sabato 31 dicembre 2016

Buon 2017 a Crescentino

Buon Anno a Crescentino!
Sarà difficile rimpiangere il 2016
Auguri a tutti
da Marinella Venegoni

sabato 24 dicembre 2016

Buon Natale crescentinese, con la bella storia di Gian Maria

Gli auguri di Buon Natale a tutti i Crescentinesi, arrivano quest'anno con una storia positiva. Qualcuno di voi lo conoscerà, Gian Maria Piras, protagonista di una vicenda che mi piace proprio definire da Natale, perché la sua è la rivincita della sorte, della Provvidenza o di quel che voi credete (in questo blog non si fanno guerre di religione), unita alla capacità, al talento e alla resistenza umana.  
Gian Maria, 36 anni, carattere schivo ma gioviale, ha studiato da odontotecnico a Vercelli.
Poi la vita (che non gli è stata lieve) lo ha costretto a vent'anni  a cominciare a badare a se stesso, dopo che il babbo era morto che lui era piccolo, e la mamma quand'era intorno ai vent'anni.
E' andato a lavorare all'Italcardano, ma intanto i suoi studi sono rimasti la sua passione. E ha allevato un sogno, o meglio un'idea: costruire un robot che simuli i movimenti delle mandibole, diversi per ciascuno di noi, per evitare protesi costose che alla fine si rivelano perfette ma non utili e financo dolorose. 
Si è messo all'opera nel tempo libero dall'Italcardano finché il progetto è stato pronto. 
Lo ha brevettato, ma bisognava finanziarlo. Le finanze sono l'incubo degli Anni Zero, e quando Italcardano ha iniziato la sua tristerrima parabola discendente con un "aiutino" per chi se ne andava, lui si è licenziato.
Gian Maria mi è molto caro, e mi ricordo che ero preoccupatissima: "Cosa farai?" gli chiedevo. Lui è un po' zen, e si è messo a cercare lavoro via internet: lo ha preso un'azienda in provincia di Parma, ed è stata la sua fortuna, alla lunga.
Voleva continuare nella costruzione del suo robot, e ha pensato ad una tecnica in voga sulla Rete, il crowdfunding: esporre un progetto in un filmato, e chiedere finanziamenti. Lo ha fatto, per la cronaca, in inglese. I finanziamenti si sono fermati a 30 euro, ma uno studio dentistico di Parma lo ha contattato, ed è iniziata una fase operativa piena di futuro.
Così operativa, che nel giro di pochi mesi Gian Maria Piras ha lasciato anche l'altro lavoro di Parma e si è buttato a capofitto nel progetto, ormai a quel punto in via di realizzazione: "Grazie a noi, oggi, il mondo dell'odontoiatria ha fatto un salto in avanti di 40 anni", ha detto in una intervista a "La Voce" la scorsa settimana.
Ora lo cercano tutti, dai primari del San Raffaele fino alle cliniche spagnole. 
Gian Maria sapeva quel che faceva. Apparentemente il suo progetto sembrava destinato a rimanere un sogno. Ma lui con i sogni ci ha messo la tenacia, non ha lasciato che la routine e il passare del tempo prendessero il sopravvento, ha utilizzato quel che l'èra di internet gli poteva offrire. E' stato testardo, e ha avuto ragione.
Forse anche noi abbiamo un po' da imparare da lui. 
Carissimi auguri di Buon Natale a tutti (anche a Gian Maria, naturalmente). 




mercoledì 21 dicembre 2016

M5S, la Raggi, i guai. E povero Grillo (e poveri Romani)

Il sito Dagospia è uno dei più letti sia dai potenti, per la quantità di notizie di prima mano di cui dispone Roberto D'Agostino che lo ha inventato, sia dai porcelloni per le porcellonate con le quali distrae da problemi pesanti.
Io naturalmente non propongo le ultime sul porno, ma questo "Dagoreport" che dà l'idea della situazione allucinante nella quale è caduto il M5S con la disfatta del progetto romano che doveva essere l'esperienza pilota per conquistare l'Italia.
Ai poveri romani non ci pensa più nessuno, ma dalla scomparsa di Casaleggio senior è tutto un fai da te (e, come diceva la pubblicità di Alpitour, è tutto un ahi ahi ahi). 
Questo ci racconta ora Dagospia. E povero Grillo, alle prese con problemi più grandi di lui.

Beppe Grillo ha avviato, sottotraccia (com’è suo solito), un’ampia operazione di casting. In altre parole, sta cercando di assoldare nuove figure professionali. Ha capito che la selezione offerta da Davide Casaleggio ha spessore ben diverso (più basso) rispetto a quella che garantiva il padre Gianroberto.

In un primo momento, aveva pensato di lanciare Luigi Di Maio come candidato premier. Ma dopo gli ultimi scivoloni del vice presidente della Camera ha pensato di muoversi diversamente. Sta facendo sondaggiare ticket elettorali “Grillo-Di Maio”, “Grillo-Appendino”, “Grillo Di Battista”; e sembra anche “Grillo-Fico”. L’operazione è appena partita. Nei prossimi giorni, i risultati. 

La preoccupazione di Beppe è che se la Raggi dovesse essere sfiduciata o dovesse pensare di dimettersi (eventualità non proprio ipotetica), il Movimento 5 Stelle perderebbe almeno il 10% del consenso elettorale.

E sarebbe stata proprio questa previsione sventolata da Grillo sotto il naso della Lombardi a convincere la prima nemica della Raggi a desistere dalla creazione di un suo gruppo. Anche Beppe teme un’eventualità del genere: Roberta si porterebbe via mezzo partito. E non solo a Roma...


martedì 20 dicembre 2016

Il Ministro Poletti, Gramellini e gli emigrati laureati

A volte uno se le tira proprio addosso. L'ultima uscita del Ministro Poletti sui giovani laureati costretti ad emigrare per trovare un lavoro, è stata come carta moschicida per i commentatori.
Come spesso gli accade, Massimo Gramellini si è sentito particolarmente ispirato e ha scritto sulla Stampa di questa mattina ciò che leggerete qui sotto. 


MASSIMO GRAMELLINI
Il ministro del Lavoro con delega alle figuracce Giuliano Poletti ha deciso di sfatare a parole, e non solo con la sua presenza, l’affermazione retorica secondo cui sono sempre i migliori quelli che se ne vanno. Lo ha fatto con l’eleganza e il tatto che lo contraddistinguono fin da quando spernacchiava come scansafatiche i laureati ventottenni, per la gioia degli specializzandi ancora curvi sui libri a quell’età. Poletti ha cominciato col dire che «se centomila giovani se ne sono andati dall’Italia, non è che qui sono rimasti sessanta milioni di pistola» e i maligni hanno subito pensato che la volesse mettere sul personale. Poi l’uomo delle coop rosse ha tirato l’affondo: «È un bene che certa gente se ne sia andata, sicuramente questo Paese non soffrirà a non averli più tra i piedi». Un mio amico - il cui figlio laureato in Ingegneria col massimo dei voti ha appena accettato un posto a Londra forse perché suo padre non aveva da offrigliene uno nella Lega delle Cooperative - si è leggermente risentito. Temo non abbia colto la delusione nascosta tra le pieghe della raffinata ironia ministeriale. Poletti non si capacita di come possano esserci centomila giovani così ingrati e antipatriottici da accettare un lavoro regolarmente retribuito all’estero piuttosto che immergersi nell’esilarante girandola italica dei «voucher» da lui promossi . 

