sabato 18 settembre 2010

Finanza creativa obbligatoria

Dal quotidiano "La Repubblica" di venerdì 17 settembre

INCHIESTA ITALIANA
Baci vietati e Superenalotto così i sindaci cercano di salvare i bilanci

Trucchi e finanza creativa contro tre miliardi di tagli in 2 anni. 370mila euro in meno a municipio ma con un po' di fantasia si evita il rincaro dei servizi. Ma gli escamotage basteranno per il prossimo anno? La strada più classica è quella di punire le infrazioni: si vieta il cibo ai piccioni ma anche la bevuta all'aperto di PAOLO GRISERI ed EMANUELE LAURIA
ROMA - Per ora il bilancio è in attivo: 40 euro giocati, 60 vinti. Ma è una contabilità a rischio: "Tre estrazioni fa abbiamo centrato un superstar da 20 euro. Senza quello saremmo in pari". A Melito, hinterland di Napoli, i conti comunali quadrano così: sperando di vincere al superenalotto. Provocazione? Non solo. "Se vinco, divento il sindaco più amato d'Italia", dice Antonio Amente, 59 anni, medico di base prestato alla politica: "I soldi delle giocate li prendo dal mio stipendio di primo cittadino. Fortunatamente con il mestiere di medico me lo posso permettere. Gli uffici comunali garantiscono che con 150 milioni di vincita nessuno a Melito pagherà le tasse per dieci anni". Un paese di Bengodi, anche se i problemi non mancano: disoccupazione al 30 per cento, criminalità e carenza di infrastrutture. Per i 43 mila di Melito la vita non è semplice. Soprattutto, non è affatto detto che il superenalotto riempirà le casse del comune: i matematici spiegano che l'eventualità di una vincita è mille volte più rara di quella di veder nascere un paio di gemelli siamesi. Certo, non tutta Italia può affidarsi agli incerti delle estrazioni del lotto. Gli 8.094 municipi del Bel Paese piangono miseria e temono il peggio.

"L'annus horribilis sarà il 2011", pronostica il segretario generale dell'Anci, Angelo Rughetti. Ha fatto i calcoli e c'è poco da stare allegri: "Nel 2010 lo Stato ha trasferito ai Comuni 15 miliardi
di euro. Nel 2011 saranno 13,5 e nel 2012 scenderemo a 12". Tre miliardi in meno in due anni, una bella mazzata. Una media di 370 mila euro in meno a municipio che sono tanti se si considera che solo 150 comuni in Italia hanno più di 50 mila abitanti e tutti gli altri sono di dimensioni molto ridotte. Il taglio avrà conseguenze gravi anche perché per risalire la china non vale fare cassa con l'aumento delle tasse: la Finanziaria 2010 impedisce ai sindaci di aumentare l'Irpef o modificare le aliquote di tributi come l'Ici o la Cosap. Stilare un bilancio è diventato un esercizio da giocolieri: senza un braccio, senza la gamba sinistra, senza la destra, sempre più difficile. "Con questi vincoli - dice Rughetti - l'unica strada per far cassa è quella di aumentare i prezzi dei servizi a domanda individuale".

Cioè far lievitare il costo delle mense scolastiche, dei trasporti pubblici, degli asili nido: "In sostanza - spiega il segretario generale - tutti quei servizi che spesso, in quanto pubblici, sono quelli più richiesti dai cittadini meno abbienti". Nasce così la rincorsa dei sindaci ai cento e più sistemi per cavarsi d'impiccio, dare al bilancio del Comune almeno una parvenza di presentabilità ed evitare il commissariamento per fallimento come accadde nel 2006 all'amministrazione di Taranto guidata da Rossana Di Bello. Ma quali sono gli strumenti più utilizzati per rimpinguare bilanci asfittici?

Non tutti i sindaci hanno la fantasia di Antonio Amente. Per fare cassa la maggior parte segue anzi la cara, vecchia, strada delle multe. Si punisce ogni piccola infrazione con esose richieste di denaro. In molti comuni nutrire gli animali randagi è un lusso che si può pagare parecchio caro. I vigili sono severissimi con chi viene colto mentre lancia mangime ai piccioni: a Bergamo si rischiano 333 euro di multa che salgono a 500 a Venezia e Lucca e addirittura a 520 a Cesena. Per "par condicio" nella cittadina romagnola viene punito con una multa da 520 euro anche chi distribuisce cibo ai gatti randagi. Pasti carissimi dunque. E vigili urbani inflessibili come nella Ginevra di Calvino. Con effetti devastanti sulla vita quotidiana, anche nei momenti intimi. Bisogna essere molto innamorati a Eboli per rischiare la multa da 500 euro prevista per chi viene sorpreso a baciarsi in automobile. Un capitolo a parte meritano le diverse forme di tassazione sui wc e sugli escrementi degli animali. Venezia ha deciso di portare a 3 euro il biglietto d'ingresso nei wc pubblici durante l'alta stagione turistica. Chi non paga non entra perché i tornelli non scattano, con tutte le conseguenze del caso.

