giovedì 29 aprile 2010
Il supermercato si fa, Piazza Caretto pure
L'autorizzazione al supermercato di via Viotti, non superando i 1.500 metri di ampiezza, rientra fra le prerogative del Comune di Crescentino.
Giova ricordare che la pratica, giacente negli uffici da prima della primavera scorsa, è stata mandata avanti dagli uffici competenti durante i sei mesi di commissariamento di Crescentino, e poi approvata dal nuovo Consiglio Comunale.
I lavori inizieranno quando saranno scaduti (e se senza conseguenze) i termini del ricorso al TAR (fra maggio e giugno), e dovrebbero interessare contestualmente il completamento del viale che va dal viale IX Martiri fino alle Scuole Medie.
Un ampliamento di circa 300 metri è stato già richiesto dalla proprietà non più in Comune ma in Regione; anche nel caso in cui fosse concesso, non altererebbe la struttura così com'è stata progettata, ma solo i volumi interni.
Lunedì 3 invece ci sarà la consegna dei lavori alla ditta di Pinerolo che si è aggiudicata l'appalto per il rifacimento di Piazza Caretto, del tratto di via Roma e via Mazzini prospicenti la piazza stessa, nonché (per la seconda fase) della rimessa in piano delle pietre dei portici. Si procederà a segmenti, cercando di danneggiare il commercio il meno possibile, ma si metteranno finalmente al riparo da eventuali cadute i cittadini e i visitatori. Un'opera attesa da decenni.
Si valuta che la ditta comincerà intorno al 10 maggio.
mercoledì 28 aprile 2010
Per una cena in più
E' corso via a metà Consiglio, il consigliere Piolatto. Sento dire che c'era una festa del Consigliere Pedrale a Vercelli, alla quale non poteva mancare.
Il Consiglio, in realtà, è cominciato solo a quel punto, con importantissimi punti di bilancio, e tra gli altri pure l'istituzione di un mercatino del martedì' al Villaggio Fiat, per frutta e verdura. Peccato, andar via quando cominciava il lavoro vero del Consiglio. Ma una festa è una festa, soprattutto quelle feste lì.
Fino alle 23 si sono dibattute interrogazioni e interpellanze, lo spettacolo che riserva colpi di scena meglio di "Ballarò". E infatti il pubblico si è divertito, e molta gente è andata via con Piolatto, anche se non andava alla festa del Pedrale. Ma il divertimento era finito.
Debbo dire che Piolatto, nella prima parte, è stato mattatore: soprattutto perché si è incapponito ormai dall'8 marzo scorso a trovare segni di mia scorrettezza per aver promosso la famosa cena "Donne in cerca di guai", insieme con il Comune di Verrua.
E' la seconda volta che ci torna sopra. Voleva sapere - è suo diritto - quanto avevamo speso per promuovere quella cena. Abbiamo fatto i conti, in Comune: 5 euro e mezzo, il prezzo di una risma di carta per stampare i volantini gialli. Perché la cena se la sono pagata le donne che c'erano venute - una sessantina di ogni età ed estrazione sociale - e nel prezzo (mi pare 17 euro) era compresa la musica, la luce e quant'altro. Qualcuna si era pure lamentata che c'era poco da mangiare, ma a me non è proprio sembrato così.
Ma quello che non gli è andato giù è il fatto che io in una intervista alla Sesia avessi annunciato la presenza di due candidate, che avevano avvertito del loro arrivo, ed erano del Pd. C'erano le elezioni...
E' colpa mia se non è venuta nessuna donna del PDL o della Lega? Le avrei annunciate volentieri. Gli uomini non sanno che le donne ci godono ad avere altre donne importanti, al loro fianco.
Io non ho telefonato a nessuno, non ho fatto inviti personali. Lui ci ha visto invece mire recondite, nella cena dei guai, invece che la voglia di un sindaco donna di festeggiare con altre donne. Mi dispiace che non sia venuta sua moglie, gli ho detto; non gli è piaciuta neanche questa.
Ma il fatto che tante cose non gli siano piaciute, non autorizza il tono di vaga minaccia che ha utilizzato nel rispondermi, e il paragone che ha tirato fuori con l'ex presidente della Provincia Masoero e con i suoi reati.
Per la cena delle donne, dove io ho pagato la mia parte, e dopo che gli ho detto i costi, mi tira fuori Masoero.
Morale. Gli ho detto che risentirò la registrazione, per vedere se ravviso gli estremi per una denuncia.
Mi spiace per lui, ma in quel calderone non ci vado.
lunedì 26 aprile 2010
Il discorso di Napolitano alla Scala
Signora Sindaco, Signor Presidente della Provincia, Signor Presidente della Regione, Signori rappresentanti del Comitato Antifascista e di tutte le associazioni partigiane e combattentistiche, Signor Presidente del Consiglio, Onorevoli parlamentari, Autorità, cittadini di Milano,
si può facilmente comprendere con quale animo io abbia accolto l’invito a celebrare a Milano il 65° anniversario della Liberazione. Con animo grato, per la speciale occasione che mi veniva offerta, con viva emozione e con grande rispetto per quel che Milano ha rappresentato in una stagione drammatica, in una fase cruciale della storia d’Italia. E tanto più forte è l’emozione nel rivolgere questo mio discorso al paese dal palcoscenico del glorioso Teatro La Scala, che seppe risollevarsi dai colpi distruttivi della guerra per divenire espressione e simbolo, nel mondo intero, della grande tradizione musicale e culturale italiana.Si, viva e sincera è la mia emozione perché fu Milano che assunse la guida politica e militare della Resistenza. Nel gennaio del 1944, il Comitato di Liberazione Nazionale lombardo venne investito dal CLN di Roma - nella prospettiva di una non lontana liberazione della capitale, e di una separazione dell’Italia settentrionale dal resto d’Italia - dei poteri di "governo straordinario del Nord".
Esso si trasformò così in Comitato Nazionale di Liberazione per l’Alta Italia e si mise all’opera per assicurare la massima unitarietà di orientamenti e di direttive al movimento di liberazione. Più avanti - superata la crisi dell’inverno 1944 e avvicinandosi la fase conclusiva della lotta - si costituirà, per assicurare anche sul piano militare la necessaria unitarietà di direzione, il Comando generale del Corpo Volontari della Libertà : lo guiderà il generale Raffaele Cadorna. Seguono ben presto i piani pre-insurrezionali, che vedono al primo posto il cruciale obbiettivo della difesa degli impianti dalle minacce di distruzione tedesche, e infine i piani operativi per l’insurrezione, soprattutto nelle tre città-chiave della Resistenza nel Nord, Torino, Milano, Genova.Nel piano di Milano, di lì irradiandosi le direttive per tutta la periferia, è previsto l’impiego di 32 mila partigiani.
L’insurrezione si prepara come sbocco, sempre più maturo, dello sviluppo - con l’approssimarsi della primavera, e al prezzo di duri sforzi e sacrifici - delle azioni partigiane (2 mila nell’area di Milano tra febbraio e aprile) ; essa non è dunque la fiammata di un giorno glorioso, ma il frutto di una lunga, eroica semina e di una sapiente organizzazione finale.Genova è la prima ad insorgere, per decisione presa dal CLN già la sera del 23 aprile ; il piano si snoda attraverso momenti drammatici e prove magnifiche da parte delle squadre partigiane, e si conclude la sera del 25 con la firma, da parte del generale Meinhold, dell’atto di resa delle forze armate germaniche alle Forze Armate del Corpo Volontari della Liguria e, per esse, al Presidente del CLN di Genova. Ne dà l’annuncio alla radio Paolo Emilio Taviani, tra i protagonisti dell’insurrezione, con le solenni parole : "Per la prima volta nella storia di questa guerra un corpo d’Esercito si è arreso dinanzi alle forze spontanee di popolo".A Milano, la decisione viene presa, l’ordine viene impartito, per il 25 aprile - in rapporto con le notizie provenienti da Genova - dal Comitato insurrezionale : Sandro Pertini, Emilio Sereni, Leo Valiani. Cade, già nel pomeriggio del 24, prima vittima, Gina Galeotti Bianchi, dirigente dei Gruppi di difesa delle donne, la partigiana Lia, ricordata e onorata proprio giorni fa alla Camera dei Deputati. La mattina del 25 Sandro Pertini, già impegnatosi in audaci azioni di attacco, accorre alla fabbrica CGE, dinanzi ai cui cancelli due operai, precedentemente rinchiusi a San Vittore, sono stati trascinati e brutalmente uccisi anche per intimorire le maestranze : Pertini parla ai lavoratori nel piazzale portando l’appello del Comitato insurrezionale.
La sera del 26 Milano è praticamente liberata. Gli ultimi reparti tedeschi capitoleranno all’arrivo in città delle divisioni partigiane dell’Oltrepo pavese.In quei tesissimi giorni, si consumeranno a Milano anche gli ultimi tentativi di impossibili trattative cui si erano mostrati ambiguamente disponibili i capi fascisti. E a Milano si compì poi il tragico epilogo dell’avventura mussoliniana, in uno scenario di orrore che replicò altri orrori inscenati nello stesso luogo di Piazzale Loreto. La guerra era finita, con la vittoria delle forze alleate ; e insieme era finita, con la sconfitta del fascismo repubblichino, anche la guerra civile fatalmente intrecciatasi con la Resistenza.
Nel Campo della gloria al Cimitero maggiore verranno raccolti i resti mortali, verranno scolpiti i nomi, di 4.134 cittadine e cittadini milanesi caduti per la libertà tra l’8 settembre 1943 e la primavera del ’45, di 2.351 partigiani del Corpo Volontari della Libertà.
Ho voluto partire da un sommario richiamo a drammatici eventi, a memorabili momenti della storia della Resistenza - per quanto più volte e più puntualmente ripercorsi nelle celebrazioni del 25 aprile - perché mai in queste celebrazioni, e dunque nemmeno in quella di oggi, si può smarrire il riferimento ai fatti, al vissuto, a quel che fu un viluppo di circostanze concrete, di dilemmi, di scelte difficili, di decisioni coraggiose e costose, di sconfitte e di successi ; non si può mai smarrire il riferimento a tutto ciò, rinunciare a ricostruire e tramandare costantemente quelle esperienze reali, se non si vuole ridurre il movimento di Liberazione a immagine sbiadita o ad oggetto di dispute astratte.
Nella mia rapida rievocazione del ruolo di Milano in quegli eventi, è risuonato il nome di Sandro Pertini. E non c’è migliore occasione di questa per ricordarlo a vent’anni dalla scomparsa. Perché il suo nome spicca in tutto il percorso della Resistenza, tra quelli che da Milano la guidarono, come protagonisti del Comitato di Liberazione Alta Italia, del Comando del Corpo Volontari della Libertà, del Comitato insurrezionale.Fu combattente instancabile, senza eguali per slancio, audacia, generosità, a cominciare dalla partecipazione - all’indomani dell’armistizio dell’8 settembre - al disperato tentativo di resistere ai tedeschi nel cuore di Roma, a Porta San Paolo, dopo che il Re è fuggito a Pescara e la capitale è stata militarmente abbandonata. Pertini è lì, reduce da lunghi anni di carcere, di confino e di esilio ; è lì anche da vecchio combattente, medaglia d’argento, della prima guerra mondiale. Ne uscirà capo dell’organizzazione militare del Partito socialista per l’Italia centrale occupata.Ma già il 15 ottobre viene arrestato, insieme con Giuseppe Saragat e altri socialisti, invano interrogato per due giorni e due notti in Questura, rinchiuso a Regina Coeli (inizialmente nel braccio tedesco), fino a quando tutto il gruppo dei sette socialisti poté evaderne grazie a un piano ingegnoso che ebbe tra i suoi registi un grande patriota, poi eminente giurista e uomo pubblico, Giuliano Vassalli.Pertini riprese così il suo posto nella lotta contro l’occupazione tedesca, cui si dedicò, da Roma, in tutti i primi mesi del ’44 : il 3 aprile Vassalli fu trascinato nella famigerata via Tasso e sottoposto ad ogni violenza dalle SS.
