domenica 28 febbraio 2016

Il dibattito sotto il cielo della sinistra Piddì. Da Scalfari a Barenghi, il dopo Unioni Civili..




L'approvazione in Senato delle Unioni Civili, con i voti dei Verdiniani, ha provocato le più varie reazioni, non solo negli ambienti che hanno il Centro-Sinistra come punto di riferimento, ma anche fra personaggi che a quel mondo fanno riferimento. 
Per consentire a ciascuno di chiarirsi le idee, cito soltanto come opposti, Eugenio Scalfari, fondatore di Repubblica, e Riccardo Barenghi ex Manifesto e ora notista de La Stampa. 
Com'è noto la sinistra Piddì si è molto adirata per il voto dei Verdiniani ed ha chiesto un Congresso, subito rigettato da sorella Boschi, con sbeffeggiamenti anche da parte di Renzi.
Scalfari ci è diventato renziano? Scrive che il tema della polemica sul contributo di Verdini gli pare "Privo di fondamento": "Se la sinistra ha accettato che Alfano facesse parte della Maggioranza di Governo, non si vede perché non possa accettare Verdini... che è anche più ragionevole di Alfano".
"Il problema - prosegue - è semmai un altro: è di sinistra il PD guidato da Renzi? E che cos'è la sinistra nel ventunesimo secolo? Nell'Europa e nell'Italia di oggi?". Segue lungo riassunto dei progressi di Renzi per la costituzione nel futuro di una vera Europa, e l'apprezzamento del decano dei giornalisti nei confronti del Presidente e delle sue ultime opere, alla luce di questo progetto.

Di tutt'altra pasta i ragionamenti di Riccardo Barenghi, la "Jena". che abbiamo imparato a conoscere.
In un suo corsivo su La Stampa di sabato 27, intitolato "La minoranza e quella lezione di Gaber", Barenghi scrive: 
"la realtà che oggi rappresenta il Pd di Matteo Renzi non è la stessa, tutt’altro, di quella in cui avevano creduto e che avevano costruito coloro i quali oggi sono in minoranza. La sinistra del partito, insomma, i vari Pier Luigi Bersani, Roberto Speranza, Gianni Cuperlo, Miguel Gotor, Walter Tocci, lo stesso Massimo D’Alema da ormai due anni militano in un partito che non è più il loro partito. E ogni giorno che passa lo è sempre di meno. Fino a ieri quando si è concretizzato lo spettro che da mesi si aggirava attorno ai democratici: lo spettro di Denis Verdini. Che insieme all’altro, ossia quello di Angelino Alfano, sta via via mettendo una fortissima ipoteca sull’identità di quel partito tanto faticosamente partorito, da Prodi in poi".
E continua: "E allora non sarebbe meglio per la sinistra prendere atto che quella storia è ormai finita, piuttosto che invocare improbabili congressi in cui discutere proprio di quell'identità?". Se si facesse (dice lui) molto probabilmente Renzi ne uscirebbe vittorioso, "e la minoranza con le ossa ancor più rotte".
Dunque? 

"In certi casi, e questo sembra proprio uno di quei casi, restare in una casa, in una ditta che non ti appartiene più diventa un’operazione autolesionista. Sarebbe meglio prenderne atto e partire armi e bagagli per una nuova avventura politica. Qualche compagno di avventura lo troverebbero sicuramente lì fuori, sulla strada. Certo, ci vuole coraggio: ma i dirigenti della sinistra del Pd non sono don Abbondio. Quello che il coraggio, se non ce l’hai, nessuno te lo può dare".
E qui, gente mia, a ciascuno le proprie riflessioni, prima che si arrivi (prima o poi) alle conclusioni. 

mercoledì 24 febbraio 2016

Il Governatore toscano Rossi si candida segretario PD contro Renzi

Qualcosa si muove nello stagno del potere all'interno del PD, l'avrete letto sui giornali ma mi fa piacere riproporvi qui la dichiarazione pubblicata sull'Huffington Post di Enrico Rossi, Governatore della Toscana. 

Praticamente, un derby... 



