Buon Anno a Crescentino nel mio ultimo Capodanno da sindaco.
Sono anni difficili non solo per l'Italia, ma il nostro Paesello sta vivendo davvero un periodo duro, e spesso torno a casa dal Comune sconvolta per le storie tristissime che i cittadini vengono a raccontare, chiedendo aiuto e conforto.
Spero con tutto il cuore che il futuro prossimo ci riservi nuove possibilità, oltre a quelle in verità scarse che sono apparse finora.
E' come se anche i più intrepidi avessero messo il coraggio in banca, per ritirarlo fuori al momento opportuno. Auguro a ciascuno di tenersene sempre in tasca un pezzo, di coraggio, perché serve ogni giorno, a chiunque.
A maggio ci attendono le elezioni amministrative. Auguro a tutti i miei concittadini di continuare ad allevare la passione politica coltivandola con il cervello e non con altre parti meno nobili del corpo. Ho sempre apprezzato la dialettica del confronto, mi infastidiscono (ma li considero nel corso naturale delle cose) il vuoto istrionismo, la ricerca del consenso a qualsiasi costo e soprattutto l'abbandono dell'intelligenza.
Leggo sul blog di Mauro Novo che avrei fatto una "furba provocazione" esprimendomi a favore delle Primarie nel PD crescentinese. Non capisco né la furbizia né la provocazione. Il mio modo di ragionare è completamente diverso, in privato e in pubblico. Pur rischiando di stupire anime poco candide, continuo a essere convinta che l'esercizio delle Primarie, cui il PD ha fatto spesso ricorso negli ultimi anni a livello nazionale ma anche locale (come nel caso delle Amministrative di Trino), sia il percorso migliore per una scelta democratica e popolare delle decisioni politiche da adottare.
Dire quel che si pensa è provocare? Talvolta ho l'impressione che a Crescentino Candide non sia passato. Io non mi vergogno di quel che penso, dovrebbero vergognarsi quelli che mi vorrebbero zitta.
E con ciò, gente mia, per ora passo e chiudo. Ricordo a tutti quelli che continuano a mandar insulti e provocazioni non firmate a questo blog, di non sprecare tempo: ma se decideranno di firmarsi, pubblicherò ben volentieri. Come sempre.
Buon anno!!!
martedì 31 dicembre 2013
lunedì 30 dicembre 2013
"NATALE
DI VOCI&NOTE"
Concerto
Polifonico
Crescentino,
giovedì 2 gennaio 2014
ore
21:00
Confraternita
di San Bernardino
Il
concerto corale dell’ottetto misto Voci&Note vuol essere un
saluto per il Natale e il Nuovo Anno, con alcuni tra i più noti
brani della tradizione natalizia: “Astro del Ciel” in tedesco,
inglese e italiano, “Tu scendi dalle stelle” sia nella versione
napoletana “Quanno nascette Ninno” scritta dall’autore S.
Alfonso de’ Liguori sia in quella più nota in italiano, gli
antichi brani “Adeste Fideles” e “The First Nowel”, i più
recenti e laici “Jingle Bells” e “White Christmas”. E poi
pezzi tradizionali che ci giungono da Polonia, Francia e Germania, da
Inghilterra, Irlanda e Stati Uniti. Non manca ovviamente l’Italia.
Con alcuni “gioielli” che ci giungono dal Medio Evo sono quasi
mille anni di musica corale. Dulcis in fundo si potrà ascoltare
anche un brano intitolato “Ab Woon”, cioè Padre Nostro, cantato
dal solista in aramaico, la lingua in cui probabilmente fu insegnato
da Gesù.
martedì 24 dicembre 2013
E' il momento degli auguri, senza se e senza ma...
Tanti cari auguri di Buon Natale con questa celebre poesia di Guido Gozzano che ha accompagnato l'infanzia di molte generazioni
LA NOTTE SANTA
- Consolati, Maria, del tuo pellegrinare!
Siam giunti. Ecco Betlemme ornata di trofei.
Presso quell'osteria potremo riposare,
ché troppo stanco sono e troppo stanca sei.
Il campanile scocca
lentamente le sei.
- Avete un po' di posto, o voi del Caval Grigio?
Un po' di posto per me e per Giuseppe?
- Signori, ce ne duole: è notte di prodigio;
son troppi i forestieri; le stanze ho piene zeppe.
Il campanile scocca
lentamente le sette.
- Oste del Moro, avete un rifugio per noi?
Mia moglie più non regge ed io son così rotto!
- Tutto l'albergo ho pieno, soppalchi e ballatoi:
Tentate al Cervo Bianco, quell'osteria più sotto.
Il campanile scocca
lentamente le otto.
- O voi del Cervo Bianco, un sottoscala almeno
avete per dormire? Non ci mandate altrove!
- S'attende la cometa. Tutto l'albergo ho pieno
d'astronomi e di dotti, qui giunti d'ogni dove.
Il campanile scocca
lentamente le nove.
- Ostessa dei Tre Merli, pietà d'una sorella!
Pensate in quale stato e quanta strada feci!
- Ma fin sui tetti ho gente: attendono la stella.
Son negromanti, magi persiani, egizi, greci...
Il campanile scocca
lentamente le dieci.
- Oste di Cesarea... - Un vecchio falegname?
Albergarlo? Sua moglie? Albergarli per niente?
L'albergo è tutto pieno di cavalieri e dame
non amo la miscela dell'alta e bassa gente.
Il campanile scocca
le undici lentamente.
La neve! - ecco una stalla! - Avrà posto per due?
- Che freddo! - Siamo a sosta - Ma quanta neve, quanta!
Un po' ci scalderanno quell'asino e quel bue...
Maria già trascolora, divinamente affranta...
Il campanile scocca
La Mezzanotte Santa.
- Consolati, Maria, del tuo pellegrinare!
Siam giunti. Ecco Betlemme ornata di trofei.
Presso quell'osteria potremo riposare,
ché troppo stanco sono e troppo stanca sei.
Il campanile scocca
lentamente le sei.
- Avete un po' di posto, o voi del Caval Grigio?
Un po' di posto per me e per Giuseppe?
- Signori, ce ne duole: è notte di prodigio;
son troppi i forestieri; le stanze ho piene zeppe.
Il campanile scocca
lentamente le sette.
- Oste del Moro, avete un rifugio per noi?
Mia moglie più non regge ed io son così rotto!
- Tutto l'albergo ho pieno, soppalchi e ballatoi:
Tentate al Cervo Bianco, quell'osteria più sotto.
Il campanile scocca
lentamente le otto.
- O voi del Cervo Bianco, un sottoscala almeno
avete per dormire? Non ci mandate altrove!
- S'attende la cometa. Tutto l'albergo ho pieno
d'astronomi e di dotti, qui giunti d'ogni dove.
Il campanile scocca
lentamente le nove.
- Ostessa dei Tre Merli, pietà d'una sorella!
Pensate in quale stato e quanta strada feci!
- Ma fin sui tetti ho gente: attendono la stella.
Son negromanti, magi persiani, egizi, greci...
Il campanile scocca
lentamente le dieci.
- Oste di Cesarea... - Un vecchio falegname?
Albergarlo? Sua moglie? Albergarli per niente?
L'albergo è tutto pieno di cavalieri e dame
non amo la miscela dell'alta e bassa gente.
Il campanile scocca
le undici lentamente.
La neve! - ecco una stalla! - Avrà posto per due?
- Che freddo! - Siamo a sosta - Ma quanta neve, quanta!
Un po' ci scalderanno quell'asino e quel bue...
Maria già trascolora, divinamente affranta...
Il campanile scocca
La Mezzanotte Santa.
Guido Gozzano
domenica 22 dicembre 2013
Pedrale dai giudici: "Ho spiegato tutto"
Da "La Stampa" del 22 dicembre 2013
Spese pazze a Palazzo Lascaris
Spese pazze a Palazzo Lascaris
L’esponente di Forza Italia
difende 60 mila euro
di rimborsi
«È stata un’occasione per fare finalmente chiarezza». Quattro ore di interrogatorio ieri in procura per l’ex capogruppo regionale del Pdl, Luca Pedrale, oggi Forza Italia. Ne aveva di cose da dire al pm Enrica Gabetta, uno dei magistrati che si occupa del- l’inchiesta sui rimborsi dei gruppi consiliari. Pedrale, durante le indagini, si era avvalso della facoltà di non rispondere ed aveva replicato alle accuse di peculato, per sé e come responsabile del gruppo, producendo una memoria difensiva. Adesso, a indagini chiuse, ha chiesto di farsi interrogare. «Abbiamo scelto questa strada - hanno spiegato ieri i suoi legali, Carlo Federico Grosso e Luigi Chiappero - perché prima di rispondere alle contestazioni volevamo conoscere a fondo le carte dell’inchiesta».
Ecco spiegate le quattro ore di faccia a faccia col magistrato, spezzate appena da una breve pausa. Personalmente è accusato di aver fatto spese anomale per poco meno di 60 mila euro. Tra le voci contestate, rimborsi per le manutenzioni dell’autovettura e
«È stata un’occasione per fare finalmente chiarezza». Quattro ore di interrogatorio ieri in procura per l’ex capogruppo regionale del Pdl, Luca Pedrale, oggi Forza Italia. Ne aveva di cose da dire al pm Enrica Gabetta, uno dei magistrati che si occupa del- l’inchiesta sui rimborsi dei gruppi consiliari. Pedrale, durante le indagini, si era avvalso della facoltà di non rispondere ed aveva replicato alle accuse di peculato, per sé e come responsabile del gruppo, producendo una memoria difensiva. Adesso, a indagini chiuse, ha chiesto di farsi interrogare. «Abbiamo scelto questa strada - hanno spiegato ieri i suoi legali, Carlo Federico Grosso e Luigi Chiappero - perché prima di rispondere alle contestazioni volevamo conoscere a fondo le carte dell’inchiesta».
Ecco spiegate le quattro ore di faccia a faccia col magistrato, spezzate appena da una breve pausa. Personalmente è accusato di aver fatto spese anomale per poco meno di 60 mila euro. Tra le voci contestate, rimborsi per le manutenzioni dell’autovettura e
regali: fiori, oggetti preziosi,
prodotti di profumeria e
champagne. E poi abbigliamento, alberghi, e ovviamente ristoranti e bar. Da
sola la voce «alimentazione»
vale oltre 19 mila euro di
contestazioni.
