basso, dall’associazionismo, dal volontariato, dall’ecologismo. E ha un unico confine: i valori. Quindi «no» alla «persona sola al comando». «No» ai «nominati in Parlamento: sono i cittadini che devono scegliere chi li rappresenta». «Sì» invece alla all’impegno per leggi sullo «ius soli», sul «fine vita», sull’introduzione del reato di tortura. Sui voucher, dice, «c’è stato un abuso vergognoso, ma se non si trova un accordo serve un decreto, altrimenti la parola va data ai cittadini». La mano è tesa. E dal Lingotto Maurizio Martina, che corre in ticket con Renzi, non chiude la porta: «Siamo interessati a un centrosinistra aperto». 

domenica 12 marzo 2017

Renzi e i suoi muscoli, dopo il Lingotto/Leopolda



Chissà quanti avranno avuto il tempo (o la voglia) di seguire i lavori della convention renziana al Lingotto di Torino. Per chi ne voglia capire di più, per farsi una propria idea, ho pensato di riproporre un'analisi di Massimo Giannini (che qualcuno avrà visto l'anno scorso condurre "Ballarò", e poi non più) apparsa domenica mattina 12 marzo sulla prima pagina di Repubblica.



IL LINGOTTO è una bella idea. Peccato che la "ripartenza" si fermi alla solita stazione: la Leopolda. In questa tre giorni di rifondazione di una leadership, Renzi si presenta "commosso" al suo popolo, ma con i soliti "muscoli del capitano" sulla solita nave che De Gregori cantava vent'anni fa: fulmine, torpedine, miccia, fosforo e fantasia. Era il Titanic, e sappiamo come andò a finire. Non è detto che per questo "Renzi reloaded" vada allo stesso modo. Anzi, è probabile che rivinca le primarie (anche se è più difficile che poi vinca le elezioni).


Ma non c'è molto di nuovo, nel leader che prova a rimettere in moto il Pd nel luogo dove tutto è cominciato, dieci anni fa. Le suggestioni lessicali, dal partito pesante al partito pensante. Le citazioni culturali, da George Orwell a Olof Palme. Certo, finalmente si è sentito risuonare più volte il pronome "noi", e non il pronome "io". Ed è un bene. Il rammarico è che se questa dimensione collettiva e inclusiva fosse emersa prima, forse, il partito si sarebbe risparmiato la scissione.

Ma al di là di questo, nel "nuovo" Renzi della convention torinese manca ancora il salto di qualità rispetto al "vecchio" Renzi della kermesse fiorentina. È convincente l'analisi sulla "diversità" della sinistra (unico argine in Europa di fronte all'onda sovranista e populista che tutto sommerge in nome della paura). È insufficiente la riflessione sulla sua vera "identità". Per essere davvero un "partito di eredi", e non di "reduci", il Pd dovrebbe sapere cosa c'è da salvare, in quell'asse ereditario. E invece non lo sa. Non sa dire come si difendono i diritti sviliti nel lavoro e nella globalizzazione. Non sa spiegare come si combattono le povertà emergenti e le disuguaglianze dilaganti.

Non lo sa perché, se c'è un limite nel renzismo, sta proprio in questo deficit di visione. C'è una entusiasmante "energia futurista", c'è un'apparente "bulimia riformista" (come dice Tommaso Nannicini). Ma quello che manca è un nuovo disegno di società. A chi parla il Pd, dopo la sconfitta del partito della nazione? Quali pezzi di Paese deve recuperare, dopo la disfatta referendaria del 4 dicembre? Per rideclinare i valori della sinistra moderna non basta il vago "prendersi cura" post-veltroniano. Non basta la parola "compagni" (che sulla bocca di Renzi suona come un esorcismo, più che un virtuosismo). Soprattutto, non basta il fantasma di Gramsci, perché è proprio sulla nuova "egemonia culturale" da sottrarre ai Cinque Stelle che il Pd ha le contraddizioni più patenti, e quindi le responsabilità più pesanti.

Renzi denuncia la deriva anti-sistema e la delegittimazione degli istituti della democrazia rappresentativa. Contesta l'offensiva anti-casta e la devastazione dei principi del garantismo giuridico. Ma mentre accusa giustamente di tutto questo i pentastellati, dovrebbe guardarsi allo specchio. E dovrebbe riflettere, proprio in termini di "egemonia culturale", su quanto ha ceduto lui stesso a quello che ho definito "grillismo di palazzo", inseguendo la piazza invece di governarla. Quando ha presentato agli italiani il referendum costituzionale come "uno strumento per tagliare finalmente le poltrone e i costi della politica". Quando ha giustificato l'urgenza delle elezioni anticipate a giugno con la necessità di "impedire che i parlamentari intaschino il vitalizio". Quando ha preteso le dimissioni di ministri neanche indagati, ma tutt'al più impelagati in pasticci familiari molto simili al suo (da Idem a Cancellieri, da Lupi a Guidi). Persino quando ha lanciato la piattaforma dem per il web e l'ha chiamata "Bob", per contrapporla al "Rousseau" della premiata ditta Casaleggio & Associati.....