Enrico Rossi si candida alla segreteria Pd. "Sono alternativo a Matteo Renzi"

Pubblicato: Aggiornato: 
ENRICO ROSSI
Stampa
"Mi candido alla segreteria nazionale del Pd". Lo ha annunciato il governatore della Toscana, Enrico Rossi, parlando con i giornalisti a Pisa. Rossi intende raccogliere le firme per partecipare al congresso del partito che si svolgerà entro la fine del 2017. "Io non sono renziano, sono convintamente rossiano", ha detto.
"Faccio sul serio - ha dichiarato il presidente della Regione Toscana - Mi candido con l'idea di superare una contrapposizione tra renziani e antirenziani che non mi sembra faccia bene al partito. Io non sono renziano e mi candido in alternativa a Renzi. Diversamente da altri, come gli amici 'turchi' che fanno parte della maggioranza, io mi candiderò, se avrò i numeri, in alternativa a Renzi. Ma non condivido neanche certe posizioni della sinistra, con cui ovviamente dialogo e penso che in questo partito bisogna starci con le proprie posizioni con serenità".
Già nel settembre scorso il governatore Rossi aveva manifestato la sua volontà di correre alla segreteria nazionale del Pd. "E' mia personale convinzione che lo devo fare ora, una convinzione che si è fortemente rafforzata - ha spiegato - guardando alla politica nazionale, al partito democratico, andando in giro per la Toscana e l'Italia".
Secondo Enrico Rossi, è "bene" che ci sia "una selezione anche dal basso della classe dirigente del partito democratico: e quale migliore occasione per presentarsi in vista del congresso nazionale?". Esporrò le mie posizioni, poi vedremo i numeri che raccoglierò. Io non ho nessuna squadra, esprimo solo le mie opinioni. Ora non vedo altro modo di fare politica in questa fase se non propormi come candido alla segreteria nazionale del Pd. 

sabato 20 febbraio 2016

La sinistra perduta cerca se stessa partendo da Roma

Dobbiamo alla penna di Riccardo Barenghi, conosciuto come Jena per i suoi sapidi aforismi , ex Manifesto ed ora a La Stampa, questa cronaca che ci porta il lavorio in corso all'interno della Sinistra che non si riconosce nelle politiche di Renzi. Alcuni inquieti si sono ritrovati a Roma, ci sono i pensieri di Cofferati e pure di Bersani.
Leggere è obbligatorio, e altrettanto discuterne, e pensarci bene. 

Riccardo Barenghi
Alla ricerca della Sinistra aspettando mezzo Pd
Sulle ceneri di Sel nasce il nuovo partito. Bersani e Cuperlo in stand by
La Stampa, 20 febbraio 2016
Alla ricerca della sinistra perduta, si potrebbe dire con tante scuse a Marcel Proust per l’impropria parafrasi. Oppure della sinistra che non c’è, o magari che c’è ma non si vede. Comunque sia, questa è la scommessa che ha lanciato Sinistra italiana ieri pomeriggio dal Palazzo dei congressi di Roma. L’obiettivo è un nuovo partito, ovviamente di sinistra, che segni la fine di Sel sperando e lavorando affinché tanti italiani in cerca di una casa politica diversa, e per molti aspetti antagonista a quella di Renzi, la trovino accogliente.
Erano più di mille in platea, molti volti della sinistra storica ma anche nuove facce. Comunque tanti. Alfredo D’Attore, uno dei transfughi dal Pd, non si aspettava tanta partecipazione, infatti aveva scommesso che sarebbero stati meno con Nicola Fratoianni: «Purtroppo, anzi per fortuna, ho perso». Il vincitore, che poi è l’attuale coordinatore di Sel, amico e compagno di viaggio da una vita di Nichi Vendola, non nasconde la sua soddisfazione: «Qui sta nascendo qualcosa di nuovo, un progetto politico alternativo al renzismo. Vogliamo conquistare tanti cittadini, tanti elettori che oggi sono delusi o incazzati con l’attuale quadro politico, il sistema economico, la finanza che cancella diritti e futuro. Lo spazio c’è, eccome. Proviamo a occuparlo».
Ma il vero creatore di tutto questo è proprio Vendola, che però non c’è né verrà. Domenica parlerà attraverso un video di nove minuti: «Ho detto a Nichi che ha fatto un record, non aveva mai parlato così poco in vita sua», gioca Fratoianni. E’ in Canada, il presidente di Sel, con il suo compagno Ed. I pettegoli dicono, e qualche giornale l’ha anche scritto, che starebbe lì in attesa di un figlio fatto con la maternità surrogata. Diciamo solo che sono fatti suoi.
…Si avvicinano le elezioni amministrative, in molte città i candidati di Sel correranno per conto loro, senza accordi con quelli del Pd. Giorgio Airaudo, per esempio, sta facendo la sua campagna elettorale a Torino, e gli ultimi sondaggi lo accreditano dell’11 per cento: «Il nostro obiettivo è unire tutto ciò che sta a sinistra del Pd, nella società e nella politica». A Roma Stefano Fassina è in corsa da tempo mentre a Milano non c’è ancora un candidato della Sinistra, potrebbe essere Pippo Civati ma ancora non si sa. «In ogni caso – spiega Cofferati – noi non possiamo sostenere Giuseppe Sala, che è totalmente alternativo alla buona esperienza di Giuliano Pisapia». Passa Luca Casarini, anche lui impegnatissimo nella costruzione di questo nuovo partito. «Ma chi l’avrebbe mai detto – scherza l’ex leader della Cgil – che io e Casarini ci saremmo ritrovati insieme…». Miracolo di Renzi.
Che potrebbe farne un altro, con il referendum sulla riforma costituzionale. «Quello – dice D’Attorre – sarà il vero spartiacque: da una parte Renzi, Verdini e, Alfano, dall’altra noi e la Sinistra. Voglio vedere cosa faranno i miei ex compagni del Pd».
Il nuovo Partito dovrebbe nascere a dicembre. Per ora un leader non c’è. E non c’è neanche il nome: Sorpresa di Fratoianni: «Potrebbe pure non esserci la parola sinistra, tanto lo sanno tutti che siamo la sinistra».