Nel mese successivo si avviano colloqui al più alto livello in Vaticano con il comandante delle SS in Italia per evitare la distruzione della capitale (e da quei contatti scaturì anche la liberazione di Vassalli). Il progetto dell’insurrezione a Roma viene accantonato ; Pertini sceglie allora, a metà maggio, di partire per Milano, perché "lassù" - disse - "c’era tanto da fare e da combattere". E da Milano si muoverà per portare il suo contributo e il suo impulso in tutto il Nord.A luglio è chiamato a Roma per consultazioni politiche : ma si ferma a Firenze per partecipare all’insurrezione fino a liberare la città dai tedeschi. Giunto a Roma, freme per tornare al più presto a Milano: e per raggiungere quella meta compie un viaggio quanto mai avventuroso, in aereo fino a Digione in Francia, e poi valicando con una guida il Monte Bianco. Di lì a Cogne e a Torino, e finalmente a Milano, in tempo per contribuire a organizzare e guidare la fase finale della guerra di Liberazione.L’immagine conclusiva del suo impegno - come poi dirà la motivazione della medaglia d’oro al valor militare - di "prezioso e insostituibile animatore e combattente" della Resistenza, è rimasta consegnata alla fotografia che lo ritrae mentre tiene il suo primo discorso, dopo decenni di privazione della libertà, il 26 aprile 1945 a Piazza del Duomo.
E’ stato - dobbiamo dirlo - un onore per l’Italia, un onore per la Repubblica, avere tra i suoi Presidenti Sandro Pertini.L’omaggio che oggi gli rendo, anche con forte sentimento personale per il rapporto che ci fu tra noi, vorrei fosse però incitamento ed auspicio per un nuovo, deciso impegno istituzionale, politico, culturale, educativo diretto a far conoscere e meditare vicende collettive ed esempi personali che danno senso e dignità al nostro essere italiani come eredi di ispirazioni nobilissime, di insegnamenti altissimi, più forti delle meschinità e delle degenerazioni da cui abbiamo dovuto risollevarci. Un impegno siffatto è mancato, o è sempre rimasto molto al di sotto del necessario.
Abbiamo esitato, esitiamo a presentare in tutte le sue luci il patrimonio che ci ha garantito un posto più che degno nel mondo : esitiamo per eccessiva ritrosia, per timore, oltre ogni limite, della retorica e dei miti, o per sostanziale incomprensione del dovere di affermare, senza iattanza ma senza autolesionismi, quel che di meglio abbiamo storicamente espresso e rappresentiamo.E questo amaro discorso vale per le grandi pagine e le grandi figure del processo che condusse, 150 anni fa, all’Unità d’Italia ; così come per le più luminose pagine e figure dell’antifascismo e della Resistenza. Perfino a Sandro Pertini, che pure è stato Presidente amato e popolare, non abbiamo - al di là di quel che con affetto lo ricorda nella sua terra natale - saputo dedicare un memorial, un luogo di memorie, come quelli che in grandi paesi democratici (si pensi agli Stati Uniti d’America) onorano e fanno vivere le figure dei maggiori rappresentanti della storia, per quanto travagliata, della nazione.
Eppure, l’identità, la consapevolezza storica, l’orgoglio nazionale di un paese traggono forza dalla coltivazione e valorizzazione di fatti, di figure, di simboli, in cui il popolo, in cui i cittadini possano riconoscersi traendone motivi di fierezza e di fiducia.Naturalmente, l’impegno che sollecito, riferito alla Resistenza, esige - per dispiegarsi pienamente, per ottenere riscontri positivi e suscitare il più largo consenso - la massima attenzione nel declinare correttamente il significato e l’eredità della Resistenza, in termini condivisibili, non restrittivi e settari, non condizionati da esclusivismi faziosi.
Guardiamo, per intenderci, a quel che si legge nel Diario di Benedetto Croce, alla data del 26 aprile 1945 : "Grande sollievo per la rapida liberazione dell’alta Italia dai tedeschi senza le minacciate e temute distruzioni, e per opera dei patrioti e partigiani, che è gran beneficio, anche morale, per l’Italia".Poche essenziali parole, con le quali il grande uomo di pensiero e di cultura liberale scolpì il valore della conclusione vittoriosa della Resistenza. Valore nazionale, per il "gran beneficio anche morale" assicurato all’Italia restituendole piena dignità di paese libero, liberatosi con le sue forze, di concerto con la determinante avanzata degli eserciti alleati ma senza restare inerte ad attenderne il trionfo. Chi può negare che l’apporto delle forze angloamericane fu decisivo per schiacciare la macchina militare tedesca, per scacciarne le truppe dal territorio italiano che occupavano e opprimevano? Certamente nessuno, ma è egualmente indubbio che il generoso contributo italiano, contro ogni comodo e calcolato attendismo, ci procurò un prezioso riconoscimento e rispetto.
E ho citato Benedetto Croce perché le parole, prive di ogni ombra di retorica ma così significative e lineari, di un’eminente figura dell’Italia prefascista, lontanissima dalle correnti ideali e politiche che attraversarono più ampiamente il moto resistenziale e che sarebbero risultate maggioritarie al momento della nascita della Repubblica, danno il segno di un’obbiettiva definizione del 25 aprile come storica giornata di riscatto nazionale, al di là di ogni caratterizzazione di parte.
Che cosa era in effetti accaduto in quei venti mesi tra l’8 settembre 1943 e il 25 aprile 1945? Che cosa era accaduto a partire dal momento della presa d’atto - con l’armistizio - della disfatta in cui era culminata la disastrosa guerra voluta da Mussolini al fianco della Germania hitleriana? Che cosa era accaduto da quello che fu il momento del collasso dello Stato sabaudo fascistizzato e di un generale, pauroso sbandamento del paese, ma anche il momento dei primi segni di una nuova volontà di resistenza al sopruso e all’oppressione, di ritrovamento della propria fierezza e identità di italiani?Era accaduto che nell’esperienza della partecipazione alla Resistenza, in tutte le sue forme ed espressioni, si era riscoperto, recuperato, rinnovato, un sentimento, un fondamentale riferimento emotivo e ideale che sembrava essersi dissolto.
Praticamente dissolto, come aveva detto - già mesi prima della caduta del fascismo - lo stesso Benedetto Croce, in uno scritto che circolò clandestinamente : "Risuona oggi, alta su tutto, la parola libertà ; ma non un’altra che un tempo andava a questa strettamente congiunta : la patria, l’amore della patria, l’amore, per noi italiani, dell’Italia.Perché?Perché ... la ripugnanza sempre crescente contro il nazionalismo si è tirata dietro una sorta di esitazione e di ritrosia a parlare di ’patria’ e di ’amor di patria’.
Ma se ne deve riparlare, e l’amor della patria deve tornare in onore appunto contro il cinico e stolido nazionalismo, perché esso non è affine al nazionalismo, ma il suo contrario."Ebbene, con la Resistenza, di fronte alla brutalità offensiva e feroce dell’occupazione nazista, rinacque proprio l’amore, il senso della patria, il più antico e genuino sentimento nazionale. "Le parole ’patria’ e ’Italia’" - scrisse poi una sensibilissima scrittrice, Natalia Ginzburg - che erano divenute "gonfie di vuoto", ci apparvero d’un tratto senza aggettivi e così trasformate che ci sembrò di averle udite e pensate per la prima volta."
E Carlo Azeglio Ciampi ha richiamato autobiograficamente il momento del "collasso dello Stato" nel settembre ’43, quando lui e tanti altri "trovarono nelle loro coscienze l’orientamento", perché in esse "vibrava profondo il senso della Patria".Personalmente, ho più volte ribadito come non ci si debba chiudere in rappresentazioni idilliache e mitiche della Resistenza e in particolare del movimento partigiano, come non se ne debbano tacere i limiti e le ombre, come se ne possano mettere a confronto diverse letture e interpretazioni : senza che ciò conduca, sia chiaro, a sommarie svalutazioni e inaccettabili denigrazioni.
E’ comunque un fatto che anche studiosi attenti a cogliere le molteplici dimensioni del fenomeno della Resistenza, compresa quella di "guerra civile", non ne abbiano certo negato o sminuito quella di "guerra patriottica".D’altronde, le "lettere dei condannati a morte della Resistenza" restano la più ricca, drammatica testimonianza delle motivazioni patriottiche dell’impegno e del sacrificio di tanti partigiani, soprattutto giovani partigiani.E quando parlo di tutte le forme e le espressioni di partecipazione alla Resistenza, attraverso le quali si è compiuta una vera e propria riscoperta del senso della patria e della nazione, mi riferisco in special modo alla rilevantissima componente costituita dal concorso dei militari al moto di liberazione, di riconquista della libertà e dell’indipendenza del paese : dai contingenti militari regolari chiamati a durissime prove all’indomani dell’armistizio - a Cefalonia, per non ricordare che un luogo-simbolo di quelle manifestazioni di eroico senso dell’onore e coraggio - agli ufficiali e ai soldati che si unirono alle formazioni partigiane, alle centinaia di migliaia di internati in Germania in campi di concentramento, alle nuove forze armate che si raccolsero nel Corpo Italiano di Liberazione.
A queste ultime ho dedicato lo scorso anno la cerimonia del 25 aprile a Mignano Montelungo, che fu teatro, nel dicembre 1943, di un’aspra battaglia e costituì "il battesimo di sangue del rinato Esercito italiano".
Quell’azione dei nostri soldati fu esaltata dal Generale Clark, Comandante della V Armata americana, come esempio di determinazione per liberare il proprio paese dalla dominazione tedesca : "un esempio - egli disse - per i popoli oppressi d’Europa".Naturali portatori, nella Resistenza, del senso della patria e della nazione furono i militari, e tra essi quelli che si unirono alle formazioni partigiane, che si collocarono nelle strutture clandestine del movimento di Liberazione. Ne furono portatori anche in termini di continuità, sia pure nel travaglio della partecipazione a una guerra antitetica a quella precedentemente combattuta.
Un travaglio che si coglie nella lettera indirizzata alla moglie dal generale Giuseppe Perotti all’indomani della condanna a morte decretata dal Tribunale Speciale, e alla vigilia della fucilazione al Martinetto in Torino : egli scrive di un esito tragico, che "non so come classificare", di un "destino imperscrutabile" che comunque lo conduce a morire in guerra. In quegli stessi giorni, il più giovane capitano Franco Balbis, arrestato e fucilato, il 5 aprile 1944, insieme col generale Perotti e con altri, tutti membri del Comitato Militare Regionale Piemontese, scrive alla madre di offrire la sua vita "per ricostruire l’unità italiana" dopo aver servito la Patria "sui campi d’Africa", e chiede che si celebrino "in una chiesa delle colline torinesi due messe", nell’anniversario della battaglia di Ain El Gazala e di quella di El Alamein, nelle quali aveva valorosamente combattuto.
Emerge in effetti da tante di quelle estreme motivazioni del proprio impegno e del proprio sacrificio, come nella scelta di schierarsi fino in fondo con la Resistenza avessero finito per confluire ideali di liberazione sociale, visioni universalistiche, aspirazioni a "un mondo migliore", consapevolezza antifascista, sete di libertà, e amore per l’Italia. E l’elemento unificante non poteva che essere questo, l’attaccamento alla propria terra, alla Patria, la volontà di liberarla. Ritorno sulle parole del capitano Balbis : "ricostruire l’unità italiana", come supremo obbiettivo per cui sacrificare la vita.
Si, vedete, amici, il 25 aprile è non solo Festa della Liberazione : è Festa della riunificazione d’Italia. Dopo essere stata per 20 mesi tagliata in due, l’Italia si riunifica, nella libertà e nell’indipendenza. Se ciò non fosse accaduto, la nostra nazione sarebbe scomparsa dalla scena della storia, su cui si era finalmente affacciata come moderno Stato unitario nel 1861, con il compimento del moto risorgimentale.Gli storici hanno analizzato anche l’aspetto del ricollegarsi della Resistenza al Risorgimento, ne hanno con misura pesato i molti segni, nella pubblicistica politica, nelle dichiarazioni programmatiche, negli stessi nomi delle formazioni partigiane, nello spirito che animava i militari deportati e internati in Germania.
