domenica 4 giugno 2017

Addio all'Unità

Mentre il terrorismo fanatico dell'Isis continua il suo stragismo a Londra, e mentre la paura invece provoca un'incredibile caos con feriti anche gravi a Torino, in una quieta serata di calcio in piazza, oggi si registra invece un'altra fine, malinconica e simbolica, ed è quella dell'Unità, il quotidiano fondato da Gramsci. Dagospia ha gioco facile a intitolare "...e affondato da Renzi". Sono tempi difficili per i giornali di carta, e ancora più difficili per quelli di partito. Qualcosina si poteva fare, i vertici PD avrebbero potuto mostrare il loro valore anche nel prendersi carico di questa patata bollente e trasformarla, piegarla alle nuove regole imposte dal mondo che cambia così velocemente.
Qui sotto la cronaca raccontata sul sito di Repubblica, dell'ennesima, quasi certa fine di una storia della nostra società.





I lettori de L'Unità stamane hanno potuto scaricare in formato Pdf quello che la redazione annuncia essere il suo ultimo numero. Il titolo, sulla prima pagina digitale, non è casuale ma un voluto riferimento al 2 giugno e alla festa della Repubblica: "Così si calpesta una storia".

A corredo, una foto in bianco e nero, L'Unità impugnata da tante mani per celebrare la vittoria della Repubblica sulla Monarchia nel referendum del 1946. Ed è qui che intervengono le amarissime parole del sommario. "Nel giorno della festa della Repubblica che celebra il lavoro, l'editore annuncia la sospensione delle pubblicazioni. Mesi di ricatti e vessazioni. La redazione in sciopero, come ennesimo atto di difesa e dignità. Il silenzio del Pd".

Pubblicazioni sospese, come nell'estate del 2014, quando il quotidiano fu chiuso per il fallimento di Nuova Iniziativa Editoriale Spa, ma come la Fenice rinacque in edicola un anno dopo con un nuovo assetto societario (80% di proprietà della Piesse, circa il 20% della Fondazione Eyu - Europa YouDem-Unità che fa capo al Pd). Questa volta, il finale della storia è appeso all'editoriale, firmato dall'assemblea della redazione, che riprende il comunicato distribuito ieri sera alle agenzie al termine della riunione.

"Ci sono storie - si legge - che non dovrebbero finire, per la storia che hanno raccontato e testimoniato, per quella che hanno cercato di capire, per chi ci ha creduto, per chi ci ha messo passione, professionalità e attaccamento. Questa storia, la nostra, hanno deciso di chiuderla nel modo peggiore, calpestando diritti, calpestando lo stesso nome che porta questa testata, ciò che ha rappresentato e ciò che avrebbe potuto rappresentare".  Le parole dei giornalisti fanno riferimento, viene ricordato, a una comunicazione dell'editore, inviata nella tarda serata di ieri sera, con la quale ha fatto sapere che avrebbe incontrato a breve la Federazione nazionale della Stampa, Stampa Romana e il Cdr per illustrare la situazione economico-finanziaria del giornale e la "conseguente decisione di interrompere volontariamente la pubblicazione". La "strada giusta", aggiungeva l'amministratore delegato Guido Stefanelli, "che questa sia la scelta più giusta da fare in attesa di portare a compimento le procedure di ristrutturazione aziendale".

La decisione viene giudicata "grave" dal corpo redazionale dell'Unità perché "arrivata dopo giorni di assenza del giornale dalle edicole perché lo stampatore ha fermato le rotative per la mancata riscossione dei crediti maturati e per i quali da mesi chiedeva il relativo pagamento". Se si è arrivati fino a questo punto, proseguono i giornalisti della testata fondata da Antonio Gramsci, "non è stato per un improvviso fatto esterno, ma per una decisione più volte annunciata dallo stesso stampatore".

"In questa storia sono in diversi a dover rispondere di quanto accaduto", accusano i giornalisti dell'Unità. "Gli editori di maggioranza, la Piesse di Massimo Pessina e Guido Stefanelli, Eyu, che fa capo al Partito Democratico, e lo stesso segretario del Pd Matteo Renzi, a cui più volte ci siamo rivolti senza mai ottenere una risposta o una parola di solidarietà nei momenti più duri della lotta, quando per otto giorni di seguito la redazione

è scesa in sciopero ad oltranza. Un silenzio che ha ferito tutti coloro che in questo giornale hanno lavorato accettando condizioni spesso al limite dell'accettabile. Ci chiediamo se anche di fronte a questa decisione dell'editore proseguirà la scelta del silenzio".


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