A Trieste invece si possono pagare fino a 300 euro di multa se il cane viene sorpreso a fare pipì per strada: sulle ruote delle auto in sosta così come sugli stipiti delle porte e sulle gambe delle panchine. Una delle strade per far accettare i balzelli è quella di legarli alla sempre più gettonata ricerca di sicurezza. Quella che in alcune parti d'Italia è diventata una vera e propria ideologia fornisce un paravento ideale per comminare multe e sanzioni pecuniarie d'ogni genere. A Gallarate, nel Varesotto, il sindaco, Nicola Mucci, aveva impedito ai cittadini di aggirarsi nelle ore notturne per le vie del centro bevendo alcolici: un ragazzo è stato multato per porto abusivo di birra e ha dovuto versare ben 500 euro. Tra i divieti più bizzarri, quello di scavare buche nella sabbia sulla spiaggia di Eraclea (con la scusa che si tratterebbe di "giochi molesti"), quello di passeggiare con gli zoccoli a Capri e Positano (disturbano la quiete pubblica) e quello di sedersi sui gradini dei monumenti di piazza della Loggia a Brescia. A Voghera, dopo le 23 vige il divieto di seduta collettiva sulle panchine: la multa scatta quando si supera il numero di tre persone per panchina.


Se già oggi le ristrettezze di bilancio scatenano la fantasia di sindaci e assessori, c'è da attendersi nei prossimi mesi un fiorire di iniziative più o meno curiose. La meno originale (e certamente tra le meno popolari) di tutte è quella di aumentare le rette delle mense scolastiche e, in generale, le spese delle scuole che dipendono dalle amministrazioni locali. A Roma, a esempio, il costo dei pasti destinati agli alunni delle scuole gestite dal Comune è raddoppiato da 40 a 80 euro mensili. In altre parti d'Italia si escogitano alcune furbizie come quella di abolire il tempo pieno al venerdì concludendo le lezioni a fine mattinata per risparmiare sulla mensa. A Palermo, in primavera, l'amministrazione per ragioni di bilancio cancellò la pasta dal menu dei bambini degli asili nido. Ripristinando un primo piatto energetico solo dopo la rivolta delle mamme. Meno impopolari, perché nell'euforia della cerimonia non si bada a spese, sono le tasse sui matrimoni. Le amministrazioni comunali fanno pagare salate le location più ambite: a Roma si pagano tra i 1.200 e i 1.400 euro per dire sì in Campidoglio o nel complesso di Vignola Mattei dove si può provare il brivido di sposarsi in chiesa anche se si tratta di un matrimonio civile e il tempio è sconsacrato. A Torino il matrimonio alla Mole Antonelliana costa 2.000 euro e c'è naturalmente da sperare che la giornata non sia nebbiosa.

Ma il prossimo anno questi escamotage saranno sufficienti per compensare i tagli pesantissimi previsti? La risposta è scontata: no. Anche in vista della riduzione dei trasferimenti nel settore della cultura e delle mostre: "La finanziaria - osserva Rughetti - prevede per il 2011 un taglio dell'80 per cento sulle spese dei comuni per il settore". Questo significa dare un ruolo sempre maggiore alle fondazioni bancarie e a tutti quei privati che già oggi investono in cultura. "Ma non sempre - fanno notare all'Anci - un territorio dispone di enti e associazioni private in grado di sopperire ai tagli annunciati". È chiaro dunque che uno degli effetti dei tagli ai trasferimenti per la cultura potrà essere quello di aumentare le differenze tra le aree ricche e quelle povere, attirando il turismo nelle prime e allontanandolo dalle seconde. Perché è evidente che i mecenati pronti a investire sono pochi, e quei pochi lo fanno in territori di chiara fama: a Porto Rotondo, per esempio, lampioni e strade nuovi saranno pagati dal re georgiano del gas Manasir Ziyad, che ha firmato un accordo col Comune. Ma altrove?

