Mi ha fatto molta tristezza quel pezzo di ieri sulle pagine di Vercelli della Stampa dedicato a Crescentino con il titolo "Non vogliamo ospitare i profughi/Ma siamo obbligati dalla Questura" dove si leggevano le parole del sindaco Greppi: "Come Comune ribadiamo che non abbiamo disponibilità' all accoglienza".
Il pezzo godeva di un finale nel quale il vicesindaco Speranza, da Crescentino accolto quando arrivo' dalla Calabria, dice: "Giovani sconosciuti in un piccolo centro (S. Grisante, ndr) limiteranno sicuramente la tranquillità degli abitanti, in particolare delle donne...".
Crescentino sempre piu'chiuso in se stesso, prudente per ragioni elettorali e di convenienza, senza piu'attivita' culturali, con il centro storico morto, sceglie di chiudersi ancora di più'.
Capita dunque a fagiolo questa storia proprio calabrese, di un sindaco che ha fatto una scelta opposta e che ora si ritrova al quarantesimo posto - unico italiano - nella classifica mondiale delle persone piu'influenti, stilata dalla rivista FORTUNE, per le sue scelte politiche del tutto diverse e sicuramente più coraggiose.
Ecco un pezzo di Repubblica che racconta una bella storia in controtendenza.
REGGIO CALABRIA - C'è un solo italiano fra i 50 personaggi più influenti al mondo. Non ha incarichi di governo, né è a capo di una grande azienda. Si chiama Domenico Lucano, e da tre mandati è sindaco di Riace, paesino calabrese di poco più di duemila abitanti. Un quarto dei suoi concittadini non sono nati in Calabria: arrivano dall'Afghanistan, dal Senegal, dal Mali, hanno rischiato la vita attraversando il Mediterraneo e a Riace hanno trovato una casa. Per questo, Lucano si è guadagnato il 40esimo posto nella classifica delle persone più influenti al mondo della rivista Fortune,fianco a fianco con Angela Merkel, papa Francesco e l'ad di Apple, Tim Cook. In passato, aveva fatto innamorare un regista come Wim Wenders, che a Riace ha dedicato il film Il Volo.
"Qui non ci sono centri d'accoglienza, qui ai migranti diamo una casa vera", dice orgoglioso Lucano, sindaco della cittadina che neanche i Bronzi - statue di guerrieri del V secolo a. C. ritrovate in mare negli anni '70 - hanno salvato da povertà e desertificazione. Lo hanno fatto i profughi: strade e case svuotate dall'emigrazione sono state ripopolate da una comunità multietnica che ha riportato in vita anche gli antichi mestieri. Hanno riaperto laboratori di ceramica e tessitura, bar, panetterie e persino la scuola elementare. È stato avviato un programma di raccolta differenziata con due asinelli che si inerpicano nei vicoli del centro, e il Comune ha assunto mediatori culturali "che altrimenti avrebbero dovuto cercare lavoro altrove ". Un modello che, scrive Fortune, "ha messo contro Lucano la mafia e lo Stato, ma è stato studiato come possibile soluzione alla crisi dei rifugiati in Europa".
Lei è l'unico italiano in classifica . Si è chiesto perché?
"Non so neanche chi mi abbia candidato. Forse una studentessa statunitense che ha lavorato su Riace, o una tv che si è occupata di noi. Io l'ho saputo da chi mi chiamava per farmi i complimenti, ma per me non è cambiato niente. Sono solo un sindaco che ci mette l'anima. Nonostante le difficoltà di un territorio condizionato dalle mafie, da problemi economici, dalla disoccupazione e dall'isolamento istituzionale, è un lavoro appassionante".
Qual era, prima, la vita di Mimmo Lucano?
"Per anni, sono stato un insegnante del laboratorio di chimica. Ora sono in aspettativa, ma non ho mai vissuto di politica né intendo farlo in futuro. Sono stato anche io un emigrante a Torino, a Roma. Tornare in Calabria è stata la scelta più difficile: come tanti, avrei potuto costruire la mia vita al Nord, ma la voglia di tornare era troppo forte".
Con quale scopo?
"Da militante del movimento studentesco pensavo di poter partecipare alla costruzione di un mondo migliore. Poi quella via in Italia si è smarrita, ma a me è rimasta la voglia di fare qualcosa di concreto. Provarci non è stato semplice: la prima volta che mi sono candidato, non mi ha votato neanche mio papà. Poi, nel '98, sulle nostre coste è sbarcato un veliero pieno di richiedenti asilo curdi. E quell'esperienza ha cambiato tutto".
Cos'è successo?
"Anche con l'appoggio di monsignor Bregantini, allora vescovo di Locri, che invitò ad aprire i conventi per accogliere i migranti, ci venne l'idea di usare le case abbandonate del centro storico per ospitare un popolo in fuga. In paese non erano rimaste più di 400 persone, una comunità che si spegneva giorno dopo giorno. Poi, Riace ha aderito al Programma nazionale asilo ed è diventata luogo di transito di tantissimi migranti. Questo ha dato speranza a chi è arrivato, ma anche a chi ha accolto".
Questa esperienza è servita da modello in Calabria?
"Quando discutono di immigrazione in Regione neanche mi chiamano. Pensavo che il governatore Mario Oliverio, che come me viene da una tradizione di sinistra, sarebbe stato più aperto al confronto. Nel 2009, l'ex presidente della Regione Loiero fece approvare una legge nota come "Modello Riace". La presidente della Camera Laura Boldrini è nostra cittadina onoraria. Oggi non riusciamo più a farci ascoltare".
Si è pentito di essere tornato?
"No, ma non è stato facile. Qui sono solo: mia moglie è a Siena,
i miei figli studiano a Roma. Ma quest'esperienza, per quanto non pretenda di risolvere i problemi del Sud, dà un contributo. Dimostra che un altro modo di agire è possibile".
2 commenti:
Gli immigrati di 30 anni fa si sono dimenticati di esserlo stati
Cara Marinella è molto triste la situazione del nostro paese che cade sempre più in basso e non ha neanche voglia di rialzarsi.
Posta un commento