Soddisfatto dell’incontro col pm? «Sì - dice Pedrale uscendo dalla procura - credo di aver chiarito tutte le spese personali e quelle istituzionali affrontate dal gruppo. Ho fornito spiegazioni per ogni singola voce». Alle parole ha fatto seguire anche tabelle e documenti, indicando circostanze e motivazioni dei rimborsi. Scontrini simultanei? «Nel mio caso non ci sono problemi di ubiquità di spese» dice. Alle dichiarazioni del presidente del Consiglio regionale Valerio Catteneo, che ha invitato i colleghi politici e indagati a chiedere scusa pubblicamente, vista l’immagine compromessa degli «inquilini» di Palazzo Lascaris, Pedrale taglia corto evitando di alimentare ulteriori polemiche. Il clima, fuori e dentro il palazzo, è teso.
«Cattaneo - afferma - mi ha chiamato dicendo che le sue dichiarazioni sono state fraintese, e comunque ciò che ha detto resta la sua opinione personale». Dal canto suo Luca Pedrale, tiene a precisare che i politici regionali in carica, avvolti da mesi dalla fitta bufera giudiziaria, hanno ridotto i costi della politica «tagliando il budget a disposizione dei gruppi consiliari». [M. PEG.]
Soddisfatto dell’incontro col pm? «Sì - dice Pedrale uscendo dalla procura - credo di aver chiarito tutte le spese personali e quelle istituzionali affrontate dal gruppo. Ho fornito spiegazioni per ogni singola voce». Alle parole ha fatto seguire anche tabelle e documenti, indicando circostanze e motivazioni dei rimborsi. Scontrini simultanei? «Nel mio caso non ci sono problemi di ubiquità di spese» dice. Alle dichiarazioni del presidente del Consiglio regionale Valerio Catteneo, che ha invitato i colleghi politici e indagati a chiedere scusa pubblicamente, vista l’immagine compromessa degli «inquilini» di Palazzo Lascaris, Pedrale taglia corto evitando di alimentare ulteriori polemiche. Il clima, fuori e dentro il palazzo, è teso.
«Cattaneo - afferma - mi ha chiamato dicendo che le sue dichiarazioni sono state fraintese, e comunque ciò che ha detto resta la sua opinione personale». Dal canto suo Luca Pedrale, tiene a precisare che i politici regionali in carica, avvolti da mesi dalla fitta bufera giudiziaria, hanno ridotto i costi della politica «tagliando il budget a disposizione dei gruppi consiliari». [M. PEG.]
giovedì 19 dicembre 2013
Il PD di Crescentino per la Sardegna
Chiedo scusa a Mauro Novo se per la prima volta gli copioincollo un post che mi sembra da diffondere ancor più per la virtuosa notizia che contiene.
COMUNICAZIONE DAL PD DI CRESCENTINO
Buongiorno,
come avevamo anticipato, i due euro che ciascun elettore ha versato durante la partecipazione alle primarie PD dello scorso 8 dicembre, sono state devoluti a Torpè, comune di della provincia di Nuoro, tra i più colpiti dalla recente alluvione che ha flagellato la Sardegna.
I votanti delle primarie erano stati 445 ma grazie alla generosità di molti la somma raccolta è stata di 1003 euro, interamente versata al comune di cui sopra.
E' una piccola somma che però va ad attestare la solidarietà e vicinanza nostra e di tutti coloro che hanno partecipato alle primarie.
Cordiali saluti e buone feste
come avevamo anticipato, i due euro che ciascun elettore ha versato durante la partecipazione alle primarie PD dello scorso 8 dicembre, sono state devoluti a Torpè, comune di della provincia di Nuoro, tra i più colpiti dalla recente alluvione che ha flagellato la Sardegna.
I votanti delle primarie erano stati 445 ma grazie alla generosità di molti la somma raccolta è stata di 1003 euro, interamente versata al comune di cui sopra.
E' una piccola somma che però va ad attestare la solidarietà e vicinanza nostra e di tutti coloro che hanno partecipato alle primarie.
Cordiali saluti e buone feste
sabato 14 dicembre 2013
Finanziamento ai partiti, il peperoncino della concorrenza
Il fondo di Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo, autori de "La Casta", sul Corriere della Sera del 14 dicembre 13. Molto utile per capirne di più, in questi strani giorni di rilanci collettivi.
Evviva la concorrenza. Se la tanto invocata abolizione (in differita) dei rimborsi elettorali decisa dal governo sia dovuta alla voglia di Enrico Letta di prendere in contropiede Matteo Renzi che stava per annunciare una netta accelerazione, non si sa. Come non si sa quanto possa aver pesato la scelta di Berlusconi e Grillo di cavalcare il ribellismo dei Forconi. Movimento ancora informe ma infettato, tra tante persone esasperate e perbene, da infami rutti contro i «banchieri ebrei» e insensati peana a favore dell’ungherese Viktor Orbán, l’anima bruna dell’Europa autoritaria post comunista. Ma ciò che non era riuscito al referendum sull’abolizione del finanziamento pubblico passato nel ‘93 con il 90,3% dei voti né alle varie ondate di indignazione contro la crescita abnorme dei soldi ai partiti (+1.110%) nel primo decennio del secolo segnato in parallelo dal ristagno e dall’impoverimento degli italiani pare essere riuscito al peperoncino della concorrenza. Dentro la sinistra, dentro la destra, dentro l’opposizione a tutto e tutti.
È come si fosse aperta una gara a chi mostra d’avere una più forte e impaziente spinta riformatrice. Al punto di scavalcare per virtù dichiarata, nell’ansia di far perdonare alla politica la bulimia di questi anni, il resto d’Europa. Dove, come ricordano Piero Ignazi, Eugenio Pizzimenti e altri, solo la Svizzera non prevede alcuna forma di finanziamento. Estremismi all’italiana: dalle abbuffate trimalcioniche alla dieta totale. Dicono i grillini, i quali nei giorni scorsi sono riusciti a far passare un emendamento piccolo ma saggio perché consente di disdettare in 30 giorni una serie di esosi contratti d’affitto (11 sedi per il Senato, 20 per la presidenza del Consiglio, 21 per la Camera: assurdo) che il decreto voluto da Letta per tagliare corto con le meline parlamentari, è solo l’annuncio d’un progressivo esaurimento dei rimborsi che si compirà fra quattro anni. Vero. E mai come oggi i cittadini devono tenere gli occhi aperti su eventuali ritocchi, ripensamenti, giochini.
Sarebbe ingeneroso, però, dire che non rappresenti un passo avanti. Sul piano dei risparmi ma più ancora sulla trasparenza. Non solo dei bilanci dei partiti, la cui pubblicazione online diventa finalmente tassativa: è prevista la diffusione sul web anche degli elenchi di persone e società che finanziano la politica. Bene. E bene le misure che potrebbero spingere alla fine dei partiti personali, le sanzioni in denaro per chi viola la parità uomo-donna, l’obbligo di indicare negli statuti di ciascuna forza politica la cadenza delle assemblee dove sottoporre le leadership alla verifica democratica. Certo, che una donazione di 70mila euro a una onlus possa avere uno sconto fiscale di 537 euro e a un partito di 18.200 (34 volte di più) è una disparità ardua da capire. Che continuerà a caricare sulle casse pubbliche una parte significativa dei costi.
Per non dire degli altri capitoli meno vistosi del finanziamento, come i contributi ai gruppi parlamentari e alla stampa di partito: neanche sfiorati. Staremo a vedere. Una svolta radicale, del resto, è nell’interesse dei partiti stessi. Troppi denari pubblici, garantiti sempre e comunque, avevano reso quasi superfluo il rapporto con gli elettori. Creando un distacco inaccettabile. Essere obbligati a raccogliere euro su euro li costringerà a parlare, discutere, convincere uno ad uno i cittadini. E, finalmente, ad ascoltare ciò che hanno da dire.
venerdì 13 dicembre 2013
Fabrizio Barca: "Se stabilità vuol dire nessun cambiamento, no grazie"
In quest'epoca di diffidenza verso la politica, trovo che svetti la figura di Fabrizio Barca, uno studioso e un pragmatico, persona per benissimo, per il quale mi auguro un futuro degno. Mi piace condividere con voi la sua intervista su La Stampa di oggi, raccolta da Paolo Festuccia.
Aspettiamo l’Epifania. Ma è già successo molto. Fabrizio Barca, ex ministro del governo Monti, raccoglie ancora appunti per l’Italia. Osserva le prime mosse di Renzi, e
lancia (domani) a Bologna, «I luoghi ideali». Pensando, così «a un partito che nasce anche dalla base, più “glocal” per citare Bassetti, e dove possano con- frontarsi anche un operaio cinese con un imprenditore».
Da Renzi cosa si spetta nelle prossime
settimane?
«E’ già successo molto e mi sembra significativo. Poche ore dopo ha realizzato la frattura generazionale. Ed è la prima volta che moltissimi di noi, non solo per età, vedono all’interno di quell’organo tecnico persone di questo mondo: che si incontrano tra la gente comune, per strada, nei dibattiti: il cambio di composizione che si sta realizzando è davvero interessante».
Può bastare per il rinnovamento radicale cui mira Renzi?
«La sfida del neo segretario è dentro il Pd. Un partito, infatti, che per statuto prevede un organo di indirizzo strategico con duecento persone - che se fosse un’azienda si chiamerebbe cda per intenderci - diventa incapace di raccogliere le indicazioni e le proposte che provengono fuori dall’Italia. Poi c’è un altro aspetto: quello di evitare che il partito sia ancora concepito come uno strumento per occupare incarichi negli enti pubblici».
Un suo vecchio pallino contro le élite e i partiti stato-centrici...
«La fine degli intrecci tra nomine e partiti negli enti sono il segno che l’Italia attende dal Pd. Il partito non può essere un luogo per trovare lavoro più rapidamente o come direbbe meglio Renzi per evitare il vaglio di merito».
Molti pensano che per «sostanza» e contenuti il suo documento sul Pd guardasse più a Cuperlo che ad altri. Lei ha poi scelto Civati perché?
«Forse perché la mia proposta non era tanto concettuale quanto enormemente operativa. E quel mio documento conteneva già in se la voglia di menar le mani nel territorio. L’idea, di un partito che deve tornare a essere mobilitante. Civati di quel documento da il segno pratico».
Come finirà tra azione di rinnovamento del Pd e stabilità di governo?
«La parola stabilità a me non piace. Abbiamo, invece, bisogno di un paese governato. Se stabilità vuol dire nessun cambiamento allora no grazie. Detto questo ci vuole un cambiamento radicale, ma non significa assolutamente che debba cadere il governo, che ha in- vece almeno due compiti importanti: la legge elettorale e il presidio del ciclo economico su tutto. Dunque, tolto il ter- mine stabilità, che dovrebbe sparire dal vocabolario, non mi sembra che la nomina di Renzi rappresenti automaticamente un elemento che renda meno probabile questo. Anzi, un Pd forte da maggiori garanzie sia sulla legge elettorale che sulle misure giuste da prende- re sul fronte economico».