venerdì 19 febbraio 2016

Le fortune dei piccoli borghi secondo Fabrizio Barca

Chiedo scusa della lunga assenza dovuta alla celebrazione del secondo anniversario del benservito di Franco Allegranza nella lieta terra dei cachi di Sanremo. Ogni martedì, quando il Festival comincia, mi ricordo di quella bella letterina piena di lodi nei miei confronti che arrivò ai giornali locali mentre ero alle prese con la più difficile giornata di lavoro della settimana. Cose che fanno bene al cuore.

Ma non è per questo che vi scrivo. Molti di voi conoscono Fabrizio Barca, un docente e politico di grande forza e raffinatezza, che tiene alto il morale sulla politica, quando la morale della politica si abbassa. Ho letto il blog di un personaggio, Alberto Cottica, che gli ha chiesto perché egli, Barca, sia così appassionato alle vicende dei piccoli borghi italiani, tanto da averne visitati tantissimi (purtroppo non ancora il nostro, ma non si sa mai). Riassumo la lunga disamina di chefuturo.it (al quale vi rimando nel caso voleste leggere tutto) nella quale si evidenziano i motivi di interesse di Barca per posti di dimensioni ancora più piccole di Crescentino. 

Perché il più interessante policy maker italiano non si occupa di città? Perché questa fascinazione per i borghi di montagna e le vallate?
Qualche settimana fa, durante una lunga chiacchierata nel suo ufficio romano, gli ho fatto la domanda direttamente. Riassumo la risposta: Fabrizio pensa che le aree interne siano il futuro non del mondo, ma dell’Italia. Per tre ragioni:
  • Rappresentano la maggior parte del territorio nazionalee sono abbastanza omogenee tra loro. La Val Simeto in Sicilia e la Val di Vara in Liguria hanno problemi simili. I loro dirigenti si capiscono al volo tra loro, e possono collaborare, scambiandosi esperienze. Una policy per le aree interne ha buone possibilità di scalare al livello nazionale.
  • Per contro, le città italiane sono molto diverse tra loro, e diverse anche dalle altre città europee. Napoli è l’unica vera area metropolitana d’Italia. Milano ha alcune delle caratteristiche della grande città europea (design, finanza, creatività) ma non ne ha le dimensioni. Roma è un conglomerato turistico-burocratico-pastorale. Nessuna generalizzazione è possibile. Ciascuna grande città va affrontata come un problema a sé stante.
  • Ma soprattutto, in Italia, le aree interne danno segnali di vitalità. Vi nascono produzioni di eccellenza legate al turismo, alla cultura, all’agrifood. La scuola tiene, e in molti casi rilancia, arricchendosi di tecnologia. Lo stesso abbandono del territorio è a un millimetro dal rovesciarsi in una grande opportunità. Perché nelle aree interne c’è spazio. C’è attenzione delle comunità, c’è fame di innovazione, ci sono spazi a basso costo (e spesso molto belli) in cui portare nuove idee e nuove persone (Fabrizio: “Si offre diversità a un mondo che domanda diversità”).
Raccontata così, la storia di Barca mi sembra convincente – tanto più che ha una valanga di dati a suffragarla. Quindi il futuro è nelle aree interne, nelle loro colline e nei loro campanili. D’altra parte, anche la storia che emerge dagli studi di Banca Mondiale, Bettencourt-West e Brand è convincente, e anche quella è sostenuta da moltissimi dati. Quindi il futuro è nelle città, nelle loro università, nei loro laboratori, e anche nelle loro favelas. Come fanno queste due storie ad essere vere contemporaneamente?
 La mia ipotesi è questa: l’innovazione territoriale ha bisogno di libertà, di luoghi dove provare a fare cose nuove senza troppi vincoli

