martedì 25 dicembre 2018

Tanti auguri, Buon Natale con la Finanziaria

Tanti auguri a tutti voi, gente mia di Crescentino

Questo per me non è un gran Natale, come ben immaginerete.
Ma non è per farvi un dispetto che vi ammollo questo utile articolo di Marcello Sorgi da La Stampa dei giorni scorsi, dal quale se ne avrete la pazienza potrete ricavare qualche salutare informazione sui meccanismi della Finanziaria e sul perché siamo nei guai come italiani. Come ho appena scritto e ripeto, l'articolo non è sul dopo approvazione, con quel gigantesco casino anticostituzionale messo in piedi dai gialloverdi, ma sulla Finanziaria in sé. 
Che Gesù Bambino ci tenga una mano sulla testa, e provate a capirci qualcosa.
Tanti auguri davvero, con il cuore.
Marinella



Marcello Sorgi
La legge di stabilità in corso d’approvazione nella notte al Senato tra molte difficoltà ha realizzato un paradosso di cui 5 stelle, Lega e il governo giallo-verde si mostrano inconsapevoli, ma dovranno presto prendere atto. 
Nata come legge di spesa, con l’obiettivo di scuotere un Paese enomicamente addormentato e tendente di nuovo alla recessione, facendo circolare denaro pubblico, ed anzi mettendolo direttamente nelle mani dei cittadini attraverso il reddito di cittadinanza, le pensioni e sperabilmente gli stipendi dei nuovi assunti che dovrebbero essere chiamati a rimpiazzare chi lascerà il lavoro, invece di creare soddisfazione tra la gente più bisognosa (ciò che si vedrà quando le due misure chiave, non ancora contenute nella manovra, saranno effettivamente realizzate), ha diffuso scontento in un interminabile elenco di categorie sociali, rimaste a bocca asciutta.
Si dirà che questa è ormai da anni la prassi di tutte le leggi di stabilità, almeno da quando le autorità europee hanno imposto a Paesi dissestati come il nostro severe politiche di bilancio. Ma a parte il fatto che stavolta il governo, e soprattutto i due vicepremier che ne costituiscono l’ossatura, avevano sfidato la Commissione europea e sono stati precipitosamente costretti a far marcia indietro, la lista degli insoddisfatti che protestano è così lunga proprio per il modo in cui la legge è stata concepita: dall’alto, senza ascoltare nessuno, tenendo anzi fuori dalla porta sia i parlamentari che poi avrebbero dovuto votarla, sia i rappresentanti delle varie categorie e perfino i lobbisti, che nel modo semiclandestino, tipico del Parlamento italiano, avevano sempre preso parte ai lavori preparatori del testo, suggerendo qui e là qualche emendamento, o accontentandosi di promesse per il futuro.
La legge di stabilità, infatti - ma anche questo gli inesperti dioscuri del governo Di Maio e Salvini lo hanno ignorato, chissà se in buona fede o per distrazione -, rappresentava solo una delle punte di un tridente che serviva per governare l’Italia. Le altre due erano il cosiddetto “decreto milleproroghe”, costruito per procrastinare le tante e tante soluzioni provvisorie che venivano approntate per i problemi emersi nel corso dell’anno (crisi aziendali, cassa integrazione, assunzioni a termine in scadenza, ecc.); e la cosiddetta “legge mancia”, che dotava i parlamentari, quando ancora si presentavano personalmente davanti agli elettori e non come numeri inseriti nelle liste dai capipartito, di un piccolo gruzzoletto da spendere sul territorio per le necessità più urgenti. Era in questo modo, discutibile quanto si vuole, che il complesso reticolato degli interessi della società italiana veniva amministrato. All’epoca della spesa pubblica senza limiti e di un presidente di commissione Bilancio entrato nella storia come Paolo Cirino Pomicino (non a caso, all’inizio, sbilanciatosi a favore del governo giallo-verde), il grosso del lavoro veniva sbrigato appunto nell’esame preventivo dei membri della commissione: erano loro a ricevere le associazioni di categoria, a negoziare con le opposizioni, ad affrontare le lobbies che stazionavano nei corridoi. E a portare in aula un semilavorato, che richiedeva solo qualche piccolo aggiustamento. Il contrario esatto di quanto accaduto stavolta, con il governo, e soprattutto i due vicepremier, convinti di accontentare tutti con il reddito e la quota 100, e sorpresi dalle sollevazioni popolari. Proteste che non si concluderanno certo dopo il varo definitivo della legge di bilancio, e speriamo non siano destinate a degenerare come in Francia, dei diversi pezzi di società civile, accantonati e non ammessi neppure al rito del confronto, tipico di tutti i Parlamenti del mondo.
In prima fila ci sono i pensionati cosiddetti “d’oro”, manager d’impresa, dirigenti pubblici e privati, che hanno lavorato una vita e versato contributi e adesso si sentono dire che cinquemila euro al mese di pensione sono troppi e bisogna tagliarli per aiutare quelli che ne prendono meno. C’è il popolo della partita Iva, imprenditori medi, piccoli e mini o liberi professionisti, anche giovani, che si aspettavano la flat tax e scoprono che non è prevista se uno è titolare o socio di un’impresa. Della serie: abbiamo scherzato. C’è il terzo settore, il mondo del volontariato, che chiedeva facilitazioni che non sono arrivate. C’è, più in generale, la Chiesa, preoccupata degli effetti del “decreto sicurezza”, che stanno mettendo per strada centinaia di immigrati usciti dai centri di assistenza. Ci sono i magistrati, ai quali era stato detto, ma non è stato fatto, che sarebbero potuti restare in servizio fino a 72 anni, anche per compensare il taglio delle pensioni che riguarda gran parte di loro. Ci sono le grandi associazioni tipo Confindustria e Confartigianato, che hanno oscillato tra critiche e consensi, ma adesso si ritengono fregate. Ci sono i costruttori delle Grandi Opere che non possono certo accontentarsi del solo ponte di Genova e vorrebbero una parola definitiva sul Terzo Valico, sulla Pedemontana e sulla Tav. E ancora gli autisti delle società Ncc, noleggio con conducente, esclusi da una norma che favorisce i tassisti e penalizza chi ha una macchina comperata a rate e per pagarla ha bisogno di lavorare. Naturalmente, non è detto che abbiano tutti ragione, né che vadano per forza accontentati. La legge di stabilità non può essere una panacea generale ed è motivo di contrasto ovunque (vedi l’America di Trump proprio in questi giorni). Ma aspettarsi qualcosa di più da una “manovra del popolo” che doveva “abolire la povertà”, questo sì, era lecito.

lunedì 17 dicembre 2018

L'ondivago Renzi cerca uno spazio per sé. E Il partito? Ciccia

Tanto per dire in che mani siamo stati, un po' ancora siamo, e (dio ce ne scampi e calamari) potremmo tornare, ecco le indiscrezioni publicate da La Stampa sull'ondivago Renzi, che continua a farsi gli affari propri (almeno lo facesse lontano da noi, e ci lasciasse vivere in  pace - per quel che si può - le regole della democrazia)
MV


Il “partito di Renzi” è diventato l’araba fenice della politica italiana: che ci sia, ciascun lo dice, dove sia nessun lo sa. Ma del suo progetto l’ex presidente del Consiglio parla eccome nelle tante chiacchierate private al massimo livello che intreccia da diverse settimane a questa parte. E in quelle occasioni la “cosa renziana” sembra prendere corpo assai più di quanto non appaia in pubblico. Una decina di giorni fa Matteo Renzi era a Bruxelles e in un giro di incontri, l’ex premier ha parlato anche con il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker. E al suo interlocutore Renzi ha confidato quel che ha in testa. Facendo capire di aver deciso lo showdown, ma senza chiarire quando scioglierà la riserva, Renzi ha però spiegato il senso dell’operazione: «Dicono che io voglia fare un partito con Berlusconi, ma è vero l’esatto contrario: io punto all’elettorato di Berlusconi e non solo a quello».