Siamo in tanti a pensare che sia un bene che se ne siano andati. Un bene per loro. Mentre è un male che il ministro del Lavoro di un Paese con il record di disoccupati e precari rimanga ancora al suo posto a sparare pistolettate. 





venerdì 16 dicembre 2016

Fabrizio Barca su Renzi ("Si è suicidato") e il PD



Non è una novità che qui si riportino i pareri dell'ex ministro Fabrizio Barca. Uno che in un Paese normale sarebbe qualcuno, e invece in Italia si è ritagliato il ruolo di un teorico accanito di quel che non funziona nel PD. Un meccanico di comportamenti e meccanismi, del quale è uscita l'altro giorno su Repubblica questa illuminante intervista, che recensisce in modo acuto i comportamenti di Renzi e le ragioni della sua sconfitta

Barca: "Renzi si è suicidato, così il Pd in bilico"

L'ex ministro della Coesione sociale nel governo Monti dal 2013 ha iniziato un viaggio tra i circoli dem, denunciando storture e degenerazioni: "Il segretario cambi metodo: non ha saputo fidarsi di nessuno, neanche della sua forza. Più che il congresso occorre una nuova organizzazione. Per non vivere più da separati in casa"

lunedì 5 dicembre 2016

Addio Renzi (e povero PD)

Dalla notte più lunga dei suoi mille giorni, Matteo Renzi è uscito con le ossa rotte e con lui l'Italia, comunque la si pensi. La nettissima vittoria del NO, gran percentuale del quale espressa dai cittadini più giovani (il "sì" è stato appannaggio degli over 64, dicono i sondaggi) lascia intravvedere un deficit di comunicazione, un avvitarsi della politica su se stessa, una stanchezza per l'eccessiva esposizione del Premier, che ci trovavamo ogni giorno nel cappuccino come nel passato di verdura serale. 
I pasticci della proposta che era da votare fanno il resto: anche alcune menti politiche come Prodi o Cacciari, quando si sono dichiarati per il "Sì", hanno fatto precedere l'annuncio della loro decisione con un lungo elenco di elementi imperfetti o assurdi all'interno dei nuovi articoli. Veramente, Cacciari se l'è cavata con un eloquente "E' una puttanata".
Non ho voglia di dire come ho votato, non è importante. E non vi stanco con altre parole, dopo tutte quelle che avete sentito ieri oggi e da sei mesi almeno.
Renzi ha sbagliato e ha dato le dimissioni, almeno in questo è stato unico nel genere italiano politico. 
Però stasera ho sentito dire che rimarrà alla guida del PD, almeno fino a un congresso che decida altrimenti.

Quel che non gli potrò mai perdonare, questo lo voglio proprio dire, è di aver smembrato con il suo comportamento da premier e da segretario l'identità di un partito come il PD che, nel bene o nel male, era rimasto un baluardo di alcuni valori ai quali ancora si riferisce una parte dell'Italia. Almeno finché non è arrivato lui, che non ha saputo né voluto parlare alle fasce sociali delle quali la formazione era punto di riferimento; che ha litigato con tutti i sindacati possibili. 
Lo spettacolo di questa parte politica divisa, l'insofferenza di Renzi per una storia che non è evidentemente mai stata sua né condivisa,  mi è parso devastante. I conflitti, laceranti. Ma nemmeno è tutta colpa sua: gli hanno (colpevolmente) dato in mano questo partito, e lui ne ha fatto carne di porco, ha del tutto trascurato di cercar di confrontarsi sulle idee, preferendo cercare altrove alleanze che gli sembravano più utili per i suoi disegni. Legittimi, per carità: ma non è stato onesto con i suoi compagni di viaggio. 
Stasera in tv Cacciari, il filosofo veneziano ex sindaco, diceva che -con queste premesse - per il PD come l'abbiamo conosciuto non c'è futuro. Ci sarà scissione, e nel divorzio a chi resterà la casa?
Temo di saperlo. 



domenica 4 dicembre 2016

La famosa e tenera ex Scuola Guida Vigé



Già mio incubo igienico-sanitario per via dello sterco di piccioni che la circondava, quando passavo in bici ogni giorno in via Roma diretta al municipio, l'ex tenera Scuola Guida Vigé torna in gran spolvero dopo che ne ho accennato qui, parlando delle voci che avevo sentito sul fatto che la ristrutturazione in corso si fosse fermata per problemi burocratici e addirittura giudiziari. 
Al settimanale La Periferia hanno fatto ciò che ogni giornalista dovrebbe, e hanno telefonato al sindaco Greppi che ne è il proprietario (attraverso una sua società, dice l'articolo comparso questa settimana) per farsi spiegare se la storia è vera oppure no. 
Il sindaco Greppi ha gentilmente raccontato, e finalmente si scopre che non erano solo voci. 
Ora io non faccio il poliziotto e nemmeno l'opposizione, però visto che ne ho parlato qui, mi piace riassumere. Riassunto e commento, come si fa a scuola (quando le scuole funzionano). 
"A luglio ci siamo resi conto che mancavano alcuni progetti per questo cantiere - spiega Greppi alla Periferia -. Così abbiamo chiesto la sospensione dei lavori comunicandolo all'impresa che stava operando". En passant, mi chiedo chi si è reso conto, visto che Fabrizio usa il plurale maiestatis: se mancava qualcosa, avrebbe dovuto accorgersene l'ufficio tecnico del Comune, e comunicarlo al proprietario, casualmente anche Sindaco. Di certo, qui Greppi parlerà come ditta, no? Ma da sindaco, non si sarà stupito che l'ufficio non se ne sia accorto, non avrà trovato assai sbadata la società richiedente? Boh.
Vabbé. Aggiunge poi che "qualche settimana più tardi da questo provvedimento però, mi hanno avvisato mentre ero fuori zona che si stavano svolgendo lo stesso dei lavori. Erano intorno alle 18. Ho immediatamente chiamato in Comune l'ufficio tecnico e mi hanno riferito che erano al corrente della questione e che si erano già recati a controllare". 
Ora, italiano a parte, mi auguro che il sindaco divulghi il nome di questa ditta che lavora a proprio rischio anche se le dicono di smettere: perché accade a molti che le ditte, specie in quel settore, non vadano avanti nemmeno se le preghi. Io mi ricordo di quando Speranza (ora vicesindaco) con la sua, di ditta, pitturava la facciata della Ragioneria e faceva i lavori interni al Palazzo Comunale: dovevo praticamente inginocchiarmi davanti a lui per convincerlo a portarla a termine (i risultati son lì da vedere, tra l'altro).
Dunque in qualche modo fortunato con la ditta prescelta, Greppi, ma nel momento sbagliato. Fortunato anche ad aver trovato alle 18 qualcuno in ufficio, in Comune. Mi chiedo, tra l'altro: ma ha telefonato come Sindaco per denunciare la situazione, o come proprietario per autodenunciarsi?
Vabbé.
"Ho così detto di procedere come la normativa prevede ed è stata subito informata la Regione Piemonte. E anche la Procura della Repubblica" 
E questo l'avrà detto sicuramente come sindaco, perché non è che un cittadino si azzardi a dire al tecnico di procedere come la normativa prevede, quello già lo sa..  
Vabbé
Le voci di radio portici dicono che nell'ex tenera scuola guida Vigé,   erano previsti lavori di cemento armato, che debbono essere comunicati alla Regione per la valutazione di un suo tecnico. Se questo non accade, viene tirata in ballo la Procura. (la Periferia però non ha chiesto come mai dovevano essere informate la Regione e la Procura).
Dunque la famosa ditta fatata e superlavorante (ditemi voi il nome dai, fate vedere che valete) era andata avanti a edificare in cemento? Ma se era andata avanti a fare lavori di cemento, questi dovevano essere autorizzati dalla Regione. 
Ecco magari questi erano i progetti mancanti. Robetta, no?
Vabbé. Tralascio di suggerire alla Periferia di indagare anche sul muretto di proprietà del Comune che separa il cortile della Ragioneria dalla tenera ex scuola guida Vigé, che è stato abbattuto per consentire i lavori di ristrutturazione: chiedano magari se nella delibera che concede l'abbattimento del muretto il sindaco si è ricordato di astenersi. E magari mentre ci siamo, i cittadini di Crescentino gradirebbero sapere se sanzione è stata comminata, e quanto abbia dovuto sborsare per questa colossale catena innocente di eventi la società proprietaria della già tenera ex Scuola Guida Vigé. 
Ma intanto mi viene in mente la famosa frase di Giulio Cesare quando ripudiò Pompea: "La moglie di Cesare deve essere al di sopra di ogni sospetto". Povera Pompea, sempre alle donne tocca. 




mercoledì 30 novembre 2016

Cari ragazzi della Chapecoense, salutateci il Torino


Troppo facile alleggerire il dibbbatttito con notizie appunto leggere. Questa della squadra brasiliana che ha fatto la fine del Grande Torino è davvero tristissima. Salutiamo gli atleti e tutti i passeggeri dell'aereo con un bel pezzo di Massimo Gramellini, vecchio cuore granata, comparso nella sua rubrica "Buongiorno" sulla Stampa del 30 novembre 2016. 
E buon dicembre a tutti. 


Avevi un nome che si incespica in bocca, Chapecoense, ed eri la squadra di calcio di una città brasiliana, Chapecó, che pochi fuori dal Brasile saprebbero indicare sulla carta geografica. Avevi quarant’anni e, dopo essere sprofondata in serie D, avevi rischiato addirittura di fallire. Invece all’improvviso avevi scoperto la tua forza. E un giorno di fine novembre eri salita sull’aereo che ti avrebbe portato in Colombia a giocare la finale della Copa Sudamericana, l’equivalente della nostra Europa League. A bordo li avevi convocati tutti: giocatori, tecnici, giornalisti. Si erano scattati le foto prima del decollo. Sorrisi, abbracci, dita a V. E poi. 

