domenica 15 gennaio 2017

I no impossibili dei genitori ai loro ragazzi...

L'ultimo ammazzamento di genitori, in Veneto, ha lasciato sgomenta la società italiana. Com'è possibile tanta indifferenza da parte di un figlio sedicenne, che si vuole vendicare perché il padre lo ha sgridato dei pessimi risultati scolastici? Di mezzo c'è la droga anche, e i soldi facili, e la drammatica percezione della vita e della morte come videogioco.
Sono temi che ogni genitore si sarà posto una volta in più in questi giorni.  Su suggerimento di Nicoletta Ravarino, affido alla vostra lettura queste sacrosante riflessioni dell'ottimo giornalista Antonio Polito. 

Dal blog  al femminile di "La ventisettesima ora" sul sito del Corriere della Sera, scritto da Antonio Polito. 
Forse dovremmo rassegnarci al fatto che non abbiamo un diritto all’amore dei nostri figli. Da quando si aggrappano a noi per tirarsi in piedi facendoci sentire onnipotenti, a quando noi ci aggrappiamo a loro per frenarne il delirio di onnipotenza, passa tanto tempo. Ci sembrano sempre nati ieri; ma sedici, diciotto anni sono abbastanza per fare del nostro bambino un individuo dotato di libero arbitrio, di conseguenza diverso da noi. Talvolta estraneo. O addirittura nemico. Riccardo e Manuel, i due complici del parricidio e matricidio di Pontelangorino di Codigoro, sono una storia a sé. Il loro è un comportamento deviante, materia per giudici e psichiatri. Ma anche quei due adolescenti in fin dei conti sono millennials, come chiamiamo con enfasi anglofona i ragazzi di oggi.

E lo sappiamo, ce lo raccontiamo ogni giorno, che tra la generazione Y (ormai quasi Z) e quella dei genitori è aperto oggi un conflitto molto aspro. Ce l’hanno con noi. Sostanzialmente perché stiamo lasciando loro meno benessere di quello che abbiamo trovato. Insieme con il trasferimento del reddito, si è però interrotto il canale di trasmissione di molti altri beni dai padri ai figli. Di valori, per esempio; di conoscenza storica, di credi religiosi, di senso comune, perfino di lingua (si diffonde un italiano sempre più maccheronico). Si è aperto un vuoto di tradizione, insomma; parola la cui etimologia viene per l’appunto dal latino «tradere», trasmettere.

I ragazzi vivono così in un mondo in cui le cose che contano sono diverse da quelle che contano per i genitori. Ma il guaio è che è il loro mondo a essere quello ufficiale e riconosciuto, vezzeggiato e corteggiato, perché sono loro i nuovi consumatori. Al centro di questo mondo c’è una cultura del narcisismo, per usare l’espressione resa celebre da Christopher Lasch. Lo spirito del tempo ripete come un mantra slogan da tv del pomeriggio: «sii te stesso», «realizza tutti i tuoi sogni», «non farti condizionare da niente e nessuno», «puoi avere tutto, se solo lo vuoi». Più di un’educazione sentimentale è un’educazione al sentimentalismo. Al culto del sé, del successo facile, e del corpo come via al successo, sul modello dei calciatori e delle stelline. I genitori, anche i migliori, sono rimasti soli. È finito il tempo in cui «i metodi educativi in famiglia non venivano smentiti o condannati dal contesto», protesta Massimo Ammaniti ne "Il mestiere più difficile del mondo", il libro scritto con Paolo Conti e pubblicato dal Corriere. Oggi invece la smentita è continua.

Nessun rifiuto, nessun limite, nessun «no» che venga detto in famiglia trova una sua legittimazione nel mondo di fuori. Il fallimento educativo che ne consegue è una delle cause, non una conseguenza, della crisi italiana. Ne è una prova il fatto che a parlare del disagio giovanile oggi siano chiamati solo gli psicologi e gli psicanalisti, e non gli educatori: come se il problema fosse nella psiche dell’individuo e non nella cultura della nostra società, come se la risposta andasse cercata in Freud e non in Maria Montessori o in don Bosco. È dunque perfino ovvio che l’epicentro di questo terremoto sia la scuola. E che il conflitto più aspro con i nostri figli avvenga sul loro rendimento scolastico. A parte una minoranza di dotati e di appassionati, per la maggioranza dei nostri figli lo studio è inevitabilmente sacrificio, disciplina, impegno, costanza. Tutte cose che non c’entrano niente con il narcisismo del tempo.