Oltre che una "missione identità", Renzi deve poi compiere una "operazione verità". Non solo sulla vicenda Consip e sul Giglio Magico, quanto sullo scenario politico nel quale precipita la sua "ripartenza", da candidato segretario e poi da candidato premier. Uno scenario non più maggioritario, che dunque implica un cambio di paradigma della "vocazione" del Pd. Un partito non più auto-sufficiente, che dovrà invece ri-federare una sinistra logorata, incattivita e divisa. È lui l'uomo giusto, per tentare l'impresa? Con quali basi programmatiche? Con quali alleanze politiche per il dopo-voto? Pisapia-Bersani- D'Alema o Berlusconi-Alfano-Verdini? È la stessa domanda che gli rivolge l'ex sindaco di Milano dal Teatro Brancaccio, alla presentazione del suo "Campo progressista". Ed è una domanda non più eludibile.


L'unica cosa certa è che, per quanto fiaccato e ferito, il Pd resta il solo avamposto possibile intorno al quale ricucire la tela strappata delle riforme in Italia, e il solo cardine possibile intorno al quale riorientare la democrazia minacciata in Europa. Resta da capire se sarà all'altezza del compito. La ricerca velleitaria di un ipotetico "oltre" non ha funzionato, perché "oltre la sinistra" c'è solo la destra, quella del partito- azienda di Berlusconi o quella del partito-algoritmo di Grillo. La rincorsa identitaria a un generico "altro" non ha pagato, perché
l'Italia di Veltroni e Renzi non è l'America di Kennedy e Obama. È la tragicomica lezione che ci ha lasciato a suo tempo il grande Edmondo Berselli: " I care, we can, they win... ". Quell'errore, oggi, la sinistra non se lo può più permettere.

domenica 5 marzo 2017

Crescentino, quello spaventoso vuoto culturale

La cultura non è soltanto quella cosa noiosa che si studia a scuola, e che ci dà le basi per capire il mondo. La cultura è anche il modo personale con il quale affrontiamo questo mondo, unito ai modi di tutti gli altri che ci circondano e che condividono il senso dei nostri valori.
I nostri valori sono un universo che viene costruito attraverso il contatto con vari fenomeni che accadono intorno a noi, anche nostro malgrado, sui quali abbiamo un giudizio di qualità.
Scusate il pippone, gente mia. Ma ogni tanto ci vuole, dobbiamo ripartire. 
Se uno sta in una foresta e senza neanche internet, il suo universo di riferimento saranno le piante, il tempo meteorologico che le condiziona, i frutti che gli permetteranno o no di nutrirsi. 
Nelle società cosiddette evolute, tanti sono i punti di riferimento per la crescita della nostra cultura. La tv, la compagnia dei parenti e degli amici, le letture o le non letture, internet e tutta una somma di esperienze che vengono dall'interagire di tutte queste realtà con noi.
Se non abbiamo stimoli, se non ci apriamo a nuove esperienze e ad altre culture, la nostra curiosità, il desiderio di avere interessi, si ridurranno. I nostri orizzonti saranno limitati, saremo tristi, apatici, diffidenti verso tutto e tutti. 
Il pippone di cui vi richiedo scusa mi è ispirato dalla realtà che ci circonda, e anche dalla lettura settimanale dei giornali locali che si sono ridotti senza più la Gazzetta negli ultimi mesi. Sulle pagine di Crescentino ci sono solo furti, allarmi che suonano invano, telecamere che sono necessarie ma Mosca protesta che la proposta del Comune non è convincente. Dal Comune, purtroppo, in materia di attività culturali, siamo allo zero assoluto. Su "Sei di Crescentino se", per lo più si perdono gatti o si ritrovano cani. Cosa degnissima, ma non basta.

Manca ormai del tutto, nella nostra realtà locale, il senso di iniziative di gruppi e singoli. Non siamo più una comunità. Zero serate dove discutere o ascoltare qualcuno che viene a raccontare qualcosa che non siano solo crisi, disgrazie e affini. Serate dove anche litigare magari, ma vivere.
E credetemi, fa male vivere così. Questo disperato vuoto di rapporti, di convivenze e condivisioni intorno a temi come la vita, la cultura intesa nel senso tradizionale, i temi e i problemi da sviscerare per trovare forza e nuova linfa, ci uccide dentro. Non abbiamo più una stagione teatrale, l'ultimo dibattito pubblico era del PD che attraversava tempi migliori e ora cos'altro può fare se non tacere.
Ma vivere così, davvero, ci fa male.