Non si capisce il senso, Chapecoense. Noi figli e nipoti del Grande Torino lo cerchiamo da una vita. Come chiunque abbia sofferto per una perdita innaturale e dunque assurda. Ma quando la perdita riguarda una squadra intera - un sogno collettivo di gioventù - quell’assurdità viene moltiplicata per mille e mille cuori, tramandandosi da una generazione all’altra. Perché? Perché cancellarti a un passo dalla finale e dalla vita adulta? Chi è quel cinico bastardo che ha giocato con i tuoi sentimenti, decidendo che dovesse andare così? Quali disegni misteriosi persegue? O bisogna arrendersi all’idea insopportabile che non esista disegno alcuno? Guardo le foto dei tuoi ragazzi al decollo, i loro sorrisi, le loro dita a V, e mi dico senza troppa convinzione: l’unico senso possibile è che il destino di certe avventure umane sia di morire giovani per non morire mai. Rimanendo giovani per sempre nel ricordo di chi le ha amate.  

lunedì 28 novembre 2016

Non chiudere le scuole quando c'è rischio alluvione...

La condanna in primo grado a Marta Vincenzi ex sindaca di Genova, a 5 anni e due mesi, per l'alluvione del 2011 nel capoluogo ligure, mi fa pensare che non è mai una grande idea non chiudere le scuole quando i fiumi si gonfiano fino al limite e le previsioni non sono rosee.

Soprattutto, non bisogna vantarsi di non averle chiuse, le scuole. 
Bisogna sempre ringraziare la fortuna (argini o non argini) e il Sant'Iddio. 
Amen

mercoledì 23 novembre 2016

Evviva!!! Lavori a palazzo Jona, finisce la decadenza in Piazza Vische


Vi rompo sempre così tanto le scatole con il Centro Storico che perde i pezzi... e ogni tanto qualcuno se ne ricorda. E mi arriva una bella notizia.
Il palazzo avito già della famiglia Jona a mio parere è il più bello di Crescentino. Non da oggi perde i pezzi, le gelosie sdentate, i mattoni e pezzi di stucco che volano, finestre senza vetri al secondo piano, che sono l'inizio della fine per la piccioneria, l'umidità e il degrado (come si vede in Piazza Caretto: sindaco, sindaco...)
Bene, mi ha chiamata il dott. Leo Alati e mi ha annunciato che c'è un accordo fra i tre proprietari (lui è uno dei tre) per una ristrutturazione che dovrebbe cominciare la prossima primavera. 
L'architetto Carpegna, che si occuperà dei lavori (e che mi deve sempre la cupola del gazebo nei giardini Levi Montalcini) mi ha spiegato che si tratta di una ristrutturazione semplice: per prima cosa sarà rifatto il tetto, poi ci sarà una ripulita generale alla facciata e naturalmente il rifacimento degli infissi che sono diventati una vera schifezza. 
Tutto questo per ora sulla carta, naturalmente. Perché il progetto dovrà passare in Comune, vedersela con l'ing Mascara e diventare un fiore all'occhiello dell'Amministrazione, se mai fosse sensibile al tema.
Già il palazzo giallo della Biverbanca, con i suoi occhioni spalancati vuoti sul nulla, dice che queste non sono priorità. Lo dice in verità anche l'ex scuola guida Vigé, che è stata sventrata completamente ma giace lì come uno scheletro e non succede più niente da tempo, hanno perfino tolto la gru. E' di proprietà del Sindaco, casualmente, e mi è stato persino detto che c'è un problema di violazione di regolamenti e per questo i lavori sono stati bloccati. Ci sarebbero addirittura risvolti penali. Spero che qualcuno si faccio vivo su questo blog a smentire con decisione, ne sarei veramente felice: perché come dicono a Roma, se una casa del Sindaco finisce sotto tiro, annamo bene. 
Sono comunque molto felice di aver molto battuto sul tasto del Palazzo Jona, e grazie a Leo Alati che asfissiato da me su questo problema quando facevo il sindaco, si è ricordato di avvertirmi che il piccolo miracolo in controtendenza sta per avvenire. 
Bravi, ragazzi! 

domenica 20 novembre 2016

Il Sindaco con il collo storto non può guardare al presente e al futuro

Quello che vedete qui sotto è un post del Sindaco Fabrizio Greppi sulla pagina Facebook di "Sei di Crescentino se". Mi è stato segnalato questa mattina da alcuni amici sotto i portici (sempre più disastrati). 
 
E' curioso che dopo quasi tre anni di regno senza oppositori e senza cultura né opere - a parte le ronde arlottiane - il nostro sindaco non sia riuscito a radunare gli abitanti del palazzo (ora più compositi perché si sono aggiunti i rifugiati) o non abbia deciso di farsi trovare una sera nel cortile, con un vigile e un'assistente sociale, per vedere come si possa coinvolgerli e risolvere il problema.  
Certo se si sta con la testa rivolta all'indietro riesce difficile mettere a posto le questioni presenti, e preparare il futuro. Capisco il suo disagio nel dover trattare con persone non benestanti, ma ho detto mille volte che senza un mediatore culturale, una figura terza e non vista come nemica da quella gente, diventa difficile rendere i comportamenti accettabili. Nel frattempo sarà anche meglio che qualcuno si dia da fare per offrire una ragione di vita e il modo di passare la giornata ai nuovi ospiti, prima che diventino nemici pure loro. 
Si consoli Greppi, nel mio mandato abbiamo speso ben di più, impiegato più lavoro e fatica, a riparare le strade anche del centro, oltre che delle frazioni, che avevano buche micidiali e che per dieci anni dieci del suo primo mandato non erano state nemmeno sfiorate da un'aggiustatina. 
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Ecco parte dell'eredità venegoniana. ....I costi che tutti noi stiamo sopportando da 5 anni e non so per quanto ancora ve li faremo sapere a breve. Cmq questo ammasso di spazzatura, che Aimeri non avrebbe rimosso,grazie al vicesindaco Speranza è stata portata all' ente risi per poi successivamente cercare di differerenziarla . Naturalmente tutto a spese della collettività. Per completezza d'informazione in 5 anni nessuno di coloro che furono messi li hai mai pagato la tassa rifiuti. E neanche l'affitto.

sabato 19 novembre 2016

Fiato alle trombe, il 2 dicembre riapre il Vikingo, con Altafini (proprio lui!)

C'è un pezzo di Crescentino e anche dei dintorni, che da luglio ha perso, con l'improvvisa e prematura scomparsa del povero Caio Massa, un punto di riferimento per serate semplici e simpatiche, senza fronzoli, profumi e balocchi. 
Niente di speciale, solo umanità. Al Vikingo sul viale Nove Martiri, si sa, si mangiava un boccone alla buona (la pizza prelibata era sovrana) e poi si stava lì a chiacchierare di tutto e di niente con gli altri avventori e un bicchiere di vino buono, e magari si tirava tardi con quattro risate o parlando anche di politica. 
Non ricordo nemmeno più i tempi senza Vikingo, non mi ricordo dove andavo a parare prima, e data la mia anagrafe, questo la dice lunga sulla longevità del locale.
L'addio a Caio ha fatto scendere il buio sul Vikingo, e sembra - non solo a me - che manchi un pezzo di città, ma anche di Livorno, Saluggia o Palazzolo, che portavano gente desiderosa di uscire fuori dalle mura del proprio Paese.
Ora una notizia bellissima (per me). Il Vikingo è stato rilevato da Giuliano Tomasoni, detto Giulio (e detto anche Altafini dalla passione antica per il Milan, che così ci capiamo meglio). 
Un autentico personaggio di Crescentino, Altafini. Estroverso, ironico, pungente, che ha passato decenni come socio (o aiutante, non lo so) di Caio, Grazia e Gabriele, prima di occuparsi di macchinette per il caffè.
Per la biografia completa di Giulio ci vorrebbero alcuni romanzi, più gialli che rosa. Ma (per ora) ve li risparmio. Poi vedremo. Questo è comunque un nuovo capitolo sorprendente, e per quanto mi riguarda una gran bella notizia, per lui e per noi che eravamo orfani, di quel locale 
Dunque il Vikingo riapre le porte venerdì 2 dicembre. Giulio annuncia subito che non ci sarà festa di inaugurazione: "Si viene e si mangia". Il pizzaiolo c'è, ci saranno altre conferme e anche sorprese, ma non ho idea di quali siano. 
Per adesso fiato alle trombe, viva il Vikingo. 