Dove le norme sociali approvano, o perlomeno non condannano, chi prova a percorrere strade insolite. Dove lo spazio non è già tutto rivendicato da stakeholders potenti e strutturati. Se mi guardo intorno, mi sembra che tutti gli spazi innovativi siano spazi più liberi della media. La libertà si trova nelle favelas raccontate da Brand, perché lo stato rinuncia a mantenervi un controllo capillare. Si trova nelle web farm e nei data havens della Silicon Valley, perché quel mondo (finora) è stato velocissimo e impermeabile agli strumenti tradizionali di controllo dell’economia. Si trova nello spazio, dove Elon Musk e gli altri space billionaires costruiscono un loro pezzo di futuro. E si trova nelle aree interne, aperta proprio dagli spazi fisici e dalla bassa densità di popolazione, che ti mettono al centro della società locale se appena prendi un’iniziativa coraggiosa. Questi luoghi sono la frontiera della società contemporanea, il nostro West, il nostro spazio vitale.
Se è così, allora la narrazione unificante del 2016 è più o meno questa. Le persone intelligenti, ambiziose o soltanto irrequiete sono in fuga dagli spazi chiusi, dove organizzazioni potenti (politica, stato, grande industria) limitano il raggio d’azione dell’iniziativa individuale. Dove vanno? Vanno a colonizzare gli spazi di frontiera. Le frontiere sono luoghi pieni di contraddizioni, talvolta anche spietati, ma forniscono agli individui meccanismi di mobilità sociale, e alle società laboratori di sperimentazione. L’Italia ha una frontiera in più: le aree interne. Ci servirà soprattutto per innovare sull’ambiente, sul turismo, sul leisure, sul presidio del territorio. È una bella occasioneGiochiamocela bene.
Vedo un ottimismo in questo riassunto che mi rallegra ma non riesco a condividerlo, per il carattere crescentinese tendente al pessimismo, che preferisce piangere e lamentarsi invece che agire o sognare e poi inventare. Anche la situazione politica locale ha un ruolo nella propulsione di idee o al contrario nello stringersi sempre più intorno alle proprie paure invece di aprirsi e abbracciare le novità. Temo che noi siamo nella seconda ipotesi, però è bello sognare e non si sa mai. Prima o poi... 

lunedì 8 febbraio 2016

I furti, Arlotta e la mazza

Quando ci si mette tutti insieme, come Comuni, capita anche che qualcuno raccolga il grido di dolore. (Magari succedesse anche di mettersi tutti insieme parlando del deposito nucleare di Saluggia...)
In attesa di vedere se succede qualcosa, una domanda tutti i cittadini di Crescentino dovrebbero fare ad Arlotta: che cosa ne vorrebbe fare, delle mazze da baseball che si augurava portassero i candidati alle ronde? 

