domenica 23 ottobre 2016

Quel giornale che non arriva mai

In tutti questi mesi, dall'estate in poi, ho chiesto sempre in edicola - ogni 15 giorni - della Gazzetta di Saluggia in edicola.
Non c'è. 
Ne ho avuto un numero solo, con una pagina terribile su di me.
Ma non importa.
Dispiace sempre per un giornale che non esce
Sono dunque contenta di aver ritirato la querela.
E lo rifarei.


lunedì 17 ottobre 2016

Il deserto dei tartari (ricordando Caio, e Salvatore)

In questi giorni mi hanno sgridata in tanti perché batto la fiacca sul blog.
Qui per Amare Crescentino ci vuole un bel  fegato. Certo che non mi tiro indietro, come potrei: Un amore come questo è per sempre, ma sono un po' triste e mi vengono discorsi tristissimi. Ieri sera ho mangiato un boccone al Portico, affollato che neanche il Cambio, con  code pazienti alla porta. Poi tornando a casa con l'amico che mi faceva compagnia ricordavamo i bei tempi al Vichingo, con o senza cappa, che da quando è chiuso siamo in mille orfani perché non era solo un posto per cenare ma per scambiare motti e tirare tardi. La morte di Caio non è stata una tragedia solo per la sua famiglia, ci sono orfani del Vikingo (cambio dizione))) che vagano senza aver trovato ancora un approdo appropriato. 
Di loro non so più nulla, come un pezzo di vita che ti sparisce davanti agli occhi.
Ma il senso di vuoto, altri ristoranti chiusi, mi fanno il paio con la breve passeggiata sotto i portici stradeserti e stracotti sfrangiati con scritte dei writers de noantri e buchi nel colore di 60 anni fa. Stracotto dappertutto, con un'aria di abbandono che mi stringe il cuore. Finestre senza infissi vuote come le occhiaie di uno scheletro che ti guardano, quello sporchetto senza speranza (s minuscola ma anche maiuscola) come la patina di una casa disabitata. 

Il deserto dei Tartari, come diceva Salvatore Sellaro nei Novanta, parafrasando Dino Buzzati probabilmente senza saperlo. Quel mandato lì fu una lunga guerra di ideali contro l'illegalità e i comportamenti disinvolti di un potere che mi aveva preceduta. C'era la sensazione di farcela, e di ricominciare tutti insieme. Questo mandato qui è stato all'insegna del fuoco amico, mutande di latta che a volte non bastavano nemmeno. E meno male che alcune persone meravigliose mi hanno davvero salvata. 
La città, ancorché povera, manteneva una dignità che adesso non ritrovo.  
Povera la mia Crescentino 



martedì 11 ottobre 2016

Il dilemma del sì e del no e il prof. Rodotà

Assisto costernata in questi giorni alla lotta fratricida all'interno del Pd.  Oggi Bersani ha detto "non mi mandano via neanche con l'esercito", ricorrendo a una di quelle sue frasi che poi fanno storia e costume. 
Tutto questo ha radici lontane. Renzi non si è mai calcolato la allora Maggioranza che l'ha portato al potere, è stato sempre poco urbano e anche alquanto cafone, se debbo dirla tutta. Trovare uno che si comporti così non è facile, e adesso dopo aver corso da solo pretenderebbe di essere seguito da un reggimento di muli silenti. 
Capisco le tentazioni e le decisioni dell'attuale Minoranza, che aveva altri disegni, indicava altre prospettive che non sono state tenute in considerazione alcuna. Ma per me anche l'aspetto umano è importante: mi ricordo di un signore con un ruolo assai significativo che io gli avevo attribuito, il quale è entrato per mesi e forse anni in Comune senza neanche mai passare a salutare: il disagio che causava tale mancanza di educazione, il segnale che lanciava, mi torna in mente in questi giorni. 
Ma quel che conta si sa è ora scegliere una via per come votare al Referendum: un sì o un no che dia una spinta al Paese, e non un calcio nel sedere che è una cosa diversa. 
Dunque pure io come tutti (???) mi sto informando. 
I Giuristi sono quelli che ne sanno di più. E l'articolo di Stefano Rodotà apparso qualche giorno fa su Repubblica mi ha molto fatta riflettere.  
Ve ne riporto alcuni stralci, se può servire alla vostra formazione di un'idea.
"E' sempre più evidente che la lunga, e per molti versi violenta, campagna elettorale, tutt'altro che conclusa, ha già determinato profonde divisioni proprio sul terreno costituzionale, dove la logica dovrebbe essere piuttosto quella del reciproco riconoscimento di principi comuni. E gli interventi continui, e assai spesso aggressivi, del Presidente del Consiglio certo non contribuiscono a crearne le condizioni. Il rischio è che, quale che sia l'esito del referendum, una parte significativa dei cittadini possa non riconoscersi nel risultato del voto.
Bisogna ricordare che ai tempi dell'Assemblea Costituente la preoccupazione era stata proprio quella di non dividersi, tanto che fu possibile un accordo sui temi fondamentali malgrado la guerra fredda e l'estromissione dal Governo di comunisti e socialisti". 
Questo un concetto è stato ribadito con forza anche dal prof. Zagrebelsky, nelle scorse settimane.
Prosegue Rodotà:
"Le modifiche all'Italicum, più ventilate che tradotte in impegni effettivamente vincolanti e alle quali si era riferita la minoranza del PD, condizionando ad esse il suo consenso, non potrebbero comunque avere l'effetto di rendere accettabile la riforma".
Segue una stroncatura a tutto tondo:
"E' persino imbarazzante, per la pochezza dei contenuti e del linguaggio, leggere il testo al quale è stato consegnato il compito impegnativo di riscrivere ben 43 articoli della Costituzione. L'intenzione dichiarata è quella di semplificare le dinamiche costituzionali, in particolare il procedimento legislativo. Ma per liberarsi del deprecato bicameralismo paritario si è approdati invece a un bicameralismo che generosamente potrebbe essere definito pasticciato. Neppure gli studiosi più esperti sono riusciti a dare una lettura univoca del numero e delle nuove e diverse procedure di approvazioni delle leggi".
Mi chiedo: si può votare una roba così?
Seguendo quanto aveva già detto il prof. Zagrebelsky, Rodotà si dilunga sul nuovo Senato, la cui composizione "sembra essere stata concepita per renderne quanto mai arduo, e per certi versi impossibile, il funzionamento. Il compito affidato ai nuovi senatori, infatti, è assai difficile da conciliare con il loro primario compito istituzionale. Si tratta, infatti, di consiglieri regionali e di sindaci. 
E proprio il ruolo assunto in particolare dai sindaci nell'ultimo periodo, divenuti determinanti per il rapporto tra cittadini e istituzioni, rende INACCETTABILE O QUANTOMENO IMPOSSIBILE una loro presenza attiva e informata come senatori. Non potendo svolgere una vera e incisiva funzione istituzionale, i nuovi senatori frequenteranno Palazzo Madama come una sorta di dopolavoro?".
Facciamoci anche noi queste domande, per un voto consapevole, comunque la pensiamo.
E ciao.
marinella