Altrove il calo dei flussi turistici può trasformarsi in un calo del gettito nelle tasse comunali. I sindaci sono chiamati a rimediare. Come? I balzelli sui dehor e sui tavolini dei bar sono uno dei mezzi più diffusi. A Cagliari l'ira dei commercianti si è sfogata contro l'amministrazione che ha rispolverato una norma di quarant'anni fa per tassare le tende da sole che eccedessero una misura standard: è stata chiamata "la tassa sull'ombra" e la Confesercenti l'ha bollata come "un balzello dal vago sapore borbonico". A Bologna, anni fa, la lotta senza quartiere contro le forme di pubblicità non soggette alla dovuta tassazione portò a effetti parossistici: i commercianti si trovarono a rispondere di uno zerbino con le iniziali del negozio, o degli adesivi incollati in vetrina con le carte di credito ammesse nel ristorante, o dei pannelli con i nomi delle ditte produttrici di gelati: un barista ha ricevuto, per quest'ultima infrazione, una multa da 3.000 euro. Sono stati ben 2.300 i commercianti di Bologna che si sono visti recapitare accertamenti di mancato pagamento della tassa sulla pubblicità.

A tormentare i sindaci c'è anche quel curioso meccanismo del patto di stabilità che si potrebbe definire una vera e propria tassa sulle formiche. Nel senso che i comuni più virtuosi, quelli che sono riusciti a ridurre le spese, sono costretti l'anno successivo a ridurle ancora mentre i comuni spendaccioni, i comuni cicala, per paradosso sono meno penalizzati, nel senso che l'anno successivo devono risparmiare di meno. Alcune amministrazioni seguono quella che si potrebbe definire la strategia di Bubka, se è vero che il grandissimo campione mondiale dell'asta saltava in allenamento più alto di quel che faceva vedere in gara per poter battere il maggior numero possibile di record mondiali. Così qualche sindaco risparmia meno di quel che potrebbe per segnare un miglioramento anche l'anno successivo. Altrimenti il rischio è di fare la fine del primo cittadino di Varese che in un anno ha risparmiato la bella cifra di 2 milioni di euro e, in premio, si è sentito dire da Roma che l'anno successivo avrebbe dovuto risparmiarne di più.

Conclusa in modo non esaltante la stagione della finanza creativa, anche i Comuni hanno finito per abbandonare alcuni sistemi eterodossi utilizzati per far quadrare i bilanci. Molti piangono ancora oggi per le conseguenze di un uso disinvolto di derivati e altre diavolerie finanziarie alla base della crisi economia mondiale. Anche il sistema delle cartolarizzazioni, in sostanza la cessione a società finanziarie della facoltà di vendere una parte del patrimonio immobiliare comunale, ha fatto il suo tempo. È vero che in quel modo si sono turate alcune falle di bilancio ma la vendita del patrimonio di famiglia ha finito per impoverire le amministrazioni. Oggi uno dei pochi polmoni finanziari dei municipi è quello della trasformazione in Spa delle società ex municipalizzate che forniscono servizi, come le multiutilities nei settori dell'energia e dello smaltimento dei rifiuti. Ma pure questo, in fondo, è un modo per cedere una parte del patrimonio pubblico anche se il ritorno economico dura nel tempo.

Uno dei sistemi meno costosi per i cittadini, anzi moralmente virtuoso, è chiamare chi ha creato i buchi di bilancio a ripianare almeno una parte del debito. È successo a Sommatino, in provincia di Caltanissetta, dove l'ex sindaco, Lorenzo Tricoli, è stato obbligato dal suo successore, Salvatore Gattuso, a rifondere 203 mila euro di incarichi professionali e consulenze che la Corte di Conti ha giudicato illegittimi: "Mi sono trovato a dover amministrare in ristrettezze per colpa dell'attività svolta dalla giunta precedente", si è giustificato Gattuso. Ma al di là dei dubbi meccanismi di ingegneria finanziaria e di limitate ritorsioni sugli amministratori del passato, quali strade hanno oggi i Comuni per uscire dall'angolo? La prima è ottenere forme di autonomia fiscale oggi vietate per cercare di stringere nuovi patti con i cittadini e scambiare un aumento delle tasse locali e delle tariffe con il miglioramento dei servizi. In alternativa si possono solo ridurre le prestazioni pubbliche a scapito dei più poveri e a vantaggio dei privati in grado di sostituirsi ai municipi.


Una delle richieste dei sindaci è modificare i criteri del patto di stabilità per evitare la tassa delle formiche che premia le cicale e per escludere, ad esempio, le spese di investimento dal calcolo delle uscite: "Un'amministrazione che investe in infrastrutture o nel miglioramento della qualità urbana - fanno notare all'Anci - non è paragonabile a quella che spende le stesse cifre in iniziative prive di conseguenze per il futuro". Ma non sarà facile convincere Tremonti. Perché anche lui ha un patto di stabilità da rispettare: quello con la Bce, la banca centrale dell'Unione europea.

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