lunedì 26 febbraio 2018

Chiamparino, così di moda, vuol prendersi il PD nel dopo Renzi?

In questi giorni pre-elettorali girano tante foto dell'immarcescibile presidente della Regione Piemonte, Sergio Chiamparino. Un pezzo d'uomo che poche Regioni possono vantare. In molti, adesso, corrono a farsi fotografare con lui, io ricordo bene che non è stato sempre così, dalle nostre parti. Eppure, era sempre lui...
Sul Corriere della Sera dell'altro giorno, è comparso un articolo a firma Valerio Valentini, nel quale si ipotizza un futuro impegno del Presidente attuale del Piemonte nella corsa alla segreteria del PD, attualmente in mano a Renzi.
Ecco l'articolo


Sul suo ruolo, persino i suoi fan si mostrano incerti. «Sindaco», «presidente», «eccellenza». Sono questi gli epiteti con cui, nella sua camminata mattutina tra i mercati di Santa e Corso Racconigi, Sergio Chiamparino si sente acclamare da decine di torinesi che lo mostrano a dito («È lui!»). Sindaco, lo è stato. «Il sindaco vecchio», precisa lui, schermendosi di fronte alle lodi di un passante che quasi gli getta le braccia al collo: «Chiamparino, da quando non sei più a Palazzo civico ho strappato la tessera del Pd». 
Presidente lo è tutt’ora: ma non è un mistero che nel suo ruolo di governatore del Piemonte non si diverta poi tanto. E questo apre degli interrogativi sul suo futuro. Che non sarà, però, in abiti talari: il che spiega perché, di fronte ad un fruttivendolo che gli offre due arance e lo chiama «eccellenza», Chiamparino alzi le mani. È il primo giorno di impegno in strada, per il governatore, in vista del 4 marzo. I vertici del partito locale gli hanno chiesto un impegno speciale, per queste settimane conclusive di campagna elettorale: e lui alla fine non si è sottratto. 
Sorride, stringe mani. Certo, il malcontento non manca, qualche insulto arriva. Ma a fine mattinata, il bilancio è senz’altro positivo. Un tassista, ora in pensione, si fa largo per bussare alla spalle del presidente: «Lei non sa quante volte l’ho scarrozzata, quando era sindaco». C’è gente che strappa i volantini distribuiti dai militanti del Pd; ma poi, cinquanta metri dopo, incontra «il Chiampa» e gli fa i complimenti. «Quasi come se fosse percepito al di sopra delle parti», si lascia sfuggire un suo stretto collaboratore. E non è solo un’impressione. Perché in realtà Chiamparino, a giudizio di molti, sta preparando il suo gran ritorno. Ma da padre nobile. E non a caso parla da federatore, in questi giorni. 
Incontra prima la leader radicale Emma Bonino – è successo lunedì – e poi il ministro della Salute Beatrice Lorenzin (martedì, al Circolo della Stampa): quasi che il compito di tenere unita la coalizione, sotto la Mole, se lo sia assunto lui. Parla degli scenari del dopo-voto: «Se c’è stallo meglio tornare alle urne, altroché larghe intese», spiega. «Prima però bisogna cambiare la legge elettorale, introducendo il voto disgiunto», aggiunge, ammiccando a chi auspica la ricomposizione di un centrosinistra largo. E non solo: «C’è bisogno che i partiti facciano una profonda riflessione interna, rivedendo la loro proposta e il loro posizionamento», prosegue. «Vuol dire che sta lavorando contro Renzi», analizza un parlamentare torinese del Pd, quando lo ascolta. 