Juncker, raccontando il colloquio nei giorni successivi ai principali referenti del Ppe, ha preso atto con soddisfazione del progetto di Renzi, perché potrebbe incastrarsi dentro un mosaico più largo. L’ex premier italiano (che a Bruxelles si è visto anche con la liberale olandese Margrete Vestager e con il vice presidente della Commissione europea, il socialista olandese Frans Timmermans) sa bene che dopo le elezioni Europee di fine maggio, il Ppe – ultimo partito-guida dell’Ue – sarà chiamato ad un bivio. 
O allargare la maggioranza nell’Europarlamento, oltreché ai socialisti, anche ai macroniani, ai Verdi e alle formazioni di frontiera come gli spagnoli di Ciudadanos; oppure andare all’accordo con i sovranisti. Due opzioni con capofila diversi e contrapposti: i cristiano-sociali come Juncker e Merkel tifano per la soluzione “maggioranza allargata”, mentre gli austro-ungarici – Sebastian Kurz e Viktor Orban – puntano all’intesa con Salvini. E Renzi, in network con Emmanuel Macron e con lo spagnolo Albert Rivera di Ciudadanos, in quella prospettiva sa di poter avere un ruolo.
Ma alla fine il cotè italiano resta nettamente prevalente. E da questo punto di vista il quadro si è molto appannato negli ultimi giorni e la prospettiva del “partito” a breve, si è di nuovo allontanata. Con un’altalena di propositi che ha allarmato anche gli amici di Renzi. Le docce scozzesi delle ultime due settimane sono eloquenti. 
Nei primi cinque giorni di dicembre, davanti al forfait di Minniti, Renzi aveva effettivamente deciso di rompere gli indugi e di lanciare il suo movimento prima delle Europee. Ma il polemico e clamoroso ripensamento dell’ex ministro dell’Interno e lo sconcerto-panico tra le fila renziane, per qualche ora avevano indotto Renzi a cavalcare la suggestione di presentarsi lui stesso alle Primarie contro Nicola Zingaretti.
Ma il suo ennesimo ripensamento, meglio lasciar perdere, ha provocato in poche ore una frana tra i parlamentari renziani: ben 85 parlamentari, un tempo vicini all’ex premier, sono passati con Maurizio Martina, compresi il presidente dei senatori Andrea Marcucci e Luca Lotti, da anni braccio destro dell’ex premier.
I non-allineati sono rimasti pochissimi: Maria Elena Boschi e Lucio Marattin (protagonisti di alcune iniziative politiche in tandem), Pier Carlo Padoan, Michele Anzaldi, Marco Minniti. Non appena la frana si è materializzata, Renzi ha detto in pubblico: «Io al congresso non voto per nessuno, sono fuori dai giochi, sono un parlamentare dell’opposizione».

venerdì 14 dicembre 2018

Renzi permetta al PD di essere un partito di opposizione

Con il titolo qui sopra, del suo fondo pubblicato su La Stampa di ieri, Federico Geremicca sembra aver dato chiarezza a un pensiero confuso ma diffuso.
Lo pubblico con tutto il cuore 

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A cinque anni esatti dall’elezione con la quale il «popolo delle primarie» lo scelse come segretario del partito (con un plebiscitario 67,5 dei consensi), il Pd avvia il suo complicato iter congressuale e archivia la lunga parentesi renziana in un clima di mestizia e confusione. Varrebbe dunque la pena di soffermarsi sul senso ed i risultati dell’era-Renzi, provando ad andar oltre quel che è sotto gli occhi di tutti: anche perché è proprio quel che ancora non si vede il problema più serio che è di fronte al Pd.
Quel che si vede, naturalmente, sono i risultati elettorali ottenuti in questi 5 anni - fino al minimo storico del voto del 4 marzo - e la decimazione di un gruppo dirigente ridotto, ormai, quasi a niente. Per ragioni diverse, infatti, il Pd renziano ha perso o messo ai margini padri fondatori (come Prodi e Veltroni), ex premier (come Letta e Gentiloni) e dirigenti storici del centrosinistra italiano (da Bersani a Rosy Bindi, passando per decine di altri). Per non parlare, naturalmente, della rottura personale tra l’ex sindaco di Firenze e Napolitano, e del grande gelo calato tra Renzi e l’attuale inquilino del Quirinale, Sergio Mattarella.
Il Pd che va a Congresso, dunque, è un partito che ha letteralmente cambiato pelle, mutando - assieme al suo gruppo dirigente - linea politica, identità e radicamento sociale. In cinque anni si è trasformato da una grande forza popolare (quella delle periferie e delle «regioni rosse») nel cosiddetto «partito ztl», per dire di un movimento presente quasi solo negli eleganti e ricchi centri storici delle grandi città. 
È possibile, insomma, che nel lontano dicembre 2013 - quando Renzi divenne segretario - il Pd avesse bisogno di novità e di una qualche scossa: i fatti, però, hanno dimostrato che la terapia imposta era sbagliata, e che molto non ha funzionato. Ed è precisamente da qui, dalle condizioni della ripartenza, che cominciano i guai peggiori del Pd: quelli che ancora, per dir così, non si vedono con la necessaria chiarezza.
Il problema numero uno sembra oggi essere addirittura quello della rappresentanza. Un partito infatti nasce (o rinasce o si rilancia) con l’ambizione di rappresentare umori e interessi di una parte della società: di chi vuol essere bandiera e portavoce il «nuovo Pd» non più renziano? Più precisamente: quali umori e quali interessi intende difendere nel pieno della bufera sovranista? Ha un’idea di Paese da proporre, diversa da quella tutto ottimismo ed eccellenze su cui ha puntato Renzi? Un Congresso come si deve, dovrebbe partire da qui: ma un Congresso come si deve non si celebra a un anno di distanza dalla più clamorosa delle sconfitte e non prevede che il segretario uscente (intendiamo Renzi) vesta i panni incongrui del guastatore.
RenL’ex presidente del Consiglio - si sa - non ha mai amato il Pd. Il disamore, certo, è stato ricambiato: ma questo non sposta la questione. Negli ultimi mesi ha fatto di tutto per sminuire e boicottare l’appuntamento congressuale: «Non me ne occupo», ha comunicato con qualche sprezzo. Ha fatto sapere, però, che ha pronti un libro e una tv, e che i suoi comitati civici sono al lavoro. Secondo molti, Renzi è pronto a un movimento tutto suo. Può essere: e non c’è nulla di scandaloso. Per una volta, però, provi a esser generoso col partito grazie al quale è arrivato fino a Palazzo Chigi: se deve andare, vada. Metta fine a questa lugubre commedia. E permetta al Pd di provare a ripartire, e a questo Paese di avere un’opposizione degna di tale nome.

domenica 9 dicembre 2018

Troppi premi per il mio Mimmo, grazie...



(Scusate, stavolta la faccio un po' lunga)
E' successo qualcosa di inatteso, e sono un po' in difficoltà. 

Il Premio "Mimmo Càndito-Giornalismo a Testa Alta"
1) Alcuni compagni di avventure giornalistiche di Mimmo Càndito, mio marito scomparso il 3 marzo scorso, insieme con il prof. Gian Giacomo Migone, del gruppo editoriale de "L'indice dei Libri del mese" del quale Mimmo è stato direttore per 18 anni, hanno avuto l'idea di lanciare una raccolta di fondi - crowdfunding si dice adesso che l'italiano va pochissimo di moda - per dare vita a un "Premio Mimmo Càndito - giornalismo a testa alta" destinato a reporter, studenti di master, analisti, studiosi: tutti attivi nel campo della politica internazionale, e nel cartaceo e nel web (prossimamente anche video e tv), che nei loro lavori mostrino di esprimere il rigore, l'onestà, la preparazione e la sapienza che  Mimmo incarnava e che ne ha fatto un grande reporter di guerra e scrittore amato da tutti.