domenica 13 novembre 2016

Trump è presidente Usa, ma per la nostra piscina sono soddisfazioni vere

Il mondo è cambiato in pochi giorni, Trump irrompe non solo nella vita degli americani, e niente sarà più come prima. L'impoverimento della classe media, i diseredati in crescita fanno crescere il populismo, e gli storici ci dicono che una situazione simile negli Anni 20 del Novecento portò dritto filato ai regimi autoritari, al fascismo e al nazismo.
L'imprescindibile ex sindaco di Venezia e filosofo Massimo Cacciari, ha spiegato che questa deriva in Italia è stata fermata dal Movimento 5 Stelle, e tocca ringraziare Grillo, anche se vuole far pagare l'Imu ai Musei Vaticani che sono proprietà appunto del Vaticano. Un gaffologo. 
In preda a questi pensieri per il mio punto di vista non allegri, sfogliavo stasera La Stampa nelle pagine vercellesi, e mi sono rischiarata a un titolo: "I pendolari del nuoto scelgono Crescentino", con un articolo firmato da Laura Di Caro che tutti qui conosciamo.   
L'inizio: "E' diventato un punto di riferimento per il mondo del nuoto di tutto il Vercellese e oltre... ogni settimana sono oltre 2 mila le persone che frequentano l'impianto". Scrive Di Caro che oltre l'80 per cento vengono da fuori, da Vercelli e dagli altri Comuni della Provincia e del Torinese.
L'articolo vuole in fondo stigmatizzare la scandalosa assenza di una piscina coperta a Vercelli, ma loda "l'indubbia buona gestione delle attività e della struttura".
Vabbé. Musica per le mie orecchie. Fu dunque una decisione saggia la costruzione di quegli impianti sportivi, nel mio primo mandato dei Novanta, grazie a un fido del Ministero dello Sport e alla spinta del vicesindaco Franco Daniele, detto Lupo de' Lupis. E che fortuna trovare per la piscina un gestore come la società di Biella che è molto professionale. Ne avessimo di simili per il palasport...
Il Comune non ci guadagna niente, ma fa il suo mestiere: dà un servizio,  ai cittadini ma anche all'indotto, alla comunità del commercio, perché creando un giro di persone che vengono in città, esso se ne può avvantaggiare (almeno in una città normale e che non cada a pezzi per incuria dei privati). 
Mi viene in mente che alla mia prima fuga dal Comune, dopo il primo mandato, il mio successore non si espresse in modo favorevole nei confronti della struttura sportiva, e la lasciò anzi lì senza completarla, tanto che abbiamo finito per farlo noi, con parcheggi e quant'altro, al mio ritorno dopo 10 anni. 
Ora è veramente un formidabile pezzo di città, frequentatissimo in vari sport, da Crescentinesi e non. Una delle poche cose belle della nostra città, conosciute anche nei dintorni, di cui andare fieri. Alla faccia dei gufi. 


sabato 5 novembre 2016

I grillini che chiudono tutto (e Greppi, e Salvatore, e la Mossi&Ghisolfi))

Con il passare del tempo, stiamo imparando in che cosa consista la  tecnica grillina dell'amministrare. Prima cosa (Torino) disfare quel che si può delle amministrazioni precedenti: via la Fondazione Cultura (la Cultura attualmente dà da mangiare ai torinesi, per quanto ancora non si sa), via il Festival Jazz ("che costa caro", ma portava tanto lavoro), via via via. In questo senso, colgo una valenza grillina anche nel nostro Greppi, che quando può dice esplicitamente di voler cancellare tutto ciò che è stato fatto sotto la mia Amministrazione (per fortuna non farà i buchi nelle strade che abbiamo passato il tempo a riparare).

A Roma, la Raggi ha già detto molti no: alle Olimpiadi, alla Nuvola dell'Eur costata cifre assurde, e ora ha messo in liquidazione "Roma Metropolitana", la società che si occupa appunto della Metro e che ne ha combinate di ogni. Tutto giusto, in teoria. Ma ieri una paginata di Repubblica, raccontando questi no, titolava: "Non fare per non rubare/ Il vicolo cieco anti corrotti".
Ci siamo capiti.
Dovere di un amministratore è progettare non solo per riparare dai danni le città, non solo fare manutenzione ordinaria come ognuno farebbe a casa propria (meno che a Crescentino, questo è certo purtroppo) ma guardare avanti per favorire attività e sviluppo nell'ambito di quel che si può nel proprio territorio.
Il lungo preambolo è utile perché penso a Salvatore che in settembre ha detto che  la vecchia Giunta "si era svenduta la città per qualche milione". 
A parte i posti di lavoro (che ci sono stati e ci sono), senza i lavori che i soldi di mitigazione della Mossi&Ghisolfi hanno consentito per la Città, Crescentino sarebbe ancora più Aleppo di quel che è oggi. Nessuna Amministrazione, soprattutto in un territorio depresso come il nostro, avrebbe rinunciato a quell'opportunità, e lo dico io che all'inizio ero contraria, proprio per i problemi della puzza (e ho fatto mettere filtri di ogni tipo, che sono serviti finché è durato quel progetto lì).
Certo poi quel progetto, che nel contesto iniziale sembrava avveniristico, ha preso un'altra piega dopo il  drammatico suicidio di Guido Ghisolfi, che di tutta l'iniziativa era il padre padrone, forse anche non in pieno accordo con il resto della sua famiglia. 
Certo le aziende, in ogni città, se di quel tipo, vanno seguite e incalzate, vanno tenuti d'occhio i valori delle emissioni. E' un dovere di ogni Comune, questo: ma d'altra parte senza M&G a Crescentino ci sarebbe stato il nulla, come il presente drammatico ci insegna. 

mercoledì 2 novembre 2016

Fortunati nella sfortuna

Crescentino non ha splendide chiese romaniche come (aveva) Norcia, né seconde case di appassionati villeggianti che riempiono le casse dei comuni.
Non ha un piccolo commercio vivace che grazie al turismo non smette di girare.
Crescentino non ha  dato i natali ai nonni o ai bisnonni o ai genitori di celebri volti dello spettacolo e della politica che vivono a Roma, e che hanno mantenuto e curato le loro proprietà in loco.

Non ha un Centro Storico ben tenuto, con le vecchie case sempre ridipinte di fresco nei colori della tradizione di ciascuno, di quelle che formano il sogno di una cartolina (ormai da mandare per whatsapp) 
Crescentino non ha una specialità gastronomica che ha fatto il giro del mondo, come succede ad Amatrice. 
Non ha niente di tutto questo. 
Ma nella sua modestia ha una virtù involontaria e preziosa: è a bassissimo rischio di terremoti. 

domenica 23 ottobre 2016

Quel giornale che non arriva mai

In tutti questi mesi, dall'estate in poi, ho chiesto sempre in edicola - ogni 15 giorni - della Gazzetta di Saluggia in edicola.
Non c'è. 
Ne ho avuto un numero solo, con una pagina terribile su di me.
Ma non importa.
Dispiace sempre per un giornale che non esce
Sono dunque contenta di aver ritirato la querela.
E lo rifarei.


lunedì 17 ottobre 2016

Il deserto dei tartari (ricordando Caio, e Salvatore)

In questi giorni mi hanno sgridata in tanti perché batto la fiacca sul blog.
Qui per Amare Crescentino ci vuole un bel  fegato. Certo che non mi tiro indietro, come potrei: Un amore come questo è per sempre, ma sono un po' triste e mi vengono discorsi tristissimi. Ieri sera ho mangiato un boccone al Portico, affollato che neanche il Cambio, con  code pazienti alla porta. Poi tornando a casa con l'amico che mi faceva compagnia ricordavamo i bei tempi al Vichingo, con o senza cappa, che da quando è chiuso siamo in mille orfani perché non era solo un posto per cenare ma per scambiare motti e tirare tardi. La morte di Caio non è stata una tragedia solo per la sua famiglia, ci sono orfani del Vikingo (cambio dizione))) che vagano senza aver trovato ancora un approdo appropriato. 
Di loro non so più nulla, come un pezzo di vita che ti sparisce davanti agli occhi.
Ma il senso di vuoto, altri ristoranti chiusi, mi fanno il paio con la breve passeggiata sotto i portici stradeserti e stracotti sfrangiati con scritte dei writers de noantri e buchi nel colore di 60 anni fa. Stracotto dappertutto, con un'aria di abbandono che mi stringe il cuore. Finestre senza infissi vuote come le occhiaie di uno scheletro che ti guardano, quello sporchetto senza speranza (s minuscola ma anche maiuscola) come la patina di una casa disabitata. 