«Si sta ritagliando un ruolo da traghettatore per il dopo voto», confermano i suoi colleghi. In tanti, in effetti, a Torino e non solo, glielo stanno suggerendo: «Se il Pd scende sotto quota 23 per cento, sei tu la persona giusta per il dopo-Renzi». Lui, sornione, nicchia: «Pensiamo piuttosto a vincere queste elezioni». Ma nel suo staff confermano che la tentazione c’è. E allora ecco che l’ex «sindaco» ora «presidente», che non sarà mai «eccellenza», potrebbe alla fine reinventarsi «segretario». Tra le bancarelle del mercato, però, questa parola ancora non la sussurra nessuno.

sabato 24 febbraio 2018

I lavoratori Coop: "Una sinistra irriconoscibile"

Questo articolo uscito sulla Stampa di venerdì racconta bene il guazzabuglio di sentimenti che travaglia la sinistra. Parla delle Coop di Bologna, dove si consuma un confronto paradossale e perfino ridicolo se qualcuno avesse voglia di ridere: Il PD ha candidato il democristiano di sempre Casini, spesso berlusconiano, mentre Vasco Errani, già presidente della Regione Emilia-Romagna, già con incarichi nell'ultimo Governo in carica, corre per LEU, Liberi e Uguali, dove la sinistra più classica si è rifugiata, praticamente cacciata (diciamolo dai, diciamolo) da Renzi. 
Una vicenda dolorosa e insensata che non farà del bene a nessuno. Gabriele Martini, autore del pezzo, è andato a sentire la base. E ci fa riflettere...

INVIATO A BOLOGNA
«Mio nonno era comunista, ma per davvero. Lui ci credeva. Ecco, io penso che se mio nonno sapesse che il Pd ha candidato Casini, si rivolterebbe nella tomba. Poi rivolterebbe anche le sezioni del partito di tutta la provincia. La faccio breve: per la prima volta in vita mia, non so chi votare». I tormenti del popolo di sinistra alla vigilia delle elezioni prendono forma in un pomeriggio d’inverno al bancone della pescheria di un ipermercato Coop alle porte di Bologna. Il caporeparto Gianluca Giunta, 54 anni, parla schietto e si accalora: «Anche stavolta metterò la croce sulla scheda elettorale, ma sono arrabbiato. Renzi ha svenduto la nostra storia. Gli vorrei fare una sola domanda: caro Matteo, cosa ti è passato per la testa? Mia figlia vota per i grillini, chissà che forse abbia ragione lei».  

Nella roccaforte rossa  
Fuori piove a dirotto, la nebbia spessa sale da Ferrara e nasconde i colli. «Fa un freddo birichino», chiosa la signora mentre litiga con l’ombrello. Coop Alleanza 3.0 è la cooperativa di consumatori più grande d’Italia. Gestisce punti vendita lungo tutta la dorsale adriatica, dal Friuli alla Puglia. Solo in Emilia Romagna dà lavoro a quasi 12 mila persone. Tra questi c’è Alessandro Petrolati, ferrarese, 52 anni di cui trenta passati in cooperativa. «All’inizio facevo il cassiere, poi sono passato all’ortofrutta e adesso sono qui». Oggi è il direttore di un supermercato con 380 dipendenti. Il suo amore per la Spal è smisurato, pari solo all’allergia per le cravatte. «La cosa più bella – racconta - è quando riesco ad assumere i giovani. La mia filosofia è aiutare chi è rimasto indietro. Proprio quello che dovrebbe fare la politica...». E invece? «Invece i governanti si sono dimenticati che fuori dai palazzi esiste la gente. Hanno smarrito gli ideali». Affetti e politica, nell’ultima roccaforte rossa tutto s’intreccia. «La mia è una famiglia di sinistra. Mio padre è un vecchio militante, dice che dovrei votare Pd - rivela Petrolati -. Ma sono troppo deluso. Penso che alla fine sceglierò Bonino e Tabacci, sono brave persone e competenti». 