Se volete vedere di che pasta è fatto questo premio, digitate www.retedeldono.it/premio-mimmo-càndito 
Così, tanto per saperne di più. Sono stati già raccolti circa 5 mila euro da ogni parte d'Italia. Si possono anche donare soltanto 10 euro, lo si può fare in anonimato. La raccolta terminerà in maggio. 
Ma il percorso è appena iniziato, il bando di concorso uscirà ad inizio 2019, la premiazione avverrà durante il Salone del Libro a Torino.

Sapranno già coloro che hanno letto del Premio sul blog di Mauro Novo, che non gliene scappa una e che ha letto la notizia su La Stampa. Per carità di patria, debbo confessarvi che quei pochissimi di Crescentino che hanno ricevuto da me personalmente via internet la notizia dell'iniziativa, non mi hanno proprio filata. Nemmeno risposto, dico, nemmeno qualcosa tipo "Ma che bella idea, ma come sono contento per te e per lui". Zero virgola zero. Qualcuno avrà  avuto paura che io chiedessi dei soldi? Ma io a Crescentino mai ho chiesto nulla e neanche adesso. Se uno ha voglia di dare, dà e ciao Ninetta.

                                  Si fa avanti Fabrizio Greppi

2) Il Sindaco di Crescentino, Fabrizio Greppi, era un estimatore di Mimmo. E' stato molto gentile quando se n'è andato mio marito, mi ha telefonato, è venuto al funerale e quant'altro. Ancora lo ringrazio.

Lui del premio ha sentito parlare non da me, o ha letto, e ha avuto una reazione: mi ha chiamata qualche giorno fa per dirmi della sua intenzione di istituire a sua volta un premio in nome di Mimmo, in Crescentino. Ma è stata una conversazione breve perché io ero all'estero e ci siamo lasciati dicendo che ne avremmo parlato al mio ritorno.

Però la cosa è andata comunque avanti, il Sindaco ne ha parlato credo ai giornali, almeno ho visto un pezzo di Laura Di Caro su Lastampa.it  dove si diceva del progetto di Greppi, e che Mimmo amava tanto Crescentino ed era sposato con la giornalista eccetera eccetera, senza citare il trascurabile fatto che io del mio Paesello sono stata sindaca due volte. E amen (roba che a un'altra tornerebbe la voglia di ricandidarsi).

Adesso un problemino c'è. Questo annuncio crescentinese, fatto proprio nel momento in cui sta decollando il crowdfunding e con esso il premio Mimmo Càndito Giornalismo a Testa Alta, finisce per incasinarci la vita dopo mesi di lavoro su un progetto nazionale e complesso. Si crea confusione, sono arrivati al nostro ufficio di Torino i ritagli del premio di Crescentino e qualcuno già non ci capisce più niente.

Perciò io, ringraziando con tutto il cuore Fabrizio Greppi per l'iniziativa che davvero mi commuove e anzi mi onora, gli chiederei di posticipare di qualche tempo, dandoci il tempo di andare avanti con l'altro, e almeno concretizzare il bando con i 50 e passa promotori da tutta Italia: un lavoraccio ragazzi, credetemi. Sono la presidente dell'Associazione che è stata creata e non poteva essere altrimenti, ho seguito tutto in prima persona.

Aggiungiamo a tutto ciò che fra qualche mese a Crescentino ci saranno le elezioni amministrative, e metter di mezzo in questo frangente un premio Mimmo Càndito nel quale potrei anche non essere coinvolta - non potendo quindi verificare se la qualità delle proposte sia all'altezza del nome che si vuole onorare - sarebbe anche assai spiacevole. 

Si aggiunga che è stra-noto che il sindaco Greppi ed io ci troviamo su fronti ideologicamente opposti, e anche se sul giudizio benevolo su Mimmo andiamo invece d'accordo, se questa iniziativa si tenesse in campagna elettorale potrebbero emergere risvolti imprevedibili, e mi vien male solo a pensarci. Io mica ho digerito il fatto che Mimmo non c'è più. Siamo stati insieme 44 anni, ed è tuttora durissima, credetemi.

Per tutti questi motivi, conto sulla comprensione di Fabrizio, e gli chiedo per cortesia di rinviare l'iniziativa almeno a maggio, per non mettermi in imbarazzo. 
Ma intanto grazie davvero per averci pensato. 





domenica 18 novembre 2018

Katia, L'eroina dei media che si sfoga all'assemblea PD

Mentre Salvini e Di Maio sfiorano il divorzio sulla monnezza meridionale (problema tipico delle società immature),  mentre Renzi pensa a fondare una sua realtà politica (secondo il Corriere della Sera, ed era anche ora dico io); mentre Minniti si aggiunge ai candidati alla Segreteria del PD, il dibattito di Roma ha avuto per i giornali come protagonista l'intervento di Katia Tarasconi, consigliera regionale DEM a Bologna, a quel che si capisce una ex renziana alla quale è saltata la brocca, come dicono a Roma. 
Fra i giornali che riportano il suo intervento, venato anche di autocritica, ho scelto Il Fatto Quotidiano, che sembra trarre una certa soddisfazione dall'intera faccenda. Molte le cose immediatamente condivisibili, tanta tristezza per le verità enunciate. 
Eccolo



"Se dovessi titolare il mio intervento lo intitolerei "Ritiratevi tutti". Mi sono data tre minuti per sintetizzare quella che è una tra le più difficili sfide a cui il Pd deve far fronte. "O noi risorgiamo come squadra o cederemo un centimetro alla volta, uno schema dopo l' altro, fino alla disfatta": queste parole non le ha pronunciate uno statista o un politologo, le diceva Al Pacino ai suoi giocatori di football nel film Ogni maledetta domenica. Eppure sembra che parli di noi. () Lo spazio a Salvini e ai 5 Stelle lo abbiamo lasciato noi.
Noi con le nostre divisioni, correnti, e soprattutto con la nostra presunzione - guardate ne abbiamo tanta, eh -. Noi che continuiamo a parlare di fuoco amico mentre il fuoco vero è arrivato dalla gente.

Loro non ci hanno più capito, per loro siamo diventati quelli che difendono le élite, non il popolo, e che ci piaccia o no, sia vero o no, noi abbiamo il dovere di fare i conti con questo. Sono passati 5 mesi dalla scorsa assemblea. A nessuno là fuori, ve lo garantisco, interessa chi sta con o contro Renzi, Franceschini, Martina, Zingaretti, Minniti. Noi dovremmo provare con questo Congresso a dimostrare una volta per tutte di essere una squadra e non un agglomerato di singoli presuntuosi, arroganti e spesso autoreferenziali.


Ci serviva, ci serve, io spero, un congresso serio, rifondativo sui programmi, sulle idee, sulle modalità, invece sembra che siamo ricaduti in un congresso vecchio stile dove si ha cura persino di mettere persone provenienti dalla stessa area politica a sostenere diverse mozioni per essere sicuri ancora una volta che comunque vada qualcuno difenderà la vostra ricandidatura.

Se io questa cosa la dico fuori, la gente mi dice "Hai ragione" e anche qui dentro tantissimi la pensano così, ma avere il coraggio di dirlo è un' altra cosa. E voi credete che la gente non l' abbia capito? Il punto è: anche se l' elettorato cominciasse a vedere il governo gialloverde per quello che è, con le sue promesse irrealizzabili, siete davvero sicuri che sarà pronto a votare il Partito Democratico un' altra volta? Io purtroppo no.
Davvero non sono sicura. Perciò io dico o noi risorgiamo adesso come collettivo o saremo annientati individualmente. Siccome non voglio che tutto questo passi come una critica, faccio una proposta e siccome credo che tutte le persone che si sono candidate siano capaci e stimabili, io dico ritiratevi tutti, facciamo un passo indietro, facciamo un congresso in un altro modo, ripartiamo da zero, ripartiamo non dalle persone, ripartiamo dalle idee, ripartiamo dai valori, ripartiamo dal riscrivere lo statuto. () Il Pd ha bisogno di ossigeno, deve essere libero, tra la gente e non più ostaggio di qualcuno.