E se hanno poi potuto apparire abusate certe formule, e poco fondate le facili generalizzazioni, resta il fatto che la memoria del Risorgimento, il richiamo a quell’eredità - per quanto venisse assunto ambiguamente anche dall’altra parte - fu componente importante della piattaforma ideale della Resistenza.Si trattò di un decisivo arricchimento di quella che era e rimase la matrice antifascista della guerra di Liberazione : nel più ampio e condiviso sentimento della Nazione, nel grande alveo della guerra patriottica si raccolsero forze che non erano state partecipi dell’antifascismo militante e fresche energie rappresentative di nuove, giovanissime generazioni. E questa caratterizzazione più ricca, e sempre meno di parte, della Resistenza si rispecchiò più tardi nel confronto costituente, nel disegno e nei principi della Costituzione repubblicana.Se nella Costituzione possono ben riconoscersi - come dissi celebrando il 25 aprile due anno orsono a Genova, e come voglio ripetere - anche quanti vissero diversamente dai combattenti della libertà i drammatici anni 1943-45, "anche quanti ne hanno una diversa memoria per esperienza personale o per giudizi condivisi", è perché la Carta approvata nel ’47 sancì - dandovi solide basi democratiche - una rinnovata identità e unità della nazione italiana.Mi auguro che in questo spirito si celebri il 65° anniversario della Liberazione e Riunificazione d’Italia.
"Il nostro paese ha un debito inestinguibile" - da detto un anno fa in un impegnativo discorso a Onna in Abruzzo il Presidente del Consiglio - "verso quei tanti giovani che sacrificarono la vita per riscattare l’onore della patria...........": ricordando con rispetto "tutti i caduti", senza che "questo significhi neutralità o indifferenza".
Si tratta in effetti di celebrare il 25 aprile nel suo profondo significato nazionale ; ed è così che si stabilisce un ponte ideale con il prossimo centocinquantenario della nascita dello Stato unitario.Mi si permetterà, credo, di ignorare qualche battuta sgangherata, che qua e là si legge, sulla ricorrenza del prossimo anno. Siamo chiari. Se noi tutti, Nord e Sud, tra l’800 e il 900, entrammo nella modernità, fu perché l’Italia si unì facendosi Stato ; se, 150 anni dopo, siamo un paese democratico profondamente trasformatosi, tra i più avanzati in quell’Europa integrata che abbiamo concorso a fondare, è perché superammo i traumi del fascismo e della guerra, recuperando libertà e indipendenza, ritrovando la nostra unità.Quella unità rappresenta oggi, guardando al futuro, una conquista e un ancoraggio irrinunciabili. Non può formare oggetto di irrisione, né considerarsi un mito obsoleto, un residuo del passato. Solo se ci si pone fuori della storia e della realtà si possono evocare con nostalgia, o tornare a immaginare, più entità statuali separate nella nostra penisola.
Come bene intesero tutte le correnti e le figure di spicco del Risorgimento, l’Italia è chiamata a vivere come nazione e come Stato nell’unità del suo territorio, della sua lingua, della sua storia. Se non si consolidasse questa unità, finiremmo ai margini del processo di globalizzazione - che vede emergere nuovi giganti nazionali in impetuosa crescita - e anche ai margini del processo di integrazione europeo.Un’ Europa sempre più integrata e assertiva sulla base di istituzioni comuni è la sola dimensione entro la quale gli stessi Stati nazionali più forti del nostro continente potranno far valere insieme il loro patrimonio storico, la loro capacità di contribuire allo sviluppo di un più giusto e bilanciato sviluppo globale il cui baricentro si sta assestando lontano da noi. Ma non c’è nessuna contraddizione tra l’imperativo dell’integrazione, la salvaguardia della diversità delle tradizioni e delle culture nazionali, il rafforzamento della coesione e dell’unità nazionale di ciascuno Stato membro dell’Unione.
Per contare in Europa e per contare nel mondo di oggi e di domani, la nostra unità nazionale resta punto di forza e leva essenziale. Unità nazionale che non contrasta ma si consolida e arricchisce con il pieno riconoscimento e la concreta promozione delle autonomie, come d’altronde vuole la Costituzione repubblicana : quelle autonomie regionali e locali, di cui si sta rinnovando e accrescendo il ruolo secondo un’ispirazione federalistica.Questa è la strada per far crescere di più e meglio tutto il nostro paese, in vista di obbiettivi che mai come ora ci appaiono critici e vitali per garantire innanzitutto il diritto al lavoro e prospettive di futuro per le giovani generazioni.La complessità dei problemi che si sono venuti accumulando nei decenni dell’Italia repubblicana - talvolta per eredità di un più lontano passato - esige un grande sforzo collettivo, una comune assunzione di responsabilità.
Questa esigenza non può essere respinta, quello sforzo non può essere rifiutato, come se si trattasse di rimuovere ogni conflitto sociale e politico, di mortificare una naturale dialettica, in particolare, tra forze di maggioranza e forze di opposizione. Si tratta invece di uscire da una spirale di contrapposizioni indiscriminate, che blocca il riconoscimento di temi e impegni di più alto interesse nazionale, tali da richiedere una limpida e mirata convergenza tra forze destinate a restare distinte in una democrazia dell’alternanza.All’auspicabile crearsi di questo nuovo clima, può contribuire non poco il diffondersi tra gli italiani di un più forte senso dell’identità e unità nazionale.
Così ritengo giusto che si concepisca anche la celebrazione di anniversari come quello della Liberazione, al di là, dunque, degli steccati e delle quotidiane polemiche che segnano il terreno della politica. Le condizioni sono ormai mature per sbarazzare il campo dalle divisioni e incomprensioni a lungo protrattesi sulla scelta e sul valore della Resistenza, per ritrovarci in una comune consapevolezza storica della sua eredità più condivisa e duratura. Vedo in ciò una premessa importante di quel libero, lungimirante confronto e di quello sforzo di raccoglimento unitario, di cui ha bisogno oggi il paese, di cui ha bisogno oggi l’Italia.
GIORGIO NAPOLITANO
si può facilmente comprendere con quale animo io abbia accolto l’invito a celebrare a Milano il 65° anniversario della Liberazione. Con animo grato, per la speciale occasione che mi veniva offerta, con viva emozione e con grande rispetto per quel che Milano ha rappresentato in una stagione drammatica, in una fase cruciale della storia d’Italia. E tanto più forte è l’emozione nel rivolgere questo mio discorso al paese dal palcoscenico del glorioso Teatro La Scala, che seppe risollevarsi dai colpi distruttivi della guerra per divenire espressione e simbolo, nel mondo intero, della grande tradizione musicale e culturale italiana.Si, viva e sincera è la mia emozione perché fu Milano che assunse la guida politica e militare della Resistenza. Nel gennaio del 1944, il Comitato di Liberazione Nazionale lombardo venne investito dal CLN di Roma - nella prospettiva di una non lontana liberazione della capitale, e di una separazione dell’Italia settentrionale dal resto d’Italia - dei poteri di "governo straordinario del Nord".
Esso si trasformò così in Comitato Nazionale di Liberazione per l’Alta Italia e si mise all’opera per assicurare la massima unitarietà di orientamenti e di direttive al movimento di liberazione. Più avanti - superata la crisi dell’inverno 1944 e avvicinandosi la fase conclusiva della lotta - si costituirà, per assicurare anche sul piano militare la necessaria unitarietà di direzione, il Comando generale del Corpo Volontari della Libertà : lo guiderà il generale Raffaele Cadorna. Seguono ben presto i piani pre-insurrezionali, che vedono al primo posto il cruciale obbiettivo della difesa degli impianti dalle minacce di distruzione tedesche, e infine i piani operativi per l’insurrezione, soprattutto nelle tre città-chiave della Resistenza nel Nord, Torino, Milano, Genova.Nel piano di Milano, di lì irradiandosi le direttive per tutta la periferia, è previsto l’impiego di 32 mila partigiani.
L’insurrezione si prepara come sbocco, sempre più maturo, dello sviluppo - con l’approssimarsi della primavera, e al prezzo di duri sforzi e sacrifici - delle azioni partigiane (2 mila nell’area di Milano tra febbraio e aprile) ; essa non è dunque la fiammata di un giorno glorioso, ma il frutto di una lunga, eroica semina e di una sapiente organizzazione finale.Genova è la prima ad insorgere, per decisione presa dal CLN già la sera del 23 aprile ; il piano si snoda attraverso momenti drammatici e prove magnifiche da parte delle squadre partigiane, e si conclude la sera del 25 con la firma, da parte del generale Meinhold, dell’atto di resa delle forze armate germaniche alle Forze Armate del Corpo Volontari della Liguria e, per esse, al Presidente del CLN di Genova. Ne dà l’annuncio alla radio Paolo Emilio Taviani, tra i protagonisti dell’insurrezione, con le solenni parole : "Per la prima volta nella storia di questa guerra un corpo d’Esercito si è arreso dinanzi alle forze spontanee di popolo".A Milano, la decisione viene presa, l’ordine viene impartito, per il 25 aprile - in rapporto con le notizie provenienti da Genova - dal Comitato insurrezionale : Sandro Pertini, Emilio Sereni, Leo Valiani. Cade, già nel pomeriggio del 24, prima vittima, Gina Galeotti Bianchi, dirigente dei Gruppi di difesa delle donne, la partigiana Lia, ricordata e onorata proprio giorni fa alla Camera dei Deputati. La mattina del 25 Sandro Pertini, già impegnatosi in audaci azioni di attacco, accorre alla fabbrica CGE, dinanzi ai cui cancelli due operai, precedentemente rinchiusi a San Vittore, sono stati trascinati e brutalmente uccisi anche per intimorire le maestranze : Pertini parla ai lavoratori nel piazzale portando l’appello del Comitato insurrezionale.
La sera del 26 Milano è praticamente liberata. Gli ultimi reparti tedeschi capitoleranno all’arrivo in città delle divisioni partigiane dell’Oltrepo pavese.In quei tesissimi giorni, si consumeranno a Milano anche gli ultimi tentativi di impossibili trattative cui si erano mostrati ambiguamente disponibili i capi fascisti. E a Milano si compì poi il tragico epilogo dell’avventura mussoliniana, in uno scenario di orrore che replicò altri orrori inscenati nello stesso luogo di Piazzale Loreto. La guerra era finita, con la vittoria delle forze alleate ; e insieme era finita, con la sconfitta del fascismo repubblichino, anche la guerra civile fatalmente intrecciatasi con la Resistenza.
Nel Campo della gloria al Cimitero maggiore verranno raccolti i resti mortali, verranno scolpiti i nomi, di 4.134 cittadine e cittadini milanesi caduti per la libertà tra l’8 settembre 1943 e la primavera del ’45, di 2.351 partigiani del Corpo Volontari della Libertà.
Ho voluto partire da un sommario richiamo a drammatici eventi, a memorabili momenti della storia della Resistenza - per quanto più volte e più puntualmente ripercorsi nelle celebrazioni del 25 aprile - perché mai in queste celebrazioni, e dunque nemmeno in quella di oggi, si può smarrire il riferimento ai fatti, al vissuto, a quel che fu un viluppo di circostanze concrete, di dilemmi, di scelte difficili, di decisioni coraggiose e costose, di sconfitte e di successi ; non si può mai smarrire il riferimento a tutto ciò, rinunciare a ricostruire e tramandare costantemente quelle esperienze reali, se non si vuole ridurre il movimento di Liberazione a immagine sbiadita o ad oggetto di dispute astratte.
Nella mia rapida rievocazione del ruolo di Milano in quegli eventi, è risuonato il nome di Sandro Pertini. E non c’è migliore occasione di questa per ricordarlo a vent’anni dalla scomparsa. Perché il suo nome spicca in tutto il percorso della Resistenza, tra quelli che da Milano la guidarono, come protagonisti del Comitato di Liberazione Alta Italia, del Comando del Corpo Volontari della Libertà, del Comitato insurrezionale.Fu combattente instancabile, senza eguali per slancio, audacia, generosità, a cominciare dalla partecipazione - all’indomani dell’armistizio dell’8 settembre - al disperato tentativo di resistere ai tedeschi nel cuore di Roma, a Porta San Paolo, dopo che il Re è fuggito a Pescara e la capitale è stata militarmente abbandonata. Pertini è lì, reduce da lunghi anni di carcere, di confino e di esilio ; è lì anche da vecchio combattente, medaglia d’argento, della prima guerra mondiale. Ne uscirà capo dell’organizzazione militare del Partito socialista per l’Italia centrale occupata.Ma già il 15 ottobre viene arrestato, insieme con Giuseppe Saragat e altri socialisti, invano interrogato per due giorni e due notti in Questura, rinchiuso a Regina Coeli (inizialmente nel braccio tedesco), fino a quando tutto il gruppo dei sette socialisti poté evaderne grazie a un piano ingegnoso che ebbe tra i suoi registi un grande patriota, poi eminente giurista e uomo pubblico, Giuliano Vassalli.Pertini riprese così il suo posto nella lotta contro l’occupazione tedesca, cui si dedicò, da Roma, in tutti i primi mesi del ’44 : il 3 aprile Vassalli fu trascinato nella famigerata via Tasso e sottoposto ad ogni violenza dalle SS.
