"L'Italia vive giornate decisive per la sua maturità civile. La coscienza del paese insorge risolutamente contro l'ignominiosa realtà, che si puntella della vigliaccheria altrui e della violenza propria. Moltissimi uomini di fede, che hanno dormito a lungo, si rivegliano finalmente, e chiedono conto a se stessi, prima che agli altri, delle condizioni in cui versa lo Stato italiano dopo oltre due anni di avventura fascista. E, se non andiamo errati, anche per moltissimi - a proposito dei quali non è il caso di incomodare la buona fede - che hanno considerato quella avventura dal punto di vista di un'arcigna difesa conservatrice, è giunta l'ora di fare, un po' sul serio, i conti con la propria coscienza, ed anche con il proprio interesse. Quello a cui assistiamo in questi giorni è la crisi della concezione cinica, bassamente utilitaria e pseudomachiavellica della vita dello Stato. Vi è stata, nel nostro paese, una così detta classe dirigente la quale ha mostrato di credere che sia possibile mantenere in vita uno Stato, ed in ordine una società, fuori delle leggi della morale: oppure che vi sia una morale che va bene quando si tratta di difendere certi interessi contro certi pericoli, ma va malissimo, invece, quando si tratta di infrenare certi egoismi, e di porre un limite al più feroce tornaconto individuale nell'interesse generale della società, che è rappresentato dalla legge. Vi sono stati e vi sono in Italia taluni «benpensanti» abbastanza sciocchi e canaglie per credere che sia possibile tenere in piedi un codice penale che serva a mandare in galera il delinquente ordinario - sovente misero naufrago di una lotta sociale piena di asprezze e di dolore - per far presentare le armi al delinquente privilegiato che uccide in nome della Patria e dello Stato: e che uccide bestemmiando sinistramente. Vi sono stati e vi sono tra noi uomini politici abbastanza ciechi ed inetti, per credere che sia possibile ottenere da milioni di uomini l'accettazione di limiti e di vincoli che hanno il loro fondamento nella legge morale e nel senso della solidarietà sociale, per poi erigere su questo fondamento, la negazione di ogni legge morale e sociale, a totale beneficio di una ristretta categoria di profittatori cinici e violenti, decisi a far vivere l'immoralità propria sulla moralità altrui. Tutto questo, e molte altre cose ancora, rappresentano un monumento di stupidità e di iniquità che ha disonorato la nostra vita pubblica al conspetto del mondo. Occorreranno molti anni e molte prove per lavarci da questa macchia; occorrerà una lunga e tenace pazienza per rieducare una generazione deviata ed illusa; occorrerà una risoluta energia fondata sulla nobiltà di purissime idealità etiche ed umane, per ridare al popolo la fiducia nella moralità dello Stato, per disperdere dinanzi ai suoi occhi la suggestione dell'incubo infame, per persuaderlo che tutta l'organizzazione dello Stato e della società umana non è un'imboscata vergognosa e selvaggia preparata alla grande maggioranza degli uomini, per indurli, attraverso le illusioni della moralità, a servire l'arbitrio, l'egoismo ed anche il delitto di una piccola aristocrazia criminosa, asserragliata sui fastigi della vita sociale.
Oggi questo monumento di stupidità e di iniquità crolla; e noi viviamo nella polvere delle sue macerie. Tutto è da rifare. Tutto è da fondare su solidissime basi. Bisogna parlare chiaro ed onesto al popolo; bisogna dargli certezze salutari, non ombre insidiose; bisogna prenderlo sotto braccio con mano ferma ed amica, e richiamarlo fuori della selva funesta dell'inganno, della menzogna e del delitto, sul terreno solido su cui la vita umana si è svolta da secoli; e sul quale soltanto la società può vivere, e la cultura e lo spirito possono svolgersi nel loro indefinito progresso.
Noi crediamo in quei valori fondamentali che giustificano la morale sociale, e che assicurano una funzione allo Stato: ma proclamiamo altresì che ogni ulteriore esitazione nel restaurare l'impero di quei valori e di quella funzione al cospetto del popolo italiano può rappresentare un tradimento di fronte all'avvenire del nostro paese. Nessuno sia tanto sciocco da illudersi che quando un popolo ha aperto gli occhi - come li ha aperti il popolo nostro - sull'orrenda verità, la truffa peccaminosa possa durare più a lungo. Malvagia e sciagurata illusione! Essa sarebbe foriera, nella nostra terra, di assai funesti risvegli. Quando un popolo si sveglia e vede chiaro, in questioni di tanta gravità; quando esso vede chiaro che è stato truffato ignominiosamente nella fiducia con la quale considerò Io Stato e `e leggi come cosa sacra, non vi sono che due possibilità: o inchinarsi o essere spazzati.
Tutto ciò va detto con assoluta chiarezza in tempo debito. Noi non crediamo nella possibilità di mantenere in piedi una società ordinata, e tanto meno uno Stato retto in questo o in quel modo, quando al governo venga concessa franchigia, oppure vengano concesse speciali facilitazioni - per il compimento del delitto e per la sua impunità. Se vi è qualcuno che si senta di sostenere una diversa tesi, noi teniamo a differenziarci da costui senza limite di conseguenze. Qui tocchiamo il fondo della vita umana: le reazioni che ne derivano sono imperative e sacrosante. E la rivolta morale del popolo che scaturisce da una zona così profonda ed immortale della coscienza umana, rappresenta la suprema legge di fronte alla quale è necessario inchinarsi - ed ubbidire".
Giovanni Amendola
*G. Amendola, Discorso alla Camera dei deputati, 10 Gennaio 1924.
(Il Governo Mussolini cadde il 25 luglio 1943)
(segnalato da Prof. Marina Milan, Facoltà di Scienze Politiche Università degli studi di Genova)
sabato 14 maggio 2011
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1 commento:
Che tristezza, gli italiani sono sempre bravissimi a farsi del male da soli e poi a perseverare. Speriamo però adesso di averne abbastanza, Sindaca.
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