Da "La Stampa"
Maurizio Tropeano
Denuclearizzare il Piemonte. È questo l’obiettivo di una mozione firmata da 17 consiglieri regionali del centrosinistra che chiede al presidente della Giunta, Sergio Chiamparino di impegnarsi, anche in qualità di presidente dei governatori, per ottenere dal governo l’individuazione del sito unico di stoccaggio delle scorie nucleari. In caso contrario «la nostra regione che già oggi stocca il 96% dei rifiuti radioattivi presenti a livello nazionale diventi di fatto la pattumiera nucleare», spiega Marco Grimaldi, capogruppo di Sel e primo firmatario del documento.
Che cosa sta succedendo? Fra tre anni in base alle leggi europee, saranno restituite all’Italia i materiali radioattivi inviati nel corso degli anni a Sellafield, La Hague e Savannah River. Nei mesi scorsi, poi, la Francia ha bloccato gli ultimi viaggi di combustibile verso il suo territorio perché dubbiosa che l’Italia mantenga gli impegni e avvii il deposito nazionale, che deve essere pronto entro il 2025. «E così le ultime 47 barre di combustibile nucleare esaurito aspettano nella piscina della E. Fermi e altre 13,2 tonnellate di combustibile irraggiato giacciono all’Avogadro. Se il combustibile non parte, lo smantellamento dei siti si ferma», spiega Grimaldi.
Il Piemonte ospita ancora sul proprio territorio, tre siti nucleari con quattro impianti rappresentativi di tutto il ciclo del combustibile nucleare: l’impianto di Bosco Marengo e quello di Saluggia, dove c’è anche il deposito Avogadro e la centrale di Trino. «Ma è il sito di Saluggia a presentare le maggiori problematicità», continua Grimaldi.
L’interruzione delle attività nell’84 ha lasciato sul sito la quantità nazionale più rilevante di prodotti radioattivi di tutti i tipi, tra i quali i più pericolosi sono senz’altro i liquidi provenienti dal riprocessamento (circa 230 metri cubi contenuti in 5 serbatoi di acciaio, di cui oltre la metà catalogati in 2° categoria e il resto in 3°). La solidificazione di questi liquidi, attraverso la costruzione in loco di un impianto per la loro “cementazione”, rappresenta l’urgenza maggiore ormai da anni.
Attualmente a Saluggia l’azienda statale S.O.G.I.N., cui sono state trasferite le licenze di esercizio di FN, EUREX ed E. Fermi per gestirne la disattivazione, sta ultimando la costruzione del deposito D2 (scorie di 1° e 2° categoria) e apprestandosi a costruire un secondo deposito, il D3 (scorie di 3° categoria). Si tratta di depositi temporanei ma c’è il rischio è che questi modelli «bunkerizzati e con caratteristiche di funzionalità non inferiori ai 50 anni, finiscano per diventare la tappa ultima di quel 98% di scorie “espatriate”’ che presto faranno ritorno», spiega Grimaldi.
La rapida individuazione del sito per il deposito nazionale delle scorie diventa così uno strumento per evitare questo rischio visto che secondo i criteri definiti dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale il sito di Saluggia non sarebbe idoneo ad ospitarlo.
4 commenti:
beh, che proprio nessuno ne parli...
la Gazzetta tratta il problema del sito nucleare di Saluggia un numero sì e l'altro pure... (fin troppo nei dettagli, a volte)
adesso pare che Godio e Lorini abbiano pure collaborato a un film documentario sull'argomento
Come direbbe il signor Quiz del piano di sotto, c'è solo uno che è interessato a precisare che la Gazzetta se ne occupa (ed è vero, io parlavo della gente comune invece). Come va?
Cara Laura, come dicevo di sopra, non parlo né di giornali né di politici, ma del sentire comune della gente, che è assuefatta dopo tanti decenni.
Cara Laura, come dicevo di sopra, non parlo né di giornali né di politici, ma del sentire comune della gente, che è assuefatta dopo tanti decenni.
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