lunedì 10 aprile 2023

"Un paese ci vuole": grazie Pavese

"Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire sapere di non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c'è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti".

Ho letto e ritwittato questa frase da "La luna e i falò", di Cesare Pavese, mezzora fa. Ma ho continuato a pensarci, a pensare che non esiste una frase più vera nella quale io mi possa riconoscere così tanto. E' proprio così, qui dappertutto c'è qualcosa di mio, che anche quando non ci sono resta ad aspettarmi. 

Mi è venuto subito in mente il funerale di Franco Daniele. Mentre andavo verso la parrocchia sapevo esattamente chi avrei trovato, e come, e i manifesti e il dolore composto per una persona che da tempo non era più in giro, non stava bene e lo sapevamo tutti. Quel senso di comunanza che ti resta quando sei stato per tanti anni in Comune, nell'amministrazione, e hai tanti amici ma anche nemici che però magari al tuo funerale ci vengono. 

Mi piace di Pavese anche che parli del "gusto di andarsene via". Io che son sempre stata un'anima in pena, quel gusto l'ho provato fin dall'unico anno di collegio a Casale per la quarta ginnasio. Il secondo anno le suore di San Vincenzo non mi avevano più voluta, dicevano che ero troppo vivace, e a malincuore sono diventata pendolare: ché tanto abitavo alla stazione e il treno mi era comodo. Non ho mai più smesso di pendolare, da un posto all'altro, per mezzo mondo, e ancora adesso ho messo insieme questi tre giorni di Pasqua per stare a casa, con grande gusto. In fondo, pensavo, ho fatto il sindaco anche per restare a casa di più.

Un paese vuol dire non essere soli, mai. C'è sempre qualcuno che si ricorda il tuo compleanno, qualche negozio dal quale passare per fare due chiacchiere; il bar preferito con la barista che a volte non ti saluta neanche morire, ma resta il tuo preferito; quello che ti ha fatto girare le balle in maggioranza o opposizione per 5 anni e sai già che non ti saluterà, e tu non lo saluterai, e poi magari verrà al tuo funerale. Una dipendente del Comune che a sorpresa per strada, mentre parli d'altro, ti dice: "Ma perché scrive così poco sul suo blog, io ci passo tutti i giorni e non c'è mai niente". 

Un paese ci vuole. Grazie Pavese (e grazie anche all'istigazione della signorina, che mi ha spinta a scrivere queste poche righe).

4 commenti:

mauro novo ha detto...

Che bel post da leggere la mattina di Pasquetta ......son passato da te dopo aver aggiornato il mio blog con gli eventi sul territorio per il prossimo week end, d'accordo con te, un paese ci vuole!! Un ricordo affettuoso anche per il Daniele
Mauro

Marinella ha detto...

Ciao Mauro e grazie! Mi auguro tu trascorra una felice Pasquetta. Il silenzio che oggi domina il nostro Paesello mi affascina, penso al rumore nei ristoranti in questo momento ehehehe

Milena ha detto...

Mi è sempre piaciuta questa frase di Pavese tanto che l’avevo scelta, in quei tristi giorni di novembre, per il manifesto di ringraziamento di mio papà perché, proprio in quella occasione, avevo sentito l’affetto del “nostro” paese così come ora, rileggendo il tuo scritto, cara Marinella, mi trovo del tutto d’accordo…
alla prossima, al solito bar…
Milena O.

marinella ha detto...

Cara Milena, il "paese" può far male, ma ci abbraccia all'occorrenza.