Aspettiamo l’Epifania. Ma è già successo molto. Fabrizio Barca, ex ministro del governo Monti, raccoglie ancora appunti per l’Italia. Osserva le prime mosse di Renzi, e
lancia (domani) a Bologna, «I luoghi ideali». Pensando, così «a un partito che nasce anche dalla base, più “glocal” per citare Bassetti, e dove possano con- frontarsi anche un operaio cinese con un imprenditore».
Da Renzi cosa si spetta nelle prossime
settimane?
«E’ già successo molto e mi sembra significativo. Poche ore dopo ha realizzato la frattura generazionale. Ed è la prima volta che moltissimi di noi, non solo per età, vedono all’interno di quell’organo tecnico persone di questo mondo: che si incontrano tra la gente comune, per strada, nei dibattiti: il cambio di composizione che si sta realizzando è davvero interessante».
Può bastare per il rinnovamento radicale cui mira Renzi?
«La sfida del neo segretario è dentro il Pd. Un partito, infatti, che per statuto prevede un organo di indirizzo strategico con duecento persone - che se fosse un’azienda si chiamerebbe cda per intenderci - diventa incapace di raccogliere le indicazioni e le proposte che provengono fuori dall’Italia. Poi c’è un altro aspetto: quello di evitare che il partito sia ancora concepito come uno strumento per occupare incarichi negli enti pubblici».
Un suo vecchio pallino contro le élite e i partiti stato-centrici...
«La fine degli intrecci tra nomine e partiti negli enti sono il segno che l’Italia attende dal Pd. Il partito non può essere un luogo per trovare lavoro più rapidamente o come direbbe meglio Renzi per evitare il vaglio di merito».
Molti pensano che per «sostanza» e contenuti il suo documento sul Pd guardasse più a Cuperlo che ad altri. Lei ha poi scelto Civati perché?
«Forse perché la mia proposta non era tanto concettuale quanto enormemente operativa. E quel mio documento conteneva già in se la voglia di menar le mani nel territorio. L’idea, di un partito che deve tornare a essere mobilitante. Civati di quel documento da il segno pratico».
Come finirà tra azione di rinnovamento del Pd e stabilità di governo?
«La parola stabilità a me non piace. Abbiamo, invece, bisogno di un paese governato. Se stabilità vuol dire nessun cambiamento allora no grazie. Detto questo ci vuole un cambiamento radicale, ma non significa assolutamente che debba cadere il governo, che ha in- vece almeno due compiti importanti: la legge elettorale e il presidio del ciclo economico su tutto. Dunque, tolto il ter- mine stabilità, che dovrebbe sparire dal vocabolario, non mi sembra che la nomina di Renzi rappresenti automaticamente un elemento che renda meno probabile questo. Anzi, un Pd forte da maggiori garanzie sia sulla legge elettorale che sulle misure giuste da prende- re sul fronte economico».
Cuperlo ha preso tempo per decidere
se accettare o meno la carica di presi-
dente del Pd. Dovrebbe accettarla?
«Nessuno sa meglio di lui cosa fare. Cuperlo è persona di straordinaria umanità, poco incline a mettersi a fare il bilancino».
C’è chi lancia anche lei alla presidenza...
«Sarei ipocrita a dire che non mi fa piacere. Lo prendo come un segno di stima, ma non è detto che sia una buona idea».
Come finirà tra Matteo Renzi e Susanna Camusso?
dente del Pd. Dovrebbe accettarla?
«Nessuno sa meglio di lui cosa fare. Cuperlo è persona di straordinaria umanità, poco incline a mettersi a fare il bilancino».
C’è chi lancia anche lei alla presidenza...
«Sarei ipocrita a dire che non mi fa piacere. Lo prendo come un segno di stima, ma non è detto che sia una buona idea».
Come finirà tra Matteo Renzi e Susanna Camusso?
«Penso che come il sindacato ha cercato, almeno al 99 per cento, di non in-
terferire sul congresso Pd, è importante che il partito non lo faccia su
quello della Cgil».
Lei ha girato tutto il Paese: ora cosa farà?
«Per il mio lavoro mi occuperò da direttore generale della strategia per le aree interne formalizzate dal ministro Trigilia. Dal venerdì sera, invece, vorrei provare a dimostrare nei fatti che il nuovo Pd si costruisce anche dal basso affiancando sul territorio alcune leadership già interessanti che chiedono cambiamento».
Lei ha girato tutto il Paese: ora cosa farà?
«Per il mio lavoro mi occuperò da direttore generale della strategia per le aree interne formalizzate dal ministro Trigilia. Dal venerdì sera, invece, vorrei provare a dimostrare nei fatti che il nuovo Pd si costruisce anche dal basso affiancando sul territorio alcune leadership già interessanti che chiedono cambiamento».
Per questo ha lanciato una raccolta
fondi?
«Serviranno ai volontari come me per avvalersi di una squadra che consenta di lavorare. Il mio operato da ministro si è caratterizzato per la trasparenza. An- che da privato cittadino si può realizza- re, con una piccola comunità di contri- butori. Abbiamo superato i diecimila euro. L’obiettivo è arrivare a 40mila. Massimo 500 euro. Per chi verserà più di 200 euro cucinerò io una cena».
fondi?
«Serviranno ai volontari come me per avvalersi di una squadra che consenta di lavorare. Il mio operato da ministro si è caratterizzato per la trasparenza. An- che da privato cittadino si può realizza- re, con una piccola comunità di contri- butori. Abbiamo superato i diecimila euro. L’obiettivo è arrivare a 40mila. Massimo 500 euro. Per chi verserà più di 200 euro cucinerò io una cena».
martedì 10 dicembre 2013
Fare scuola con la scuola
Siamo messi malissimo, in Italia, lo vediamo dovunque. Ma siamo messi male anche sotto il profilo del rispetto delle regole, e nella fumosità degli enunciati della politica ai quali fanno da contraltare i nostri comportamenti: Renzi ha vinto anche su questi temi. Sono rimasta colpita dall'ultimo capoverso dell'articolo di fondo di domenica scorsa del Corriere della Sera, a firma di Alberto Alesina e Francesco Giavazzi, due economisti di tempra, che analizzavano le mosse del presidente Letta e la sua difficoltà di dar seguito ai propositi che va elencando.
Ebbene, il loro pezzo si chiude così:
"… A proposito di scuola, vogliamo riconoscere che, se non si inizia a insegnare ai bambini che copiare è immorale, che farsi fare i compiti da genitori troppo protettivi è altrettanto sbagliato, che seguire le regole dev'essere una cosa naturale e automatica, non un optional, non faremo che produrre evasori fiscali?".
La trovo una straordinaria verità pedagogica.
Ebbene, il loro pezzo si chiude così:
"… A proposito di scuola, vogliamo riconoscere che, se non si inizia a insegnare ai bambini che copiare è immorale, che farsi fare i compiti da genitori troppo protettivi è altrettanto sbagliato, che seguire le regole dev'essere una cosa naturale e automatica, non un optional, non faremo che produrre evasori fiscali?".
La trovo una straordinaria verità pedagogica.
lunedì 9 dicembre 2013
La magia delle primarie (con richiesta di bis)
L'Italia si sveglia il lunedì del 9 dicembre un po' diversa. Matteo Renzi ha stravinto le Primarie del PD (anche a Crescentino: 350 voti sono andati a lui, 53 a Civati e solo 41 a Cuperlo, in tutto 444), e da questo famoso lunedì comincerà in qualche modo nel nostro tormentato Paese il rinnovamento del partito più grande della galassia della sinistra, quello al quale - con tutte le difficoltà, gli sbagli, le incongruenze - si fa riferimento quando si discute di futuro appunto da sinistra, seppure nelle varie sfumature.
Mi è molto piaciuta la campagna elettorale. Conosco troppo bene Grillo (da trent'anni, e da vicino grazie a Fabrizio De André) per poter mai diventare grillina, e alla fine tutti quelli che restano come me ancorati ai valori fondanti della sinistra sognano di vivere in un paese dove ci sia più onestà, più solidarietà, dove le cose - compresi gli ospedali - funzionino e anche i furbastri paghino le tasse, e i consiglieri regionali con le loro note spese comincino un po' a vergognarsi. Vedere questi tre personaggi - Renzi, Civati, Cuperlo, così distanti dalla nomenclatura consolidata - confrontarsi sui temi del nostro disagio quotidiano, esaminare la loro anagrafe, ci fa capire che forse (forse) davvero un lungo momento storico sta per finire, e nuove logiche più moderne e di buon senso potrebbero finalmente darci un po' di speranza nel futuro.
Soprattutto, il confronto fra i tre in occasione delle Primarie ha in qualche modo polarizzato l'attenzione sui temi e i personaggi del Centro-Sinistra, mettendo la sordina ai proclami di Berlusconi e alle liste di proscrizione di Grillo. Anche questo accendersi di un faro così potente mi convince sempre più della necessità per il PD crescentinese di abbracciare l'iniziativa delle Primarie per le future elezioni amministrative, quando senza ricandidarmi (come vado dicendo a chiunque da parecchio tempo) lascerò quest'esperienza di sindaco che ha occupato i miei ultimi cinque anni di vita. E' stato fatto a Trino con successo, sarebbe bello che si facesse anche qui.
Non da oggi, inoltre, esprimo la speranza che il nuovo sindaco sia espressione di quel desiderio di rinnovamento che in questi anni ho sostenuto e che tanto fortemente segna oggi la relazione fra la società e la politica. Avevo detto o scritto che, se dovessi votare oggi, sceglierei un giovane o una donna, l'uno e l'altra il simbolo più diretto di un rinnovamento. Leggo sulla Gazzetta, sempre attenta a questo blog e mai in positivo, che il Segretario locale del Pd ha espresso qualche perplessità su questa mia idea, e che preferirebbe invece un sindaco "capace e presente".
Ora, poiché nessuno sano di mente vorrebbe un sindaco "incapace e assente", viene da pensare che con le sue frasi il Segretario locale abbia una figura di apparato in mente, e si schieri dunque paradossalmente contro la linea ufficiale del suo stesso partito, che sul rinnovamento ha puntato tutto presentando alle Primarie "tre giovani tre". Conto dunque sui tanti giovani del Pd e non solo, perché prendano in mano il proprio destino per disegnarsi un futuro che scacci le difficoltà del nostro tempo, e i segni di tanti errori del passato.
martedì 3 dicembre 2013
Risvolti di un Consiglio Comunale
"Uno degli aspetti negativi della personalità dei narcisi: la strumentalizzazione. Manipolano infatti eventi e persone in funzione della valorizzazione del proprio ego".