Il deserto dei Tartari, come diceva Salvatore Sellaro nei Novanta, parafrasando Dino Buzzati probabilmente senza saperlo. Quel mandato lì fu una lunga guerra di ideali contro l'illegalità e i comportamenti disinvolti di un potere che mi aveva preceduta. C'era la sensazione di farcela, e di ricominciare tutti insieme. Questo mandato qui è stato all'insegna del fuoco amico, mutande di latta che a volte non bastavano nemmeno. E meno male che alcune persone meravigliose mi hanno davvero salvata. 
La città, ancorché povera, manteneva una dignità che adesso non ritrovo.  
Povera la mia Crescentino 



martedì 11 ottobre 2016

Il dilemma del sì e del no e il prof. Rodotà

Assisto costernata in questi giorni alla lotta fratricida all'interno del Pd.  Oggi Bersani ha detto "non mi mandano via neanche con l'esercito", ricorrendo a una di quelle sue frasi che poi fanno storia e costume. 
Tutto questo ha radici lontane. Renzi non si è mai calcolato la allora Maggioranza che l'ha portato al potere, è stato sempre poco urbano e anche alquanto cafone, se debbo dirla tutta. Trovare uno che si comporti così non è facile, e adesso dopo aver corso da solo pretenderebbe di essere seguito da un reggimento di muli silenti. 
Capisco le tentazioni e le decisioni dell'attuale Minoranza, che aveva altri disegni, indicava altre prospettive che non sono state tenute in considerazione alcuna. Ma per me anche l'aspetto umano è importante: mi ricordo di un signore con un ruolo assai significativo che io gli avevo attribuito, il quale è entrato per mesi e forse anni in Comune senza neanche mai passare a salutare: il disagio che causava tale mancanza di educazione, il segnale che lanciava, mi torna in mente in questi giorni. 
Ma quel che conta si sa è ora scegliere una via per come votare al Referendum: un sì o un no che dia una spinta al Paese, e non un calcio nel sedere che è una cosa diversa. 
Dunque pure io come tutti (???) mi sto informando. 
I Giuristi sono quelli che ne sanno di più. E l'articolo di Stefano Rodotà apparso qualche giorno fa su Repubblica mi ha molto fatta riflettere.  
Ve ne riporto alcuni stralci, se può servire alla vostra formazione di un'idea.
"E' sempre più evidente che la lunga, e per molti versi violenta, campagna elettorale, tutt'altro che conclusa, ha già determinato profonde divisioni proprio sul terreno costituzionale, dove la logica dovrebbe essere piuttosto quella del reciproco riconoscimento di principi comuni. E gli interventi continui, e assai spesso aggressivi, del Presidente del Consiglio certo non contribuiscono a crearne le condizioni. Il rischio è che, quale che sia l'esito del referendum, una parte significativa dei cittadini possa non riconoscersi nel risultato del voto.
Bisogna ricordare che ai tempi dell'Assemblea Costituente la preoccupazione era stata proprio quella di non dividersi, tanto che fu possibile un accordo sui temi fondamentali malgrado la guerra fredda e l'estromissione dal Governo di comunisti e socialisti". 
Questo un concetto è stato ribadito con forza anche dal prof. Zagrebelsky, nelle scorse settimane.
Prosegue Rodotà:
"Le modifiche all'Italicum, più ventilate che tradotte in impegni effettivamente vincolanti e alle quali si era riferita la minoranza del PD, condizionando ad esse il suo consenso, non potrebbero comunque avere l'effetto di rendere accettabile la riforma".
Segue una stroncatura a tutto tondo:
"E' persino imbarazzante, per la pochezza dei contenuti e del linguaggio, leggere il testo al quale è stato consegnato il compito impegnativo di riscrivere ben 43 articoli della Costituzione. L'intenzione dichiarata è quella di semplificare le dinamiche costituzionali, in particolare il procedimento legislativo. Ma per liberarsi del deprecato bicameralismo paritario si è approdati invece a un bicameralismo che generosamente potrebbe essere definito pasticciato. Neppure gli studiosi più esperti sono riusciti a dare una lettura univoca del numero e delle nuove e diverse procedure di approvazioni delle leggi".
Mi chiedo: si può votare una roba così?
Seguendo quanto aveva già detto il prof. Zagrebelsky, Rodotà si dilunga sul nuovo Senato, la cui composizione "sembra essere stata concepita per renderne quanto mai arduo, e per certi versi impossibile, il funzionamento. Il compito affidato ai nuovi senatori, infatti, è assai difficile da conciliare con il loro primario compito istituzionale. Si tratta, infatti, di consiglieri regionali e di sindaci. 
E proprio il ruolo assunto in particolare dai sindaci nell'ultimo periodo, divenuti determinanti per il rapporto tra cittadini e istituzioni, rende INACCETTABILE O QUANTOMENO IMPOSSIBILE una loro presenza attiva e informata come senatori. Non potendo svolgere una vera e incisiva funzione istituzionale, i nuovi senatori frequenteranno Palazzo Madama come una sorta di dopolavoro?".
Facciamoci anche noi queste domande, per un voto consapevole, comunque la pensiamo.
E ciao.
marinella

sabato 1 ottobre 2016

Zagrebelsky, Renzi, e la ricerca dei voti a destra del Segretario

Non so quanti di voi abbiamo resistito quasi tre ore al dialogo serrato fra Gustavo Zagrebelsky e il Presidente del Consiglio/Segretario del Pd Renzi, sulla 7, venerdì sera. Interessantissimo: da una parte Renzi ansioso di portare a casa il risultato senza farsi rompere le scatole dai "formalismi", dall'altra il sommo studioso della Costituzione che metteva in guardia contro un pressappochismo di formule che porterebbe da una parte alla dittatura della maggioranza, e dall'altra a paralisi dei lavori parlamentari. E soprattutto aggiungeva che la riforma della Costituzione non è un fatto di parte, dev'essere condivisa. 
Per una volta la tv, anche se la più piccola e agguerrita come la 7, non statale, ha fatto da servizio pubblico. 
Di seguito ci sono inoltre i fatti che ammorbano il Pd negli ultimi anni. Ha detto più o meno Zagrebelsky: "Sono stato alle feste dell'Unità, ho visto un clima molto nervoso". Chi segue il dibattito a sinistra già sa tante cose, ma qui sotto c'è un utile riassunto del Fatto Quotidiano che ci dice quanto siamo messi male. 



Lo scontro all’interno del partito si consuma a distanza e su un punto dirimente per l’esito del referendum: i voti. Che per Matteo Renzi, come ha spiegato al Foglio, bisogna prendere a destra, perché sono “necessari” per la vittoria. Lo ripete anche a Perugia, poche ore prima di aprire la campagna per il sì Firenze, dove otto anni fa lanciò la candidatura alle primarie da sindaco. “Sì è vero: voglio prendere i voti della destra. E forse per questo lui si chiama minoranza. Io invece vorrei chiamarmi maggioranza. Se non prendi i voti degli altri ti chiami minoranza. Se prendi quelli degli altri ti chiami maggioranza. E io voglio prenderli per cambiare le cose”. E nella sua città ribadisce: “Se vogliono la palude si prendano altri. Non so se toccherà ancora a noi ma finché toccherà a noi noi vogliamo cambiare”. E da Perugia si dice disposto anche a cambiare l’Italicum: crede che sia “la legge elettorale perfetta”, dice, “ma sono pronto a fare una discussione vera e anche a cambiarla. Perché la legge elettorale è meno importante del referendum, così come la mia carriera personale è meno importante del referendum. Mi va bene trovare le ragioni che ci uniscono”.
Ma l’obiettivo del consenso accende l’ex segretario Pierluigi Bersani. “Cerca il supporto degli elettori di destra? Uno va’ dove lo porta il cuore. Lui – prosegue riferendosi al presidente del Consiglio – ritiene che noi bisogna andar di là, bisogna prenderli di là”, i voti, anche perché a sinistra i consensi “non bastano, soprattutto se li perdi”. Poi ha ricordato che “sta governando con una vittoria nostra di un pelo”, spiega e lo attacca sul dietrofront del governo rispetto alle posizioni del Pd nella campagna elettorale del 2013. “Noi dicevamo non andare con Berlusconi, di non andare con Verdini, di tenersi l’articolo 18 e di non fare il ponte sullo stretto“.
Ma non c’è solo Bersani: sulla ricerca dei voti a destra interviene anche Gianni Cuperlo. Per lui “‘il referendum si vince a destra’ non è una bella frase detta dal segretario del Pd, e non è una bella frase detta dal presidente del Consiglio, perché il referendum riguarda quasi un terzo della Carta costituzionale, e io – continua Cuperlo – ho sempre pensato che noi dovessimo cercare, sia nella fase in cui la riforma è stata costruita, scritta, votata, che nella fase in cui il popolo italiano si pronuncerà, di tenere assieme questo Paese”.
Per l’esponente della minoranza il rischio è di far svegliare le istituzioni il giorno dopo il referendum “non più solide ma più fragili, con un Paese più diviso. E anche con una sinistra più divisa”. Critico anche Roberto Speranza: “Renzi dice che il Referendum si vince a destra. Io incontro tante persone di sinistra che non sono convinte e vogliono votare no. Non vorrei che il giorno dopo il referendum, avendo puntato sugli elettori di destra, ci ritrovassimo tutti iscritti al partito della nazione e il Pd svuotato di idee ed elettori“.