Chiudo e vi dico che una delle cose che ho guardato oggi, con un po' di tristezza, è che noi siamo il partito che dovrebbe stare in mezzo alla gente e persino qui in assemblea c' è un cordone che divide un pezzo di assemblea, quelli importanti, dall' altro pezzo di assemblea, che sta dietro. E no, ragazzi, se siamo il partito della gente siamo tutti insieme, questa è tutta l' assemblea.

sabato 10 novembre 2018

Grazie Marco

Quando al TGR di oggi ho sentito pronunciare "Crescentino", ho drizzato le orecchie sperando che non ci fossero stati incidenti brutti. E che sorpresa, che meraviglia, ascoltare invece la notizia di un successo scolastico: un crescentinese premiato dal nostro tormentato (dagli altri) presidente Mattarella, quasi incredibile.
Come tutti i ragazzi in gamba, Marco Caldera è un ragazzo normale, l'aria soddisfatta appena velata da qualche comprensibile timidezza, fra gli ori del Quirinale e il cartiglio in mano.
Figlio della farmacista Maurita Bosio, che non c'è più, il ragazzo crescentinese ha frequentato elementari e  medie nel nostro Paesello, poi come molti è andato a Vercelli per studiare allo Scientifico,  dove si è  diplomato con 100 e lode. Ha appena iniziato il percorso universitario alla Facoltà di Fisica di Torino. 
Teniamocelo stretto, questo esempio di normalità virtuosa, e ricordiamocene quando esercitiamo il pregiudizio più antico del mondo: che chi, come noi, viene dalla provincia più profonda, sia condannato a non avere opportunità.
Grazie, Marco.

giovedì 1 novembre 2018

La volgarità al potere

Sembra perfino uno scherzo che sia il prode Arlotta a estirparmi dal letargo (assai produttivo, perché in realtà sono impegnata a collaborare a un "Premio Mimmo Càndito" di giornalismo che sta nascendo su iniziativa dei colleghi di tutta Italia) e a riportarmi  su queste pagine.
Sembra uno scherzo, perché fino a oggi l'unico posto dove cercare il noto personaggio sembrava fosse "Chi l'ha visto".
Delle sue deleghe, di quel che ha fatto in questi anni per la cultura, della cura per l'Archivio Storico che giace abbandonato, nulla si sa. E non è una esagerazione, ma la semplice realtà. Se la batte soltanto con l'assessora allo Sport, che ha saputo distruggere e annientare tutto l'eccellente lavoro precedente di coinvolgimento della popolazione a cura di Gabriele Massa.

Ma, dicevamo, mentre le rotonde spuntano come funghi e grandi come bigné, mentre le fortificazioni pedonali (ovunque, ma non dove servirebbero) suggeriscono l'acquisto di carri armati per girare in città, l'Uomo è tornato,  e su  un celebre periodico locale finalmente si vanta  - nelle parole riportate dal giornale - per "aver liberato gli alloggi Bianco dagli unti della Signora".

Ancora mi è andata bene che mi abbiano chiamata signora.

E' noto che a Crescentino le campagne elettorali si fanno intorno alla mia persona, anche se negli ultimi 18 anni io sono stata in Comune solo 5, e "loro" per gli altri 13, qualunque  cosa accada la colpa è sempre mia. 

Però lasciatemi soltanto sottolineare, sommessamente, la volgarità e la miseria di questo attacco, nel quale le persone umane sono praticamente equiparate ai topi. 
Sono d'accordo che alcuni degli abitanti del progetto "case Bianco" si siano comportati malissimo: ma le persone che in un'epoca ancora tutta diversa da oggi rappresentavano - con l'occhio di oggi - l'avanguardia della povertà che ci avrebbe subito dopo invasi, rispondevano a criteri che erano stati accuratamente delineati in delibere di Giunta condivise, e fortemente volute in particolare da Sellaro e Angelone.
Non conoscevo nessuna di quelle persone, ma sapevo di vite alcune volte ai margini. Ora, la mancanza di rispetto nei confronti di queste persone è palpabile.

La gente senza cuore dovrebbe restare lontana dalla Cosa Pubblica, a qualunque parte politica appartenga. 








mercoledì 26 settembre 2018

MOSSI&GHISOLFI PASSA ALL'ENI, SALVI IMPIANTI E LAVORATORI ANCHE A CRESCENTINO

La IBP e IBP Energia, con le altre due aziende della  Mossi&Ghisolfi e tutti i loro dipendenti, passano al GruppoVersalis dell'Eni. Una buona notizia per Crescentino,  della quale leggerete ogni particolare nell'articolo de La Stampa qui sotto.
Tengo sempre con me il commento: "Prova molta vergogna per aver favorito la pagliacciata del bioetanolo che adesso fallisce?" scritto da un piccolo uomo anonimo che aveva per orizzonte l'orto di casa sua. Che l'Eni arrivi a Crescentino, su      una base d'asta di 80 milioni di euro, più quasi un milione per i TFR, mi sembra davvero una buona notizia.



Da "La Stampa" di oggi 26 settembre

Silvana Mossano

È andata come si prevedeva che andasse: il gruppo Mossi&Ghisolfi cede in blocco il cosiddetto «perimetro bio» - composto dalle quattro aziende Biochemtex, Beta Renewable, Ibp e Ibp Energia, queste ultime con sede a Crescentino - alla Eni Versalis spa, leader del settore chimico in Italia e nel mondo, che ha depositato l’unica offerta alla gara indetta dal tribunale. Peraltro, abbastanza realisticamente, non se ne attendevano altre, anche se l’asta era aperta al mondo.  

Si è svolta, ieri alle 15, davanti al collegio presieduto dal giudice Caterina Santinello, la formalità di apertura della busta. Serve ancora un passaggio d’obbligo: l’accordo con i sindacati, che si cercherà di affrettare il più possibile, anche perché non ci sono ostacoli, visto che i circa duecento lavoratori passano tutti alla nuova proprietà e alle medesime attuali condizioni economiche. Superato il passaggio sindacale, non resterà che l’atto davanti al notaio, che richiede un lavoro preparatorio piuttosto complesso. Ma la strada è aperta. 

l Gruppo Mossi&Ghisolfi aveva chiesto l’ammissione al concordato preventivo per le ripercussioni delle difficoltà finanziarie generate da un forte investimento negli Stati Uniti, a Corpus Christi, costato più di quanto si fosse preventivato. Un tassello della proposta concordataria, il più rilevante, era rappresentato appunto dalla cessione del pacchetto di aziende bio.  

Mediobanca, un po’ di mesi fa, aveva svolto un’indagine minuziosa per cercare un offerente interessato. Lo era stata Eni Versalis, aveva fatto un’offerta vincolata al 31 luglio, prorogandola poi al 30 settembre per consentire al tribunale i tempi tecnici per bandire la gara.  

Base d’asta ottanta milioni per la cosiddetta «componente fissa», più l’ammontare del tfr (pari a circa 960 mila euro) e anche l’impegno a versare la «componente variabile» fino a un massimo di venti milioni se, nei prossimi cinque anni, si raggiungeranno determinati obbiettivi di fatturato. L’unica offerta recapitata al tribunale entro mezzogiorno di lunedì è stata quella di Versalis; sua, quindi, l’unica busta aperta ieri pomeriggio.  