Prof. Willy Pasini, da "La vita è semplice", 1998
Prof. Willy Pasini, da "La vita è semplice", 1998
lunedì 2 dicembre 2013
Ferrovie, l'Assessore Casa spiega i due cambiamenti d'orario
L'Assessore ai Trasporti del Comune di Crescentino, Fabrizio Casa, nella mattinata del 2 dicembre ha partecipato ad un incontro a Torino dove sono state rese note due variazioni di orario che riguardano la nostra linea ferroviaria, a partire dal giorno 15 prossimo.
1) Anticipo alle 6.48 del treno 10122 con arrivo a Chivasso alle 7:15. Il treno per Torino parte alle 7:31 per cui si ha abbastanza tempo a disposizione per il cambio, inoltre il treno proveniente da Crescentino verrà indirizzato sullo stesso binario di partenza del treno per Torino SFM2 al fine di evitare l'attraversamento dei binari segnalato dagli utenti.
2) Eliminato il treno 4282 con partenza da Crescentino alle 6:03 e arrivo a Chivasso alle 6:25.
Scrive Fabrizio Casa:
"Come rappresentante del nostro Comune (erano presenti anche Verolengo e Balzola che condividevano) ho preso atto con soddisfazione delle modifiche del treno 10122 che hanno recepito sostanzialmente le nostre richieste. Ho espresso invece il no assoluto all'eliminazione del treno 4282 e consegnato le firme già raccolte, argomentando la questione dell'orario di arrivo sui posti di lavoro.
I tecnici regionali sembrerebbero aver capito la cosa e mi hanno promesso il ripristino della corsa a partire dalla prima revisione utile in data 02/02/14. Nel frattempo si impegnano a trovare un accordo con la Provincia di Vercelli (presente all'incontro) per l'utilizzo con l'abbonamento del treno sugli autobus ATAP per Chivasso (Crescentino 5:29 - Chivasso 5:57).
Nessuno del Comitato pendolari era presente alla riunione".
Grazie a Fabrizio Casa
Corsa contro il tempo per l'abolizione delle Province (Da La Stampa 2/12/13)
ALESSANDRO BARBERA
ROMA
L’ora della verità è arrivata. Dopo un rinvio e un lungo iter in commissione il disegno di legge per l’abolizione delle Province arriva in aula alla Camera. È il terzo tentativo in pochi anni: ci provarono già i governi Berlusconi e Monti e s’è visto come è andata a finire. Prima scoppiò il caso delle Province di confine (tutte al Nord) che la Lega impose di salvare dalla mannaia, mentre Monti dovette fare i conti con la rivalità fra campanili. Quando uscì la nuova mappa dei confini e si seppe che Pisa e Livorno avrebbero dovuto condividere l’istituzione il Vernacoliere sentenziò: «I pisani restano pisani». Insomma, dopo tanto rimestare il nuovo governo è finalmente giunto alla conclusione che solo abolendole tutte insieme si può sperare di arrivare in fondo al guado.
Il ministro delle Regioni Delrio ne ha fatto un punto d’onore. Del resto, a forza di discuterne il tema ha superato i confini ed è diventato oggetto di raccomandazioni del Fondo monetario internazionale e della Commissione europea. Il governo si è dato l’obiettivo di chiudere la discussione entro la fine di gennaio. E però - potenza del complicato funzionamento della macchina dello Stato - non si tratterà comunque della abolizione vera e propria: per quella ci vorrà un disegno di legge costituzionale ancora ai blocchi di partenza. Per il momento - se l’iter andrà avanti - la riforma riduce le loro funzioni, le rende enti di «area vasta» (così dice il gergo tecnico) con funzioni di coordinamento. I consiglieri provinciali non verrano più eletti più direttamente dai cittadini, ma fra i Comuni stessi. Raggiungere un testo condiviso in commissione è stata una fatica di Sisifo. Cambia qui, ritocca di là, ogni partito aveva ottime ragioni per chiedere questa o quella modifica. Il sospetto di Delrio è che fra Pd e Pdl ci sia chi cerchi di spostare più in là il voto finale, almeno fino al rinnovo delle 54 amministrazioni previsto per la prossima primavera.
Così il ministro ha ottenuto un emendamento alla legge di Stabilità che allunga la vita ai consigli in scadenza fino al 30 giugno, nella speranza nel frattempo di approvare almeno il disegno di legge ordinario. E poco importa se il presidente dell’Unione delle Province, il torinese Antonio Saitta, ha definito «senza fondamento giuridico» la decisione del governo.
Chi ha approfondito la materia non ha dubbi: quale che sia l’utilità di un organo che coordini alcune funzioni dei Comuni, le Province così concepite sono un inutile spreco di denaro. Uno studio appena pubblicato dall’Istituto Bruno Leoni calcola che la loro abolizione - se accompagnata dalla riduzione delle Prefetture - può valere da 1,3 fino a due miliardi di risparmi.
Con un ma: agli esperti di Ibl non è sfuggito il dettaglio dell’aumento del numero delle cosiddette «città metropolitane», gli enti che dovrebbero rimanere in vita nelle grandi aree urbane. Erano dieci, sono diventate quindici. Dieci sono quelle decretate dal Parlamento, le altre cinque sono quelle assegnate alle Regioni a Statuto speciale. La sola Sicilia ne vuole tre: Palermo, Catania e Messina. C’è Reggio Calabria, con un territorio provinciale che è la metà di quello di Cuneo. E c’è Trieste che, per quanto importante, raccoglie attorno a sé sei Comuni, non propriamente un’area metropolitana. «Se non chiudiamo l’iter di approvazione della legge entro la fine dell’anno si rischia di ripartire di nuovo da zero», ammette Delrio. Il conto alla rovescia è iniziato.
I rimborsi spesa delle Regioni e la vita in una piccola città
E' terrificante leggere le notizie di questi giorni sui rimborsi spesa ai consiglieri della Regione Piemonte ma non solo. Nel vortice sono finiti in tanti, perfino la già virtuosa Regione Emilia Romagna, al centro di uno scandalo analogo.
Un fondo del Corriere della Sera, qualche giorno fa, scriveva che piuttosto che le Province meglio sarebbe stato pensare ad abolire le Regioni, forzieri senza fondo dove si perdono le nostre sostanze.
Ma una volta che uno si è terrificato e scorato, una volta che è chiaro che così fan "quasi" tutti (Gianna Pentenero, per esempio, no), è inutile perdersi in questo ginepraio, meglio aspettare che le indagini facciano fino in fondo il loro corso, e che chi ha sbagliato e troppo "scontrinato" paghi. Anzi: prima restituisca (anzi, ci restituisca) poi paghi.
Sarebbe troppo facile sparare ora addosso all'indagato Luca Pedrale, come lui fece con me quando avevo chiesto il container della Regione Piemonte per gli zingari nel 2010. Lui e Tiramani, con la loro interrogazione e le "battaglie di civiltà" contro di me, a colpi di manifesti. Guerrieri senza macchia e senza paura… Per carità, mi preferisco centomila volte.
Però è desolante il paragone fra chi fa politica, o meglio amministrazione, in un centro come il nostro, e chi frequenta le sfere alte della Regione. Sono profili e ambizioni completamente diverse. Certo, anche qui c'è chi ha una sete di potere che non basterebbe a saziarla un pozzo senza fondo: ma il modo, il profilo, la fatica, la dedizione, il dispendio di energie spesso anche economiche personali, lo spirito di servizio, sono qualità generalmente imprescindibili per un amministratore locale, di questi tempi.
Certo ci sono anche nei piccoli centri coloro che sono mossi da ambizione, che considerano quello di un Comune il predellino per volare altrove e più in alto, o per avere una occasione di migliori guadagni nella propria professione. C'è anche chi ne approfitta per affari non chiari, mica sono tutte mammolette: ci sono ampli precedenti in merito. Però, a leggere in questi giorni le cronache regionali, in un paese o in una cittadina sembra di stare in una specie di isola fuori dal mondo.
Un fondo del Corriere della Sera, qualche giorno fa, scriveva che piuttosto che le Province meglio sarebbe stato pensare ad abolire le Regioni, forzieri senza fondo dove si perdono le nostre sostanze.
Ma una volta che uno si è terrificato e scorato, una volta che è chiaro che così fan "quasi" tutti (Gianna Pentenero, per esempio, no), è inutile perdersi in questo ginepraio, meglio aspettare che le indagini facciano fino in fondo il loro corso, e che chi ha sbagliato e troppo "scontrinato" paghi. Anzi: prima restituisca (anzi, ci restituisca) poi paghi.
Sarebbe troppo facile sparare ora addosso all'indagato Luca Pedrale, come lui fece con me quando avevo chiesto il container della Regione Piemonte per gli zingari nel 2010. Lui e Tiramani, con la loro interrogazione e le "battaglie di civiltà" contro di me, a colpi di manifesti. Guerrieri senza macchia e senza paura… Per carità, mi preferisco centomila volte.
Però è desolante il paragone fra chi fa politica, o meglio amministrazione, in un centro come il nostro, e chi frequenta le sfere alte della Regione. Sono profili e ambizioni completamente diverse. Certo, anche qui c'è chi ha una sete di potere che non basterebbe a saziarla un pozzo senza fondo: ma il modo, il profilo, la fatica, la dedizione, il dispendio di energie spesso anche economiche personali, lo spirito di servizio, sono qualità generalmente imprescindibili per un amministratore locale, di questi tempi.
Certo ci sono anche nei piccoli centri coloro che sono mossi da ambizione, che considerano quello di un Comune il predellino per volare altrove e più in alto, o per avere una occasione di migliori guadagni nella propria professione. C'è anche chi ne approfitta per affari non chiari, mica sono tutte mammolette: ci sono ampli precedenti in merito. Però, a leggere in questi giorni le cronache regionali, in un paese o in una cittadina sembra di stare in una specie di isola fuori dal mondo.
lunedì 25 novembre 2013
Un lunedì da leonesse per fermare la violenza sulle donne
»
Da "La Stampa" del 25/11/2013
Mai tanta eco e iniziative contro maltrattamenti e femminicidio.
