E' importante che ciascuno conosca il suono di tutte le campane, e dopo la lunga intervista di ieri a Giuliano Pisapia, oggi sul Corriere della Sera (come sugli altri giornali) è stata pubblicata la cronaca di una chiacchierata di Renzi con i giornalisti a Taormina, a cura di Felice Cavallaro).
La campagna siciliana di Matteo Renzi comincia dalla perla dove ha portato i grandi del G7. Operazione vincente. Come spera risulti il 5 novembre la candidatura di Fabrizio Micari, il rettore dell’università di Palermo arrivato anche lui a Taormina dieci minuti prima del segretario Pd nella hall di un albergo dove tanti giovani hanno fatto da cornice per la prima uscita del candidato di centrosinistra e per la prima foto di gruppo subito contrapposta a quella di Nello Musumeci, «circondato da esponenti dei vecchi governi Cuffaro e Lombardo». Ma la due giorni sicula di Renzi non sembra sintonizzarsi solo sugli avversari naturali, Musumeci e i grillini di Giancarlo Cancelleri. Perché la questione che più brucia sembra il «fuoco amico», quello esploso dalle trincee per la verità non molto amiche di D’Alema e Bersani, di Claudio Fava e anche di Giuliano Pisapia. Evita riferimenti espliciti il segretario. Dribbla la questione parlando in sala della «competenza» di Micari, ma tuona quando si chiude in una stanza col rettore-candidato ed altri amici: «Con questa loro deriva rifondarola, se Micari vince risulteranno irrilevanti, se si perde saranno responsabili».
Sicilia-laboratorio
Forse si riferiva soprattutto ai satelliti anti Pd della sinistra anche quando metteva in guardia la platea: «Sbaglia chi utilizza la Sicilia per partite personali». E ancora: «La Sicilia non è una cavia e le elezioni regionali non sono uno stress-test». I suoi avversari diranno che, nel timore di perdere, Renzi cerca di sottrarre il voto del 5 novembre dal «tavolo nazionale». Ma insiste sull’idea di stracciare come una vecchia foto consunta l’immagine della Sicilia-laboratorio. Pronto alla ricostruzione di quanto è accaduto finora con una stoccata a Pisapia: «Non voglio parlare di singole persone, ma D’Alema, Pisapia, altri faranno la loro battaglia nazionale. E io non voglio nemmeno parlarne perché questo è quello che loro vorrebbero».
«Ognuno ha fatto le sue scelte»
E nel chiuso di quella stanza riecheggia la genesi della candidatura del rettore: «Espressione di un’area civica, individuata da Leoluca Orlando che ne ha parlato a Roma con i big della sinistra, presente Pisapia. E da quella riunione tutti uscirono consenzienti. A cominciare dai dirigenti del Pd che fecero un passo indietro. A cominciare da me, che convinsi l’amico Davide Faraone a rinunciare. Poi ognuno ha fatto le sue scelte...». Ovvio il richiamo alla presenza in coalizione di Angelino Alfano che stamane sarà in conferenza stampa a Palermo con Micari. E Renzi anche su questo respinge le critiche che arrivano non solo da Fava ma anche da Pisapia: «Durante quelle riunion, si era parlato del “modello Palermo”. Così si arriva a Micari. E tutti erano d’accordo, condividendo la strategia di Orlando. Ma a Palermo nel centrosinistra di Orlando c’è Alfano. Lo scoprono ora?».
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