domenica 18 settembre 2016

Allegranza nonno

Ho appena saputo che Franco Allegranza è diventato nonno.
Gli auguro di addolcirsi 

venerdì 9 settembre 2016

I 5 Stelle a Roma, dilettanti allo sbaraglio

Mentre tutti noi un po' si esulta per l'eccellente riuscita della cena benefica CRI+Prajet a favore delle popolazioni terremotate, altri fatti urgono sotto il cielo d'Italia, che fanno assai meno godere. 
Grande è lo sconcerto della politica e della gente comune per lo sfascio immediato di cui dà spettacolo il M5S a Roma. Grillo è in evidente sofferenza per la mancanza al suo fianco di uno come Casaleggio, che il Cielo ha destinato altrove. I politici un po' se la godono, i romani pochissimo.
Ho letto e trovato pertinente questo articolo del "filosofo liberale" come si definisce, Corrado Ocone, pubblicato su Huffington Post.
Vedete un po' se siete d'accordo con me
Marinella

"Dilettanti allo sbaraglio". Era questo il sottotitolo della "Corrida", una trasmissione, prima radiofonica e poi televisiva, che conduceva il famoso presentatore Corrado. Il quale, con un cinismo fintamente bonario, si prendeva gioco di tanta gente qualunque in cerca di un quarto d'ora di notorietà. E "dilettanti allo sbaraglio" ci sembra l'epigrafe più adatta per sintetizzare i primi cento, catastrofici giorni dell'amministrazione grillina della capitale. 

Tempo fa avevo parlato, in questo blog, della mezza cultura del grillino medio. Oggi ci tocca parlare della vera e propria incultura della stessa classe dirigente a cinque stelle. Mancanza di cultura politica, prima di tutto. Da cui discende non solo l'idea, visibilmente puerile, che la politica si riduca a "onestà privata", ma anche quella che, oltre all'onestà, per governare ci voglia solo competenza tecnica. Fa veramente tenerezza, o rabbia a seconda dei casi, sentir dire dalla sindaca Raggi che, per scegliere il nome di un assessore o del capo di una segreteria politica, sono stati visionati i curricula dei candidati. Quasi che amministrare politicamente e amministrare un'azienda fossero la stessa cosa, faccende entrambe da manager. 
Come si può nella patria di Machiavelli arrivare a pensare, e poi a dire, una simile sciocchezza? La classe politica si seleziona solo nella lotta politica: altra possibilità non c'è. La politica è prima di tutto visione, cioè chiarezza sugli obiettivi da raggiungere, e poi assunzione di responsabilità. Nel bene, come nel male. Non si possono fuggire le telecamere, come stanno facendo in queste ore i grillini. Né ci si può nascondere dietro un dito, appellandosi a "scelte condivise", quando si è avuta un'investitura personale e quasi plebiscitaria. Né si può tener nascosta la verità, e addirittura mentire, davanti a coloro che ti hanno eletto. 
È un errore politico veramente autodistruttivo: ciò che ne va di mezzo è la fiducia personale che ti è stata concessa. Ci vuole tanto a capire che il cittadino-elettore è disposto a perdonare persino la "disonestà", ma non perdonerà mai la menzogna? Ci vuole tanto a capire che qualsiasi giustificazione a posteriori più o meno bizantina, qualsiasi gioco di parole, non regge, e che l'unica scelta che un politico serio ha davanti, di fronte a circostanze del genere, sono le scuse ufficiali? Senza aspettare settimane, senza tener nascosta nel "cassetto" la verità, nella speranza che nessuno la scopra. Scuse ufficiali al popolo romano, che ha votato per il movimento in massa. Perché la Raggi ci gira ancora attorno? La menzogna in politica un tempo veniva etichettata sotto la voce "arcana imperii". Poi, in età moderna, si è parlato più semplicemente di "ragion di Stato", riservandola a settori speciali come i "servizi segreti". Nell'uno e nell'altro caso, si occultava la verità, che poteva essere perturbante, per la salus rei publicae, cioè per la salvezza della Patria. Qui invece si è mentito per piccoli interessi di bottega, personali, e proprio mentre si faceva della "trasparenza" il mito fondativo della nuova politica. Da non credere! 
Alcuni giornali, a esempio "il Foglio", insistono sulla incompatibilità fra la grammatica grillina, fondata sul valore dell' onestà, e il governo politico di una società. Sono d'accordo, ma solo fino a un certo punto. Con l'onesta, valore non politico, si può fare politica. Basti pensare solo un attimo all'esperienza del giacobinismo, anche nelle sue propaggini totalitarie novecentesche, che su quella grammatica, su un'astratta idea di "virtù", si è costruita fino ad arrivare al Terrore. 
Qui, più che a una fenomenologia della mente rivoluzionaria, siamo però di fronte alla fenomenologia della ignoranza umana. Ignoranza della politica e delle sue regole, a cui, diceva Benedetto Croce, è vano ribellarsi. Pena lo spettacolo pietoso di questi giorni. "Dilettanti allo sbaraglio", appunto. Il problema, come diceva quel tale, non è l'ignoranza, ma l'ignoranza attiva. E mai come in questa estate romana si son visti tanti ignoranti attivi e presuntuosi. Imperdonabile. Non so se era tutto già scritto, come pure si è detto. Fatto sta che fa davvero meraviglia come un abbaglio così grande lo abbia potuto prendere un popolo come quello romano, di sana e scettica diffidenza verso tutto ciò che si presenta come nuovo e originale. Caduti così in basso, forse ora, non si può fare altro che risalire.

martedì 6 settembre 2016

Quella volta che venne Arbore a Crescentino (e quelli che sanno solo sparare)

(dizionario internet
 Un troll, nel gergo di internet e in particolare delle comunità virtuali, è un soggetto che interagisce con gli altri tramite messaggi provocatori, irritanti, fuori tema o semplicemente senza senso, con l'obiettivo di disturbare la comunicazione e fomentare gli animi.
haters, per definizione quelli che odiano, si comportano così perché predisposti a farlo, perché sarebbero generalmente più infelici del resto delle persone)

Ho letto un commento sul post precedente che andava a pizzicarmi sul Chicobum Festival, del quale non debbo ricordarvi niente. E ho pensato che Crescentino è stata inventrice dei trolls e degli haters, ben prima che essi comparissero sulla faccia di internet.
Non è un grande primato, ma qualcosa di questi comportamenti si rintraccia nella desolazione locale, nella difficoltà ad avviare iniziative, nell'eterna tendenza al mugugno ma anche in quella di lasciar andare a ramengo le proprie case, come se fossero di qualcun altro, e di compiacersi della distruzione evidente della città. Peggio va, più sono tutti contenti. Per non parlare dell'indifferenza che accompagna i comportamenti dei furbi, furbetti, furbastri e compagnia bella, sempre copiosi.
Vabbé, al "signore" che si sentiva tanto figo a ricordare il momento difficile del Chicobum, probabilmente non verrebbe mai in mente di ricordare che da qui, tre anni fa, è passato Renzo Arbore, al teatro Angelini,  per un ricordo di Cinico Angelini nei trent'anni dalla morte.
Bene, il teatro Angelini non era nemmeno pieno, ma molta gente era venuta anche da Torino per non perdersi l'evento. Bella accoglienza no? Valeva la pena, vero? 
Così Crescentino raramente si smentisce. 
Sono andata a rileggermi il blog su Arbore di allora, e i commenti erano pieni invece di riferimenti alla puzza della CH4. Tante volte una manina sola fa miracoli.
La famosa puzza che non si sa mai se ci sia o no, dipende da chi governa.
In quel tempo impazzava il consigliere Mosca, che pochi giorni dopo e non a caso tenne una serata nella quale mi presentai pronta ad essere squartata, perché un sindaco deve prendersi le proprie responsabilità. 
Ma durante tutta l'attesa dell'evento Arbore, fui quasi sicura che sarebbe arrivato, il prode consigliere, con i cartelli contro la CH4 davanti alla porta dove passava Arbore. Avrà avuto altro da fare, e non successe. 
Solo per dirvi con che spirito una come me poteva fare iniziative a Crescentino, fra trolls e haters ancor prima che li inventassero. 