Il duello più atteso  
A Bologna - da sempre laboratorio politico e città maestra di contraddizioni - va in scena una delle poche sfide degne di nota della tornata elettorale. La gustosa battaglia è quella per il collegio uninominale del Senato. Da una parte c’è Pier Ferdinando Casini, navigato democristiano in Parlamento dal 1983, che ha strappato l’ambito posto in lista nella coalizione guidata dal Pd. Dall’altra c’è l’ex comunista Vasco Errani, già presidente della Regione, schierato da Grasso e Bersani nel tentativo di sgambettare Renzi nella città simbolo della sinistra. Infine ci sono Michela Montevecchi (Movimento 5 Stelle) ed Elisabetta Brunelli (civica vicina a Forza Italia), che sperano di beneficiare dello scontro fratricida a sinistra. Scontro che, almeno finora, non c’è stato.  

Tra Casini ed Errani, per ora, scorrono parole al miele: «Non ho alcun motivo per polemizzare con lui», dice uno; «Lo rispetto, è un politico per bene», risponde l’altro. 

Per sapere come andrà a finire tocca aspettare il 5 marzo. Tuttavia l’indagine lampo effettuata tra le corsie delle Coop bolognesi – nessuna pretesa statistica, per carità – qualcosa rivela. Su trenta interpellati, undici dicono che voteranno per il Pd, sei per i grillini, tre per Liberi e Uguali, due per Forza Italia, uno per Salvini; tre non andranno alle urne, mentre quattro non hanno ancora deciso che fare. Numeri a parte, a colpire è lo scetticismo, tratto distintivo dell’homo bononiensis. 

I clienti più cortesi sospirano e sbuffano, i più insofferenti si allontanano e imprecano contro le classi dirigenti (a volte con parole irriferibili). Il termine più abusato è delusione. «Voto Pd, è ovvio», assicura lisciandosi i baffi Graziano Albertazzi, classe 1933: «Casini? Pazienza, mi turerò il naso, ma non tradisco il partito». Domenico Fortunato, dirigente bancario in pensione, si definisce un «liberale spaesato». Sorride gentile, cita Einaudi e Malagodi: «Quegli ideali si sono persi. Oggi la politica è sporca. Voterò per il centrodestra. Avrei potuto scegliere anche il Pd, in passato l’ho fatto. Ma finché il ciarlatano toscano non va a casa, preferisco Berlusconi». 

Al reparto carni Luciano Aldrovandi affetta con sapienza il sottofiletto: «Io non ho la ricetta magica per guarire i mali del Paese. Quello che so è che dobbiamo lavorare meno per lavorare tutti. Non sta in piedi un sistema che mi tiene qui fino a 70 anni e lascia fuori i giovani. Io cerco di essere ottimista, ma è sempre più difficile. Speravo in un mondo migliore per i miei figli, dovranno costruirselo da soli». 

All’uscita del supermercato del quartiere San Donato c’è il banchetto di Greenpeace. «Vuole salvare una balena?», domanda la ragazza con la pettorina verde. Quasi nessuno si ferma. Il cielo è grigio, l’umidità penetra nelle ossa. Iyabo batte i denti e sorride a tutti. È arrivato dalla Nigeria un anno fa, laggiù ci sono una moglie e due figli che lo aspettano. Aiuta gli anziani a portare i sacchetti della spesa in cambio di una moneta: «Ci sono le elezioni? Non lo sapevo. In Nigeria i politici sono tutti corrotti. E qui?».  

La signora Carla  
La ragazza è l’arcobaleno che all’improvviso sbuca dalla nebbia: occhi verdi, capelli blu, giubbotto rosso, anfibi viola. «Se stai facendo un sondaggio lascia perdere perché non faccio testo, io sono strana». Si chiama Alida, studia Lettere all’università. Meglio Renzi o Di Maio? Lei finge di svenire, poi sorride: «E va bene, te la sei cercata. Il mio voto va alla signora Carla, anche se non è candidata». E chi sarebbe? «Una donna di sessant’anni che vive nelle case popolari del quartiere Corticella assieme al figlio disoccupato. Qualche settimana fa volevano sfrattarla, ma l’abbiamo impedito. A Bologna i politici fanno la guerra ai poveri». Che cosa farà Alida il 4 marzo? «Quel giorno inforcherò la bici e andrò fuori città. Nei seggi elettorali c’è un cattivo odore, a me piace l’aria pura». 



giovedì 22 febbraio 2018

"La nuova Piazza Caretto sarà disegnata dal Vicesindaco"

Così leggo su  "La Periferia"
Speriamo gli venga meglio della facciata del Calamandrei

domenica 18 febbraio 2018

Eni, offerta per gli impianti Mossi&Ghisolfi. Crescentino può sperare?