Proclamata dall’Onu nel 1999, la «Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne» si celebra in Italia dal 2005. Il 25 novembre fu scelto perché in quella data, nel 1960, le tre sorelle Patria, Minerva e Maria Teresa Mirabal, oppositrici del dittatore dominicano Trujillo, vennero sequestrate, torturate e uccise. In questa giornata, in Italia, si svolgono incontri, si aprono mostre, si svolgono spettacoli a tema. In sedi diverse, dalla Camera dei Deputati, dove alle 17, alla presenza della Presidente Boldrini, una parlamentare di ogni gruppo (tranne i 5 Stelle) legge un brano del libro «Ferite a morte» di Serena Dandini, all’Umanitaria di Milano, dove 44 fotografi partecipano alla mostra «Chiamala violenza, non amore». Oggi il Campidoglio, a Roma, viene illuminato di rosso, colore simbolo dell’iniziativa, e in tutta italia esce «La moglie del poliziotto», film premiato all’ultimo Festival del Cinema di Venezia, che affronta la tematica della violenza in famiglia.
Oggi scarpe rosse e vuote nelle piazze d’Italia. Rosse come il sangue o come la rabbia? E vuote come le donne che non potranno più calzarle per muoversi nel mondo? Ogni anno, soprattutto il 25 novembre, giornata mondiale contro la violenza, se ne tiene la contabilità: siamo a quota 182.
Rosso è il lutto quando si fa grido collettivo, rosso è la ribellione degli oppressi che la sinistra al neon azzurro bianco e verdino ha messo nel baule dei giocattoli vecchi, rosso è anche trasgressione e divertimento al piede di un ragazza. Rosso è vita.
Eppure il 25 novembre, con un segno rosso negli abiti, si è chiamate a custodire nel cuore le donne che non possono più difendersi.
Ma è solo questo il significato della giornata, una specie di due novembre ritardato? Le campagne di comunicazione, come non osassero ferire il dolore delle congiunte, oppure sapessero solo esprimere violenza anche se si battono contro di essa, usano quasi sempre la stessa grammatica.
La Yamamay invita le ragazze a ribellarsi – «Ferma il bastardo», proclama – ma per ora è lui a fermare un bel visino dalla pelle chiara nell’eterna istantanea dell’occhio nero. La regione Liguria, per promuovere una giornata di studio, sceglie una schiena femminile nuda e liscia stampigliata con un tatuaggio: «Fragile». Un donna è come un pacco delicato da consegnare a uno spedizioniere.
Il Comune di Torino stilizza un viso femminile con pesanti tratti neri, evocando chiaramente l’angoscia dell’urlo di Munch. Napoli sceglie un ever green, una donna discinta, gettata a terra, con i capelli scomposti. La Cgil si incarta nel simbolismo: croci bianche su fondo nero che, nella parte finale del manifesto, si rovesciano in simboli femminili accompagnati dall’invocazione «Vive le donne!».
Tutto è meglio del silenzio e la giornata mondiale contro la violenza sulle donne, a lungo relegata nel nostro Paese fra i rituali delle Nazioni Unite, non ha mai avuto tanta eco come quest’anno. Ottima cosa. Una signora che se ne intende, Anna Maria Testa, però sostiene che una pubblicità, per essere efficace, deve avere humour, leggerezza e pertinenza. E chiarezza, aggiungerei, soprattutto se si tratta di comunicazione pubblica.
Allora, con chiarezza, cosa vogliamo? Che le donne siano più libere, che rifiutino la posizione della vittima, che si sottraggano alla coazione a scambiare la brutalità per amore e a sopportarla più e più volte. E vogliamo anche che gli uomini che conoscono l’alfabeto dei sentimenti la smettano di balbettare, si facciano protagonisti, gridino forte che neanche loro ci stanno, o che se ci sono cascati una volta non vogliono perseverare e aiutino gli altri uomini aiutando se stessi, se hanno la maturità per farlo.
Cecilia Guerra, viceministra con delega alle pari opportunità, è lieve e chiara. Sceglie una coppia, lui con il viso coperto da una scritta («La violenza ha mille volti, impara a riconoscerli»), lei che sfodera un sorriso ironico. E gli slogan: «Se il tuo sogno d’amore finisce a botte, svegliati»; oppure: «Sai già che picchia, quando picchia alla porta non aprire». E la pertinenza: il numero 1522, quello cui le donne possono chiedere aiuto, scritto in bell’evidenza.
Meno lievi, ma altrettanto pertinenti sono gli autori che hanno partecipato alla scrittura collettiva di un libro straordinario: «Il lato oscuro degli uomini», Ediesse 2013. Nel 2006 un gruppo di giovani maschi aveva cominciato a spendersi portando il 25 di novembre un fiocco bianco sulla giacca, poi è nata la campagna «Noi no!», con volti maschili noti che dichiaravano il loro rifiuto della violenza, oggi – come il libro racconta – c’è un mondo che si muove: gruppi di auto aiuto, interventi nelle carceri, programmi che possono sostituire parte della carcerazione, progetti di prevenzione. Tutti sorretti dall’energia di professionisti e volontari maschi che ci credono e lo dimostrano.
Stasera a Roma, alla Pelanda di Testaccio, Snoqfactory, un laboratorio che raccoglie molte giovani artiste, ha organizzato una performance perché le donne non si sentano «vittime, irrilevanti e perdenti». Lo ha chiamato «Un lunedì da leonesse». Humour, leggerezza e, auguriamocelo, anche pertinenza.
Da La Stampa del 25/11/2013.
venerdì 22 novembre 2013
Enzo Cena Madur, il ricordo e la celebrazione di Mimmo Càndito
In supremo conflitto di interessi, pubblico qui per quelli che non hanno potuto sentirlo durante la cerimonia funebre del Madur il ricordo (direi l'orazione, anzi) di Mimmo Càndito, suo amico (ma anche mio marito).
All'ombra de' cipressi e dentro l'urne confortate di pianto, è forse il sonno della morte men duro?
Le orazioni funebri, le parole affettuose che si pronunciano quando si dà l'ultimo saluto a chi ci sta lasciando per sempre, hanno forme obbligate, che sono uguali dappertutto, come certi rituali che si pronunciano in alcune cerimonie, e dove le parole hanno perso il loro stesso significato, e se ne vanno via nel vento, come formule vuote : dicono, tutte, immancabilmente, del rimpianto comune, del fatto che a morire sono sempre i migliori, e di quanto era per bene, e affettuosa, e piena di meriti, la persona che è morta.
“Tuti bali”, avrebbe detto il Madur.
E allora voi credete davvero che anche per il Madur si possa fare così? Che davvero si possa consumare il nostro ultimo saluto con la tiritera della frasi fatte e delle lodi ipocritamente fasulle? Che davvero ci diciamo qui quanto era bravo e buono, e così abbiamo scaricato questo senso di vuoto che oggi abbiamo dentro?
Ma davvero c'è qui qualcuno che lo pensa?
Non credo, non lo crediamo noi che lo abbiamo conosciuto, perchè a noi pare impossibile che Enzo non ci sia più. Perchè davvero, chi l'ha conosciuto, come fa a immaginate che il Madur sia morto, ma morto davvero? Senza più quei suoi panni coloratissimi per le strade della nostra città, e quegli occhiali verdi o rossi o rosa, e quei mille strani orologi al polso, e quelle scarpe che nessuno scarparo degno di nome mai si sarebbe sognato di creare. Dadaismo puro, vivacità, tranquilla e dolce spregiudicatezza di chi ama la vita e la vuole colorata, per sé ma anche per gli altri. E mira ed è mirato, e in cor s'allegra.
Un po' tutti quelli che siamo qui abbiamo studiato a scuola il poema del Foscolo “Dei sepolcri”. E per quanto possiamo essere un po' asini - “bocc” ci diceva ridendo il Madur, la sera, al tavolo della pizzeria del Vichingo, e prendeva in giro allegramente la saccenteria di quelli che credono di sapere – per quanto possiamo essere noi tutti un po' “bocc”, riusciamo comunque ad acchiappare dal fondo della memoria di quando ancora avevamo le brache corte, quelle parole del poeta: “A egregie cose il forte animo accendono l'urne dei forti, o Pindemonte”.
Sembra di vederlo qui, il Madur, che a sentire quel nome – Pindemonte – certamente direbbe: “Ma chi l'è cul lì”, e tutti ci metteremmo a ridere, perchè lui fingeva bene di essere “bocc”, di apparire un ignorante, e invece aveva - lo sappiamo bene, chi l'ha conosciuto – aveva una intelligenza acuta, brillante, perfino vorace, che se li pappava tutti di brutto gli azzeccagarbugli che passano per le strade della nostra città ciecamente tronfi del loro stupido titolo di studio o delle loro cariche pubbliche.
Perchè, intanto, una cosa dobbiamo a Enzo: di aver fatto capire, a chi di capire ha voglia, che l'intelligenza è una dote rara, che non abbisogna di abiti formali né di pandette; e che ogni riconoscimento che a questa intelligenza si dà è un contributo sincero all'apprezzamento della verità. E senza verità non c'è indipendenza di giudizio, autonomia di comportamento, libertà di spirito.
Ecco, libertà di spirito. Chiunque sia oggi qui a dire ciao a Enzo si interroghi dentro, si chieda se riesce a immaginare un giudizio diverso per definire ciò che il Madur è stato in questi nostri anni comuni: libertà di spirito. Che vuol dire, poi, in concreto, capacità di viversi in sincerità, in consapevolezza, nella più piena indifferenza delle piccinerie di chi guarda e giudica con acrimonia, con invidia magari, forse anche con la rabbia di non riuscire a essere libero come Enzo mostrava di essere.
Non che fosse un santo o una bandiera. Nulla c'era di più lontano da lui, della voglia di farsi bandiera di qualcosa. Enzo si viveva per sé, per come lui si sentiva di essere, e seppur sapeva bene che comunque di quel suo essere libero e felicemente anarchico sarebbe stato giudicato, e giudicato male, a lui non glie ne fregava più di tanto; al massimo, soltanto all'interno di una misura che non portasse danni a chi gli era vicino.
No, non era un santo, il Madur, e non ci teneva affatto a esserlo. Assumeva serenamente tutte le colpe che si possono dare a chi non bada troppo alle convenzioni e ai pregiudizi, e va per la propria strada. E lui ci andava, e come! “Le urne dei forti”, cantava il Foscolo.
Se non si è santi, o condottieri, o scienziati, o grandi artisti, o letterati di fama, appare difficile che si possa appartenere a questa categoria – i “forti” - che il poeta cantava. Eppure, chi di noi, oggi, avrebbe una qualche remora a immaginare che la citazione del Foscolo andrebbe benissimo addosso al nostro Madur? Perchè, si può essere certamente “forti” guidando un esercito che vince, o predicando a tutti il bene, o scrivendo un'opera imperitura; e questo è scontato.
E' invece assai meno scontato che si possa essere “forti” nella dimensione ridotta d'un vissuto quotidiano che non impegna popoli e genti dell'intero universo ma ugualmente si fa esempio, guida, riferimento credibile, nella realtà raccolta d'una piccola città senza grandi avventure né storie cosmiche da lasciare in eredità al futuro.