sabato 1 ottobre 2016

Zagrebelsky, Renzi, e la ricerca dei voti a destra del Segretario

Non so quanti di voi abbiamo resistito quasi tre ore al dialogo serrato fra Gustavo Zagrebelsky e il Presidente del Consiglio/Segretario del Pd Renzi, sulla 7, venerdì sera. Interessantissimo: da una parte Renzi ansioso di portare a casa il risultato senza farsi rompere le scatole dai "formalismi", dall'altra il sommo studioso della Costituzione che metteva in guardia contro un pressappochismo di formule che porterebbe da una parte alla dittatura della maggioranza, e dall'altra a paralisi dei lavori parlamentari. E soprattutto aggiungeva che la riforma della Costituzione non è un fatto di parte, dev'essere condivisa. 
Per una volta la tv, anche se la più piccola e agguerrita come la 7, non statale, ha fatto da servizio pubblico. 
Di seguito ci sono inoltre i fatti che ammorbano il Pd negli ultimi anni. Ha detto più o meno Zagrebelsky: "Sono stato alle feste dell'Unità, ho visto un clima molto nervoso". Chi segue il dibattito a sinistra già sa tante cose, ma qui sotto c'è un utile riassunto del Fatto Quotidiano che ci dice quanto siamo messi male. 



Lo scontro all’interno del partito si consuma a distanza e su un punto dirimente per l’esito del referendum: i voti. Che per Matteo Renzi, come ha spiegato al Foglio, bisogna prendere a destra, perché sono “necessari” per la vittoria. Lo ripete anche a Perugia, poche ore prima di aprire la campagna per il sì Firenze, dove otto anni fa lanciò la candidatura alle primarie da sindaco. “Sì è vero: voglio prendere i voti della destra. E forse per questo lui si chiama minoranza. Io invece vorrei chiamarmi maggioranza. Se non prendi i voti degli altri ti chiami minoranza. Se prendi quelli degli altri ti chiami maggioranza. E io voglio prenderli per cambiare le cose”. E nella sua città ribadisce: “Se vogliono la palude si prendano altri. Non so se toccherà ancora a noi ma finché toccherà a noi noi vogliamo cambiare”. E da Perugia si dice disposto anche a cambiare l’Italicum: crede che sia “la legge elettorale perfetta”, dice, “ma sono pronto a fare una discussione vera e anche a cambiarla. Perché la legge elettorale è meno importante del referendum, così come la mia carriera personale è meno importante del referendum. Mi va bene trovare le ragioni che ci uniscono”.
Ma l’obiettivo del consenso accende l’ex segretario Pierluigi Bersani. “Cerca il supporto degli elettori di destra? Uno va’ dove lo porta il cuore. Lui – prosegue riferendosi al presidente del Consiglio – ritiene che noi bisogna andar di là, bisogna prenderli di là”, i voti, anche perché a sinistra i consensi “non bastano, soprattutto se li perdi”. Poi ha ricordato che “sta governando con una vittoria nostra di un pelo”, spiega e lo attacca sul dietrofront del governo rispetto alle posizioni del Pd nella campagna elettorale del 2013. “Noi dicevamo non andare con Berlusconi, di non andare con Verdini, di tenersi l’articolo 18 e di non fare il ponte sullo stretto“.
Ma non c’è solo Bersani: sulla ricerca dei voti a destra interviene anche Gianni Cuperlo. Per lui “‘il referendum si vince a destra’ non è una bella frase detta dal segretario del Pd, e non è una bella frase detta dal presidente del Consiglio, perché il referendum riguarda quasi un terzo della Carta costituzionale, e io – continua Cuperlo – ho sempre pensato che noi dovessimo cercare, sia nella fase in cui la riforma è stata costruita, scritta, votata, che nella fase in cui il popolo italiano si pronuncerà, di tenere assieme questo Paese”.
Per l’esponente della minoranza il rischio è di far svegliare le istituzioni il giorno dopo il referendum “non più solide ma più fragili, con un Paese più diviso. E anche con una sinistra più divisa”. Critico anche Roberto Speranza: “Renzi dice che il Referendum si vince a destra. Io incontro tante persone di sinistra che non sono convinte e vogliono votare no. Non vorrei che il giorno dopo il referendum, avendo puntato sugli elettori di destra, ci ritrovassimo tutti iscritti al partito della nazione e il Pd svuotato di idee ed elettori“.