L'unica attività produttiva mai arrivata a Crescentino negli ultimi dieci anni - cioè dalla chiusura della Teksid - è stata l'avveniristica impresa per la produzione di bioetanolo voluta dalla Mossi e Ghisolfi di Tortona. Accettata dopo numerosissimi esami degli Enti Pubblici e di studiosi del settore, costruita grazie a un contributo monstre dell'Unione Europea, è stata come ognuno sa funestata da vari insuccessi, ma soprattutto dal suicidio di Guido Ghisolfi, il promoter dell'intera faccenda, che si uccise a 58 anni con un colpo di fucile in auto, il 3 marzo 2015. 

Vicepresidente della multinazionale tortonese della chimica in forte sviluppo nel campo dei biocarburanti, con 2.100 dipendenti e un fatturato annuo di oltre 3 miliardi di dollari, Ghisolfi era sofferente di depressione secondo quanto sostenuto dai familiari. Aveva concepito questo progetto pilota come modello da esportare in altri paesi del mondo.

La sua drammatica dipartita ha portato prematuramente a compimento a Crescentino una crisi nella ricerca delle materie prime adatte alla produzione, e ora l'impianto è chiuso e i dipendenti in cassa integrazione, tranne i pochi che si alternano alla manutenzione del forno che brucia cippato e lignina per produrre energia elettrica: la Provincia ha già formalmente comunicato all'azienda che esso dovrà essere spento a 6 mesi dalla cessazione della produzione principale, di bioetanolo. In una sorta di perverso gioco di domino, l'intera azienda di Tortona, con le sue propaggini in diversi paesi del mondo, versa ora in difficoltà. 
Da mesi si sente parlare di una cessione all'Eni, e le sorti dell'impianto di Crescentino sono ora legati all'esito di tale trattativa. 

Questo l'articolo uscito nei giorni scorsi sul quotidiano La Stampa.

"Eni avrebbe presentato un’offerta formale per una parte delle attività italiane di Mossi & Ghisolfi, il gruppo chimico di Tortona in difficoltà finanziaria. Dopo le indiscrezioni sul suo possibile interessamento, Eni avrebbe presentato un’offerta per Biochemtex, una controllata del gruppo alessandrino che ha sviluppato e commercializza una piattaforma tecnologica per la produzione di biocarburanti. Al momento, si spiega, le parti sono impegnate in un negoziato sul prezzo. L’obiettivo è quello di chiudere entro il 22 febbraio, data entro la quale un’altra controllata del gruppo attualmente in concordato preventivo (Ibp Energia) rischia di dover portare i libri in tribunale. Alla ristruttirazione della parte italiana del gruppo stanno lavorando Mediobanca e i legali di Gianni Origoni Grippo. 

Se la trattativa con Eni dovesse fallire, secondo quanto ricostruito, il gruppo Mossi e Ghisolfi potrebbe finire in amministrazione straordinaria.  

Le attività italiane sono gravate da un debito di circa 200 milioni di euro e le cessioni programmate, secondo le fonti interpellate, lasceranno comunque la holding che controlla il gruppo comunque indebitata. 