A Versalis passano dunque investimenti, persone e contratti delle quattro società bio che, svuotate dei contenuti, riceveranno i denari dalla società acquirente e, in misure diversificate, pagheranno i debiti. Il risultato della gara di ieri rende molto meno complicato il proseguimento del percorso concordatario richiesto da Mossi&Ghisolfi.  

domenica 16 settembre 2018

Neanche in vacanza si può andare

Insomma qui non si può nemmeno fare 15 giorni fuori città che si torna e si trova il finimondo...
Ma Crescentino è speciale perché è così. La vita cittadina dovrebbe essere un infinito succedersi di competizioni elettorali, l'unico evento capace di svegliare la civetta che dorme...
Se Ferrero si candidasse a sindaco dovrebbe dimettersi dalla CRI? Così sembra dire Greppi affidandosi alla di lui coscienza. Ma se tutti quelli che si candidano a sindaco si dovessero dimettere da quel che fanno, si dovrebbe dimettere pure Fabrizio che fa il Sindaco vero o no?
Capisco la sua amarezza, però. 
Però anche ringrazi il cielo che Luca Lifredi si è almeno dimesso pacatamente, senza dirgli che non c'è mai e che non capisce niente. Senza pugnalarlo alle spalle.
E' già un gesto di rispetto.
Capisco anche che Greppi non ha una squadra di lavoratori come avevo io, con tutto il rispetto il livello è basso e si vede che la Città ne ha risentito non poco.
Lifredi che lavora, non era neanche assessore,  poverino. Ci sono designati che da mesi sono scomparsi dalla vita cittadina, una designazione anche tardiva ci stava. 
Hanno ragione le due dottoresse a lamentarsi del livello culturale imperante. E' stata una vera mannaia, questa Amministrazione, nel campo. Lascia soltanto rovine. 
E povero Fabrizio anche lui è abbastanza solo. Ma i sindaci sono sempre soli. E' la dura legge del gol.
Però per finire solo questo rivolo di discorso post-vacanziero, io non sono d'accordo che il sindaco debba lavorare gratis. No. La responsabilità è grande, l'assenza di prebende può indurre in tentazione, in vari modi anche con l'assenteismo oltre che nel trarre implicitamente vantaggio dal proprio incarico. 
Si abbassi l'indennità, la si faccia simbolica, ma ci deve essere. Per me, serve anche ad allungare qualche soldo ai tanti che ne hanno bisogno.
Vabbé, per adesso basta così





domenica 26 agosto 2018

Chi si rivede, un pezzo del PD (Zingaretti in pista)


Le vicende ultime del PD, la sua quasi irrilevanza, la debolezza del segretario Martina, la questione renziana irrisolta, sono cose che fanno una tristezza pazzesca in questi tempi (per me e tanti altri) appunto tristissimi, duri, disumani, tutti propaganda e grassa   ignoranza come va di moda oggi. Leggo sul sito  de La Repubblica che a sua volta cita l'Huffington Post, della discesa in campo per la Segreteria del Presidente della Regione Lazio, Zingaretti (fratello del Montalbano tv)  e mi auguro che qualcosa si muova, e che le guerre con i Renziani non affossino definitivamente  quel che resta delCentro-Sinistra.
Ecco qui


"È tempo di reagire, senza paura". Nicola Zingaretti, finora unico candidato alla futura segreteria Pd, lancia la sua campagna elettorale fissando una convention da tenere il 6 e 7 ottobre, a Roma. Chiede ai partecipanti di portare "passione, idee e fiducia nell'altro". E parte proprio dall'impasse che sta attanagliando il partito.


"Ora basta - scrive in un blog sull'Huffington Post - possiamo continuare a lamentarci, dividerci, isolarci fino alla disillusione e all'irrilevanza, oppure possiamo decidere di guardare all'avvenire come al territorio della speranza, della solidarietà, delle opportunità per tutti". Il presidente della Regione Lazio alterna il richiamo al partito e l'attacco al governo gialloverde, definito di dilettanti:  "Hanno trasformato il governo di un grande Paese in un'agenzia del dilettantismo e del rancore. Parlano una lingua gonfia di odio e di isterismo, che dice per poi negare di aver detto, che inganna i cittadini, disprezza gli avversari politici, irride la scienza. Indicano capri espiatori per sottrarsi sistematicamente alle loro responsabilità".


Zingaretti, che mercoledì prossimo interverrà alla festa nazionale dem, a Ravenna e poi a Cortona alla riunione di Areadem, di Franceschini, si è tenuto lontano negli ultimi mesi dagli scontri più duri all'interno del partito. Immagina una formazione aperta, dalla sinistra alla dottrina sociale cattolica. D'altra parte è il modello praticato in Regione, dove l'area che lo appoggia va da Sinistra italiana a Sant'Egidio. Peraltro nelle ultime settimane il governatore è riuscito a ottenere il sostegno di due consiglieri del gruppo misto, garantendosi una maggioranza nell'assemblea regionale.


Zingaretti per ora non ha avversari ufficiali nella corsa alla segreteria. I renziani non hanno ancora scelto lo sfidante (restano in pista i nomi di Richetti, Bellanova, Serracchiani). Martina non ha ancora sciolto la riserva. L'attuale segretario dem assicura, comunque, che le prossime primarie saranno entro maggio del 2019. 


sabato 18 agosto 2018

Un giro per Trino. Quei tacchi sadomaso (e un barlume di speranza)

L'altro giorno sono stata a Trino, nella parrocchia di San Bartolomeo, per i funerali di Pino Comazzi, storico tipografo della Stampa e papà della mia collega Alessandra, scomparso alla bella età di 95 anni.

Poiché uno resta sindaco in un angolo del cervello per tutta la vita, anche se non ne vorrebbe sapere, ho notato tre cose, en passant.

1) La signorina assessora o consigliera che con la fascia tricolore sostituiva il sindaco (purtroppo ignoro tutto di lei, nome compreso) sfoggiava un paio di pantacollant ad ampie righe bianche e nere, e un paio di scarpe sadomaso con tacco a spillo e fasce e fascette che arrivavano alla caviglia. Robe da discoteca, e figurarsi a un funerale in San Bartolomeo (che si sarà rigirato nel sarcofago: il Pino no, perché era un uomo di mondo anche a 95 anni). Anche rappresentare un sindaco esigerebbe un po' di riflessione da un punto di vista formale.

2) A Trino ho parcheggiato in una bella piazza con il selciato di ciottoli, alternati a passaggi di lastre di pietra. Mi è venuta in mente la fugace bellezza della nostra via Mazzini rifatta con il selciato di ciottoli a fine Anni Novanta dal Venegoni 1, e disfatta dal Greppi 1 a tempo di record: ed essendo nel centro storico la più antica casa del borgo (quella oggi in rifacimento) risalente al '400, lui ci ha messo invece i sampietrini, piuttosto che almeno della pietra, come hanno fatto anche a Livorno.
Vabbé, son ricordi che ancora adesso mi fanno venire il mal di pancia.

3) Trino è una città vera, pulita, con i portici costellati di negozi aperti, i commercianti sulla porta, i bar (quelli li abbiamo anche noi, almeno). Le persone che camminano sotto i portici non hanno facce disperate o assenti, come capita talvolta qui. I portici sono puliti. Trino è una cittadina che non abbassa il morale, insomma.

Però.  Vedo timidamente fiorire sotto i portici di via Mazzini nel mio adorato paesello sparute nuove attività, anche se restano quelli che piuttosto che dare una passata di bianco alle pile dei portici preferirebbero farsi evirare.  Taccio e aspetto, e mi tengo stretto un barlume di speranza 


martedì 14 agosto 2018

Ma come si fa senza Pro Loco ragazzi miei?