Crescentino è una città che ha le sue piccole e grandi storie pubbliche, e le celebra e le onora: Arditi, la Cossotto, Angelini, Caretto. Il Madur non ha avuto questo riconoscimento pubblico, finora. Ed è giunto allora il tempo di darglielo.
Non ha scritto poemi, Enzo, e non ha guidato eserciti (forse il solo piccolo esercito che ha guidato è stato di quei crescentinesi che, con lui, ebbero il loro momento di gloria in una lontana trasmissione delle prime tv, quel “.La bustarella” che fece scoprire a tutti come l'Enzo fosse davvero una personalità straordinaria, capace di stare alla pari con i nomi più celebrati, allora, del cabaret televisivo, e che se soltanto l'avesse voluto, o la fortuna l'avesse aiutato, avrebbe potuto avere oggi una popolarità nazionale che nulla avrebbe avuto da invidiare a quei Teocoli o Boldi che gli recitavano accanto e ne apprezzavano la vivacità dell'intelligenza e la causticità dello spirito).
Non ha scritto poemi né ha guidato eserciti, il Madur. Ma ha dato a quelli che sono ora qui, e anche a coloro che non son potuti venire, ha dato a tutti, sempre, un soffio di allegria, una spinta di energia, una contagiosa carica di vitalità. A piedi, o con quelle sue improbabili macchine, o con questo stralunato Quod a tre ruote con il quale ultimamente scorrazzava, sempre e dovunque e comunque, la sua risata, il suo vocione, il suo “Cume ca sta?” sparato a tutto volume, con la mano aperta, franca, tesa, aprivano una sorta di finestra colorata sulle monotonie o le tristezze della vita quotidiana.
E se c'era da ballare, se c'era una compagnia da metter su, se c'era una festa da montare, lui era sempre lì, il primo, pronto a darsi, mai fermo, mai soddisfatto, mai pigro. Anche ora che la malattia lo tormentava da dentro e gli corrodeva la carne e lo spirito. Sempre se stesso, sempre lui, più forte del destino, più forte del male, più forte della scienza che scopriva stupefatta questa capacità di resistere all'aggressione di un male che gli aveva pronosticato appena qualche mese di vita.
Ecco perchè il Madur noi oggi lo portiamo dentro “l'urne dei forti”, orgogliosamente consapevoli del suo pieno diritto a essere ricordato da tutta la nostra Città come un grande, forse un “bocc”, forse un “rurale” come lui diceva di se stesso ridendo, ma certamente un uomo che ha fatto, anch'egli, un pezzo della storia di Crescentino.
Una storia che negli ultimi tempi è mutata drammaticamente, quasi perdendo la propria consolidata identità in un processo di trasformazione che privilegia invece gruppi, appartenenze settoriali, o regionali o etniche, ma non più la vecchia compatta società dove tutti si conoscevano e mutuamente si riconoscevano, e tanto che oggi questa partenza senza ritorno del Madur pare segnarne simbolicamente una fine irreversibile.
E ora Enzo se ne va, con quella nostra vecchia città che non c'è più. Il Madur lo seppelliamo, resta solo quella sua urna di “forte” che Foscolo celebrava, anche per lui. Però ci consola sapere di certo che quando, l'altro ieri sera, ha detto in silenzio “ciao” alla vita, e se n'è volato via, gli si è aperta subito la porta del Paradiso. Il paradiso non dei santi e nemmeno dei condottieri, ma semplicemente il paradiso della gente qualunque, quali siamo tutti noi. E quando San Pietro lo ha riconosciuto, dandogli il benvenuto sulla porta gli ha anche detto: “Ca senta, monsù Cena. Qui questa porta cigola, si apre con difficoltà. Sarà anche perchè sono sempre più pochi quelli che muoiono e hanno diritto a venire fin quassù, ma intanto, se lei, monsù, ci aiuta a farla scorrere senza troppo rumore, questa porta,io e il Padreterno le diruma grassie”.
Anche lassù, insomma, hanno saputo della generosità pronta del Madur, del suo saper mettere le mani dovunque, della sua capacità di riparare porte, macchine, trattori, alberi che cadono, pompe che si guastano, camini che s'infiammano. E gli hanno dato il benvenuto, e lo hanno accolto come un amico. Un amico di tutti, come lui è sempre stato.
E allora come San Pietro che non riesce a far bene il portinaio con quella sua porta che cigola, e come il buon Padreterno che tutto vede e tutto sa e già gli vuol bene, allora pure noi che bene davvero gli volevamo, ora, semplicemente, piangendo lacrime sincere, ti diciamo: Grazie, Enzo, caro amico nostro di ieri di oggi di sempre. Grazie per quello che ci hai dato, grazie per quello che di te resta dentro di noi.
Arvedsi Madur, a's veduma.
martedì 19 novembre 2013
Addio a Enzo Cena, il Maturo
E' doloroso dover ricordare un amico che non c'è più, che se n'è andato dopo cinque anni di una guerra strenua, coraggiosa, vitale, anche ironica, nei confronti di un male che alla fine ha avuto beffardamente la meglio.
Enzo Cena, anzi Vincenzo, anzi il Maturo come tutti noi lo conosciamo, ha lasciato questa terra ieri sera alle 21,30, all'Ospedale di Vercelli dov'era ricoverato da circa una settimana, dopo infiniti andirivieni per le cure che affrontava da anni con filosofia, nonchalance quasi, come davanti a una bestia da domare.
Aveva un fisico fortissimo, che ha resistito per anni ai dolori e agli attacchi. Tornava a casa dalla chemio e andava dai suoi amati polli a lavorare, saliva sul trattore e andava nei campi.
Ma questa è la parte dolorosa di una vicenda umana che invece si era dipanata all'insegna dell'allegria che era il tratto principale del suo carattere, della disponibilità verso tutti, di una generosità rara.
Il Maturo ha fatto per decenni divertire Crescentino e le Frazioni, con l'aiuto degli amici prima del Comitato e poi della Pro Loco, Rossella Stoppa fra tutti.
Quanti Carnevali, quanti balli, quante Feste del Paese. Quante sedie messe e tolte, quanti palchi montati, quante signore fatte ballare.
E le sue feste immaginifiche, poi, della Leva. Idee ogni volta originali, all'insegna della grandeur, con la gioia di quel modo di vestirsi stravagante e colorato che era un po' il suo marchio di fabbrica. Negli ultimi anni aveva dedicato a queste celebrazioni molta energia, conscio che sarebbero state le ultime.
Enzo è stato uno che la morte l'ha affrontata a muso duro, mai rassegnato. E' stato una gran brava persona. Tutti a Crescentino gli dobbiamo qualcosa.
Addio Maturo, con tanto tanto affetto.
Enzo Cena, anzi Vincenzo, anzi il Maturo come tutti noi lo conosciamo, ha lasciato questa terra ieri sera alle 21,30, all'Ospedale di Vercelli dov'era ricoverato da circa una settimana, dopo infiniti andirivieni per le cure che affrontava da anni con filosofia, nonchalance quasi, come davanti a una bestia da domare.
Aveva un fisico fortissimo, che ha resistito per anni ai dolori e agli attacchi. Tornava a casa dalla chemio e andava dai suoi amati polli a lavorare, saliva sul trattore e andava nei campi.
Ma questa è la parte dolorosa di una vicenda umana che invece si era dipanata all'insegna dell'allegria che era il tratto principale del suo carattere, della disponibilità verso tutti, di una generosità rara.
Il Maturo ha fatto per decenni divertire Crescentino e le Frazioni, con l'aiuto degli amici prima del Comitato e poi della Pro Loco, Rossella Stoppa fra tutti.
Quanti Carnevali, quanti balli, quante Feste del Paese. Quante sedie messe e tolte, quanti palchi montati, quante signore fatte ballare.
E le sue feste immaginifiche, poi, della Leva. Idee ogni volta originali, all'insegna della grandeur, con la gioia di quel modo di vestirsi stravagante e colorato che era un po' il suo marchio di fabbrica. Negli ultimi anni aveva dedicato a queste celebrazioni molta energia, conscio che sarebbero state le ultime.
Enzo è stato uno che la morte l'ha affrontata a muso duro, mai rassegnato. E' stato una gran brava persona. Tutti a Crescentino gli dobbiamo qualcosa.
Addio Maturo, con tanto tanto affetto.
venerdì 8 novembre 2013
I consigli a un amico segretario del PD
Se aspetto ancora un po' a scrivere, la maestra Edda di anni ne compirà quasi duecento…
Dunque mi ci metto, ispirata dalla conversazione con un amico di un paese della cintura torinese che fra una settimana andrà in cassa integrazione, senza sapere di futuro, a 53 anni! E' un tecnico di computer, uno bravissimo tra l'altro.
L'ho guardato incredula. Ma lui mi ha detto, con gli occhi illuminati: "Sai perché non mi dispiace andarmene? Perché vado a fare il segretario del PD al mio paese, anzi dammi qualche consiglio, visto che sei un sindaco…".
Il suo paese è più o meno grande come Crescentino, una Giunta di centro-sinistra che scade come la nostra l'anno prossimo.
Che consigli gli ho dato? Tanti.
- Non chiuderti dentro il tuo ufficio a confrontarti solo con i militanti e con il direttivo. Apri le riunioni, fai serate a tema, cerca la discussione anche su di voi. Non offenderti se ti fanno delle critiche, prendilo come un fatto costruttivo. E' un momento difficile anche per il PD, ma al di là della rilevanza nazionale, della questione delle tessere, delle candidature del momento, nei piccoli centri quel che conta è il dialogo con le persone: comportarsi come esseri umani e non come difensori del Santo Graal, cercare di capire i problemi, e diventare propositivi e attivi con la gente.
- Ogni tanto vai a trovare il sindaco, e confrontati sulle crisi che incontra, per trarne ispirazione.
- E comunque, non trattare il sindaco come un avversario. Intanto hai la fortuna che è dalla tua parte, e poi è certo una persona che merita rispetto perché si è messo in ballo, avrà passato anni difficili.
Le Giunte ormai sono tutte turbolente, spesso un sindaco deve chiudere occhi e orecchie, fingere di non sapere, non raccogliere pettegolezzi, se si vuole mantenere integro e concentrarsi sul bene della sua Città, per avere una visione complessiva che superi le varie lobby che nei piccoli centri sono spesso molto potenti.
Tale atteggiamento dai militanti può venire scambiato come atto di ostilità e indifferenza verso il partito, ma a meno di canaglie scatenate che non mi sembra il caso, sta solo facendo il proprio dovere nell'interesse di tutti.
