C'è qualcuno che ha voglia di dire che cosa ne pensa?
Un estratto dall'intervista comparsa sul "Corriere della Sera"
Bersani: "Non è la ditta che ho creato. Io posso prendere le sberle, l'Italia no"
Intervista a Pier Luigi Bersani di Monica Guerzoni - Corriere della Sera
di Pier Luigi Bersani, pubblicato il 29 aprile 2015
Ha l’aria mesta Pier Luigi Bersani mentre sale lo scalone di Montecitorio e si ferma davanti alla porta della commissione Attività produttive: «Vedo tanta tristezza in giro, tanta tristezza...».
Per settimane si è sgolato, si è appellato al senso di responsabilità del presidente del Consiglio, lo ha implorato di non mettere la fiducia sulla legge elettorale, come nella storia d’Italia è accaduto solo due volte: sulla legge Acerbo del 1923 (all’inizio del ventennio di Mussolini) e sulla cosiddetta legge «truffa» del 1953. Gli ha chiesto di farsi carico del pericolo di una spaccatura irreparabile del Partito democratico, ha persino evocato il rischio di una dolorosa scissione. Ma niente, Matteo Renzi ha tirato dritto.
Davvero non voterà la fiducia?
«Davanti a scelte di questa portata, ognuno deve assumersi le sue responsabilità. Vedremo cosa fare assieme e poi vedrò cosa fare io».
Giudica sbagliata la scelta del premier di legare la legge elettorale alla vita del governo?
«Sì, perché qui il governo non c’entra niente. A essere in gioco è una cosuccia che si chiama democrazia».
Perché Renzi ha deciso di forzare? Nella minoranza si parla di prepotenza...
«Lui è in natura così».
E com’è la natura di Renzi?
«Non è una bella natura».
È rimasto spiazzato dalla prova di forza?
«No, io non avevo dubbi che avrebbe messo la fiducia. Ma che bisogno c’era? Si dice che la gente non capisca di che cosa si sta discutendo in Parlamento. Ma insomma, tocca a me spiegarlo?».
Anche a lei, sì.
«Può essere che tocchi anche a me, ma tocca a tutti. Parliamo delle regole del gioco, parliamo della nostra democrazia. Una cosa che non riguarda Bersani contro Renzi».
Il premier le ha dato una bella sberla mettendo la fiducia.
«Ma io, se serve, di sberle ne prendo quante volete. Il problema non è Bersani, è l’Italia».
Col voto contrario di una parte della minoranza sarà la fine della ditta?
«Non è più la ditta che ho costruito io. Questa è un’altra cosa, un altro partito».
Per settimane si è sgolato, si è appellato al senso di responsabilità del presidente del Consiglio, lo ha implorato di non mettere la fiducia sulla legge elettorale, come nella storia d’Italia è accaduto solo due volte: sulla legge Acerbo del 1923 (all’inizio del ventennio di Mussolini) e sulla cosiddetta legge «truffa» del 1953. Gli ha chiesto di farsi carico del pericolo di una spaccatura irreparabile del Partito democratico, ha persino evocato il rischio di una dolorosa scissione. Ma niente, Matteo Renzi ha tirato dritto.
Davvero non voterà la fiducia?
«Davanti a scelte di questa portata, ognuno deve assumersi le sue responsabilità. Vedremo cosa fare assieme e poi vedrò cosa fare io».
Giudica sbagliata la scelta del premier di legare la legge elettorale alla vita del governo?
«Sì, perché qui il governo non c’entra niente. A essere in gioco è una cosuccia che si chiama democrazia».
Perché Renzi ha deciso di forzare? Nella minoranza si parla di prepotenza...
«Lui è in natura così».
E com’è la natura di Renzi?
«Non è una bella natura».
È rimasto spiazzato dalla prova di forza?
«No, io non avevo dubbi che avrebbe messo la fiducia. Ma che bisogno c’era? Si dice che la gente non capisca di che cosa si sta discutendo in Parlamento. Ma insomma, tocca a me spiegarlo?».
Anche a lei, sì.
«Può essere che tocchi anche a me, ma tocca a tutti. Parliamo delle regole del gioco, parliamo della nostra democrazia. Una cosa che non riguarda Bersani contro Renzi».
Il premier le ha dato una bella sberla mettendo la fiducia.
«Ma io, se serve, di sberle ne prendo quante volete. Il problema non è Bersani, è l’Italia».
Col voto contrario di una parte della minoranza sarà la fine della ditta?
«Non è più la ditta che ho costruito io. Questa è un’altra cosa, un altro partito».