Prosegue intanto la dismissione degli asset della parte americana del gruppo chimico, sulla quale stanno lavorando gli specialisti di ristrutturazioni Alvarez & Marsal. La settimana scorsa il giudice texano Brendan Shannon ha approvato la cessione della Apple Grove, una divisione della M&G Polymers, ai cinesi di Far Eastern Investment per 33,5 milioni di euro. Il prezzo, si spiega, è superiore alle attese della società, attualmente sotto la protezione dai creditori prevista dal Chapter 11 della legge fallimentare Usa. Un esito simile è auspicato per la vendita dell’impianto di Corpus Christi, in Texas, i cui ritardi nella realizzazione e i maggiori costi sostenuti sono all’origine dei guai del gruppo, gravato da 1,8 miliardi di debiti.

mercoledì 14 febbraio 2018

Leo Alati, candidato pure lui... quanta strada nei suoi sandali

Nel mio elenco dei giorni scorsi ho improvvidamente mancato il nome di un amico e anche ex collaboratore in Comune, come assessore. Alle prossime elezioni del 4 marzo Leo Alati corre per "Insieme" (Socialisti, Verdi e Area Civica).
Tante volte candidato, l'amico Leo. Una volta anche con me, nel lontano 1995. Fummo per un po' di tempo insieme in Giunta, e Segretaria Comunale (com'è piccolo il mondo) era la dott. Livia Scuncio. 
Per i socialisti erano tempi un po' così, Nel 1992 c'era stato l'arresto del "mariuolo" Mario Chiesa per il Pio Albergo Trivulzio, improvvidamente evocato l'altro giorno da Renzi. Era scoppiata Mani Pulite, Di Pietro era un eroe nazionale (pensate quanto tempo è passato) e una eco spiacevole dei casini del PSI era arrivata fino nelle nostre terre (dove il Partito Socialista dell'epoca era in gran spolvero) per certi comportamenti che mi avevano costretta a fare denunce, nel senso che era un mio dovere, venendo a conoscenza di reati. Chi c'era  si ricorda, tranquilli che non mi metto a raccontare la storia.
I rapporti all'interno del Comune erano un po' nervosi, ma la Giunta era sana. 
Poi ci fu una bufera, legata a un'occasione per me fatale: pensate un po':  la convenzione con la Parrocchia per rimettere in piedi l'ex chiesa della Resurrezione (CHE VI PREGO TUTTI DI NON DIMENTICARE). Difendevo la necessità di quel trattato per sanare l'edificio che era già pericoloso: Leo non condivideva il punto in cui si diceva che le iniziative da attuare in quello spazio dovevano essere concordate con la Parrocchia e si pronunciò per il no. Io gli risposi che magari lui, non essendo crescentinese, non ci teneva tanto a quella ex chiesa. Si offese moltissimo e mi disse che ero come Borghezio (cosa per me alquanto offensiva). Comunque ci lasciammo, i socialisti ed io, Alati compreso: furono tempi difficili, tanto per cambiare.  E' il mio karma. La Resurrezione restò com'era, a continuare a distruggersi: e adesso che è a posto, non se la fila nessuno. Con quel che è costata di soldi ed energie. Che dramma. 

Con Leo rimanemmo naturalmente amici: avevo imparato che la politica è una cosa e la vita un'altra (non ho mai imparato bene, in verità). Leo ha continuato a far politica a livello locale provinciale regionale e non lo so, non sempre ho seguito le sue gesta. Certo son rimasta perplessa quando l'ho visto una volta candidato sindaco della Sinistra nel 2004 e la volta dopo in lista con Greppi sempre alle Comunali. 
Il fatto è che Leo Alati è un tipo moderno, adesso sono tutti disinvolti così come lui. Oppure coubertiniani: l'importante è partecipare. 
Io meno. Molto meno. 
Adesso leggo in una sua intervista di qualche settimana fa, sulla Voce, che fra le varie domande, a quella "E  Venegoni?" Alati risponde: "Che dire? E' il passato ormai". 

Fossi un uomo mi toccherei. Ma sono lieta di essere il passato, visto che il secondo round in Comune 10 anni dopo è stato molto  più pesante del primo, cercando io di essere più aperta verso le cose che non condividevo, e di tenere in piedi la baracca che rotolava sotto un gigantesco Ego mascherato da politica.

