Da "La Stampa" del 2 ottobre
TORTONA
L’area ex Teksid di Crescentino è uno dei tre siti in pole position per l’insediamento del primo impianto al mondo per la produzione di bioetanolo di seconda generazione, carburante ecologico, ricavato cioè da cellulosa, del gruppo Mossi & Ghisolfi. «Non abbiamo ancora deciso - dice Guido Ghisolfi, vice presidente del gruppo -: posso dire che in questo momento Crescentino è il candidato più serio per l’impianto, un investimento di 80-100 milioni che darà lavoro ad un centinaio di persone dirette ed un altro centinaio nell’indotto. Un’occasione che la provincia di Alessandria si è lasciata scappare».
Per realizzare l’impianto infatti, all’inizio era stata scelta un’area alle porte di Tortona, ma una serie di difficoltà hanno indotto il gruppo a cambiare sito. Al Parco scientifico tecnologico di Rivalta Scrivia, frazione di Tortona, però, è partito l’impianto pilota che produce l’etanolo da canna palustre (arundo donax) su ricerca finanziata da Regione Piemonte e Comunità Europea. Il bioetanolo di seconda generazione è più apprezzato di quello attuale perché ottenuto non più da zucchero ma da cellulosa, dunque da biomasse non food. La linea è stata interamente progettata da Chemtex Italia ed è coperta da cinque brevetti.
La controllata del gruppo M&G ha iniziato a lavorarci alla fine del 2007, quando si è insediata nel Parco scientifico di Rivalta e ha assunto una ventina di ricercatori (chimici, agronomi, ingegneri, biologi). «Questa tecnologia dev’essere industrializzata su un impianto da 40 mila tonnellate - dice Ghisolfi -. Fino a ieri l’etanolo veniva prodotto da mais o canna da zucchero. L’etanolo di prima generazione ha un mercato nel mondo di 80 milioni di tonnellate: 35 in America, 25 in Brasile, 2-3 milioni in Europa e il resto sparso nel mondo. Se bruciamo cibo, però, affamiamo la gente. Così la ricerca si è messa in moto ed è andata verso due soluzioni, sempre partendo da biomasse: o da paglia di grano o da canna palustre. Queste essenze erbacee hanno una serie di vantaggi: la paglia è un residuo agricolo, mentre per coltivare la canna non servono fertilizzanti nè acqua, cresce anche su terreni marginali e si taglia una volta all’anno».
Se l’impianto industriale, dopo tante polemiche e resistenze da parte della popolazione e delle associazioni ambientaliste, alla fine sorgerà fuori, forse a Crescentino.
TORTONA
L’area ex Teksid di Crescentino è uno dei tre siti in pole position per l’insediamento del primo impianto al mondo per la produzione di bioetanolo di seconda generazione, carburante ecologico, ricavato cioè da cellulosa, del gruppo Mossi & Ghisolfi. «Non abbiamo ancora deciso - dice Guido Ghisolfi, vice presidente del gruppo -: posso dire che in questo momento Crescentino è il candidato più serio per l’impianto, un investimento di 80-100 milioni che darà lavoro ad un centinaio di persone dirette ed un altro centinaio nell’indotto. Un’occasione che la provincia di Alessandria si è lasciata scappare».
Per realizzare l’impianto infatti, all’inizio era stata scelta un’area alle porte di Tortona, ma una serie di difficoltà hanno indotto il gruppo a cambiare sito. Al Parco scientifico tecnologico di Rivalta Scrivia, frazione di Tortona, però, è partito l’impianto pilota che produce l’etanolo da canna palustre (arundo donax) su ricerca finanziata da Regione Piemonte e Comunità Europea. Il bioetanolo di seconda generazione è più apprezzato di quello attuale perché ottenuto non più da zucchero ma da cellulosa, dunque da biomasse non food. La linea è stata interamente progettata da Chemtex Italia ed è coperta da cinque brevetti.
La controllata del gruppo M&G ha iniziato a lavorarci alla fine del 2007, quando si è insediata nel Parco scientifico di Rivalta e ha assunto una ventina di ricercatori (chimici, agronomi, ingegneri, biologi). «Questa tecnologia dev’essere industrializzata su un impianto da 40 mila tonnellate - dice Ghisolfi -. Fino a ieri l’etanolo veniva prodotto da mais o canna da zucchero. L’etanolo di prima generazione ha un mercato nel mondo di 80 milioni di tonnellate: 35 in America, 25 in Brasile, 2-3 milioni in Europa e il resto sparso nel mondo. Se bruciamo cibo, però, affamiamo la gente. Così la ricerca si è messa in moto ed è andata verso due soluzioni, sempre partendo da biomasse: o da paglia di grano o da canna palustre. Queste essenze erbacee hanno una serie di vantaggi: la paglia è un residuo agricolo, mentre per coltivare la canna non servono fertilizzanti nè acqua, cresce anche su terreni marginali e si taglia una volta all’anno».
Se l’impianto industriale, dopo tante polemiche e resistenze da parte della popolazione e delle associazioni ambientaliste, alla fine sorgerà fuori, forse a Crescentino.
2 commenti:
Sarà che tutto ciò che è bio mi piace, valutate, ma non diciamo sempre NO a priori. Può essere un'opportunità. La decisione va presa da persone competenti, ma la proposta mi sembra buona.
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