- Fai anche tu come lui, cerca di agire nell'interesse collettivo, superando i gruppi di potere al tuo interno, tenendo testa a quelli più presuntuosi che sognano il potere dell'anno prossimo. Se così farai, le persone se ne accorgeranno e ti daranno fiducia, non ti tratteranno solo come un rappresentante di parte, perché la parte che tu rappresenterai sarà naturale agli occhi di tutti: la difesa dei più deboli, respingere i privilegi, allontanare i furbastri e i raccomandati, promuovere l'onestà non nelle parole ma nei fatti. Diffida perciò di chi ha troppe ambizioni, e a quelle sacrifica tutto, compreso il lavoro di gruppo.
- Stai attento a non avere mai debiti nei confronti di quelli che ti circondano. Diventerai loro schiavo, erediterai i loro preconcetti e non avrai più quell'apertura di mente indispensabile per fare il segretario e svolgere un ruolo anche sociale oltre che politico. La gente in questi anni odia abbastanza la politica, e i politici, ma se capisce che tu guardi i suoi problemi con sincerità, ti rispetterà.
Ne avrò dette tante altre, non me le ricordo tutte adesso. Comunque R. mi ha ascoltata con grande attenzione, mi ha abbracciata e ha detto: "Grazie, è quel che penso anch'io. Non sarà facile ma ce la metterò tutta". Un altro collega che ascoltava, in ufficio, mi ha guardata e mi ha detto: "Tu in che mondo vivi?". Eh già.
Dunque mi ci metto, ispirata dalla conversazione con un amico di un paese della cintura torinese che fra una settimana andrà in cassa integrazione, senza sapere di futuro, a 53 anni! E' un tecnico di computer, uno bravissimo tra l'altro.
L'ho guardato incredula. Ma lui mi ha detto, con gli occhi illuminati: "Sai perché non mi dispiace andarmene? Perché vado a fare il segretario del PD al mio paese, anzi dammi qualche consiglio, visto che sei un sindaco…".
Il suo paese è più o meno grande come Crescentino, una Giunta di centro-sinistra che scade come la nostra l'anno prossimo.
Che consigli gli ho dato? Tanti.
- Non chiuderti dentro il tuo ufficio a confrontarti solo con i militanti e con il direttivo. Apri le riunioni, fai serate a tema, cerca la discussione anche su di voi. Non offenderti se ti fanno delle critiche, prendilo come un fatto costruttivo. E' un momento difficile anche per il PD, ma al di là della rilevanza nazionale, della questione delle tessere, delle candidature del momento, nei piccoli centri quel che conta è il dialogo con le persone: comportarsi come esseri umani e non come difensori del Santo Graal, cercare di capire i problemi, e diventare propositivi e attivi con la gente.
- Ogni tanto vai a trovare il sindaco, e confrontati sulle crisi che incontra, per trarne ispirazione.
- E comunque, non trattare il sindaco come un avversario. Intanto hai la fortuna che è dalla tua parte, e poi è certo una persona che merita rispetto perché si è messo in ballo, avrà passato anni difficili.
Le Giunte ormai sono tutte turbolente, spesso un sindaco deve chiudere occhi e orecchie, fingere di non sapere, non raccogliere pettegolezzi, se si vuole mantenere integro e concentrarsi sul bene della sua Città, per avere una visione complessiva che superi le varie lobby che nei piccoli centri sono spesso molto potenti.
Tale atteggiamento dai militanti può venire scambiato come atto di ostilità e indifferenza verso il partito, ma a meno di canaglie scatenate che non mi sembra il caso, sta solo facendo il proprio dovere nell'interesse di tutti.
- Fai anche tu come lui, cerca di agire nell'interesse collettivo, superando i gruppi di potere al tuo interno, tenendo testa a quelli più presuntuosi che sognano il potere dell'anno prossimo. Se così farai, le persone se ne accorgeranno e ti daranno fiducia, non ti tratteranno solo come un rappresentante di parte, perché la parte che tu rappresenterai sarà naturale agli occhi di tutti: la difesa dei più deboli, respingere i privilegi, allontanare i furbastri e i raccomandati, promuovere l'onestà non nelle parole ma nei fatti. Diffida perciò di chi ha troppe ambizioni, e a quelle sacrifica tutto, compreso il lavoro di gruppo.
- Stai attento a non avere mai debiti nei confronti di quelli che ti circondano. Diventerai loro schiavo, erediterai i loro preconcetti e non avrai più quell'apertura di mente indispensabile per fare il segretario e svolgere un ruolo anche sociale oltre che politico. La gente in questi anni odia abbastanza la politica, e i politici, ma se capisce che tu guardi i suoi problemi con sincerità, ti rispetterà.
Ne avrò dette tante altre, non me le ricordo tutte adesso. Comunque R. mi ha ascoltata con grande attenzione, mi ha abbracciata e ha detto: "Grazie, è quel che penso anch'io. Non sarà facile ma ce la metterò tutta". Un altro collega che ascoltava, in ufficio, mi ha guardata e mi ha detto: "Tu in che mondo vivi?". Eh già.
domenica 27 ottobre 2013
La maestra Edda Squillario Lorenzetti fa cent'anni
Stagione di compleanni centenari. In poche settimane abbiamo festeggiato all'Infermeria i cento di un signore, i 104 di un'arzilla signora (tutti di Verrua Savoia, dove sono tosti assai) e domenica 27 arriva al fatidico traguardo anche la maestra Edda Squillario Lorenzetti.
Donna molto lucida, grande lettrice e ascoltatrice di letture altrui, ora che gli occhi la fanno un po' penare. Nella sua carriera ha educato generazioni di crescentinesi. Ha un'ottima memoria, il gusto della battuta e dell'eleganza, e un buon appetito. La sua famiglia la festeggia oggi con una Messa e con un pranzo.
Auguri alla maestra Edda per i suoi primi cent'anni: lo abbiamo scritto anche in una targa ricordo che le consegneremo in questi giorni.
domenica 13 ottobre 2013
Grillo e Casaleggio, per una volta grazie
Di Curzio Maltese
Da Repubblica del 12-10-13
Per una volta a Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio possiamo dire soltanto grazie. Con il loro post, ormai giustamente famoso, sul reato di clandestinità i fondatori del movimento 5 stelle hanno infatti disvelato i meccanismi della disastrosa Seconda Repubblica e della mala politica italiana molto meglio che in centinaia di comizi. Trattandosi di persone geniali, sono bastate loro due righe.
Se avessimo proposto l’abolizione del reato di clandestinità durante le elezioni, avremmo preso percentuali da prefisso telefonico». La traduzione del Casaleggio pensiero è meravigliosamente semplice e suona così. «Noi non crediamo in nulla, non abbiamo principi, non siamo né di destra né di sinistra, come del resto abbiamo sempre detto, e non vogliamo cambiare nulla. Diciamo soltanto quello che la gente vuol sentirsi dire in quel preciso momento, per ottenere voti e consenso e poterci di conseguenza fare gli affari nostri, acquistare potere e piazzare chi vogliamo in Parlamento e ovunque. Col tempo faremo eleggere i figli in regione e le fidanzate alla Camera o alla Rai. Come prima di noi hanno fatto Bossi, Berlusconi e Di Pietro. E noi che siamo, più fessi? Il programma non c’entra niente. Sull’immigrazione (e su molto altro) non c’è neppure una parola. S’intende che se e quando la gente cambierà idea, lo faremo anche noi, secondo convenienza. L’abbiamo appena fatto sull’indulto, che invocavamo due anni fa, e sulla legge elettorale. Quando sei sempre d’accordo con la maggioranza, nessuno in questo paese ti rimprovererà mai di essere incoerente. Neppure se voti con Berlusconi e con la Lega, come abbiamo rimproverato di aver fatto al Pd e continueremo, si capisce, a rimproverargli nei secoli dei secoli. Tanto l’Italia è in rovina e non saremo certo noi a risolverne i problemi. L’unica è risolvere i nostri. Chi non è d’accordo può accomodarsi alla porta, perché se “uno vale uno” è pur sempre vero che due, Grillo e Casaleggio, valgono più di tutti voi che non eravate e non sarete nessuno. Concedere libertà alla servitù è stato fatale ai nostri maestri Bossi e Berlusconi. Tranquilli, non ripeteremo l’errore. Non per nulla abbiamo fatto depositare il marchio del partito dagli avvocati. Viva la costituzione!» .
Grazie Beppe e Gianroberto, grazie ancora e, se volete, potete aggiungere altri grazie più nel vostro stile. Era ora che qualcuno spiegasse agli italiani i meccanismi che ci hanno condotto in un ventennio a un passo dal baratro, guidati da una classe dirigente, si fa per dire, formata da capipopolo tanto popolari quanto cinici, cialtroni, reazionari e ignoranti. Grillo e Casaleggio sono soltanto gli ultimi della lunga serie.
Proprio per questo, qualche speranza esiste. In fondo se si sono ribellati al padrone i leghisti e ora perfino i cortigiani di Berlusconi, forse possono farcela anche i parlamentari grillini. Magari non Crimi, ma quelli intelligenti sì. Senza contare il luminoso esempio del Pd, che continua a far fuori un leader all’anno e ora sta volando nei sondaggi con un citofono al posto del segretario. I capi che hanno sempre ragione non hanno mai portato fortuna all’Italia.
Per finire, non è il caso comunque che Grillo e Casaleggio inseriscano la pena di morte nel prossimo programma elettorale. Per i clandestini in fuga dalle guerre esiste già. In Usa negli ultimi trent’anni sono morti meno assassini di quanti innocenti siano morti questa settimana nel canale di Sicilia.
La Repubblica 12.10.13
sabato 12 ottobre 2013
Giornalismo locale (per sorridere un po?)
Giusto per cambiare discorsi, e sorridere un momento. Sfogliando i settimanali locali del mercoledì, con l'occhio della giornalista oltre che del sindaco, ho notato:
1. Sulla Periferia sezione di Crescentino a pag. 45 una fuoritesto con titolo "104 candeline per nonna Amalia" e sotto una foto: la fortunata Amalia (ancora lucida, eh...) sulla sua poltrona e alle sue spalle il presidente dell'Infermeria Gualtiero Cornero ma anche una inconfondibile figura con la giacca rossa (rossa), il sindaco. Pro-tempore, ma sempre il sindaco di un posto dove la Nuova Periferia vende copie.
2. La didascalia lunga, cioè il racconto della foto, nomina l'ultracentenaria e il presidente, ma si guarda bene dal nominare il sindaco o metterne il nome.