venerdì 5 febbraio 2016

I debiti dell'ATC e la memoria corta di Fabrizio Greppi

A volte capita di doversi accorgere che le memorie si accorciano. E così dicendo voglio pensar bene dell'attuale Sindaco di Crescentino Fabrizio Greppi, quando leggo sulla Sesia del 29 gennaio un articolo a firma Sara Corsini nel quale, parlando della cronica mancanza di danaro di questi tempi, egli sembra ignorare ogni gesto compiuto dall'Amministrazione precedente, cioè la mia. 
Il povero Sindaco deve "contenere i danni fatti dall'Amministrazione Venegoni", dice lui. E cita ovviamente le case Bianco, ma purtroppo per lui anche lo "stratosferico debito con l'ATC". Si dà il caso che si trattasse di una situazione pregressa:  io stessa ricordo benissimo di aver dovuto - pochi mesi prima della fine del mio mandato - rinegoziare il debito con la stessa ATC e con il suo Presidente dell'epoca, piombato nel mio ufficio. In 5 anni non potevamo aver accumulato un debito di circa 150 mila euro, se ricordo bene: è vero che più gente aveva cominciato a non pagare l'affitto perché dal 2009 la condizione economica generale era peggiorata, ma ricordo anche bene che almeno 70 mila euro di questo debito appartenevano agli anni dell'Amministrazione Greppi 1999-2008; e che il Presidente mi disse che il debito non era mai stato trattato, con un impegno di rientro anche rateizzato: come feci poi invece io, impegnando il Comune per gli anni futuri. Ovviamente, si rateizza. 

In quanto a sistemare le scuole, credo che nessuna Amministrazione si sia dedicata come la nostra al patrimonio scolastico. La messa a norma delle elementari, l'ampliamento della scuola materna con sfinenti annessi-e-connessi, la collaborazione (sempre molto faticosa) con la Provincia per ridipingere l'esterno su via Roma della Ragioneria: appalto vinto da una ditta (di cui non ricordo il nome) dei Fratelli Speranza, portato a termine nell'aprile 2014 e come ognuno che passa può vedere, già deteriorato e mai ripristinato, con tanto di bella bestemmiaccia che alberga sul muro stinto da almeno un anno, senza che nessuno si scandalizzi o che scriva un pensoso articolo di fondo per chiedersi che paese è, un paese che non copre una bestemmia sul muro delle scuole (tra l'altro, una cosa da 5 minuti di lavoro che può fare chiunque con 10 euro di spesa). Allora che cosa dovrei pensare io di Speranza, che sempre mi cita a proposito degli attacchi di Mosca (per farmi sapere quanto lui e i suoi siano virilmente fighi e quanto io abboccassi invece alle provocazioni del sirenetto di via Michelangelo)? 
Ma per concludere delle Scuole, ricordo almeno che avevamo fatto ridipingere l'interno delle elementari, che avevamo trovato in stato comatoso al nostro arrivo. Ricostruirono che le elementari non erano mai più state ridipinte dagli Anni 80 (quindi anche durante il mio primo mandato, giusto per essere onesta). Rimasero fuori le Medie, perché i tempi non consentivano, con tutto il problema successivo del richiamo che ricevetti quando ero ormai fuori dal Comune.
E comunque se magari, come ha fatto per le cene di Carnevale, Greppi va a verificare la progressione del debito ATC, e a quanto ammontava quando se ne dovette andare per decisione della maggioranza del Consiglio Comunale, sarà costretto a darmi ragione.


mercoledì 3 febbraio 2016

Grillo è tornato in teatro: "Voglio la libertà, basta grillini"

Mai vi sarà accaduto di leggere una recensione così rapida... Grillo è tornato in teatro, al suo mestiere, e qui sotto l'agenzia Ansa racconta cos'è successo a Milano la sera di martedì 2 febbraio.



