C'è stato anche un mio breve intervento, in apertura, per ricordare l'origine di questa Giornata, istituita nel 2000.
Oggi noi celebriamo, anche con questo spettacolo, la Giornata della Memoria.
Perchè oggi? Perchè il 27 gennaio del 1945, negli ultimi mesi ormai della II guerra mondiale, i soldati dell'Armata Rossa che stavano attaccando da Oriente i soldati della Germania nazista in ritirata liberarono il campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau, il più esteso dei campi di sterminio che i nazisti avevano organizzato nei territori da loro occupati. I soldati trovarono nel campo 2.819 tra uomini e donne ridotti, tutti, a scheletri viventi, solo pelle e ossa; ma trovarono anche 348.820 abiti maschili e 836.255 abiti femminili. In quel campo era passato più di 1 milione di donne e uomini, e ora restavano solo quei 2.819 sopavvissuti. Tutti gli altri erano stati uccisi nelle camere a gas e bruciati nei forni che ancor oggi si vedono.
Un giorno, alcuni tra di voi, forse molti, andranno in Polonia a visitare quei campi di sterminio, e vedranno con i propri occhi montagne di occhiali e di valigie, unico resto terreno di quel milione di corpi vivi passati per il camino, e vedranno di quale inconcepibile violenza possiamo essere capaci noi uomini, quando perdiamo il senso del rispetto degli altri e riduciamo a cose, a numeri, a entità materiali, un uomo o una donna. Nella lucida razionalità alla quale per difenderci vogliamo dare il nome di follia, ma che follia non era affatto, un regime politico – il nazismo – pretendeva di distinguere gli uomini tra esseri superiori ed esseri inferiori, e gli inferiori andavano ammazzati come bestie. Questi esseri inferiori erano gli ebrei, anzitutto, ma poi gli omosessuali, gli handicappati, i comunisti, i sinti, i ROM, i testimoni di Geova, i matti – tutti coloro, insomma, che avevano una identità altra da coloro che si autodefinivano esseri superiori e misuravano la propria superiorità nella diversità degli altri.
Oggi noi celebriamo il Giorno della Memoria perchè siamo consapevoli che quel male antico che accompagna la cancellazione di quanti noi sentiamo come “diversi” da noi fa parte ancora delle nostre società, del nostro modo di vivere e di organizzare la nostra relazione con chi è, o appare, differente, per costume e cultura e abitudini, per il colore della pelle, per la religione che pratica, per le idee che difende.
Attenzione a non credere che l'Olocausto – cioè il genocidio organizzato dai nazisti – sia soltanto un ricordo della Storia passata: quella mentalità e quella cultura si riappropriano di noi ogni qual volta reagiamo con paura e con sentimento di superiorità verso chi vediamo diverso da noi, forse un ebreo, certamente un rumeno o un albanese o un nigeriano, o un omosessuale, o uno sciancato, o un orbo, o una donna. E per qualcuno ancora, perfino un comunista.
La ricchezza dell'umanità è fatta dalla diversità; se fossimo tutti uguali, saremmo soltanto macchine. Ma siamo uomini, con storie, identità, culture, vite, tutte differenti, e però tutte ugualmente significative perchè tutte apportatrici di contributi capaci di costruire la complessità del genere umano. Negare l'umanità del diverso da noi significa negare la nostra stessa umanità: non dimenticate che l'uomo nasce nel cuore dell'Africa, là dove vivono quegli uomini e donne neri che noi consideriamo inferiori a noi e che sono invece i nostri stessi progenitori.
Conserviamo quindi la memoria della nostra identità, perchè ciascuno di noi è anche quel nero, quel rumeno, quel marocchino, quello zingaro, quell'omosessuale che giudichiamo con tanto disprezzo, o con tanta paura.
Viviamo in un tempo nel quale l'accelerazione e la velocizzazione sembrano essere le forme identitarie del nostro costume quotidiano: tutto è rapido, veloce, si consuma in un baleno sostituito subito da altro che si consuma altrettanto rapidamente, un i-phone dietro l'altro, un videogioco che subito è un altro, un modello di i-pad che non hai nemmeno il tempo di conoscere e già ce n'è un altro più avanzato. Tutto si brucia in pochissimi attimi.
Eppure, noi siamo la nostra memoria; senza la memoria noi siamo soltanto un corpo di carne e di ossa. Nella società liquida che siamo diventati, dove valori e principi diventano subito polvere del passato e rischiamo di non capire nemmeno più chi siamo e ciò che vogliamo, celebrare il Giorno della Memoria vuol dire non soltanto voler ricordare che c'è stato un tempo nel quale si ammazzava e si sterminava chiunque veniva indicato come il nostro avversario, il nemico di cui avere paura, ma vuol dire anche riconoscere nella diversità dell'altro la ricchezza della nostra comune identità, marocchini e crescentinesi, nigeriani e trinesi, omosessuali e rumeni, albanesi e musulmani, calabresi ed ebrei. Tutti uguali nella nostra diversità, tutti uomini e donne, loro come noi, noi come loro.
5 commenti:
ha dimenticato di dire cosa vuol dire Oggi essere cristiano in un paese mussulmano , essere europeo in alcuni paese africani o medioorientali.
Oppure essere donna in india o nel mondo arabo.
Come certe culture tribali o integraliste siano simili all' arianesimo.
Luisa
le consiglio un sito , ovviamente faccia altrettanto lei
http://tuttiicriminidegliimmigrati.com/
Grazie ai ragazzi e agli insegnanti di Monteu da Po per questo spettacolo testimonianza, e un plauso all'amministrazione di Crescentino in specil modo alla Ravarino e a te Marinella per aver offerto una cosi bella occasione onorare il giorno della Memoria.
Sui crescentinesi assenti stendo un pietoso velo
Sa una cosa Sindaca, quello che prevale in questo momento non è tanto il rifiuto del diverso in quanto tale (il "razzismo doc", quello puro, ovviamente continua ad esistere)ma quello che io chiamo "istinto di sopravvivenza" che ci fa percepire il comportamento del diverso (soprattutto quello dello straniero)come "attentatore" della nostra libertà. Mi spiego meglio: è un momento di crisi diffusa, c'è chi ha perso il lavoro o chi rischia di perderlo e le tasse continuano a salire; il fatto che queste tasse non solo derivino dal dover "mantenere" i molti disoccupati "nostrani" ma anche gli ormai molti stranieri che vivono praticamente "sulle nostre spalle", reclamando diritti senza elargire neanche un dovere...bhe è molto difficile intravedere in questo una qualche forma di "arricchimento" culturale...
Cara Luisa, no che non dimentico, si sarà accorta che anche essere donna qui, a Crescentino come dovunque, non è che in questo momento sia una gran cosa. Me ne accorgo io tutti i giorni, per dire...
Cara Cittadina, ma lei scrive così bene, che peccato che non si firma. Accidenti mi spiace. E comunque capisco, si figuri se non capisco. Ma tutto il mondo sta andando in questa direzione, e noi italiani stiamo peggio di tanti altri (ma meglio di altri ancora, guardarsi sempre alle spalle fa bene, glielo consiglio).
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