sabato 3 settembre 2016

Le tragicomiche vicende del Comune di Roma


Due Gramellini di seguito, lo so, sono un po' troppi. Ma anche questo mi è piaciuto e lo trovo vicino alla realtà delle cose: se ne vedono talmente tante, a Roma con questa Raggi, che tre mesi dopo le elezioni non sono ancora riusciti a partire e chissà come finirà. Ogni tanto penso a Grillo, stava così bene a fare il comico... adesso è lì in un mondo più grosso di lui, e non sa da che parte cominciare. Comodo criticare da fuori, bisogna provare. 
E poi, anche la Lorenzin... imbarazzante. 
Vi ammollo dunque questo "complotto" per il weekend e buona festa del Prajet a tutti (anche a Mauro Novo con i suoi piatti nuovi vinti al Banco di beneficenza) 
MV

Massimo Gramellini, dal "Buongiorno" de La Stampa.


Era una notte buia e tempestosa quando Matteo Renzi convocò a Palazzo Chigi entrambi i suoi amici del cuore, Matteo e Renzi. «Ascoltate ragazzi», esordì nella distrazione generale. «C’è un solo modo per disintegrare Grillo e vincere in carrozza le elezioni del 2018. Fargli governare Roma». «Ma il sindaco in carica è del nostro partito», obiettarono i suoi amici. «E come pensi di convincere i romani a votare per dei parolai che non saprebbero amministrare un condominio sfitto?». «Semplice», ghignò il premier. E passò a esporre il suo piano machiavellico. «Per prima cosa metterò Orfini a capo del Pd di Roma: una garanzia di insuccesso. Poi gli ordinerò di cacciare Marino con una scusa ridicola. Così si andrà a nuove elezioni, alle quali il Pd presenterà uno che non abbia la minima possibilità di vincerle». «Orfini?». «Non esageriamo. Giachetti basta e avanza. A quel punto non ci resterà che agevolare la vittoria di una Cinquestelle meno seria di Chiara Appendino. Che ne dite della fantasmatica Raggi? Vedrete che dopo un paio di mesi le poche persone capaci che si sarà messa intorno scapperanno a gambe levate, lasciandola in balia dei fanfaroni». 

Non c’è che dire, il piano ha funzionato. Però neanche l’astutissimo Renzi poteva prevedere che proprio negli stessi giorni la sua ministra Lorenzin avrebbe scatenato una campagna pubblicitaria per ricordare alle donne quanto sia preferibile fare figli da giovani - avendo, si presume, un fidanzato e uno stipendio fissi - piuttosto che rimanere sterili e precarie a vita. Assaggiati i grillini e le lorenzin, l’elettore medio si starebbe ora orientando verso forme di vita più evolute, tipo i Pokémon e Donald Trump. 



sabato 27 agosto 2016

Gramellini: Il terremoto e i migranti (restituite le spese per i vostri studi)


Ma cosa c’entrano i migranti con il terremoto? C’entrano, c’entrano. Per parecchi nostri connazionali, teste sismiche e raffinatissime, lo scandalo dei disastri naturali in Italia non è rappresentato dalla mancanza di prevenzione e dall’eternità della ricostruzione. La vera vergogna è che gli sfollati dormono sotto le tende mentre i migranti pasteggiano a champagne, stravaccati nelle suite dei loro hotel a cinque stelle.  

Nella nobile arte della ricerca di un capro espiatorio ieri si sono esercitati in tanti: da Guido Bertolaso, noto esperto di prefabbricati abruzzesi scoperchiabili e di massaggi a pagamento altrui, fino a un parroco ligure, tale don Cesare, che ha spacciato la sua ricetta di mettere gli sfollati al posto dei migranti per «cristianesimo», contraddicendo il titolare del marchio ma ricevendo in compenso il plauso di Salvini. Il ruttodromo della Rete ha dilatato l’ideona ad argomento di dibattito, ostentando una fiera resistenza nei confronti della realtà: nessuno sfollato vorrebbe allontanarsi adesso dai luoghi del dramma, i migranti non stanno in alberghi di lusso ma nelle topaie, e dei 35 euro al giorno a loro destinati (soldi europei, peraltro) nelle tasche dei profughi ne entrano non più di due, per cui l’indignazione andrebbe semmai indirizzata agli italiani che ci lucrano sopra. Mi associo alla richiesta del signor Pierpaolo Ascari: issare fino al diploma di terza media certi pensatori del web (e pure certi parroci) è costato alla collettività 63.900 euro. Fanno circa 38 euro per ogni giorno di scuola. Si possono cortesemente riavere indietro? Questo sì sarebbe cristianesimo.  

mercoledì 17 agosto 2016

La Gabanelli fa i conti con l'immane problema dell'immigrazione

Vorrei mettere a dura prova la pazienza di coloro che sono appassionati o spaventati dal problema dell'immigrazione mondiale e non solo verso le Case Bianco, con questo corposo scritto di Milena Gabanelli di Report sul Corriere della Sera, che ho tratto come si vede da Dagospia. Così, tanto per non leggere più parole a vanvera...

MV 

LA PROPOSTA DI MI-JENA GABANELLI PER GESTIRE IL FLUSSO INCESSANTE DEI MIGRANTI - INVECE DI DARE MILIARDI ALLA TURCHIA DI ERDOGAN, CHE CI RICATTA, USIAMO I FINANZIAMENTI PER COSTRUIRE UN PROGETTO SOSTENIBILE E DURATURO: COSA FARE CON I RICHIEDENTI ASILO, CON I MIGRANTI ECONOMICI, E COME RIPARTIRLI NEL TERRITORIO

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milena gabanelli bluMILENA GABANELLI BLU
Milena Gabanelli per il ‘Corriere della Sera

Le tabelle del Viminale sono perfette: quanti sbarcano, dove si accampano, quanti smistati per regione, da quali Paesi arrivano. Segue il ciclico appello: «Ogni sindaco faccia la sua parte». Ma «quale» parte, e fino a quando? Ogni paese europeo si gestisce i migranti che ha in casa, e chiuse le rotte, di ricollocamenti non se ne parla più.

Per Bruxelles il problema è uno solo: il ricatto della Turchia. Se Erdogan spingerà i 3 milioni di siriani in Grecia, si sposterà il finanziamento da Ankara ad Atene. Ipotesi improbabile perché i 6 miliardi dell' accordo fanno comodo al premier turco, e perché i siriani non hanno nessuna voglia di rimettersi per strada verso le tende di Idomeni, Salonicco o il Pireo; da marzo hanno ottenuto il permesso di lavoro, e l' integrazione in Turchia è meno complessa.
LUCCA MIGRANTILUCCA MIGRANTI

Nella malaugurata ipotesi di un' espulsione di massa, la Grecia sarà travolta da un disastro umanitario che, senza un colossale intervento militare, si sfogherà, almeno in parte, via mare verso l' unico paese impossibile da blindare: l' Italia. Infatti qui gli sbarchi continuano, e i numeri sono cresciuti rispetto allo stesso periodo degli anni precedenti: arrivano dall' Africa sub sahariana, ma anche dalla Siria, Iraq, Pakistan, Palestina, 2.392 sono di nazionalità sconosciuta, i minori non accompagnati 13.000.

Siria a parte, guardiamo la mappa dei paesi devastati da instabilità, guerre civili, terrorismo e persecuzioni, e avremo un' idea di quel che si sta muovendo alle nostre spalle. Questi sono i dati ufficiali al 31 dicembre 2015: 3 milioni e mezzo in fuga dall' Iraq, 2 milioni e mezzo dall' Afghanistan, 262.000 dal Pakistan, 1 milione dalla Somalia, 750.000 dal Sudan, 450.000 dalla Repubblica Centroafricana, 450.000 sfollati libici, 535.000 dal Congo, 5.000 persone al mese dall' Eritrea.

MIGRANTIMIGRANTI
Dove andranno nessuno lo sa, ma è probabile che almeno una parte punti all' Europa, e noi siamo i più esposti.
Abbiamo 3mila centri di accoglienza temporanea (Cas), 13 centri governativi (Cara), 430 centri Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati gestito da enti locali). Oggi ospitano complessivamente 144.000 migranti. Il sistema ci è costato, nel 2015, 1 miliardo e cento, ma non c' è trasparenza sugli affidamenti, sui finanziamenti, sul rispetto degli standard di erogazione dei servizi previsti da convenzioni e capitolati d' appalto.

