venerdì 13 dicembre 2013

Fabrizio Barca: "Se stabilità vuol dire nessun cambiamento, no grazie"


In quest'epoca di diffidenza verso la politica, trovo che svetti la figura di Fabrizio Barca, uno studioso e un pragmatico, persona per benissimo, per il quale mi auguro un futuro degno. Mi piace condividere con voi la sua intervista su La Stampa di oggi, raccolta da Paolo Festuccia. 

Aspettiamo l’Epifania. Ma è già successo molto. Fabrizio Barca, ex ministro del governo Monti, raccoglie ancora appunti per l’Italia. Osserva le prime mosse di Renzi, e
lancia (domani) a Bologna, «I luoghi ideali». Pensando, così «a un partito che nasce anche dalla base, più “glocal” per citare Bassetti, e dove possano con- frontarsi anche un operaio cinese con un imprenditore».
Da Renzi cosa si spetta nelle prossime
settimane?
«E’ già successo molto e mi sembra significativo. Poche ore dopo ha realizzato la frattura generazionale. Ed è la prima volta che moltissimi di noi, non solo per età, vedono all’interno di quell’organo tecnico persone di questo mondo: che si incontrano tra la gente comune, per strada, nei dibattiti: il cambio di composizione che si sta realizzando è davvero interessante».
Può bastare per il rinnovamento radicale cui mira Renzi?
«La sfida del neo segretario è dentro il Pd. Un partito, infatti, che per statuto prevede un organo di indirizzo strategico con duecento persone - che se fosse un’azienda si chiamerebbe cda per intenderci - diventa incapace di raccogliere le indicazioni e le proposte che provengono fuori dall’Italia. Poi c’è un altro aspetto: quello di evitare che il partito sia ancora concepito come uno strumento per occupare incarichi negli enti pubblici».
Un suo vecchio pallino contro le élite e i partiti stato-centrici...
«La fine degli intrecci tra nomine e partiti negli enti sono il segno che l’Italia attende dal Pd. Il partito non può essere un luogo per trovare lavoro più rapidamente o come direbbe meglio Renzi per evitare il vaglio di merito».
Molti pensano che per «sostanza» e contenuti il suo documento sul Pd guardasse più a Cuperlo che ad altri. Lei ha poi scelto Civati perché?
«Forse perché la mia proposta non era tanto concettuale quanto enormemente operativa. E quel mio documento conteneva già in se la voglia di menar le mani nel territorio. L’idea, di un partito che deve tornare a essere mobilitante. Civati di quel documento da il segno pratico».
Come finirà tra azione di rinnovamento del Pd e stabilità di governo?
«La parola stabilità a me non piace. Abbiamo, invece, bisogno di un paese governato. Se stabilità vuol dire nessun cambiamento allora no grazie. Detto questo ci vuole un cambiamento radicale,  ma non significa assolutamente che debba cadere il governo, che ha in- vece almeno due compiti importanti: la legge elettorale e il presidio del ciclo economico su tutto. Dunque, tolto il ter- mine stabilità, che dovrebbe sparire dal vocabolario, non mi sembra che la nomina di Renzi rappresenti automaticamente un elemento che renda meno probabile questo. Anzi, un Pd forte da maggiori garanzie sia sulla legge elettorale che sulle misure giuste da prende- re sul fronte economico».
Cuperlo ha preso tempo per decidere
se accettare o meno la carica di presi-
dente del Pd. Dovrebbe accettarla?
«Nessuno sa meglio di lui cosa fare. Cuperlo è persona di straordinaria umanità, poco incline a mettersi a fare il bilancino».
C’è chi lancia anche lei alla presidenza...
«Sarei ipocrita a dire che non mi fa piacere. Lo prendo come un segno di stima, ma non è detto che sia una buona idea».
Come finirà tra Matteo Renzi e Susanna Camusso?
«Penso che come il sindacato ha cercato, almeno al 99 per cento, di non in- terferire sul congresso Pd, è importante che il partito non lo faccia su quello della Cgil».
Lei ha girato tutto il Paese: ora cosa farà?
«Per il mio lavoro mi occuperò da direttore generale della strategia per le aree interne formalizzate dal ministro Trigilia. Dal venerdì sera, invece, vorrei provare a dimostrare nei fatti che il nuovo Pd si costruisce anche dal basso affiancando sul territorio alcune leadership già interessanti che chiedono cambiamento».
Per questo ha lanciato una raccolta
fondi?
«Serviranno ai volontari come me per avvalersi di una squadra che consenta di lavorare. Il mio operato da ministro si è caratterizzato per la trasparenza. An- che da privato cittadino si può realizza- re, con una piccola comunità di contri- butori. Abbiamo superato i diecimila euro. L’obiettivo è arrivare a 40mila. Massimo 500 euro. Per chi verserà più di 200 euro cucinerò io una cena». 

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