Visto che il dibattito ferve fra il blog di Mauro Novo e questo mio piccino picciò, vi racconto che l'altra sera sono stata a Rocchetta Tanaro, abitanti 1.446, invitata alla festa del Paese dal mio amico medico condotto Paolo Frola. Una festa che dura più di una settimana, ogni sera qualcosa.
Piazza chiusa tipo la nostra Caretto, tavoli sparsi per la cena. Almeno un migliaio di persone.
Un palco lungo quanto un lato intero, contro un palazzo, sopra il quale c'era un gruppo di ragazzi intenti a smontare canzoni famose, miniaturizzandole in 30 secondi cantati, con sottofondo di tunz-tunz. 
Non un capolavoro, anzi. Ma una cosa nuova, fresca, curiosa.
E chi ha portato uno simile show? Ho chiesto.
Risposta: "C'è una nuova Pro Loco, hanno tutti 25 anni. E' il loro debutto".
Il mio cuore è corso a Crescentino. Alla nostra estate di cui si parla così male dovunque.
Dove l'unica occasione di incontrare umani è andare ai rosari dei morti.
Dove se non ci fosse Il Portico con i suoi tavoli ad animare il Centro, sarebbe direttamente il cimitero.
Ma vi pare possibile?
Perché Crescentino non può avere una Pro Loco, che cosa spaventa l'Amministrazione, che cosa impedisce di mettere insieme persone, coagulare giovani finalmente, mescolare generazioni, uomini donne vecchi bambini?
Perché dobbiamo fare questa fine, che cosa abbiamo fatto di male (oltre a perdere le elezioni, naturalmente?)

lunedì 23 luglio 2018

Le piante dei vasi di Piazza Caretto mandati a morire all'Ente Risi

Non so voi, ma io sono una grande appassionata del verde, e ancora ho in mente i vasoni eleganti che adornavano Piazza Caretto, con le piante che fiorivano d'inverno.
Dicono che le hanno tolte perché portavano ratti, caso unico al mondo.
Quelle che sono rimaste davanti all'ingresso del Comune non  sono tra l'altro curate, non sono state potate e aggiustate come si deve fare ogni  anno, e insomma sono lì poverine e selvagge.
I vasi che invece sono scomparsi, sono finiti - mi dicono - all'Ente Risi, con ancora le loro piante dentro che aspettano di morire.
Ma sì può lasciar morire delle piante che sono costate un sacco di soldi?
Inciviltà
Come se io, dopo aver contemplato la facciata del Calamandrei appena dipinta da una certa ditta vicina all'ora vicesindaco, e contrariata (come sono e come sono stata) per la mancata accuratezza del lavoro che si stava  già sfaldando (e così è rimasto nei secoli) mi fossi messa a  farci sopra anche dei graffiti. 
Ché, si sa, le facciate non si possono portare all'Ente Risi


giovedì 19 luglio 2018

Asta Mossi&Ghisolfi, chi compra s'impegna per gli oltre 200 dipendenti


Dobbiamo sempre alla professionalità di Silvana Mossano quest'altro esauriente riassunto sui beni Mossi&Ghisolfi - compreso lo stabilimento di Crescentino - che andranno all'asta il 25 settembre.
Articolo comparso nei giorni scorsi sulle pagine di Alessandria de La Stampa

SILVANA MOSSANO

ALESSANDRIA

Chiunque comprerà le quattro aziende del cosiddetto “perimetro bio” del Gruppo tortonese Mossi & Ghisolfi (Biochemtex, Beta Renewables, Ibp e Ibp Energia, queste ultime due con sede a Crescentino) si impegnerà a mantenere tutti gli oltre duecento dipendenti che vi lavorano.

La vendita all’asta, che il tribunale di Alessandria (presidente Caterina Santinello, giudici Enrica Bertolotto e Pierluigi Mela) ha fissato per il 25 settembre prossimo, garantisce questo primo fondamentale risultato: la completa salvaguardia occupazionale.

“Speravamo che il decreto di gara fosse pubblicato prima delle vacanze: il tribunale ha compreso l’urgenza e ha agito di conseguenza dimostrandosi molto efficiente” commenta Lorenzo Montagna, portavoce del gruppo Mossi & Ghisolfi, che sottolinea l’importanza della decisione di vendere in blocco le quattro aziende con la garanzia di salvare il posto a tutti gli addetti in forza.

La gara è stata bandita sulla base della “offerta irrevocabile di acquisto” che era stata avanzata da Eni Versalis spa e che aveva validità iniziale fino al 31 luglio, poi prorogata al 30 settembre per consentire lo svolgimento della “procedura competitiva” cui può partecipare chiunque abbia interesse nel settore delle “bioenergie e delle tecnologie avanzate per la sintesi di biocombustibili e molecole verdi di nuova generazione da biomasse biocellulosiche rinnovabili”.

Oltre a Versalis spa, altre società, magari anche straniere, potrebbero partecipare. Non è affatto escluso, anche se va detto, realisticamente, che Mediobanca, sei/sette mesi fa, aveva già svolto un’accurata e approfondita indagine per cercare un potenziale offerente, individuato nella società del gruppo Eni.

A quel punto, Mossi & Ghisolfi si era presentato al tribunale con una proposta di concordato fondata, in modo preminente, proprio sull’offerta di acquisto delle aziende bio. I giudici hanno dunque deciso di bandire la gara. Le offerte vanno presentate il giorno precedente (cioè entro le 12 del 24 settembre, anche con il deposito di una cauzione di dieci milioni di euro), mentre l’apertura delle buste si svolge alle 15 del 25 settembre nel palazzo di giustizia di corso Crimea. La base d’asta è di ottanta milioni per la cosiddetta “componente fissa”, con rilanci minimi di 5 milioni in caso di gara tra più offerenti. Il compratore si accollerà inoltre l’ammontare del tfr (poco più di 960 mila euro) e si impegnerà a versare la “componente variabile” fino a un massimo di venti milioni se, nel quinquennio successivo all’acquisizione, avrà raggiunto determinati obbiettivi di fatturato.

Nel caso ci siano più offerte, il “blocco bio” sarà assegnato dal tribunale a chi avrà proposto di più. Se ci fossero offerte di pari importo, tutte ritenute valide, e nessuno intendesse fare rilanci, l’aggiudicazione avverrà tramite estrazione a sorte.

Il bando è già stato pubblicato sul portale  www.portalevenditepubbliche.giustizia.it e su quello del tribunale www.tribunale.alessandria.giustizia.it, ma quanto prima sarà divulgato anche tramite altri canali.

Sito Ufficiale del Tribunale di Alessandria
www.tribunale.alessandria.giustizia.it
Benvenuti sul sito Ufficiale del Tribunale di Alessandria. Notizie su come arrivare al Tribunale, operativita dell'ufficio, vendite giudiziarie, modulistica e molti altri servizi utili.

domenica 15 luglio 2018

Mossi&Ghisolfi, asta il 25 settembre, base OTTANTA milioni di euro + i TFR

Come si diceva nel post precedente (peraltro non troppo letto, e comunque molto meno di quelli nei quali si tagliano panni politici a questo e a quello...) la macchina giudiziaria si è avviata con lodevole fretta per consentire velocemente l'asta per la Mossi&Ghisolfi, e la salvezza di un patrimonio industriale che per noi "crescentini" rappresenta soprattutto 200 posti di lavoro (in totale nelle aziende) e una possibilità economica in più in un paese che è in crisi da tempo.
Questo l'articolo della brava e precisa Silvana Mossano sulle pagine di Vercelli de La Stampa di oggi domenica 15 luglio.

Di Silvana Mossano.
Da La Stampa

Il «perimetro bio» del Gruppo Mossi Ghisolfi va all’asta. Vengono messe in vendita, in blocco, le quattro aziende Biochemtex, Beta Renewables, Ipb (Italian Bio Products) e Ipb energia (queste due ultime con sede a Crescentino), impegnate nel settore delle «bioenergie e delle tecnologie avanzate per la sintesi di biocombustibili e molecole verdi di nuova generazione da biomasse biocellulosiche rinnovabili». Il prezzo a base d’asta è stato fissato in 80 milioni di euro, più l’accollo del Tfr (pari a 963 mila euro) di tutti i dipendenti in forza nelle quattro strutture oltre alla cosiddetta «componente variabile» indicata «fino a 20 milioni in funzione dei ricavi del quinquennio successivo». Rilancio minimo di 5 milioni.  


