L'unica attività produttiva mai arrivata a Crescentino negli ultimi dieci anni - cioè dalla chiusura della Teksid - è stata l'avveniristica impresa per la produzione di bioetanolo voluta dalla Mossi e Ghisolfi di Tortona. Accettata dopo numerosissimi esami degli Enti Pubblici e di studiosi del settore, costruita grazie a un contributo monstre dell'Unione Europea, è stata come ognuno sa funestata da vari insuccessi, ma soprattutto dal suicidio di Guido Ghisolfi, il promoter dell'intera faccenda, che si uccise a 58 anni con un colpo di fucile in auto, il 3 marzo 2015.
Vicepresidente della multinazionale tortonese della chimica in forte sviluppo nel campo dei biocarburanti, con 2.100 dipendenti e un fatturato annuo di oltre 3 miliardi di dollari, Ghisolfi era sofferente di depressione secondo quanto sostenuto dai familiari. Aveva concepito questo progetto pilota come modello da esportare in altri paesi del mondo.
La sua drammatica dipartita ha portato prematuramente a compimento a Crescentino una crisi nella ricerca delle materie prime adatte alla produzione, e ora l'impianto è chiuso e i dipendenti in cassa integrazione, tranne i pochi che si alternano alla manutenzione del forno che brucia cippato e lignina per produrre energia elettrica: la Provincia ha già formalmente comunicato all'azienda che esso dovrà essere spento a 6 mesi dalla cessazione della produzione principale, di bioetanolo. In una sorta di perverso gioco di domino, l'intera azienda di Tortona, con le sue propaggini in diversi paesi del mondo, versa ora in difficoltà.
Da mesi si sente parlare di una cessione all'Eni, e le sorti dell'impianto di Crescentino sono ora legati all'esito di tale trattativa.
Da mesi si sente parlare di una cessione all'Eni, e le sorti dell'impianto di Crescentino sono ora legati all'esito di tale trattativa.
Questo l'articolo uscito nei giorni scorsi sul quotidiano La Stampa.
"Eni avrebbe presentato un’offerta formale per una parte delle attività italiane di Mossi & Ghisolfi, il gruppo chimico di Tortona in difficoltà finanziaria. Dopo le indiscrezioni sul suo possibile interessamento, Eni avrebbe presentato un’offerta per Biochemtex, una controllata del gruppo alessandrino che ha sviluppato e commercializza una piattaforma tecnologica per la produzione di biocarburanti. Al momento, si spiega, le parti sono impegnate in un negoziato sul prezzo. L’obiettivo è quello di chiudere entro il 22 febbraio, data entro la quale un’altra controllata del gruppo attualmente in concordato preventivo (Ibp Energia) rischia di dover portare i libri in tribunale. Alla ristruttirazione della parte italiana del gruppo stanno lavorando Mediobanca e i legali di Gianni Origoni Grippo.
Se la trattativa con Eni dovesse fallire, secondo quanto ricostruito, il gruppo Mossi e Ghisolfi potrebbe finire in amministrazione straordinaria.
Le attività italiane sono gravate da un debito di circa 200 milioni di euro e le cessioni programmate, secondo le fonti interpellate, lasceranno comunque la holding che controlla il gruppo comunque indebitata.
Prosegue intanto la dismissione degli asset della parte americana del gruppo chimico, sulla quale stanno lavorando gli specialisti di ristrutturazioni Alvarez & Marsal. La settimana scorsa il giudice texano Brendan Shannon ha approvato la cessione della Apple Grove, una divisione della M&G Polymers, ai cinesi di Far Eastern Investment per 33,5 milioni di euro. Il prezzo, si spiega, è superiore alle attese della società, attualmente sotto la protezione dai creditori prevista dal Chapter 11 della legge fallimentare Usa. Un esito simile è auspicato per la vendita dell’impianto di Corpus Christi, in Texas, i cui ritardi nella realizzazione e i maggiori costi sostenuti sono all’origine dei guai del gruppo, gravato da 1,8 miliardi di debiti.
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