lunedì 25 novembre 2013

Un lunedì da leonesse per fermare la violenza sulle donne

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Da "La Stampa" del 25/11/2013

Giornata mondiale anti-violenza
Mai tanta eco e iniziative contro maltrattamenti e femminicidio.
Proclamata dall’Onu nel 1999, la «Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne» si celebra in Italia dal 2005. Il 25 novembre fu scelto perché in quella data, nel 1960, le tre sorelle Patria, Minerva e Maria Teresa Mirabal, oppositrici del dittatore dominicano Trujillo, vennero sequestrate, torturate e uccise. In questa giornata, in Italia, si svolgono incontri, si aprono mostre, si svolgono spettacoli a tema. In sedi diverse, dalla Camera dei Deputati, dove alle 17, alla presenza della Presidente Boldrini, una parlamentare di ogni gruppo (tranne i 5 Stelle) legge un brano del libro «Ferite a morte» di Serena Dandini, all’Umanitaria di Milano, dove 44 fotografi partecipano alla mostra «Chiamala violenza, non amore». Oggi il Campidoglio, a Roma, viene illuminato di rosso, colore simbolo dell’iniziativa, e in tutta italia esce «La moglie del poliziotto», film premiato all’ultimo Festival del Cinema di Venezia, che affronta la tematica della violenza in famiglia.   
Oggi scarpe rosse e vuote nelle piazze d’Italia. Rosse come il sangue o come la rabbia? E vuote come le donne che non potranno più calzarle per muoversi nel mondo? Ogni anno, soprattutto il 25 novembre, giornata mondiale contro la violenza, se ne tiene la contabilità: siamo a quota 182.
Rosso è il lutto quando si fa grido collettivo, rosso è la ribellione degli oppressi che la sinistra al neon azzurro bianco e verdino ha messo nel baule dei giocattoli vecchi, rosso è anche trasgressione e divertimento al piede di un ragazza. Rosso è vita.
Eppure il 25 novembre, con un segno rosso negli abiti, si è chiamate a custodire nel cuore le donne che non possono più difendersi.
Ma è solo questo il significato della giornata, una specie di due novembre ritardato? Le campagne di comunicazione, come non osassero ferire il dolore delle congiunte, oppure sapessero solo esprimere violenza anche se si battono contro di essa, usano quasi sempre la stessa grammatica.
La Yamamay invita le ragazze a ribellarsi – «Ferma il bastardo», proclama – ma per ora è lui a fermare un bel visino dalla pelle chiara nell’eterna istantanea dell’occhio nero. La regione Liguria, per promuovere una giornata di studio, sceglie una schiena femminile nuda e liscia stampigliata con un tatuaggio: «Fragile». Un donna è come un pacco delicato da consegnare a uno spedizioniere.
Il Comune di Torino stilizza un viso femminile con pesanti tratti neri, evocando chiaramente l’angoscia dell’urlo di Munch. Napoli sceglie un ever green, una donna discinta, gettata a terra, con i capelli scomposti. La Cgil si incarta nel simbolismo: croci bianche su fondo nero che, nella parte finale del manifesto, si rovesciano in simboli femminili accompagnati dall’invocazione «Vive le donne!».
Tutto è meglio del silenzio e la giornata mondiale contro la violenza sulle donne, a lungo relegata nel nostro Paese fra i rituali delle Nazioni Unite, non ha mai avuto tanta eco come quest’anno. Ottima cosa. Una signora che se ne intende, Anna Maria Testa, però sostiene che una pubblicità, per essere efficace, deve avere humour, leggerezza e pertinenza. E chiarezza, aggiungerei, soprattutto se si tratta di comunicazione pubblica.
Allora, con chiarezza, cosa vogliamo? Che le donne siano più libere, che rifiutino la posizione della vittima, che si sottraggano alla coazione a scambiare la brutalità per amore e a sopportarla più e più volte. E vogliamo anche che gli uomini che conoscono l’alfabeto dei sentimenti la smettano di balbettare, si facciano protagonisti, gridino forte che neanche loro ci stanno, o che se ci sono cascati una volta non vogliono perseverare e aiutino gli altri uomini aiutando se stessi, se hanno la maturità per farlo.
Cecilia Guerra, viceministra con delega alle pari opportunità, è lieve e chiara. Sceglie una coppia, lui con il viso coperto da una scritta («La violenza ha mille volti, impara a riconoscerli»), lei che sfodera un sorriso ironico. E gli slogan: «Se il tuo sogno d’amore finisce a botte, svegliati»; oppure: «Sai già che picchia, quando picchia alla porta non aprire». E la pertinenza: il numero 1522, quello cui le donne possono chiedere aiuto, scritto in bell’evidenza.
Meno lievi, ma altrettanto pertinenti sono gli autori che hanno partecipato alla scrittura collettiva di un libro straordinario: «Il lato oscuro degli uomini», Ediesse 2013. Nel 2006 un gruppo di giovani maschi aveva cominciato a spendersi portando il 25 di novembre un fiocco bianco sulla giacca, poi è nata la campagna «Noi no!», con volti maschili noti che dichiaravano il loro rifiuto della violenza, oggi – come il libro racconta – c’è un mondo che si muove: gruppi di auto aiuto, interventi nelle carceri, programmi che possono sostituire parte della carcerazione, progetti di prevenzione. Tutti sorretti dall’energia di professionisti e volontari maschi che ci credono e lo dimostrano.
Stasera a Roma, alla Pelanda di Testaccio, Snoqfactory, un laboratorio che raccoglie molte giovani artiste, ha organizzato una performance perché le donne non si sentano «vittime, irrilevanti e perdenti». Lo ha chiamato «Un lunedì da leonesse». Humour, leggerezza e, auguriamocelo, anche pertinenza.
Da La Stampa del 25/11/2013.

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