3. Che sarà successo? Si saranno scordati, erano distratti? Credo proprio di no, non è la prima volta. Parla il linguaggio del silenzio, è come se dicessero "Quella stronza noi non la nominiamo". Se non fosse un attentato alle regole più ovvie dell'informazione, sarebbe troppo divertente. Ma lo è comunque, a prescindere. Io ho proprio riso, lo ammetto.
Ma qui viene il bello.
La Gazzetta invece, a pagina 2, racconta di aver vinto una causa intentata da Marco Bogetto. Chi è costui? Redattore della Periferia, è una mia vecchia conoscenza: siamo in causa da dieci anni per diffamazione, avendo vinto io tutto il penale, in attesa della conclusione del processo civile che deve anche stabilire l'entità del danno.
Bene, per questo sant'uomo di Bogetto la professione giornalistica dev'esser più di una missione sacerdotale, a giudicare l'impegno con il quale la affronta, quando decide di andare all'attacco della sua vittima com'è successo a me: una pagina, confezionata per farmi sembrare la vera colpevole nel caso della famosa impiegata infedele. Lo posso dire, perché questo ha sentenziato il Tribunale di Casale prima e la Corte d'Assise di Torino poi.
Bene, il sant'uomo Bogetto ha per l'appunto recentemente querelato per diffamazione Umberto Lorini, il mio amico direttore della Gazzetta, che aveva definito la Periferia "Settimanale di gossip" in un resoconto da Crescentino. Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Biella ha ritenuto la querela infondata e l'ha archiviata.
Quel che ora mi chiedo, è: se Bogetto si ritiene diffamato dalla definizione "settimanale di gossip" data al giornale nel quale lavora, che cosa penserà dei redattori che ci lavorano dentro, e in particolare che cosa penserà di se stesso, quando armato di alta deontologia professionale affronta ogni settimana le pagine di Crescentino?
venerdì 11 ottobre 2013
Gianni Taverna: la bioraffineria, una vittoria di tutti
Di Gianni Taverna, assessore all'Ambiente del Comune di Crescentino
***************************************
È successo qualcosa di molto importante nella nostra Crescentino !!!In tutta Italia sappiamo che la situazione non è delle migliori, sentiamo continuamente di chiusure di fabbriche, aziende che spostano le loro produzioni all'estero per la massiccia imposizione fiscale, non parliamo delle tasse alle stelle e della burocrazia cancro dell'Italia.Mercoledì in controcorrente a Crescentino si è inaugurata la prima fabbrica al mondo per la produzione di Bioetanolo di seconda generazione, un evento mondiale seguito da tutti i media nazionali ed internazionali.Questo vuol dire posti di lavoro ed una scommessa per la nostra città con la speranza che in un futuro, speriamo non molto lontano, l'area intera della ex Teksid, diventi un polo industriale di eccellenza per la green economy e che porti soprattutto occupazione per tante persone oggi senza lavoro.Da Assessore all'Ambiente ho avuto l'onore di seguire direttamente tutto l'iter durato 2 anni circa fra rapporti con lo Stato, Provincia e Regione.Ci sono stati momenti positivi e negativi, qualche volta - com'era normale - ci sono stati scontri politici locali sull'argomento, attacchi ingiustificati anche personali, ma quello che conta è che ho avuto sempre la consapevolezza di partecipare ad una realizzazione complessa, partendo da un concetto base che è quello che non si può sempre essere negativi su tutto, perché sennò non si va da nessuna parte.Quindi ringrazio tutti i Crescentinesi perché questa è una vittoria di tutti e come dicevo prima è anche una scommessa per il futuro occupazionale del nostro Paese.
giovedì 10 ottobre 2013
I quadri di Crescentino commentati dal Sovrintendente Caldera
Il 17 ottobre alle ore 20.45, a Crescentino presso la sala del Consiglio del palazzo Municipale, Massimiliano Caldera illustrerà il restauro del quadro Veduta della Città di Crescentino della Fortezza di Verrua (secolo XVIII).
Il relatore illustrerà al pubblico, tramite un percorso di immagini, l’attento restauro che ha portato il quadro settecentesco al suo antico splendore.
Il quadro, che si trova nell'ufficio del Sindaco, è stato restaurato con un mio intervento economico personale, quando ho capito che mai ci sarebbe stato spazio, in questi tempi, per un intervento pubblico nel campo della cultura. A chi ha criticato la mia decisione di rendere noto il mio gesto, rispondo che la beneficenza si fa in silenzio, ma questa non lo è. Restaurare un quadro è un gesto civico, spero che serva di esempio per i sindaci futuri. Se ognuno si occupasse di uno dei tanti che abbiamo, metteremmo a posto tutta la vasta e pregevole collezione in possesso di Crescentino.
Comunque, l’analisi del soggetto del quadro permetterà di accendere anche una visione europea sulla collezione di Gaspare Antonio De Gregory, che lasciò per volontà testamentaria non solo la sua preziosa biblioteca ma anche le sue opere d’arte. La veduta come genere proprio di una società che viaggiava e collezionava quadri e stampe dei luoghi in cui risiedeva e visitava…
Il secondo appuntamento de I tesori ritrovati sarà inaugurato dall'Assessore alla Cultura, Nicoletta Ravarino, ed introdotto da Alessandra Cesare, per l’Archivio storico comunale di Crescentino”, in cui saranno esposti i risultati della ricerca storica condotta sul quadro restaurato e sulla quadreria de gregoriana.
mercoledì 9 ottobre 2013
Inaugurata la Mossi&Ghisolfi
Giornata celebrativa, oggi, per il primo impianto di bioetanolo di seconda generazione al mondo, da biomasse non alimentari. L'inaugurazione è avvenuta alla presenza del ministro Zanonato, dell'ex ministro Profumo, del governatore Cota, del presidente della Provincia Riva Vercellotti.
E con il Prefetto, il Questore, il Comandante dei Carabinieri della Provincia di Vercelli c'era naturalmente anche il vostro sindaco che ha portato il saluto della Città, la Maggioranza e Consiglieri di opposizione come Piolatto, Rotondo, Speranza (io questi ho visto). Una mattinata di esposizione dei meccanismi e delle prospettive: in pratica, la bioraffineria di Crescentino fa da modello per coloro che vogliono mettere in piedi altrove impianti di questo tipo, in tutto il mondo. Questo la dice lunga sulla potenzialità di lavoro in città per i ristoranti (che già lavorano) e per gli alberghi, che invece non ci sono tranne un agriturismo del consigliere Greppi e un residence. Ma nessuno di quelli che dispongono di quattrini per iniziare una simile attività si è mai fatto finora parte attiva. Peccato, quando un centro come il nostro non è capace di usufruire delle potenzialità che si presentano: peccato, peccato, peccato.
A far gli onori di casa il cav. Ghisolfi, padre e iniziatore di quest'impero 60 anni fa, come egli stesso ha raccontato in apertura; e il figlio Guido che di questo stabilimento è il motore. Un uomo deciso e a tratti spiccio, l'ingegner Ghisolfi, come tutti quelli che sono abituati a comandare, con una miriade di figli e nipoti non tutti votati all'industria e una conoscenza profonda dei meccanismi tecnici delle sue attività, che ha spiegato con l'aiuto di filmati e diapositive.
Un investimento da 150 milioni di euro. E' stato significativo l'intervento del ministro per le Infrastrutture Zanonato, che ha detto di passare il tempo a dialogare a Montecitorio con problemi di industrie che chiudono, e dunque quest'apertura rappresenta anche per lui un momento di sollievo ed ottimismo.
Lo stabilimento di Crescentino conta oggi 100 dipendenti, mentre gli addetti indiretti sono circa 200 (dati fornitimi dall'azienda). La speranza, come ho detto in pubblico nell'occasione, è di ulteriori assunzioni soprattutto nel nostro territorio, dove non c'è materiale umano tecnico, come periti e ingegneri specializzati, ma sicuramente la mano d'opera non manca.
Ho poi pregato durante la mattinata il Governatore Cota, che è stato a sentirmi sotto gli occhi del Prefetto dott Malfi, di volersi occupare dell'ampliamento del ponte sulla Dora, ormai veramente troppo piccolo e stretto per un'attività di questo genere e per il traffico normale. Sarà mai la volta buona?
E con il Prefetto, il Questore, il Comandante dei Carabinieri della Provincia di Vercelli c'era naturalmente anche il vostro sindaco che ha portato il saluto della Città, la Maggioranza e Consiglieri di opposizione come Piolatto, Rotondo, Speranza (io questi ho visto). Una mattinata di esposizione dei meccanismi e delle prospettive: in pratica, la bioraffineria di Crescentino fa da modello per coloro che vogliono mettere in piedi altrove impianti di questo tipo, in tutto il mondo. Questo la dice lunga sulla potenzialità di lavoro in città per i ristoranti (che già lavorano) e per gli alberghi, che invece non ci sono tranne un agriturismo del consigliere Greppi e un residence. Ma nessuno di quelli che dispongono di quattrini per iniziare una simile attività si è mai fatto finora parte attiva. Peccato, quando un centro come il nostro non è capace di usufruire delle potenzialità che si presentano: peccato, peccato, peccato.
A far gli onori di casa il cav. Ghisolfi, padre e iniziatore di quest'impero 60 anni fa, come egli stesso ha raccontato in apertura; e il figlio Guido che di questo stabilimento è il motore. Un uomo deciso e a tratti spiccio, l'ingegner Ghisolfi, come tutti quelli che sono abituati a comandare, con una miriade di figli e nipoti non tutti votati all'industria e una conoscenza profonda dei meccanismi tecnici delle sue attività, che ha spiegato con l'aiuto di filmati e diapositive.
Un investimento da 150 milioni di euro. E' stato significativo l'intervento del ministro per le Infrastrutture Zanonato, che ha detto di passare il tempo a dialogare a Montecitorio con problemi di industrie che chiudono, e dunque quest'apertura rappresenta anche per lui un momento di sollievo ed ottimismo.
Lo stabilimento di Crescentino conta oggi 100 dipendenti, mentre gli addetti indiretti sono circa 200 (dati fornitimi dall'azienda). La speranza, come ho detto in pubblico nell'occasione, è di ulteriori assunzioni soprattutto nel nostro territorio, dove non c'è materiale umano tecnico, come periti e ingegneri specializzati, ma sicuramente la mano d'opera non manca.
Ho poi pregato durante la mattinata il Governatore Cota, che è stato a sentirmi sotto gli occhi del Prefetto dott Malfi, di volersi occupare dell'ampliamento del ponte sulla Dora, ormai veramente troppo piccolo e stretto per un'attività di questo genere e per il traffico normale. Sarà mai la volta buona?
Iscriviti a:
Post (Atom)