 Torna sul palco per recuperare "la libertà", Beppe Grillo, che questa sera a Milano ha debuttato con il suo nuovo spettacolo caratterizzato dalla "schizofrenia" del suo personaggio. Il politico che ha fondato il Movimento 5 Stelle e vuole liberarsi del ruolo di leader. E il comico che ha sempre cercato di essere scomodo e vorrebbe tornare predominante. 
'Grillo vs Grillo', il titolo dello spettacolo che sarà a Milano fino a venerdì, poi a Roma. Sul palco è apparso per primo un ologramma del Grillo politico (in giacca e cravatta), in scena a parlare del successo del Movimento 5 Stelle. 
Ha anche ironizzato sulle espulsioni: "I parlamentari? Sono rimasti in tre ma va bene". L'ologramma di Grillo ha detto che il M5S "è un grande, grandissimo movimento, e' la grande arca di Noè, l'arca dei grandi disadattati". 
Poi a un certo punto è entrato in scena, in carne e ossa, il Grillo comico, camicia bianca fuori dai pantaloni, che guardava il suo ologramma politico con sguardo sconsolato: "Ma come è successo? Come sono riuscito a fare questo movimento che forse è il primo movimento italiano? Io scherzavo!", ha detto il fondatore dei 5 Stelle suscitando i primi applausi.
"Sto perdendo la mia libertà - il cuore del Grillo pensiero una volta svanito l'ologramma -, sono stato 5, 6, 8 anni con questo sdoppiamento di personalità. Prevaleva prima la personalità del comico, poi quella del politico. Ma non si può pensare che possa continuare questo casino. Io voglio tornare ad analizzare la realtà come facevo prima". 
Così determinato da suscitare una grande risata quando ha sbottato: "Non voglio più vedere grillini, sono 7 anni che vedo solo grillini". E quando ha confessato in tono semiserio: "Abbiamo rubato tutti, ho rubato una canzone persino a Pippo Franco!". Grillo ha mostrato di ricredersi un po' sugli effetti positivi dell'Expo di Milano. E ha immaginato un'unica tassa sui consumi al 50% per finanziare un reddito universale. 
Per il resto lo spettacolo è stato un sunto di quanto ha fatto e detto Grillo in tutta la sua carriera pubblica, senza azzannare la stretta attualità. Il comico, appunto, e il politico che non riesce a uscire definitamente di scena. Con un pubblico che ha fatto la fila sotto la pioggia per entrare ma è apparso piuttosto freddo durante lo spettacolo e avaro di applausi.
    In teatro, a Milano, anche l'altro fondatore del M5S, Gianroberto Casaleggio, la cui figura è entrata più volte in scena sotto forma di ologramma. E il vicepresidente della Camera, Luigi Di Maio, del direttorio del movimento. "Parleremo di futuro", ha detto Di Maio arrivando. Secondo lui Grillo non uscirà definitivamente di scena ma "sarà il garante di un movimento che però continuerà a camminare sempre di più sulle sue gambe". 
Quello che poi si è visto sul palco, due anni dopo il tour sui mali dell'Europa portato in giro da Grillo prima delle elezioni per il Parlamento Ue. Alla fine per il comico-politico bisogna smettere di pensare che la società sia divisa in destra e e sinistra. La differenza, per Grillo, e' "fra chi ha il cervello e chi non ce l'ha". 
"Io non sono andato via. Io osservo. Ma dobbiamo cambiarlo questo paese e ognuno deve fare la sua parte". Così Beppe Grillo ha chiuso il suo spettacolo, dopo aver abbracciato il suo ologramma e aver auspicato che il comico e il politico siano una sola persona: e si è fatto mandare a 'vaffa' dal pubblico per chiudere in bellezza.

martedì 2 febbraio 2016

L'innamoramento nel Terzo Millennio (e in tutti i secoli)

Mi è piaciuto molto questo "Buongiorno" di Massimo Gramellini comparso questa mattina su La Stampa, e mi piace condividerlo con voi
MV

Cirinnamoreremo
di Massimo Gramellini 


Nel giorno in cui il Senato comincia a votare la legge Cirinnà viene naturale chiedersi su chi si fondi davvero una famiglia. Su un uomo e una donna, oppure su due persone che si amano a prescindere dal proprio sesso? In natura ogni creazione presuppone il maschio e la femmina. Ma prima di tutto, anche del maschio e della femmina, la natura riconosce l’energia dell’amore. Due uomini o due donne che si amano sono da ritenersi contro natura più di un uomo e di una donna che stanno insieme detestandosi? Offende l’intelligenza emotiva di chiunque considerare famiglia naturale il tizio che ieri a Pozzuoli ha dato fuoco alla compagna incinta e famiglia innaturale la signora che accudisce in ospedale la sua fidanzata malata. In nome di quale principio astratto, ormai solo in questa nazione che ha la ventura di confinare con il Vaticano, bisognerebbe impedire a due individui dello stesso sesso di vedere riconosciuta la loro unione da una legge dello Stato?  

Quanto al temuto articolo 5 sull’adozione del figlio del partner, non è il cavallo di Troia per l’utero in affitto, ma il tentativo di risolvere una questione che riguarda poche centinaia di coppie omosessuali con cui vive un figlio rimasto privo dell’altro genitore biologico. Nell’ipotesi di morte del genitore superstite, è preferibile che il bambino rimanga nella casa e tra gli affetti in cui è cresciuto o che cominci il gioco dell’oca degli sballottamenti e magari degli orfanotrofi? Anche in questo caso la risposta è suggerita dall’amore. E l’amore non è mai contro natura.