Chiunque abbia figli sa quanto sia dolorosa questa tensione. I ragazzi fanno cose inaudite pur di sottrarsi. L’aneddotica è infinita. C’è la giovane che riesce a ingannare i genitori per anni, fingendo di fare esami che non ha mai fatto ed esibendo libretti universitari contraffatti. C’è il ragazzone che scoppia a piangere come un bambino ogni volta che il padre accenna al tema dello studio. C’è quello che dà in escandescenze. Quello che mette il cartello «keep out» sulla porta della cameretta. Quello che non toglie le cuffie dell’iPod. Padri e madri non sanno che fare: fidarsi dei figli e del loro senso di responsabilità, rischiando di esserne traditi? O trasformarsi in occhiuti sorveglianti, rischiando di esserne odiati? Lo spaesamento è testimoniato dall’espressione che usiamo correntemente nelle nostre conversazioni: «Ciao, che fai?». «Sto facendo fare i compiti a mio figlio». «Far fare», un unicum della lingua italiana, una costruzione verbale che si applica solo alla lotta quotidiana con gli studi dei figli. Bisognerebbe invece fare qualcosa.
Ci vorrebbe una santa alleanza tra genitori, insegnanti, media, intellettuali, idoli rock, stelle dello sport, per riprendere come emergenza nazionale il tema dell’educazione, e sottoporre a una critica di massa la cultura del narcisismo. Ma i miei figli cantano, insieme con Fedez: «E ancora un’altra estate arriverà/ e compreremo un altro esame all’università/ e poi un tuffo nel mare / nazional popolare/ La voglia di cantare non ci passerà».
13 gennaio 2017 (modifica il 13 gennaio 2017 | 23:43)



9 commenti:

Camilla ha detto...

Cara signora, il problema è tutto dei genitori che difendono i figli contro i professori. Senza una santa alleanza fra prof e madri e padri, quel poco che si è salvato salterà. Ma come si fa a dare sempre ragione ai figli? Che senso dell'educazione è questo?

Anonimo ha detto...

Se non si difendono i figli, cos'altro si deve difendere? L'educazione? I professori? Santa alleanza fra madri e padri con i professori? Ma per piacere. Non c'è cosa più importante dei figli, per chi ne ha. Cara signora Camilla. parli per sè e si regoli come crede, ma non dia giudizi sul come devono comportarsi i genitori con i loro figli.
Edipo

Ilicic ha detto...

Ecco uno secondo il quale i figli hanno sempre ragione.
Come la signora che difendeva il figlio dopo che aveva rotto a pugni una vetrata

Marinella ha detto...

Gentile signor Edipo, mi creda. Ciò al quale siamo più soggetti, da giovani donne e uomini e poi da adulti, sono le frustrazioni. Non riuscire a raggiungere i propri obiettivi, che spesso sono anche ciechi e non tengono conto della realtà reale ma solo di quella virtuale. Educarci a superare questi momenti, che diventano spesso fonte di guai esistenziali e materiali, è il fine di un colloquio stretto fra la scuola e la famiglia: che debbono mantenere autorevolezza, entrambe. Ma se la famiglia non riconosce l'autorevolezza della scuola, il futuro diventa buio per tutti. Mi creda, mi creda.

Anonimo ha detto...

"Non c'è cosa più importante dei figli, per chi ne ha."
Per chi non ne ha, le sue considerazioni sono assolutamente condivisibili.
Sofocle

ps - Autorevolezza della Scuola? Ma mi faccia il piacere. Riconosco autorevolezza solo a Dio, non molto convintamente.

MV ha detto...

Allora lei è un caso speciale, è lei ad aver bisogno di educazione civica, mi scusi

Nicoletta ha detto...

Non si può' sempre delegittimare la scuola e poi lamentarsi di come sia impoverita la società'! Certo, ci vorrebbe una sana alleanza tra genitori ed insegnanti basata su correttezza, consapevolezza dei ruoli e voglia di fare e di mettersi in discussione ( e per farlo ci vuole una buona dose di umiltà e di lavoro).
In questo mondo così fluido ed incerto penso sia importante che noi adulti, genitori o insegnanti, cerchiamo di essere credibili dando ai ragazzi saldi riferimenti che servano come base per una crescita affettiva e sociale.
La strada è' lunga ma ne va del nostro futuro.

Anonimo ha detto...

"consapevolezza dei ruoli" - pienamente d'accordo. Che gli insegnanti insegnino, grammatica, storia, scienze, matematica, musica, quello che gli pare. Invece escono dalla scuola fior di somari perchè gli insegnanti vogliono fare gli educatori senza peraltro riuscirci e si dimenticano di insegnare. L'educazione civica? L'educazione si impara dall'esempio, non stando in fila col grembiulino dicendo "si signora maestra" Da chi dobbiamo prendere esempio? Dalla ex sindaca? Ha forse ascoltato i suoi cittadini? Non parrebbe. Dagli insegnanti? Ascoltano forse le indicazioni dei genitori? Non parrebbe.
ARISTIPPO

MV ha detto...

Caro Aristippo, con tutto il rispetto, quello che lei scrive manifesta una ignoranza bella robusta, e l'incapacità di coordinare i pensieri, visto che si contraddice anche nelle sue poche righe. Si occupi d'altro che questo non è il suo ramo.