Nel mese successivo si avviano colloqui al più alto livello in Vaticano con il comandante delle SS in Italia per evitare la distruzione della capitale (e da quei contatti scaturì anche la liberazione di Vassalli). Il progetto dell’insurrezione a Roma viene accantonato ; Pertini sceglie allora, a metà maggio, di partire per Milano, perché "lassù" - disse - "c’era tanto da fare e da combattere". E da Milano si muoverà per portare il suo contributo e il suo impulso in tutto il Nord.A luglio è chiamato a Roma per consultazioni politiche : ma si ferma a Firenze per partecipare all’insurrezione fino a liberare la città dai tedeschi. Giunto a Roma, freme per tornare al più presto a Milano: e per raggiungere quella meta compie un viaggio quanto mai avventuroso, in aereo fino a Digione in Francia, e poi valicando con una guida il Monte Bianco. Di lì a Cogne e a Torino, e finalmente a Milano, in tempo per contribuire a organizzare e guidare la fase finale della guerra di Liberazione.L’immagine conclusiva del suo impegno - come poi dirà la motivazione della medaglia d’oro al valor militare - di "prezioso e insostituibile animatore e combattente" della Resistenza, è rimasta consegnata alla fotografia che lo ritrae mentre tiene il suo primo discorso, dopo decenni di privazione della libertà, il 26 aprile 1945 a Piazza del Duomo.
E’ stato - dobbiamo dirlo - un onore per l’Italia, un onore per la Repubblica, avere tra i suoi Presidenti Sandro Pertini.L’omaggio che oggi gli rendo, anche con forte sentimento personale per il rapporto che ci fu tra noi, vorrei fosse però incitamento ed auspicio per un nuovo, deciso impegno istituzionale, politico, culturale, educativo diretto a far conoscere e meditare vicende collettive ed esempi personali che danno senso e dignità al nostro essere italiani come eredi di ispirazioni nobilissime, di insegnamenti altissimi, più forti delle meschinità e delle degenerazioni da cui abbiamo dovuto risollevarci. Un impegno siffatto è mancato, o è sempre rimasto molto al di sotto del necessario.
Abbiamo esitato, esitiamo a presentare in tutte le sue luci il patrimonio che ci ha garantito un posto più che degno nel mondo : esitiamo per eccessiva ritrosia, per timore, oltre ogni limite, della retorica e dei miti, o per sostanziale incomprensione del dovere di affermare, senza iattanza ma senza autolesionismi, quel che di meglio abbiamo storicamente espresso e rappresentiamo.E questo amaro discorso vale per le grandi pagine e le grandi figure del processo che condusse, 150 anni fa, all’Unità d’Italia ; così come per le più luminose pagine e figure dell’antifascismo e della Resistenza. Perfino a Sandro Pertini, che pure è stato Presidente amato e popolare, non abbiamo - al di là di quel che con affetto lo ricorda nella sua terra natale - saputo dedicare un memorial, un luogo di memorie, come quelli che in grandi paesi democratici (si pensi agli Stati Uniti d’America) onorano e fanno vivere le figure dei maggiori rappresentanti della storia, per quanto travagliata, della nazione.
Eppure, l’identità, la consapevolezza storica, l’orgoglio nazionale di un paese traggono forza dalla coltivazione e valorizzazione di fatti, di figure, di simboli, in cui il popolo, in cui i cittadini possano riconoscersi traendone motivi di fierezza e di fiducia.Naturalmente, l’impegno che sollecito, riferito alla Resistenza, esige - per dispiegarsi pienamente, per ottenere riscontri positivi e suscitare il più largo consenso - la massima attenzione nel declinare correttamente il significato e l’eredità della Resistenza, in termini condivisibili, non restrittivi e settari, non condizionati da esclusivismi faziosi.
Guardiamo, per intenderci, a quel che si legge nel Diario di Benedetto Croce, alla data del 26 aprile 1945 : "Grande sollievo per la rapida liberazione dell’alta Italia dai tedeschi senza le minacciate e temute distruzioni, e per opera dei patrioti e partigiani, che è gran beneficio, anche morale, per l’Italia".Poche essenziali parole, con le quali il grande uomo di pensiero e di cultura liberale scolpì il valore della conclusione vittoriosa della Resistenza. Valore nazionale, per il "gran beneficio anche morale" assicurato all’Italia restituendole piena dignità di paese libero, liberatosi con le sue forze, di concerto con la determinante avanzata degli eserciti alleati ma senza restare inerte ad attenderne il trionfo. Chi può negare che l’apporto delle forze angloamericane fu decisivo per schiacciare la macchina militare tedesca, per scacciarne le truppe dal territorio italiano che occupavano e opprimevano? Certamente nessuno, ma è egualmente indubbio che il generoso contributo italiano, contro ogni comodo e calcolato attendismo, ci procurò un prezioso riconoscimento e rispetto.
E ho citato Benedetto Croce perché le parole, prive di ogni ombra di retorica ma così significative e lineari, di un’eminente figura dell’Italia prefascista, lontanissima dalle correnti ideali e politiche che attraversarono più ampiamente il moto resistenziale e che sarebbero risultate maggioritarie al momento della nascita della Repubblica, danno il segno di un’obbiettiva definizione del 25 aprile come storica giornata di riscatto nazionale, al di là di ogni caratterizzazione di parte.
Che cosa era in effetti accaduto in quei venti mesi tra l’8 settembre 1943 e il 25 aprile 1945? Che cosa era accaduto a partire dal momento della presa d’atto - con l’armistizio - della disfatta in cui era culminata la disastrosa guerra voluta da Mussolini al fianco della Germania hitleriana? Che cosa era accaduto da quello che fu il momento del collasso dello Stato sabaudo fascistizzato e di un generale, pauroso sbandamento del paese, ma anche il momento dei primi segni di una nuova volontà di resistenza al sopruso e all’oppressione, di ritrovamento della propria fierezza e identità di italiani?Era accaduto che nell’esperienza della partecipazione alla Resistenza, in tutte le sue forme ed espressioni, si era riscoperto, recuperato, rinnovato, un sentimento, un fondamentale riferimento emotivo e ideale che sembrava essersi dissolto.
Praticamente dissolto, come aveva detto - già mesi prima della caduta del fascismo - lo stesso Benedetto Croce, in uno scritto che circolò clandestinamente : "Risuona oggi, alta su tutto, la parola libertà ; ma non un’altra che un tempo andava a questa strettamente congiunta : la patria, l’amore della patria, l’amore, per noi italiani, dell’Italia.Perché?Perché ... la ripugnanza sempre crescente contro il nazionalismo si è tirata dietro una sorta di esitazione e di ritrosia a parlare di ’patria’ e di ’amor di patria’.
Ma se ne deve riparlare, e l’amor della patria deve tornare in onore appunto contro il cinico e stolido nazionalismo, perché esso non è affine al nazionalismo, ma il suo contrario."Ebbene, con la Resistenza, di fronte alla brutalità offensiva e feroce dell’occupazione nazista, rinacque proprio l’amore, il senso della patria, il più antico e genuino sentimento nazionale. "Le parole ’patria’ e ’Italia’" - scrisse poi una sensibilissima scrittrice, Natalia Ginzburg - che erano divenute "gonfie di vuoto", ci apparvero d’un tratto senza aggettivi e così trasformate che ci sembrò di averle udite e pensate per la prima volta."
E Carlo Azeglio Ciampi ha richiamato autobiograficamente il momento del "collasso dello Stato" nel settembre ’43, quando lui e tanti altri "trovarono nelle loro coscienze l’orientamento", perché in esse "vibrava profondo il senso della Patria".Personalmente, ho più volte ribadito come non ci si debba chiudere in rappresentazioni idilliache e mitiche della Resistenza e in particolare del movimento partigiano, come non se ne debbano tacere i limiti e le ombre, come se ne possano mettere a confronto diverse letture e interpretazioni : senza che ciò conduca, sia chiaro, a sommarie svalutazioni e inaccettabili denigrazioni.
E’ comunque un fatto che anche studiosi attenti a cogliere le molteplici dimensioni del fenomeno della Resistenza, compresa quella di "guerra civile", non ne abbiano certo negato o sminuito quella di "guerra patriottica".D’altronde, le "lettere dei condannati a morte della Resistenza" restano la più ricca, drammatica testimonianza delle motivazioni patriottiche dell’impegno e del sacrificio di tanti partigiani, soprattutto giovani partigiani.E quando parlo di tutte le forme e le espressioni di partecipazione alla Resistenza, attraverso le quali si è compiuta una vera e propria riscoperta del senso della patria e della nazione, mi riferisco in special modo alla rilevantissima componente costituita dal concorso dei militari al moto di liberazione, di riconquista della libertà e dell’indipendenza del paese : dai contingenti militari regolari chiamati a durissime prove all’indomani dell’armistizio - a Cefalonia, per non ricordare che un luogo-simbolo di quelle manifestazioni di eroico senso dell’onore e coraggio - agli ufficiali e ai soldati che si unirono alle formazioni partigiane, alle centinaia di migliaia di internati in Germania in campi di concentramento, alle nuove forze armate che si raccolsero nel Corpo Italiano di Liberazione.
A queste ultime ho dedicato lo scorso anno la cerimonia del 25 aprile a Mignano Montelungo, che fu teatro, nel dicembre 1943, di un’aspra battaglia e costituì "il battesimo di sangue del rinato Esercito italiano".
Quell’azione dei nostri soldati fu esaltata dal Generale Clark, Comandante della V Armata americana, come esempio di determinazione per liberare il proprio paese dalla dominazione tedesca : "un esempio - egli disse - per i popoli oppressi d’Europa".Naturali portatori, nella Resistenza, del senso della patria e della nazione furono i militari, e tra essi quelli che si unirono alle formazioni partigiane, che si collocarono nelle strutture clandestine del movimento di Liberazione. Ne furono portatori anche in termini di continuità, sia pure nel travaglio della partecipazione a una guerra antitetica a quella precedentemente combattuta.
Un travaglio che si coglie nella lettera indirizzata alla moglie dal generale Giuseppe Perotti all’indomani della condanna a morte decretata dal Tribunale Speciale, e alla vigilia della fucilazione al Martinetto in Torino : egli scrive di un esito tragico, che "non so come classificare", di un "destino imperscrutabile" che comunque lo conduce a morire in guerra. In quegli stessi giorni, il più giovane capitano Franco Balbis, arrestato e fucilato, il 5 aprile 1944, insieme col generale Perotti e con altri, tutti membri del Comitato Militare Regionale Piemontese, scrive alla madre di offrire la sua vita "per ricostruire l’unità italiana" dopo aver servito la Patria "sui campi d’Africa", e chiede che si celebrino "in una chiesa delle colline torinesi due messe", nell’anniversario della battaglia di Ain El Gazala e di quella di El Alamein, nelle quali aveva valorosamente combattuto.
Emerge in effetti da tante di quelle estreme motivazioni del proprio impegno e del proprio sacrificio, come nella scelta di schierarsi fino in fondo con la Resistenza avessero finito per confluire ideali di liberazione sociale, visioni universalistiche, aspirazioni a "un mondo migliore", consapevolezza antifascista, sete di libertà, e amore per l’Italia. E l’elemento unificante non poteva che essere questo, l’attaccamento alla propria terra, alla Patria, la volontà di liberarla. Ritorno sulle parole del capitano Balbis : "ricostruire l’unità italiana", come supremo obbiettivo per cui sacrificare la vita.
Si, vedete, amici, il 25 aprile è non solo Festa della Liberazione : è Festa della riunificazione d’Italia. Dopo essere stata per 20 mesi tagliata in due, l’Italia si riunifica, nella libertà e nell’indipendenza. Se ciò non fosse accaduto, la nostra nazione sarebbe scomparsa dalla scena della storia, su cui si era finalmente affacciata come moderno Stato unitario nel 1861, con il compimento del moto risorgimentale.Gli storici hanno analizzato anche l’aspetto del ricollegarsi della Resistenza al Risorgimento, ne hanno con misura pesato i molti segni, nella pubblicistica politica, nelle dichiarazioni programmatiche, negli stessi nomi delle formazioni partigiane, nello spirito che animava i militari deportati e internati in Germania.