Sono i termini indicati nel decreto emesso dal tribunale di Alessandria e pubblicato sul portale delle vendite pubbliche (www.portalevenditepubbliche.giustizia.it) e sul sito www.tribunale.alessandria.giustizia.it. La gara per la cessione delle aziende si svolgerà il 25 settembre alle 15 nel Palazzo di giustizia di corso Crimea. La decisione di bandire l’asta rappresenta un primo risultato, giudicato importante e positivo, in direzione della istanza di concordato avanzata dal Gruppo Mossi Ghisolfi. La proposta concordataria contiene, infatti, l’offerta di acquisto da parte della società Eni Versalis che, inizialmente, aveva scadenza a fine luglio. Per consentire lo svolgimento della «procedura competitiva» (cioè la gara), la società offerente ha accettato di prorogare il termine di validità della propria proposta fino al 30 settembre.  

Il tribunale, dopo aver incontrato, nei giorni scorsi, legali e consulenti di Mossi Ghisolfi, a cui ha richiesto una serie di chiarimenti, ha bandito la gara proprio per rimanere nei tempi fissati. Chi è interessato a partecipare deve depositare, entro il 24, alla cancelleria del tribunale fallimentare di Alessandria, la busta contenente l’offerta, oltre al bonifico della cauzione, fissata in 10 milioni di euro. Trattandosi di «procedura competitiva», oltre a quella di Eni Versalis potrebbero pervenire anche altre offerte, non escluso da società straniere. Se fossero più d’una, la scelta cadrà su quella di maggiore importo; e se fosse diversa da Eni Versalis, quest’ultima potrà partecipare a una gara a due, con rilanci testa a testa.  

La garanzia è che chiunque sarà l’acquirente darà continuità all’attività produttiva e all’occupazione: insomma, i posti di lavoro (circa duecento) vengono salvati. Intanto, il Gruppo Mossi Ghisolfi, grazie alla vendita del comparto del cosiddetto «perimetro bio», recupererebbe le risorse per attuare il piano che, se giudicato adeguato dal tribunale, consentirà di ottenere l’omologazione del concordato 

(chiedo scusa per aver saltato lo Zero degli 80 milioni)))

domenica 8 luglio 2018

Mossi&Ghisolfi, l'udienza ad Alessandria: ottimismo se Eni vincerà l'asta


 Si è tenuta il 4 luglio scorso nel tribunale di Alessandria, presieduta dal giudice Caterina Santinello, l'udienza per esaminare e approfondire alcuni aspetti del piano allegato dal gruppo Mossi & Ghisolfi alla richiesta di concordato preventivo cui erano state ammesse, a ottobre scorso, alcune società del gruppo.  
Ne ha dato notizia nei giorni scorsi la giornalista Silvana Mussano su La Stampa.
Nel piano è contenuta, tra l'altro, l’offerta avanzata da Eni Versalis spa, leader nel settore chimico italiano e internazionale, per rilevare in blocco i contenuti (investimenti, persone, contratti), e non le azioni, di quattro aziende del gruppo tortonese: Biochemtex, Beta Renewables, Ibp e Ibp Energia (queste ultime due costituiscono il polo di Crescentino). 
«Il tribunale - ha spiegato a La Stampa Lorenzo Montagna, responsabile della comunicazione per Mossi & Ghisolfi - ha fatto dei rilievi su questa proposta. L’udienza ha avuto proprio lo scopo di fornire chiarimenti». Presente uno stuolo di avvocati e consulenti, si è dato avvio ieri alle spiegazioni chieste dalla dottoressa Santinello. Non esaurite del tutto, alcune sono state rimandate a un’udienza nel giorno successivo. 
Il 5, terminati gli approfondimenti, si è saputo tra l'altro che l'Eni ha spostato il proprio termine che aveva previsto per l'acquisto dal 31 luglio al 30 settembre: il che viene visto come un segnale positivo anche per l'impianto di Crescentino. Inoltre, già intorno al 15 luglio il Tribunale potrebbe decidere di battere l'asta, e in caso di vittoria di Eni Versalis sui concorrenti anche stranieri, ci sarebbero ottime speranze per il personale assunto a suo tempo nella nostra cittadina.
Il portavoce del gruppo Mossi & Ghisolfi Montagna ha aggiunto di confidare che la vicenda vada a buon fine: "l’importante è che l’attività in queste quattro aziende prosegua, anche se non più nella proprietà del gruppo, ma in continuità". 
I lavoratori coinvolti sono circa duecento. 




lunedì 2 luglio 2018

Grandi manovre preelettorali: una vittima a caso (io)

Gli osservatori più attenti non potranno non notare che quando comincia a tirare aria di elezioni (prossimo sindaco, nuovo o vecchio, nel 2019), un nome erompe sui giornali. Il mio. Ma non per candidatura (Dio ce ne scampi e calamari, diceva quello là) bensì per ritirare fuori storie trite e ritrite e buttare una bella pacca di guano in faccia alla sottoscritta. Casomai si fosse seccato lo strato precedente.
Così, mentre il mio ex Vice è impegnatissimo a litigare (finalmente alla pari, come se fosse un piccolo sindaco anche lui) con il sindaco attivo, il buon Fabrizio le pietre le tira a me: sempre sulla Periferia, tramite la leggendaria "Bocca della verità". E allora andiamo sugli "Sprechi della Giunta Venegoni".

1. Il Chicobum. Costò al Comune 7 mila euro, perché la seconda rata non fu mai pagata. Ancora oggi vengono considerati sul mercato della musica pochi, questi danari, per quel che fu possibile ascoltare, dai Nomadi alla PFM ad altri gruppi che fecero in tempo ad esibirsi prima che l'organizzatore se la desse a gambe, travolto dai mancati incassi (nei quali anche moltissimi furbetti crescentinesi fecero la loro parte).

2. Campo nomadi di via Torino: lì vicino il parcheggio dell'Italcardano. 
E' vero che adesso va di moda vedere i bambini morire e non fare una piega. Ma allora c'era una famiglia (ROM, debbo ammettere, e lo dico in modo ironico no?) con quattro bimbe piccole e non un luogo dove dormire, avendo essi obbedito all'ordine del Comune (di Greppi appunto, come egli stesso giustamente rivendica) di abbattere le proprie abitazioni abusive. Avrebbe anche dovuto cercargli un posto di fortuna, il sindaco, ma si sa che i Rom non fanno voti. Io cercai di dar loro una mano. 
Greppi, Speranza, Mosca e un quarto del quale non ricordo il nome mi denunciarono. Stranamente, in zona agricola come quella dove sorgeva l'insediamento abusivo ROM (proprio poco distante) è appena sorto il nuovo parcheggio dell'Italiacardano, e non è neanche di proprietà del Comune: però questa va bene a tutti, non mi risulta che ci sia stata una denuncia. Greppi e l'Italcardano sono presentabili, i Rom e la Venegoni erano da cacciare e mettere nei guai. 
Fui prosciolta dal GIP, comunque.  Grazie amici, non sapete cosa si dice ancora oggi nei tribunali di quel caso. Siete indimenticabili.

3. Sui problemi - reali - delle piste ciclabili che Greppi ricorda, non possiamo parlare di quel che ha fatto lui, perché per usare un eufemismo non è uomo di grandi opere.

4. Case Tao. Era cominciata l'emergenza economica ancora in atto.  800 famiglie erano rimaste senza lavoro per la chiusura della Teksid, la città cadeva in ginocchio e passavo il tempo a dare una mano a gente che non riusciva a pagare le bollette o era sfrattata. Non era mai successo. Fu uno scegliere fra disperati, ma una iniziativa secondo me degna quella di dare una casa a indigenti cronici, con un programma di uscita dalla povertà. Purtroppo, ha ragione Greppi, alcuni di essi si rifiutarono pervicacemente di fare lavori socialmente utili, e ancora ricordo discussioni invereconde con i suddetti. Chissà che fine hanno fatto, adesso che non c'è più pietà per nessuno e loro si sono comportati così male. Quello era solo l'inizio di un periodo orrendo e non ancora finito. 

