Ilvo Diamanti è un raffinato politologo. Indagatore di statistiche, cuneese, è uno che guardando avanti ha intuito che, forse, molti atteggiamenti di noi cittadini cambieranno con l'approssimarsi delle elezioni del 2018. Sull'argomento elezioni è in corso una rottura di cabasisi (per dirla alla Camilleri) che dura da mesi. Ci vogliono stroncare la pazienza, e noi come reazione ci trasformiamo...
Ecco una parte dell'analisi di Diamanti per "Repubblica".
Ilvo Diamanti per la Repubblica
"Stiamo attraversando una fase politica di attesa. Perché nella prossima primavera si voterà. E non è chiaro chi vincerà. O meglio: se qualcuno vincerà. Ma soprattutto: se riuscirà davvero a governare. Da solo o in coalizione con altri. I motivi per dubitarne sono molti e fondati.
Fra gli altri, ne cito uno, in particolare. Dopo la lunga era dei "partiti di massa", è finito il tempo della "democrazia del leader", come la definisce Mauro Calise (in un saggio pubblicato da Laterza). Senza che si riesca a capire verso dove siamo "in marcia". A partire dagli anni Novanta, infatti, i partiti si sono rapidamente "personalizzati", anche in Italia. Fino all' affermazione del "partito personale", imposto da Silvio Berlusconi, nel 1994.
Ebbene, ho l' impressione che quel tempo, questo tempo, stia finendo. Ne offre una rappresentazione efficace la "Mappa delle Parole" costruita attraverso un sondaggio di Demos-Coop realizzato e pubblicato su Repubblica - nelle scorse settimane. Basta concentrarsi, al proposito, sullo spazio occupato dalle parole della politica. Isolato. Alla periferia del linguaggio pubblico. Rivolto verso il passato. Oscurato dalla delusione. Proprio lì si concentrano tutti i principali partiti e i loro leader. Con una chiara differenza rispetto al passato. I leader non sono più davanti e sopra ai partiti. Non ne costituiscono più la bandiera. Almeno, i porta-bandiera".
Grillo, con le loro specifiche che tutti conosciamo.
Poi Diamanti aggiunge:
"La tentazione, di fronte a questo mutamento di scenario, è di affermare che il tempo dei "capi" è finito. Ci troveremmo, invece, di fronte al declino dei leader (come ha sostenuto Giuseppe De Rita sul Corriere). E al parallelo ritorno dei partiti al loro posto "tradizionale", Così, il Pd avrebbe ri-preso il sopravvento sul PdR. Il M5s si sarebbe "normalizzato". Un partito come tutti. Mentre la Lega avrebbe riaffermato la propria identità di partito, oltre o almeno accanto a - Salvini.
Questa idea appare confermata dai sondaggi d' opinione che registrano il calo - più o meno sensibile - o comunque lo "stallo" della popolarità dei principali "capi di partito". Renzi, Berlusconi e Di Maio (insieme a Grillo), in primo luogo. Mentre, non per caso, il leader attualmente - e largamente - più apprezzato fra tutti risulta Paolo Gentiloni. "Capo del governo", ma non "capo-partito". E, per stile di comunicazione e di azione, in fondo, neppure un Capo. Ciò costituisce un indizio interessante di quanto sta avvenendo. Più che a un "ritorno dei partiti", a mio avviso, assistiamo al declino del "Partito del Capo" (come lo ha definito Fabio Bordino).
Perché i Capi hanno deluso. La loro esuberanza, nella vita pubblica e sui media, ha suscitato stanchezza. Soprattutto di fronte all' aggravarsi dei problemi economici e sociali. Al diffondersi dell' insicurezza sociale e della sfiducia verso le istituzioni. Così Paolo Gentiloni è divenuto il personaggio pubblico più popolare. Perché non è "il" leader del Pd. Non ambisce a diventarlo (altrimenti Renzi). Né a fondare, tantomeno a imporre, un nuovo partito personale. Il PdG. Ma agisce sottotraccia. Mentre gli altri leader interpretano, con enfasi, un partito che non c' è. Perché sul territorio e nella società i partiti non si vedono.
Appaiono e si esprimono solo in tv. È il tempo dei "partiti impersonali", che confliggono e si dividono al loro interno. Soprattutto a centro-sinistra.
Ma non solo. Perché non si vedono più grandi fratture ideologiche e di valore. Mentre le fratture "personali" - l' anti-berlusconismo prima e l' anti- renzismo poi - non riescono più a mobilitare i sentimenti. Né i ri-sentimenti."