E se hanno poi potuto apparire abusate certe formule, e poco fondate le facili generalizzazioni, resta il fatto che la memoria del Risorgimento, il richiamo a quell’eredità - per quanto venisse assunto ambiguamente anche dall’altra parte - fu componente importante della piattaforma ideale della Resistenza.Si trattò di un decisivo arricchimento di quella che era e rimase la matrice antifascista della guerra di Liberazione : nel più ampio e condiviso sentimento della Nazione, nel grande alveo della guerra patriottica si raccolsero forze che non erano state partecipi dell’antifascismo militante e fresche energie rappresentative di nuove, giovanissime generazioni. E questa caratterizzazione più ricca, e sempre meno di parte, della Resistenza si rispecchiò più tardi nel confronto costituente, nel disegno e nei principi della Costituzione repubblicana.Se nella Costituzione possono ben riconoscersi - come dissi celebrando il 25 aprile due anno orsono a Genova, e come voglio ripetere - anche quanti vissero diversamente dai combattenti della libertà i drammatici anni 1943-45, "anche quanti ne hanno una diversa memoria per esperienza personale o per giudizi condivisi", è perché la Carta approvata nel ’47 sancì - dandovi solide basi democratiche - una rinnovata identità e unità della nazione italiana.Mi auguro che in questo spirito si celebri il 65° anniversario della Liberazione e Riunificazione d’Italia.
"Il nostro paese ha un debito inestinguibile" - da detto un anno fa in un impegnativo discorso a Onna in Abruzzo il Presidente del Consiglio - "verso quei tanti giovani che sacrificarono la vita per riscattare l’onore della patria...........": ricordando con rispetto "tutti i caduti", senza che "questo significhi neutralità o indifferenza".
Si tratta in effetti di celebrare il 25 aprile nel suo profondo significato nazionale ; ed è così che si stabilisce un ponte ideale con il prossimo centocinquantenario della nascita dello Stato unitario.Mi si permetterà, credo, di ignorare qualche battuta sgangherata, che qua e là si legge, sulla ricorrenza del prossimo anno. Siamo chiari. Se noi tutti, Nord e Sud, tra l’800 e il 900, entrammo nella modernità, fu perché l’Italia si unì facendosi Stato ; se, 150 anni dopo, siamo un paese democratico profondamente trasformatosi, tra i più avanzati in quell’Europa integrata che abbiamo concorso a fondare, è perché superammo i traumi del fascismo e della guerra, recuperando libertà e indipendenza, ritrovando la nostra unità.Quella unità rappresenta oggi, guardando al futuro, una conquista e un ancoraggio irrinunciabili. Non può formare oggetto di irrisione, né considerarsi un mito obsoleto, un residuo del passato. Solo se ci si pone fuori della storia e della realtà si possono evocare con nostalgia, o tornare a immaginare, più entità statuali separate nella nostra penisola.
Come bene intesero tutte le correnti e le figure di spicco del Risorgimento, l’Italia è chiamata a vivere come nazione e come Stato nell’unità del suo territorio, della sua lingua, della sua storia. Se non si consolidasse questa unità, finiremmo ai margini del processo di globalizzazione - che vede emergere nuovi giganti nazionali in impetuosa crescita - e anche ai margini del processo di integrazione europeo.Un’ Europa sempre più integrata e assertiva sulla base di istituzioni comuni è la sola dimensione entro la quale gli stessi Stati nazionali più forti del nostro continente potranno far valere insieme il loro patrimonio storico, la loro capacità di contribuire allo sviluppo di un più giusto e bilanciato sviluppo globale il cui baricentro si sta assestando lontano da noi. Ma non c’è nessuna contraddizione tra l’imperativo dell’integrazione, la salvaguardia della diversità delle tradizioni e delle culture nazionali, il rafforzamento della coesione e dell’unità nazionale di ciascuno Stato membro dell’Unione.
Per contare in Europa e per contare nel mondo di oggi e di domani, la nostra unità nazionale resta punto di forza e leva essenziale. Unità nazionale che non contrasta ma si consolida e arricchisce con il pieno riconoscimento e la concreta promozione delle autonomie, come d’altronde vuole la Costituzione repubblicana : quelle autonomie regionali e locali, di cui si sta rinnovando e accrescendo il ruolo secondo un’ispirazione federalistica.Questa è la strada per far crescere di più e meglio tutto il nostro paese, in vista di obbiettivi che mai come ora ci appaiono critici e vitali per garantire innanzitutto il diritto al lavoro e prospettive di futuro per le giovani generazioni.La complessità dei problemi che si sono venuti accumulando nei decenni dell’Italia repubblicana - talvolta per eredità di un più lontano passato - esige un grande sforzo collettivo, una comune assunzione di responsabilità.
Questa esigenza non può essere respinta, quello sforzo non può essere rifiutato, come se si trattasse di rimuovere ogni conflitto sociale e politico, di mortificare una naturale dialettica, in particolare, tra forze di maggioranza e forze di opposizione. Si tratta invece di uscire da una spirale di contrapposizioni indiscriminate, che blocca il riconoscimento di temi e impegni di più alto interesse nazionale, tali da richiedere una limpida e mirata convergenza tra forze destinate a restare distinte in una democrazia dell’alternanza.All’auspicabile crearsi di questo nuovo clima, può contribuire non poco il diffondersi tra gli italiani di un più forte senso dell’identità e unità nazionale.
Così ritengo giusto che si concepisca anche la celebrazione di anniversari come quello della Liberazione, al di là, dunque, degli steccati e delle quotidiane polemiche che segnano il terreno della politica. Le condizioni sono ormai mature per sbarazzare il campo dalle divisioni e incomprensioni a lungo protrattesi sulla scelta e sul valore della Resistenza, per ritrovarci in una comune consapevolezza storica della sua eredità più condivisa e duratura. Vedo in ciò una premessa importante di quel libero, lungimirante confronto e di quello sforzo di raccoglimento unitario, di cui ha bisogno oggi il paese, di cui ha bisogno oggi l’Italia.
GIORGIO NAPOLITANO
sabato 24 aprile 2010
25 aprile, Viva la Festa della Liberazione
L'appuntamento per il Corteo del 25 Aprile è alle 10,20 davanti al Monumento dei Caduti di Viale IX Martiri, per l'alzabandiera. Seguono la Messa in Parrocchia poi la sfilata per le vie di Crescentino.
Ma vi voglio anche ricordare il concerto, alle 16 al Parco Tournon, dei bambini delle Scuole, diretto dal maestro Cortese. A seguire, la Movie Orchestra diretta dal maestro Macaluso.
martedì 20 aprile 2010
E' arrivata la primavera/3. Venerdì letterari in Biblioteca
Questa non è stata facile, credetemi. Mettere insieme le date con la presenza fisica degli autori, far coincidere le disponibilità con i venerdì per avere un appuntamento fisso con il quale il pubblico possa familiarizzare, è stata abbastanza un'impresa. Comunque, ce l'ho fatta grazie alla generosa disponibilità di Giulia Civiletti, ufficio stampa di Chiarelettere, che ha inseguito i suoi scrittori per me. Grazie Giulia!
E dunque abbiamo anche noi i nostri venerdì letterari, vi invitiamo a prendere un caffè (vero) con noi nella Biblioteca Comunale del parco Tournon, ogni venerdì alle 18,15 dal 30 aprile al 21 maggio: ci sarà Marilena Vittone a dialogare con gli autori, e a raccogliere le vostre domande, e ci sarà la libreria Montarolo a disposizione sul posto, se qualcuno volesse acquistare i volumi. Tutto quello che succede dovunque si presentino libri, insomma.
Se l'esperimento avrà successo, lo ripeteremo senz'altro in autunno. Altrimenti, pazienza.
I libri scelti ricoprono varie questioni che si agitano nel nostro mondo contemporaneo.
Il 30 aprile apre il ciclo il prof. Marco Revelli (figlio di Nuto).
Il suo "Controcanto" racconta la mutazione di questi anni, ponendosi dalla parte “sbagliata”, di chi non ha nessuna garanzia e rappresentanza ed è escluso dal grande gioco della democrazia mediatica, plebiscitaria e disciplinare, dove è assente qualsiasi responsabilità civile e politica. Allora è necessario spezzare questa “rappresentazione” con un gesto estremo di secessione estetica ed etica, prima che politica. Un “contro-canto” appunto, con un nuovo coro. Marco Revelli insegna Scienza della politica e si è occupato prevalentemente dell’analisi dei processi produttivi e delle forme politiche del Novecento. Tra i suoi ultimi libri vanno ricordati: "Fuori luogo. Cronache da un campo Rom" (Bollati Boringhieri 1999), "Oltre il Novecento" (Einaudi 2001 e 2006), "La politica perduta" (Einaudi 2003), "Sinistra destra. L'identità smarrita" (Laterza 2007 e 2009).
Il 7 maggio Luca Rastello: "Io sono il mercato".
E' la storia di uomini normali, insospettabili padri di famiglia saliti al vertice del narcotraffico internazionale. Una storia "criminale", raccontata da uno dei protagonisti, che svela le astuzie del sistema cocaina, ma anche la vita e le abitudini dei grandi trafficanti. I pesci grossi, quelli che non ingoiano gli ovuli né trasportano la droga nei doppi fondi delle valigie, ma nei cargo, nei container, a tonnellate alla volta. Uno sguardo dall'interno. Un nuovo punto di osservazione per capire come l'economia illegale riesce a infiltrarsi nell'economia legale e a condizionarla. Perché la coca, oltre i cliché hollywoodiani e le notizie diffuse da tv e giornali, è un affare straordinariamente redditizio che finanzia guerre, conferisce potere e ridisegna i rapporti internazionali.
Il 14 maggio Elda Valdini, con "Strage Continua".
Abbiamo paura di tutto, ma non degli scontri stradali. Ogni anno muoiono almeno settemila persone, ma per molti sono vittime di serie B. Svizzera, Svezia e Francia investono più di venti euro per cittadino in sicurezza stradale, in Italia nemmeno un centesimo nel triennio 2004-2006 e 90 centesimi per il 2007-2009. Una strage di Stato, per assenza, per colpevole distrazione (ci costa 35 miliardi ogni anno). Ma la società civile reagisce: per legittima difesa, per non lasciare soli coloro che sono toccati dalla tragedia e spesso neanche risarciti, mentre il colpevole facilmente sfugge alla pena. Morire sulle strade è un problema da rimuovere, come una guerra che però non sposta voti e non fa spettacolo. Troppo solidi gli interessi in gioco (auto, telefoni, consumo di alcol, locali notturni). Un tragico intreccio, sulla nostra pelle.su quella dei giovani soprattutto. Questo libro è un viaggio fra le storie delle vittime e le leggi che ancora mancano, è la testimonianza di una ventisettenne che, come molti altri ragazzi, ha visto morire degli amici sulla strada e ha voluto provare a capire le ragioni di una strage continua e inaccettabile.
Il 21 maggio Bruno Tinti, con il suo "La questione immorale".
Dopo il successo di "Toghe rotte", Bruno Tinti, ex magistrato torinese ritorna con un nuovo libro sulla giustizia per raccontare perché è necessario riformarla e per quale motivo la politica, da anni, pensa solo a controllare e limitare l'azione dei magistrati. Più che l'efficienza della giustizia, secondo Tinti, alla classe politica stanno a cuore la separazione delle carriere, la non obbligatorietà dell'azione penale, la responsabilità civile dei magistrati, il blocco delle intercettazioni telefoniche perché solo attraverso queste 'riforme' può controllare la magistratura e garantirsi l'impunità. Nel libro l'ex magistrato descrive il piano per mettere i pubblici ministeri alle dipendenze del potere politico, quello per toglier il controllo della polizia giudiziaria e come, per motivi di sicurezza, il governo possa intercettare migliaia di cittadini. Una giustizia che funzioni veramente - è la tesi - fa troppa paura. Brunto Tinti, che in passato ha collaborato anche con qualche ministro, contribuendo a scrivere la legge che punisce i reati tributari, infine, racconta con amarezza come, per esempio, il Parlamento (tutti d'accordo, senza distinzione tra maggioranza e opposizione) gliel'abbia cambiata, facendo così uscire l'ennesima legge fatta per non funzionare.