Il mio pensiero va alla Segretaria Margherita De Santis, che una santa era davvero e che si diede molto da fare per quel progetto, con vero spirito di servizio. Ho ancora nostalgia di lei.





mercoledì 27 giugno 2018

La débâcle del PD, e i consigli di Chiamparino

La notizia più significativa dei ballottaggi della scorsa domenica è la quasi-sparizione del PD dall'orizzonte vasto che occupava nelle amministrazioni di città grandi e medie. Cedono quote notevoli regioni di storica tradizione di sinistra, come l'Emilia Romagna e la Toscana. Cade dopo 50 anni la roccaforte di Ivrea. 
Sparire, cambiare nome e facce come suggerisce Calenda, ultimo ministro ad iscriversi al PD?
Il dibattito infuria, e su La Stampa di ieri anche Chiamparino presidente della Regione Piemonte dice la sua, con la consueta franchezza pacata.

di Alessandro Mondo
Un partito isolato, e litigioso, che non riesce a costruire alleanze e si presenta disarmato ai ballottaggi. Un partito in crisi di identità politica, prima che programmatica, contro il quale tutti finiscono per coalizzarsi. 
Sergio Chiamparino - che come presidente della Regione Piemonte tiene una delle ultime ridotte del Pd e del centrosinistra, la stessa che con ogni probabilità gli toccherà difendere alle elezioni regionali del prossimo anno - fotografa la situazione guardandosi dal partecipare al rimpallo delle responsabilità. Lo ha fatto a margine di un incontro a 25 anni dalla prima elezione a sindaco di Valentino Castellani durante il quale non ha risparmiato giudizi puntuti nel suo campo («a sinistra è pieno di delfini che sono finiti come tonni»). Ripetuto il richiamo a riannodare il dialogo con la società, sul modello di quella stagione torinese per tanti versi irripetibile: «C’è una parte della società, che non necessariamente coincide con quelli che definiamo marginali, con la quale non parliamo. La sfida è come misurarsi con questo, come rispondere a questa crisi di rappresentatività». Eccolo, l’insegnamento da trarre dalla sorprendente vittoria di Castellani nel ’93: «Imparare a parlarsi tra diversi», con la differenza che «allora dominava l’antipolitica, mentre oggi l’antipolitica è al governo».  

Come valuta il risultato delle amministrative?  
«Nei ballottaggi c’è la tendenza ad aggregarsi contro il Pd, una forza che in questo momento non ha alleati».  
Una sconfitta prevedibile?  
«È evidente che, stante l’isolamento politico e programmatico del Pd, è più difficile fare alleanze. Naturalmente non è la sola spiegazione». 

A cosa si riferisce?  
«Il fatto che dopo le primarie a Ivrea un pezzo del Pd sia andato altrove, con armi e bagagli, non ha aiutato, per usare un eufemismo». 

Chiamparino prosegue sostenendo che non c'era bisogno dei ballottaggi per segnalare la crisi politica del PD, e sulla simpatica tendenza che anche noi ben conosciamo di ammazzarsi l'uno con l'altro sbotta: 
"La insostenibile tendenza alla litigiosità non migliora la situazione. La prima cosa che mi chiede la gente è: "Smettetela di litigare"


venerdì 22 giugno 2018

I ratti delle fioriere di Piazza Caretto

Leggo sull'imprescindibile blog di Mauro Novo l'accorato sfogo di Daniele Rizzato titolare del Portico. Non voglio naturalmente intervenire sulle sue ragioni, sono certa che abbia regolarizzato la situazione dei tavolini e gli auguro ogni successo nel rispetto della legge e delle ragioni altrui.
Trasalgo invece a una frase: "Le fioriere sono state rimosse perché erano diventate condominio di ratti".
Ratti?
Anche a Roma ci sono i cinghiali che girano per i parchi, (proprio stamattina ne ho visto uno in un giardinetto pubblico nella zona di Oregina, a Genova, davanti al palazzo dove Mimmo viveva da giovane con la sua famiglia).
Sono entrambe città con ampie zone di degrado, che non vengono curate e pulite a sufficienza da tempo.
Ma noi non ci siamo mai trovati in una situazione simile.
Quando sono arrivati i ratti in Piazza Caretto? 
Perché "prima" non c'erano?
E perché arrivano i ratti? 
Quando non si fa sufficiente pulizia, e quando non c'è la  manutenzione adeguata.

Se quel che dice Rizzato è vero, è segno palese di assenza di cure che almeno nella piazza del Municipio - ma anche dovunque - non dovrebbero mancare.  Un malinconico ulteriore segno di degrado nell'ombelico della nostra Cittadina, risolto eliminando le fioriere. Colpire l'effetto, lasciando intatte le cause, non mi sembra una scelta intelligente. 



I tavolini sì, ma il martirio di Piazza Caretto è più ampio

Meno male che c'è Mauro at Large, che raccoglie le confidenze dei cittadini, oltre che offrire loro l'annuncio dei mondi che si aprono intorno a Crescentino. L'ultima confidenza in verità era un po' il segreto di Pulcinella, perché di piazza Caretto estiva un po' troppo ridondante di tavoli tavolini e tavolini si parlava parecchio, fin dall'anno scorso in verità. 

Il salotto della Città

Nelle intenzioni della mia ultima Amministrazione sarebbe dovuta essere il salotto della Città, con i tre dehors che raccoglievano i clienti dei tre locali e le fioriere intorno a fare grazia con le loro piante sboccianti anche d'inverno (Manzoni è un bravo giardiniere).
Com'è diventata l'avete visto e lo vedete ogni giorno.
Non solo, se qualcuno ha riportato il Portico agli spazi concordati con il Comune, lo ha fatto comunque troppo tardi: era ridotta davvero a una taverna all'aperto, senza nemmeno più gli ornamenti doverosi in uno spazio collettivo cruciale: il vicesindaco deve aver pensato a qualche luogo segreto della sua infanzia e lo avrà voluto rifare qui dove passa molto tempo, per sentire un po' d'aria di casa. I suoi compagni di strada l'hanno lasciato fare. Ecco il risultato. Gusti diversi.

Una piazza molto amata:  e intorno?

Ma poi, leggendo i commenti da Mauro, mi ha fatto tenerezza che tutti considerino propria la Piazza, uno spazio molto amato. Ma mi ha colpita che nessuno abbia parlato di quello che c'è intorno, alla piazza storica: il palazzo storico con gli occhioni aperti sul nulla - leggi finestre aperte e spalancate senza vetri né protezione, orrore - giustamente così si risparmia l'Imu, ma il Sindaco nel nome del decoro della città (di cui a parte la piazza sembra non importare un ciufolo a nessuno, e invece il Comune è tenuto a badare, al decoro...) avrebbe potuto e dovuto cercare una soluzione.
Il Condominio Lanza (io ci sono nata, lì) di fronte al Municipio, fa angoscia a guardarlo, e molti visitatori mi rimproveravano di non far nulla per indurre i condomini a una pitturata almeno. E io telefonavo tutte le settimane agli amministratori, il lunedì mi ricordo: uno ebbe avventure tumultuose personali e sparì, l'altro pareva un tipo molto efficiente e quando sono andata via ero convinta che avrebbero cominciato a breve i lavori, invece è ancora lì con il suo squallore. Gli avrà mai telefonato Greppi? 

Si guarda solo in giù

Ma la visione generale dei miei concittadini è monca, si guarda in giù e non in su. Si dovrebbero levare delle voci, i politici che non hanno paura di perdere voti (nessuno cioè) dovrebbero intervenire, convocare gli abitanti come io feci molte volte, prenderli per sfinimento. 
Vedete che quando si protesta qualcosa succede, come dimostra la piazza Caretto che comunque ormai è rovinata nel suo disegno originario.
(poi un giorno mi piacerebbe sapere che fine hanno fatto i finanziamenti Ilvo per il rifacimento degli esterni e interni del palazzo Comunale: ci sono o c'erano, i lavori si sono interrotti con la mia partenza, si doveva anche ridipingere la facciata del Comune, almeno quella sant'Iddio).