domenica 11 giugno 2017

I partiti all'osteria, Renzi isolato, Cuperlo non gliele manda a dire...

Sappiamo tutti benissimo in quale inferno politico viviamo, dopo l'ammucchiata extra-parlamento per metter su una legge elettorale PROPORZIONALE fra PD, Forza Italia, Lega e M5S e lo sconclusionato gran finale dove ognuno ha cercato di fregare l'altro, fino a dissoluzione del progetto, con le tristerrime visioni tv degli insulti reciproci da osteria. Uno spettacolo che davvero non si vorrebbe vedere mai. 
Però, poiché bisogna andare avanti, i giochi si riaprono. Renzi apre a Pisapia, Bersani si arrabbia perché Pisapia non è cosa da Renzi. Ma c'è chi all'interno del PD, è come se fosse fuori. Il nobile Cuperlo taglia e cuce con eleganza in questa intervista non priva di umorismo di domenica mattina su La Stampa, segnalando che re Matteo è nudo: già, perché intanto c'è un'arietta di sinistra in Gran Bretagna, e bisogna poi vedere come vanno le Comunali di oggi, quando si chiudono le urne...



ROMA
Onorevole Gianni Cuperlo, ora a sinistra vi siete svegliati seguaci di Corbyn come ieri di Obama e Zapatero?  
«Importare modelli è una sciocchezza. Quel voto dice che speranze e bisogni alla fine si impongono. Un leader di 70 anni senza camicia bianca ha riportato al Labour la generazione più umiliata. E’ questo che dovrebbe suggerire lucidità e una lettura di dove si vuol condurre il primo partito del centrosinistra. Purtroppo sembrano carenti entrambe». 

Dopo il flop della legge elettorale simil tedesca alla Camera, ora Renzi sembra guardare nuovamente a una alleanza di centrosinistra. Lei è favorevole?  
«Ho invocato il centrosinistra per anni e se ci arriviamo brindo ma non mi bendo gli occhi e dico che oggi Renzi segue una rotta confusa. Ha spinto per il voto subito anche a costo di archiviare l’identità del Pd in vista di un governo con Berlusconi. Ora apre a Pisapia dopo mesi in cui ha fatto l’opposto. Quel campo aperto, largo, civico che solo tre giorni fa pareva rimosso vorrei capire come lo si vuole rifondare». 

Lo dica lei.  
«Intanto con Pisapia il dialogo va fatto davvero. E con un gruppo di parlamentari Pd lo incontreremo nei prossimi giorni».  

Per fare cosa?  
«Il centrosinistra non è una somma di sigle o l’accordo di un ceto politico. Spetta al partito più grande gettare ponti, evitare rotture, ma poi il tema riguarda tutti. Da dove si riparte? Una carta condivisa, il migliore governo nelle città dove spero che oggi gli elettori ci diano fiducia, un movimento dal basso che riapra la questione sociale? O magari da primarie di coalizione? I cantieri aperti ci sono, le officine di Pisapia, una sinistra nel Pd che ha scommesso su una ripartenza. Io dico uniamo le forze, le risorse, perché il momento è adesso». 

Sulla legge elettorale ritiene che si debba continuare a lavorare sull’ipotesi tedesca? O puntare su formule maggioritarie?  
«Una classe dirigente non butta la palla fuori dal campo. Si torni in commissione e si cerchi una soluzione. I paletti ci sono, rappresentanza e governabilità recuperando la via di coalizioni da dichiarare prima del voto».  

Tutto fa pensare che sia molto difficile tornare al maggioritario. E Orfini ha ribadito che col proporzionale le alleanze si fanno dopo il voto
«Ma ci rendiamo conto del balzo logico da una cultura iper maggioritaria al proporzionale senza un correttivo? Si può rinsavire un istante e restituire valore alla ricerca di una mediazione saggia nell’interesse della democrazia e non dei singoli?». 

Il nodo Mdp. Renzi pare rivolgersi esclusivamente all’ex sindaco di Milano.  
«Il tema riguarda per primi noi, l’identità del Pd. La scommessa di sfondare al centro abbandonando principi e contenuti della sinistra è fallita. Il Pd è riuscito a litigare con tutti e a chiudersi in un isolamento dannoso. A questo punto non basta dire che su ius soli, tortura o fine vita andremo diritti. Dobbiamo correggere l’errore sui voucher, ridare nerbo a principi di eguaglianza, equità fiscale, investimenti per crescere. Senza questo il piano inclinato ci farà rotolare a valle e in molti non siamo disposti a farlo». 

Con Bersani e gli altri è possibile per voi fare alleanze?  
«Dico che si può e si deve. In questi anni a Renzi non ho risparmiato critiche ma nel Pd finora ho scelto di rimanere per sostenere le mie ragioni. Rispetto chi è uscito, ma senza la forza più grande è molto difficile costruire un centrosinistra di governo. Renzi non può concedere patenti a nessuno e io mi batto perché cambi strategia. La sinistra non vince sui veti ma se ricostruisce l’unità su una linea che parli e conquisti una maggioranza. Tra le due cose c’è la stessa distanza che separa la politica da Edmond Dantès». 

Dopo lo strappo con Alfano, e in questo clima, ritiene possibile arrivare al 2018 e varare una buona legge di Bilancio con questa maggioranza?  
«Non so se sia possibile. So che è necessario». 

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