E' arrivata la primavera/2. Canti delle Mondine per il Primo Maggio
Il Primo Maggio viene ormai stabilmente festeggiato dalle Organizzazioni Sindacali a Vercelli. A Crescentino, una città che soffre terribilmente la mancanza di lavoro, vogliamo far finta di nulla?
Certo che no. In fin dei conti, il nostro tempo somiglia molto a un tempo antico, dove non c'erano né diritti né garanzie. Abbiamo deciso di guardare a quel tempo, per la celebrazione.
E così, il 30 aprile sera in Piazza Caretto, il Comune e la Pro Loco hanno pensato di invitare le leggendarie mondine di Trino, riunite nel Coro Ciar 'Dla Valara, che si rimette insieme proprio per l'occasione.
Alle 21,15, saranno in concerto con canti del lavoro e delle risaie, accompagnate da un gruppo di musici.
Sarà il nostro modo di ricordare la Festa del Lavoro, e di pensare a come eravamo, e a come siamo.
E' arrivata la primavera: il 25 aprile, corteo e coro dei bambini
Finalmente noi della Bassa mettiamo il naso fuori. I bar, è vero, stentano (alcuni) a metter fuori le sedie, ma prima o poi ci si arriverà. Si vede anche qualche sorriso in giro, e le piante sono in fiore.
Morale, è primavera (era ora).
Morale, ci sono feste da festeggiare.
N.1, il 25 aprile. Con un po' di solennità, perché l'andazzo politico non favorisce. Dunque mercoledì 21 aprile apriremo le celebrazioni con un dibattito-ricordo, in sala del Consiglio Comunale, dei fratelli Galante-Garrone, bella tempra di studiosi antifascisti. Ne parleranno Claudio Borio e Marilena Vittone.
Il 25, corteo, messa, e nel pomeriggio alle 16 facciamo lavorare il Coro dei nostri deliziosi bambini, con un concerto (al Parco Tournon) diretto dal Maestro Cortese; a seguire, la Movie Orchestra diretta dal maestro Macaluso.
lunedì 19 aprile 2010
Provincia, avviso all'ex assessore Zanotti
Secondo quanto riferisce il sito "Vercelli Oggi", è stato raggiunto da un avviso di garanzia l'ex Assessore ai Lavori Pubblici della Provincia di Vercelli Francesco Zanotti.
Gli inquirenti lo avrebbero contattato all'Ovest Sesia, dove lavora. La sua abitazione sarebbe stata perquisita.
Gli inquirenti lo avrebbero contattato all'Ovest Sesia, dove lavora. La sua abitazione sarebbe stata perquisita.
Provincia, arrestato l'ex assessore al lavoro Saviolo
(ANSA) - TORINO, 19 APR - La Procura di Vercelli ha
arrestato, questa mattina, Roberto Saviolo. L'ex assessore
provinciale della giunta di Renzo Masoero, che lo scorso 7
aprile ha patteggiato una pena a 2 anni di reclusione, è stato
prelevato dalle forze dell'ordine nella sua abitazione.
L'accusa, anche nei suoi confronti, sarebbe di concussione.
Al momento, però, sulla vicenda i magistrati mantengono il
massimo riserbo. Saviolo, esponente del Pdl che fino al
commissariamento della Provincia di Vercelli era il titolare
delle deleghe al Lavoro e alla Formazione professionale, sarà
sottoposto oggi pomeriggio all'interrogatorio di garanzia.
La Procura di Vercelli, secondo quanto si apprende, avrebbe
iniziato ad indagare sul suo conto in seguito ad alcuni elementi
raccolti nel corso dell'inchiesta a carico dell'ex presidente
Masoero. (ANSA).
arrestato, questa mattina, Roberto Saviolo. L'ex assessore
provinciale della giunta di Renzo Masoero, che lo scorso 7
aprile ha patteggiato una pena a 2 anni di reclusione, è stato
prelevato dalle forze dell'ordine nella sua abitazione.
L'accusa, anche nei suoi confronti, sarebbe di concussione.
Al momento, però, sulla vicenda i magistrati mantengono il
massimo riserbo. Saviolo, esponente del Pdl che fino al
commissariamento della Provincia di Vercelli era il titolare
delle deleghe al Lavoro e alla Formazione professionale, sarà
sottoposto oggi pomeriggio all'interrogatorio di garanzia.
La Procura di Vercelli, secondo quanto si apprende, avrebbe
iniziato ad indagare sul suo conto in seguito ad alcuni elementi
raccolti nel corso dell'inchiesta a carico dell'ex presidente
Masoero. (ANSA).
sabato 17 aprile 2010
Prendetevi il tempo di....
Prenez-le temps de jouer
c'est le secret de l'éternelle jeunesse.
Prenez-le temps de rire,
c'est la musique de l'âme.
Prenez-le temps de lire,
c'est la source du savoir.
Prenez-le temps d'être calme,
c'est la condition du succès.
Prenez-le temps de penser,
c'est la source de l'action.
Prenez-le temps d'être bon,
c'est le chemin pour être heureux.
Prenez-le temps de donner,
la vie est trop courte pour être égoïste.
Prenez-le temps de travailler,
c'est le prix du succès.
Prenez-le temps d'aimer et d'être aimé,
c'est la raison de vivre.
Prenez-le temps de prier,
c'est la force sur la terre.
(autore sconosciuto)
***********************
(traduzione di Saint-Just)
Prendetevi il tempo di giocare,
è il segreto dell'eterna giovinezza.
Prendetevi il tempo di ridere,
è la musica dell'anima.
Prendetevi il tempo di leggere,
è la fonte del sapere.
Prendetevi il tempo d'essere calmi,
è la condizione del successo.
Prendetevi il tempo di pensare,
è l'origine dell'azione.
Prendetevi il tempo d'essere buoni,
è la strada per essere felici.
Prendetevi il tempo di donare,
la vita è troppo breve per essere egoisti.
Prendetevi il tempo di lavorare,
è il prezzo del successo.
Prendetevi il tempo di amare e di essere amati,
è la ragione per vivere.
Prendetevi il tempo di pregare,
è la forza sulla terra.
c'est le secret de l'éternelle jeunesse.
Prenez-le temps de rire,
c'est la musique de l'âme.
Prenez-le temps de lire,
c'est la source du savoir.
Prenez-le temps d'être calme,
c'est la condition du succès.
Prenez-le temps de penser,
c'est la source de l'action.
Prenez-le temps d'être bon,
c'est le chemin pour être heureux.
Prenez-le temps de donner,
la vie est trop courte pour être égoïste.
Prenez-le temps de travailler,
c'est le prix du succès.
Prenez-le temps d'aimer et d'être aimé,
c'est la raison de vivre.
Prenez-le temps de prier,
c'est la force sur la terre.
(autore sconosciuto)
***********************
(traduzione di Saint-Just)
Prendetevi il tempo di giocare,
è il segreto dell'eterna giovinezza.
Prendetevi il tempo di ridere,
è la musica dell'anima.
Prendetevi il tempo di leggere,
è la fonte del sapere.
Prendetevi il tempo d'essere calmi,
è la condizione del successo.
Prendetevi il tempo di pensare,
è l'origine dell'azione.
Prendetevi il tempo d'essere buoni,
è la strada per essere felici.
Prendetevi il tempo di donare,
la vita è troppo breve per essere egoisti.
Prendetevi il tempo di lavorare,
è il prezzo del successo.
Prendetevi il tempo di amare e di essere amati,
è la ragione per vivere.
Prendetevi il tempo di pregare,
è la forza sulla terra.
Il nuovo governo del Piemonte, Cota dixit
(ANSA) - TORINO, 16 APR - Alla fine della riunione per
l'ultima limatura sull'attribuzione delle deleghe, il
neopresidente del Piemonte ha annunciato la composizione della
nuova giunta regionale. Il vice di Cota sarà Roberto Rosso,
esponente vercellese del Pdl che fu avversario di Sergio
Chiamparino nella sua prima corsa a sindaco di Torino nel 2001.
Cota ha tenuto per sé il coordinamento e l'indirizzo delle
politiche del governo regionale, e le deleghe su: rapporti con
l'Università, con la Conferenza Stato-Regioni, e con l'Unione
Europea. Si occuperà inoltre direttamente di federalismo,
semplificazione, edilizia sanitaria, internazionalizzazione e
grandi eventi.
A Rosso toccheranno Lavoro e formazione. Gli altri assessori
saranno:
Barbara Bonino, coordinatrice provinciale del Pdl di
Torino, che avrà la delega a Trasporti, infrastrutture,
mobilità e logistica;
William Casoni, ex assessore di Enzo
Ghigo che avrà Commercio e fiere, parchi e aree protette;
Ugo
Cavallera, altro ex assessore di Ghigo, che avrà Urbanistica e
programmazione territoriale, opere pubbliche, legale.
E ancora,
il più votato del Pdl piemontese Alberto Cirio, che si
occuperà di Istruzione, sport e turismo;
l'attuale
vicepresidente del consiglio comunale di Torino Michele Coppola
che avrà le deleghe a Cultura, patrimonio linguistico,
politiche giovanili;
il consigliere comunale di Torino Roberto
Ravello che avrà Ambiente, risorse idriche, economia montana,
difesa del suolo, attività estrattive e protezione civile.
A Caterina Ferrero, altro ex assessore di Ghigo, andrà la
delega più pesante sotto il profilo delle risorse in campo: la
Sanità, che si sommerà all'Assistenza.
Al delfino di Cota, il sindaco leghista di Novara Massimo
Giordano, toccherà la competenza su Industria, piccola e media
impresa, ricerca, innovazione, artigianato, energia,
telecomunicazioni ed e-government.
Alla deputata Elena Maccanti,
responsabile della campagna elettorale di Cota, toccheranno due
deleghe che il neopresidente ritiene delicate: il ruolo politico
della gestione dei Rapporti con il consiglio regionale e la
responsabilità sulla Struttura speciale per il controllo di
gestione, cioé l'assessorato anti-furbetti annunciato in
campagna elettorale. E ancora, gestirà: Polizia locale, Enti
locali, Promozione sicurezza, Partecipate, Affari Generali.
A Giovanna Quaglia, come Maccanti stretta collaboratrice torinese
di Cota dai tempi della sua presidenza del consiglio regionale
del Piemonte, andrà la delega al Bilancio, Programmazione, Personale,
Patrimonio, e Pari Opportunità.
Al giovane Claudio Sacchetto, che a 31 anni è stato il più votato
della Lega in provincia di Cuneo, toccheranno: Agricoltura e
foreste, caccia e pesca. (ANSA).
l'ultima limatura sull'attribuzione delle deleghe, il
neopresidente del Piemonte ha annunciato la composizione della
nuova giunta regionale. Il vice di Cota sarà Roberto Rosso,
esponente vercellese del Pdl che fu avversario di Sergio
Chiamparino nella sua prima corsa a sindaco di Torino nel 2001.
Cota ha tenuto per sé il coordinamento e l'indirizzo delle
politiche del governo regionale, e le deleghe su: rapporti con
l'Università, con la Conferenza Stato-Regioni, e con l'Unione
Europea. Si occuperà inoltre direttamente di federalismo,
semplificazione, edilizia sanitaria, internazionalizzazione e
grandi eventi.
A Rosso toccheranno Lavoro e formazione. Gli altri assessori
saranno:
Barbara Bonino, coordinatrice provinciale del Pdl di
Torino, che avrà la delega a Trasporti, infrastrutture,
mobilità e logistica;
William Casoni, ex assessore di Enzo
Ghigo che avrà Commercio e fiere, parchi e aree protette;
Ugo
Cavallera, altro ex assessore di Ghigo, che avrà Urbanistica e
programmazione territoriale, opere pubbliche, legale.
E ancora,
il più votato del Pdl piemontese Alberto Cirio, che si
occuperà di Istruzione, sport e turismo;
l'attuale
vicepresidente del consiglio comunale di Torino Michele Coppola
che avrà le deleghe a Cultura, patrimonio linguistico,
politiche giovanili;
il consigliere comunale di Torino Roberto
Ravello che avrà Ambiente, risorse idriche, economia montana,
difesa del suolo, attività estrattive e protezione civile.