Poi nell'intervista, Leo dice però una cosa che mi trova d'accordo:
"Non ho apprezzato la confusione di ruoli che, quando lei era sindaco, s'è creata per le domande di assunzione alla Mossi&Ghisolfi e al Mercatò. Che bisogno c'era di raccoglierle in Municipio? In politica non conta solo la buona volontà, non l'ho mica inventato io che le strade per l'inferno sono lastricate di buone intenzioni".
Dio solo sa quanto fossi in imbarazzo io. Non ho nemmeno mai messo un piede al Mercatò, per dire, neanche a comprare una mela, per dire. E non voglio ripercorrere poi un episodio di un'assunzione alla M&G della quale non fui nemmeno avvertita. 
Però a volte devi abbozzare, devi sperare che le cose filino dritte se vuoi mantenere la compattezza di un gruppo che già aveva perso dei pezzi. Così feci, mangiai la mia palata di letame per il quieto vivere e per arrivare alla fine della legislatura, ché molte occasioni erano buone per lasciare, a chi cercava lo scontro. 
Ecco, detto ciò caro Leo, mi chiedo come puoi tu così intransigente (e magari, sui principi, a ragione) perdere talvolta il senso del tuo cammino . E diventare così sportivo. Io, che sono una donna del passato, non ci riuscirei.
Buone elezioni comunque!

giovedì 1 febbraio 2018

Pedrale, Bobba, De Marchi e Mosca JR sulle nostre schede

Abbiamo nella nostra zona un parterre affollato di aspiranti deputati. 
Scusandomi per il lungo silenzio dovuto a motivi personali, mi piace sottolineare che la specie locale sotto elezioni si dà da fare, e ce la fa in tempi particolarmente bollenti e difficoltosi come questi.

L'arco parlamentare è alquanto ben rappresentato. Come da tradizione, la Lega al nostro Paesello praticamente non c'è. Come da tradizione, la Destra sta sopravanzando la Sinistra, e questo è un fenomeno figlio delle ultime elezioni comunali locali, che hanno sulla coscienza  alcuni di quelli che non sono riusciti a fare uno sforzo per trovare una sintesi vincente sul candidato, preferendo perdersi in blablabla. Il sottosegretario Bobba, navigatore di lungo corso, è di Cigliano e fa buona propaganda personale, ma vedo il PD debole sul nostro territorio: un territorio che non sta a cuore a nessuno se non a noi che ci abitiamo. Vai a Cigliano e Trino e sono città abitabili, decenti, pulite, che ci tengono. Vieni a Crescentino e vedi solo rovine: un motivo ci sarà. 

Claudia De Marchi, attuale sindaca di Fontanetto, una delle figure chiave del PD nella scorsa legislatura anche qui a Crescentino,  se l'è data verso LEU, Liberi e Uguali che l'ha candidata. Ho capito che ai Crescentinesi non è molto simpatica e vedremo nelle schede se la compagine è forte.

Invece Pedrale sul territorio  forte lo è sempre, e Forza Italia in buona posizione, se il leader Berlusconi riuscirà a tener fuori i piedi dal letto fino al 4 marzo (giorno del compleanno di Lucio Dalla, oltre che delle elezioni).

Infine, Mosca JR, fratello minore del prode Avvocato Mosca che tanto si è divertito durante il mio mandato. Le parole di Mosca Jr potete trovarle sul blog di Mauro Novo, grazie al quale mi tengo informata in questi tempi per me difficili: lui grillino duro e puro, convinto di poter trovare la sintesi fra volere e potere. Intanto però Grillo ha tagliato la corda, ché non ne poteva più davvero, e ha lasciato a combattere lo stewart Di Maio. I 5 stelle sono forti nella nostra zona, anche se non proprio a Crescentino. Ammesso che ancora esista, il nostro Paesello.