Il progetto del governo, sulla carta, dovrebbe essere quello dell' accoglienza diffusa, cioè i piccoli centri da 10/20 posti, gestiti dai comuni, che però oggi accolgono circa 20.000 persone. Il resto sono centri straordinari dati in emergenza e gestiti dalle prefetture, dove non si fa né formazione né integrazione. Ogni sbarco corposo è «un' emergenza» che le Prefetture affrontano reclutando alberghi (a cui si garantisce la clientela), invocando l' intervento delle parrocchie e dei comuni, allestendo tende o container improvvisati in spazi inadeguati.

La gestione è affidata a consorzi, cooperative, associazioni, spesso senza gara, dove si paga, chiavi in mano, pieno per vuoto. Che l' immigrazione sia un grande affare per la criminalità è ormai un fatto accertato. Come potrebbe diventare un' opportunità trovando una soluzione gestibile, continua a non essere una priorità né per Bruxelles, né per il nostro governo.
il campo di idomeni nel fangoIL CAMPO DI IDOMENI NEL FANGO

Dall' inizio di quest' anno dall' Italia non se ne possono più andare, e quando ci riescono, ce li rimandano indietro. Inoltre: dove sono finiti invece i 170.000 sbarcati nel 2014, e i 153.000 del 2015? In parte hanno preso la strada del nord Europa senza farsi identificare, in parte inseriti nel circuito dell' accoglienza, altri vagano per le nostre città e i più desolati paesini. Diventano vittime del caporalato, vendono calzini per strada, chiedono elemosina, si contendono un posto di abusivo nei parcheggi, o peggio, finiscono nel giro dello spaccio.

E' comprensibile che questi scenari preoccupino la popolazione, e alimentino paure nelle quali affonda i denti la strumentalizzazione politica più bieca, con il rischio di rivolte sociali. Di fatto siamo l' hotspot d' Europa, ed è chiaro che il sistema non può più reggersi sulla solidarietà.

E allora, ipotizziamo un piano concreto che possa trasformare il dramma in opportunità, e proviamo a costruire un pragmatico progetto d' impresa, da portare sul tavolo a Bruxelles, in cambio di finanziamenti, dell' impegno alla ripartizione delle quote, e della supervisione di un commissario europeo.

idomeni ospita circa novemila profughiIDOMENI OSPITA CIRCA NOVEMILA PROFUGHI
Cominciamo con i richiedenti asilo, che abbiamo l' obbligo di accogliere: la mano pubblica deve riprendersi l' organizzazione, il controllo e la gestione dell' intera filiera, utilizzando cooperative e associazioni per svolgere solo funzioni di supporto. Ipotizzando l' accoglienza di 200.000 persone l' anno occorre identificare 400 luoghi, che possano ospitare mediamente 500 persone.

Gli ampi spazi pubblici inutilizzati ci sono: gli ex ospedali, i resort sequestrati alle mafie, e soprattutto le ex caserme. Ne abbiamo in tutto il paese, dalla Sicilia al Friuli, alcune agibili subito, altre in parte, alcune da adeguare del tutto, facendo i lavori con procedura d' urgenza. Sono luoghi adatti perché gli spazi enormi consentono di modulare l' esigenza di abitabilità con le attività da svolgere all' interno: corsi di lingua, di educazione alle regole europee e formazione per 8 ore al giorno.

Inoltre asili per i bambini e aule scolastiche per i minori.
Occorre definire regole inderogabili: obbligo di frequenza, pena il ritardo nella collocazione definitiva, accettazione di un piano transitorio di permanenza quantificabile in 6 mesi; periodo di tempo necessario per il perfezionamento dell' identificazione, l' espletamento delle pratiche per il ricollocamento, e la definizione del curriculum di ogni rifugiato: dal titolo di studio, a quale mestiere sa fare.
ERDOGAN MERKELERDOGAN MERKEL

Per fare tutto questo occorrerà assumere a tempo pieno 22.000 professionisti (fra insegnanti, formatori, psicologi, medici, addetti). Costo molto approssimativo per la messa in abitabilità dei luoghi: 2 miliardi di euro. Gli stipendi del personale e il mantenimento di strutture e ospiti (vitto, luce, acqua, riscaldamento) sono invece quantificabili in 2 miliardi e 200 milioni l' anno. Sono calcoli ovviamente approssimativi, anche se fatti con la consulenza di professionisti del settore, e quindi sono da considerare un ordine di grandezza da cui partire.

I vantaggi: percezione di maggiore sicurezza, migliore disponibilità sociale perché il sistema organizzativo oltre a fornire strumenti reali per una integrazione, porta lavoro a personale italiano e rimette in moto l' edilizia. Con il risultato di lasciare, quando questo ciclo si sarà concluso, un patrimonio valorizzato (mentre oggi è in costante degrado).

erdogan merkelERDOGAN MERKEL
Se mettessimo in piedi il progetto organizzato in questa maniera i nostri sindaci sarebbero più disponibili ad accompagnare il rifugiato all' inserimento nel territorio? Quelli consultati, a cominciare dal sindaco di Milano Giuseppe Sala, su cui pesano i numeri più consistenti, la risposta è stata: «Magari! Oggi ricevo 30 euro al giorno a persona per trovare un posto dove farla dormire, ma poi? I flussi sono in aumento, molti hanno un livello basso di istruzione, non sappiamo cosa sanno fare. Sarebbe tutto più gestibile se ci arrivassero con uno screening fatto e un minimo di formazione».

I paesi membri invece si prenderebbero la loro quota, già identificata e formata? I delegati all' immigrazione di Svezia, Norvegia e Germania hanno risposto che a queste condizioni, e con il coinvolgimento di tutti i paesi, la disponibilità ci sarebbe.

Abbiamo infine sottoposto il progetto al Commissario europeo Avramopoulos lo scorso maggio, e alla domanda «l' Europa potrebbe finanziarlo e contestualmente imporre la ridistribuzione?», la risposta è stata questa: «Se l' Italia mettesse in piedi un piano nazionale complessivo, e il governo lo facesse suo presentandolo agli organi europei competenti, sarebbe senz' altro recepito positivamente.
merkel regala a erdogan la testa del comicoMERKEL REGALA A ERDOGAN LA TESTA DEL COMICO

I soldi ci sono. Per quel che riguarda la rilocazione di chi è stato identificato come avente diritto alla protezione internazionale, non ci sono scuse, anche se ci sono resistenze, le decisioni sono vincolanti». Quindi perché non provare a percorrere questa strada?

Altro discorso per il migrante economico. La posizione dell' Italia e dell' Europa è quella del rimpatrio e il piano è orientato all' aiuto attraverso lo sviluppo di economie nei paesi d' origine.

Una prospettiva giusta, che richiede tempi lunghi, ma intanto come si affronta quel 60% di sbarchi che non rientra nella categoria dei richiedenti asilo? Con un decreto di espulsione. Se ne dovrebbero andare volontariamente, ma non lo fanno perché non hanno documenti validi, né soldi, né tantomeno voglia. Diventano clandestini, e quando li trovano finiscono nei Cie (centri di identificazione ed espulsione).

Nel 2015 su 34mila irregolari è stato rimpatriato forzatamente solo il 46%. Costo: 35 milioni di euro. La partita dei rimpatri si contratta attraverso accordi con i paesi d' origine, non facili e molto onerosi, e anche di questo non dovremmo farci carico da soli.

ALFANO RENZIALFANO RENZI
Mentre quello che possiamo fare è sveltire la macchina giudiziaria. Il problema è che dentro a questo 60% c' è un numero imprecisato di cittadini che non provengono da Paesi in guerra, ma fuggono da persecuzioni e chiedono una protezione. E se questa non viene concessa, intasano i tribunali con i ricorsi. Ci vogliono in media 2 anni per stabilire chi deve restare e chi no, quando sarebbe sufficiente qualche mese; ma ci vorrebbero 40 giudici dedicati solo a questo, e il costo è quantificabile in 3 milioni di euro l' anno.

Questo è lo scenario che ci attenderà per almeno un decennio, ma se c' è la volontà politica si affronta, con la ricaduta di arricchire il Paese, invece di impoverirlo. Ben sapendo, poi, che il compito dei governi è quello di evitare i conflitti, non di crearli, mentre quello delle Nazioni Unite è di essere protagonista vero, non solo portatore di buone intenzioni.