A Caterina Ferrero, altro ex assessore di Ghigo, andrà la
delega più pesante sotto il profilo delle risorse in campo: la
Sanità, che si sommerà all'Assistenza.
Al delfino di Cota, il sindaco leghista di Novara Massimo
Giordano, toccherà la competenza su Industria, piccola e media
impresa, ricerca, innovazione, artigianato, energia,
telecomunicazioni ed e-government.
Alla deputata Elena Maccanti,
responsabile della campagna elettorale di Cota, toccheranno due
deleghe che il neopresidente ritiene delicate: il ruolo politico
della gestione dei Rapporti con il consiglio regionale e la
responsabilità sulla Struttura speciale per il controllo di
gestione, cioé l'assessorato anti-furbetti annunciato in
campagna elettorale. E ancora, gestirà: Polizia locale, Enti
locali, Promozione sicurezza, Partecipate, Affari Generali.
A Giovanna Quaglia, come Maccanti stretta collaboratrice torinese
di Cota dai tempi della sua presidenza del consiglio regionale
del Piemonte, andrà la delega al Bilancio, Programmazione, Personale,
Patrimonio, e Pari Opportunità.
Al giovane Claudio Sacchetto, che a 31 anni è stato il più votato
della Lega in provincia di Cuneo, toccheranno: Agricoltura e
foreste, caccia e pesca. (ANSA).
domenica 11 aprile 2010
Diamo una mano (di bianco) al Centro Storico
Il Centro Storico della nostra Cittadina è bellissimo, ma si stenta a cogliere tale bellezza perché le facciate sono stinte o scrostate da decenni e decenni, e in evidente stato di degrado che non ci fa onore.
Per fermare la decadenza, per rimettere a nuovo, l'Amministrazione Comunale ha deciso di accollarsi l'eventuale pagamento della TOSAP.
Basta andare in Comune, e compilare un modulo che si ritira presso l'Ufficio Urbanistica, che provvederà anche a far conoscere il piano colore giacente negli uffici.
Sono interessate le seguenti vie:
-Via Bena
-Via Tino Dappiano
-Corso Roma
-Via Tournon
-Via Mazzini
-Via San Giuseppe
-Piazza Garibaldi angolo via Mazzini
-Via De Gregori
-Via Cenna
-Piazza Caretto
-Piazza Vische
(Possono naturalmente approfittare dell'occasione tutti i proprietari dei negozi che non hanno ancora ridipinto i portici).
Sul sito del Comune (www.comune.crescentino.vc.it) ulteriori informazioni.
venerdì 9 aprile 2010
Chicobum gratis per i Crescentinesi
Non è una novità, l'avevo già detto. L'ingresso al Chicobum è gratuito per i Crescentinesi. Occhio alla carta d'identità, però. Guardate che non sia scaduta, se è scaduta andate a rinnovarla: sarà questa il vostro pass (la pietà non è prevista, l'italico aiutino neppure).
Pare che fosse meglio ripeterlo, della gratuità. Se volete, lo riscrivo tutte le settimane.
E poi: il campo sportivo era troppo vicino e non si poteva fare, il tettoione è troppo lontano e non è a Crescentino: ma rileggete mai, ma vi rendete mai conto?
Ho letto già una critica al cast, che nemmeno Ivaldo ha ancora messo a punto.
A volte non ci posso credere.
(Nomadi confermati).
Ad maiora
Marinella
mercoledì 7 aprile 2010
Chicobum: PFM, Nomadi, aprono Gem Boy
Da "La Stampa" del 7 aprile 2010
Pagine di Vercelli
"Mentre la macchina organizzativa del Chicobum festival viaggia a pieno ritmo, coinvolgendo anche i commercianti di Crescentino, ecco anche le prime indiscrezioni sugli artisti che saliranno sul palco. Ivaldo Marceca, organizzatore dell’evento fin dagli esordi a Borgaro nel 2000, non nasconde il suo entusiasmo: «Abbiamo ricevuto molti contatti, siamo in trattativa con gruppi italiani e qualche super ospite internazionale di cui però è presto fare i nomi. Tra i gruppi sicuri c’è la Pfm che proporrà il repertorio del grande De Andrè mentre dobbiamo ancora concludere ma è praticamente certa la presenza dei Nomadi e di Giuliano Palma con la sua band. All’inaugurazione invece ci saranno i Gem Boy, ormai di casa al Chico». Prosegue Marceca: «Sto cercando di coinvolgere anche la star dell’ultimo festival di Sanremo Nina Zilli che mi piace moltissimo».Il sindaco Marinella Venegoni per il Chico ha messo a disposizione 4 mila metri quadrati in un capannone lontano dal centro abitato che ospiterà l’area del palco e la zona commerciale. Marceca è pronto a scommettere che intorno al Chicobum, dal 21 maggio all’11 luglio, si creerà un’importante indotto per tutto il territorio. Per questo motivo ieri mattina ha incontrato, con l’assessore alle Politiche giovanili Gabriele Massa e l’associazione di commercianti «Compagnia delle botteghe», almeno una settantina di operatori commerciali per far conoscere le opportunità del festival.Nell’area del Chico troveranno spazio dai 30 ai 50 stand: sono disponibili spazi di 5 metri per 5, offerti al prezzo di 6 mila euro a modulo per tutta la durata della manifestazione. In queste aree possono trovare sistemazione le diverse attività: spazi per la ristorazione con le proposte più curiose di cucina italiana, etnica e argentina, cocktail bar e così via. All’esterno del capannone è in programma la creazione di piccoli stand, che sono in vendita a 150 euro per ogni fine settimana, in cui si potranno vendere pezzi di oggettistica e artigianato.«Sono rimasto molto colpito - prosegue Marceca - dalla numerosa presenza dei commercianti, continuo a ricevere chiamate in cui mi chiedono precisazioni sugli spazi. Questo entusiasmo mi contagia. Per questo Chico inoltre abbiamo ipotizzato un budget che sfiora i 400 mila euro». Per informazioni sugli spazi: info@barrumba.com."
Pagine di Vercelli
"Mentre la macchina organizzativa del Chicobum festival viaggia a pieno ritmo, coinvolgendo anche i commercianti di Crescentino, ecco anche le prime indiscrezioni sugli artisti che saliranno sul palco. Ivaldo Marceca, organizzatore dell’evento fin dagli esordi a Borgaro nel 2000, non nasconde il suo entusiasmo: «Abbiamo ricevuto molti contatti, siamo in trattativa con gruppi italiani e qualche super ospite internazionale di cui però è presto fare i nomi. Tra i gruppi sicuri c’è la Pfm che proporrà il repertorio del grande De Andrè mentre dobbiamo ancora concludere ma è praticamente certa la presenza dei Nomadi e di Giuliano Palma con la sua band. All’inaugurazione invece ci saranno i Gem Boy, ormai di casa al Chico». Prosegue Marceca: «Sto cercando di coinvolgere anche la star dell’ultimo festival di Sanremo Nina Zilli che mi piace moltissimo».Il sindaco Marinella Venegoni per il Chico ha messo a disposizione 4 mila metri quadrati in un capannone lontano dal centro abitato che ospiterà l’area del palco e la zona commerciale. Marceca è pronto a scommettere che intorno al Chicobum, dal 21 maggio all’11 luglio, si creerà un’importante indotto per tutto il territorio. Per questo motivo ieri mattina ha incontrato, con l’assessore alle Politiche giovanili Gabriele Massa e l’associazione di commercianti «Compagnia delle botteghe», almeno una settantina di operatori commerciali per far conoscere le opportunità del festival.Nell’area del Chico troveranno spazio dai 30 ai 50 stand: sono disponibili spazi di 5 metri per 5, offerti al prezzo di 6 mila euro a modulo per tutta la durata della manifestazione. In queste aree possono trovare sistemazione le diverse attività: spazi per la ristorazione con le proposte più curiose di cucina italiana, etnica e argentina, cocktail bar e così via. All’esterno del capannone è in programma la creazione di piccoli stand, che sono in vendita a 150 euro per ogni fine settimana, in cui si potranno vendere pezzi di oggettistica e artigianato.«Sono rimasto molto colpito - prosegue Marceca - dalla numerosa presenza dei commercianti, continuo a ricevere chiamate in cui mi chiedono precisazioni sugli spazi. Questo entusiasmo mi contagia. Per questo Chico inoltre abbiamo ipotizzato un budget che sfiora i 400 mila euro». Per informazioni sugli spazi: info@barrumba.com."
lunedì 5 aprile 2010
Il mondo che vorrei/La scuola, l'educazione
Nicoletta Ravarino. consigliera delegata alla Scuola, è come si sa un'oncologa, con un lavoro duro ed impegnativo ogni giorno. Questo non le impedisce di dedicarsi con passione al settore di sua competenza nell'ambito del Consiglio; ogni volta ci diciamo che le scommesse vanno fatte lì, con i cittadini di domani.
"Abbiamo finanziato con 50.000 E. l'assistenza ai bambini portatori di handicap nelle scuole primarie e secondarie con un servizio di qualità. Molti bambini che hanno deficit più lievi sono seguiti dalle insegnanti delle rispettive classi. Il sostegno e il contributo del Comune interessa solo le situazioni più problematiche dove gli alunni hanno bisogno di seguire una programmazione diversa che migliori le loro carenze, oppure devono essere aiutati in funzioni molto più semplici come la mensa. Questo perchè i nostri piccoli e giovani siano percepiti sempre meno come diversi.
Con l’assessore al Bilancio F.Ratto abbiamo definito nuove modalità di accesso e pagamento della mensa scolastica perché il sistema fosse più veloce,facilmente accessibile e più equo. Ci sono stati 2 incontri con i genitori nella scuola materna ed alle scuole medie per illustrare le caratteristiche del sistema operativo.
Attualmente ci sono ancora piccoli problemi che speriamo di risolvere a breve. Tutti i cambiamenti complessi inizialmente sono difficoltosi ed i risultati sono visibili .
Dal momento che la Scuola è una palestra di vita e coincide con l'apertura verso la società esterna, come Amministrazione abbiamo ritenuto prioritario appoggiare ogni forma di educazione alla legalità ed abbiamo aderito al progetto SCUOTER tramite la sede Libera di Vercelli che porta e supporta nelle scuole percorsi atti a creare nuovi cittadini responsabili.
Ci sono stati incontri tra i ragazzi del Calamandrei e delle scuole medie con testimoni di lotta alla mafia e in occasione della giornata del ricordo.
Devo dire che i ragazzi hanno partecipato attivamente e si stanno creando specie nelle scuole medie dei gruppi molto attivi, hanno preparato striscioni per il corteo che si è tenuto a Milano il 20/03 e hanno raccolto e raccolgono fondi per Libera organizzando un mercatino.
Stare insieme giocando, ma anche cantando e suonando, ci è sembrato il modo migliore per unire di più i giovani del nostro Comune e non solo ed abbiamo voluto come amministrazione continuare un progetto esistente di Musica in Comune a cui aderiscono circa 130 bambini e ragazzi dalla materna alle medie. Abbiamo aderito ad un bando provinciale con un impegno di 2400 E .
Per Natale c’è stato un bellissimo saggio nella Chiesa Parrocchiale a cui tantissimi Crescentinesi hanno partecipato. E per il 25 aprile i bambini delle Elementari saranno in coro al Parco Tournon.
Li rivederemo e sentiremo sicuramente per la festa di Crescentino in occasione del saggio di fine anno .
Dal momento che l’ecologia e l’ambiente devono essere amati per essere rispettati, con le insegnanti delle scuole elementari e medie stiamo seguendo il progetto Parchi e Citta’ in collaborazione col il parco del Po. Martedi 23/03 c'è stata la festa dell’albero , i ragazzi delle scuole elementari hanno piantato nuove piante al parco del Po mentre i ragazzi delle Scuole medie hanno inaugurato un nuovo orto e piantato alcuni alberi nell’area verde della scuola.
Stiamo inoltre preparando , su progetto del Parco del Po, il Giardino delle Farfalle, abbiamo appena ricevuto l’elenco delle piante da mettere a dimora .
Il giardino sarà collocato nell’area verde delle scuole elementari.
Tutto questo è bello ma sarebbe molto più bello se gli ambienti scolastici fossero più decorosi , abbiamo per ora solo ridipinto i servizi igienici delle scuole elementari ma i fondi a disposizione non consentivano per ora di più. Alla Materna si lavora alla messa a norma delle strutture.
Ci siamo battuti perché la presidenza del Calamandrei rimanesse a Crescentino, e quei lunghi giorni e mesi di suspence hanno creato un vincolo più stretto di progetti con la scuola: è stata molto importante l'adesione al progetto "Ciceroni per un giorno", che ha creato fra scuola e territorio un connubio importante perché la scuola sia viva ed i ragazzi - attraverso la conoscenza del territorio e della sua storia - lo amino e rispettino: è quello che più ci serve oggi, il rispetto in ogni sua forma.
Lo abbiamo visto nelle giornate del FAI, con gli studenti impegnati a far conoscere le bellezze , le intelligenze e le sinergie del territorio. Non siamo Venezia, ma qualche cosa abbiamo anche noi: che molti Crescentinesi neanche sanno di avere".
"Abbiamo finanziato con 50.000 E. l'assistenza ai bambini portatori di handicap nelle scuole primarie e secondarie con un servizio di qualità. Molti bambini che hanno deficit più lievi sono seguiti dalle insegnanti delle rispettive classi. Il sostegno e il contributo del Comune interessa solo le situazioni più problematiche dove gli alunni hanno bisogno di seguire una programmazione diversa che migliori le loro carenze, oppure devono essere aiutati in funzioni molto più semplici come la mensa. Questo perchè i nostri piccoli e giovani siano percepiti sempre meno come diversi.
Con l’assessore al Bilancio F.Ratto abbiamo definito nuove modalità di accesso e pagamento della mensa scolastica perché il sistema fosse più veloce,facilmente accessibile e più equo. Ci sono stati 2 incontri con i genitori nella scuola materna ed alle scuole medie per illustrare le caratteristiche del sistema operativo.
Attualmente ci sono ancora piccoli problemi che speriamo di risolvere a breve. Tutti i cambiamenti complessi inizialmente sono difficoltosi ed i risultati sono visibili .
Dal momento che la Scuola è una palestra di vita e coincide con l'apertura verso la società esterna, come Amministrazione abbiamo ritenuto prioritario appoggiare ogni forma di educazione alla legalità ed abbiamo aderito al progetto SCUOTER tramite la sede Libera di Vercelli che porta e supporta nelle scuole percorsi atti a creare nuovi cittadini responsabili.
Ci sono stati incontri tra i ragazzi del Calamandrei e delle scuole medie con testimoni di lotta alla mafia e in occasione della giornata del ricordo.
Devo dire che i ragazzi hanno partecipato attivamente e si stanno creando specie nelle scuole medie dei gruppi molto attivi, hanno preparato striscioni per il corteo che si è tenuto a Milano il 20/03 e hanno raccolto e raccolgono fondi per Libera organizzando un mercatino.
Stare insieme giocando, ma anche cantando e suonando, ci è sembrato il modo migliore per unire di più i giovani del nostro Comune e non solo ed abbiamo voluto come amministrazione continuare un progetto esistente di Musica in Comune a cui aderiscono circa 130 bambini e ragazzi dalla materna alle medie. Abbiamo aderito ad un bando provinciale con un impegno di 2400 E .
Per Natale c’è stato un bellissimo saggio nella Chiesa Parrocchiale a cui tantissimi Crescentinesi hanno partecipato. E per il 25 aprile i bambini delle Elementari saranno in coro al Parco Tournon.
Li rivederemo e sentiremo sicuramente per la festa di Crescentino in occasione del saggio di fine anno .
Dal momento che l’ecologia e l’ambiente devono essere amati per essere rispettati, con le insegnanti delle scuole elementari e medie stiamo seguendo il progetto Parchi e Citta’ in collaborazione col il parco del Po. Martedi 23/03 c'è stata la festa dell’albero , i ragazzi delle scuole elementari hanno piantato nuove piante al parco del Po mentre i ragazzi delle Scuole medie hanno inaugurato un nuovo orto e piantato alcuni alberi nell’area verde della scuola.
Stiamo inoltre preparando , su progetto del Parco del Po, il Giardino delle Farfalle, abbiamo appena ricevuto l’elenco delle piante da mettere a dimora .
Il giardino sarà collocato nell’area verde delle scuole elementari.
Tutto questo è bello ma sarebbe molto più bello se gli ambienti scolastici fossero più decorosi , abbiamo per ora solo ridipinto i servizi igienici delle scuole elementari ma i fondi a disposizione non consentivano per ora di più. Alla Materna si lavora alla messa a norma delle strutture.
Ci siamo battuti perché la presidenza del Calamandrei rimanesse a Crescentino, e quei lunghi giorni e mesi di suspence hanno creato un vincolo più stretto di progetti con la scuola: è stata molto importante l'adesione al progetto "Ciceroni per un giorno", che ha creato fra scuola e territorio un connubio importante perché la scuola sia viva ed i ragazzi - attraverso la conoscenza del territorio e della sua storia - lo amino e rispettino: è quello che più ci serve oggi, il rispetto in ogni sua forma.
Lo abbiamo visto nelle giornate del FAI, con gli studenti impegnati a far conoscere le bellezze , le intelligenze e le sinergie del territorio. Non siamo Venezia, ma qualche cosa abbiamo anche noi: che molti Crescentinesi neanche sanno di avere".
venerdì 2 aprile 2010
Compleanni: Dal Dire al Fare e il blog di Mauro Novo
Arrivano suggestioni di anniversari. Un anno fa, ricorda Nicoletta Ravarino la Dottora, "Dal dire al fare" apriva le danze, con la pulizia dei portici. Il Paese era tristemente zozzo e zozzamente triste, la piccola compagine capitanata dalle indomite sorelle Ravarino cominciava un percorso che si è poi esteso e disteso, alle rotonde, ai viali, alla roggia oggetto di un esperimento spericolato: poi subito deturpata. Che tristezza, bisogna veramente avere pazienza, in questa cittadina dove il buio e la notte e l'anonimato combinano un sacco di guai, in rete e sulle strade: è pieno di Cuor di Leone ben mascherati e dissimulati con il paesaggio....
Però lode e gloria a "Dal dire al Fare", un gruppetto che si è esteso poco (sennò non saremmo a Crescentino) ma in compenso sono anche riusciti a tagliargli i panni (sennò non saremmo a Crescentino). Ragazzi, mitiche Ravarino and companions, crescete e moltiplicatevi....
Altro anniversario per la comunità, il blog di Mauro Novo. Lui stesso ha ricordato di aver aperto bottega il 5 aprile 2009: Mauroatlarge è diventato un punto di riferimento, ha saputo aprire dibattiti e suscitare diatribe, con un fiuto e un'intelligenza che gli vanno riconosciuti. Bravo Mauro, capace di dialogare a tutti i livelli, con tutte le aree politiche, a rintuzzare i più esagerati, e con le sue leggendarie, implacabili previsioni del tempo...
Buon compleanno a tutti.
giovedì 1 aprile 2010
Cota: la Ru486 resterà nei magazzini
Da "La Stampa" dell'1 aprile 2010
La Ru486 va somministrata in ospedale e le confezioni già arrivate in Piemonte potrebbero restare nei magazzini. È quanto ha detto il neopresidente della Regione, Roberto Cota. Sulla pillola abortiva il governatore ha idee «completamente diverse» da quelle del suo predecessore Mercedes Bresso. «Farò tutto quanto è in mio potere per fermarla», ha aggiunto l’esponente del Carroccio.
Da oggi, comunque, le farmacie ospedaliere potranno avviare la procedura per richiedere la pillola. Il Pd non nasconde i suoi mal di pancia e attacca il governatore: «Da lui solo stupidaggini. Non si è accorto che la campagna elettorale è finita».
La Ru486 va somministrata in ospedale e le confezioni già arrivate in Piemonte potrebbero restare nei magazzini. È quanto ha detto il neopresidente della Regione, Roberto Cota. Sulla pillola abortiva il governatore ha idee «completamente diverse» da quelle del suo predecessore Mercedes Bresso. «Farò tutto quanto è in mio potere per fermarla», ha aggiunto l’esponente del Carroccio.
Da oggi, comunque, le farmacie ospedaliere potranno avviare la procedura per richiedere la pillola. Il Pd non nasconde i suoi mal di pancia e attacca il governatore: «Da lui solo stupidaggini. Non si è accorto che la campagna elettorale è finita».
Provincia, il Commissario e il blitz ai LL.PP.
Da "la Stampa" dell'1 aprile 2010
DOPO MASOERO.E L’EX PRESIDENTE PATTEGGERA’ POCO MENO DI DUE ANNI
ROBERTA MARTINI
VERCELLI
In Provincia arriva il commissario, ma tornano anche gli uomini della polizia giudiziaria. La prima notizia è ufficiale: l’ex prefetto Leonardo Cerenzia si insedia nell’ufficio lasciato vuoto da Renzo Masoero, pronto a lavorare fino alle elezioni anticipate. La seconda invece è soltanto ufficiosa, perchè dalla procura non arrivano conferme: nelle ultime 48 ore però la polizia giudiziaria si sarebbe presentata al Settore lavori pubblici, chiedendo al dirigente Caterina Silva di acquisire nuovi documenti. E non si tratterebbe di atti legati a cantieri futuri, come il programma triennale dei lavori sequestrato il mese scorso, ma di materiale su opere già appaltate.
Gli investigatori hanno chiesto ad impiegati e funzionari, che si erano offerti di dare loro le copie dei documenti, di lasciare l’ufficio prima di prendere un nuovo faldone di carte su cui lavorare. Un’operazione che ha richiesto circa mezz’ora di tempo.Il perchè della nuova visita della magistratura a Palazzo dei barnabiti resta per il momento senza risposta.
La procura, come del resto per l’intera inchiesta che ha portato all’arresto (e ora al patteggiamento) dell’ex presidente Masoero, sceglie la via del silenzio. Renzo Masoero, che è accusato di tre diversi episodi di concussione, si dovrà invece presentare davanti al giudice il 7 aprile, dopo un primo rinvio per consentire che le sue dimissioni diventassero esecutive: assistito dagli avvocati Corsaro e Mittone, dovrebbe patteggiare una pena di poco inferiore ai due anni. Per l’ex presidente della Provincia resta l’incognita legata al posto di lavoro: sarà la commissione disciplinare del Comune di Saluggia, dove Masoero lavorava come ragioniere capo, a decidere sull’interpretazione della legge legata a questo tipo di vicende giudiziarie.
DOPO MASOERO.E L’EX PRESIDENTE PATTEGGERA’ POCO MENO DI DUE ANNI
ROBERTA MARTINI
VERCELLI
In Provincia arriva il commissario, ma tornano anche gli uomini della polizia giudiziaria. La prima notizia è ufficiale: l’ex prefetto Leonardo Cerenzia si insedia nell’ufficio lasciato vuoto da Renzo Masoero, pronto a lavorare fino alle elezioni anticipate. La seconda invece è soltanto ufficiosa, perchè dalla procura non arrivano conferme: nelle ultime 48 ore però la polizia giudiziaria si sarebbe presentata al Settore lavori pubblici, chiedendo al dirigente Caterina Silva di acquisire nuovi documenti. E non si tratterebbe di atti legati a cantieri futuri, come il programma triennale dei lavori sequestrato il mese scorso, ma di materiale su opere già appaltate.
Gli investigatori hanno chiesto ad impiegati e funzionari, che si erano offerti di dare loro le copie dei documenti, di lasciare l’ufficio prima di prendere un nuovo faldone di carte su cui lavorare. Un’operazione che ha richiesto circa mezz’ora di tempo.Il perchè della nuova visita della magistratura a Palazzo dei barnabiti resta per il momento senza risposta.
La procura, come del resto per l’intera inchiesta che ha portato all’arresto (e ora al patteggiamento) dell’ex presidente Masoero, sceglie la via del silenzio. Renzo Masoero, che è accusato di tre diversi episodi di concussione, si dovrà invece presentare davanti al giudice il 7 aprile, dopo un primo rinvio per consentire che le sue dimissioni diventassero esecutive: assistito dagli avvocati Corsaro e Mittone, dovrebbe patteggiare una pena di poco inferiore ai due anni. Per l’ex presidente della Provincia resta l’incognita legata al posto di lavoro: sarà la commissione disciplinare del Comune di Saluggia, dove Masoero lavorava come ragioniere capo, a decidere sull’interpretazione della legge legata a questo tipo di vicende giudiziarie.
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