Un articolo che non manco mai di leggere sulla Gazzetta di Lorini è la Rassegna Stampa. Praticamente sempre dedita alle note battaglie di avanguardia della Periferia.
In queste settimane La Gazzetta disquisisce con bella ironia sulla campagna mediatica del giornale concorrente per "aizzare la popolazione all'odio contro i migranti, i profughi, i rifugiati, i richiedenti asilo". Leggo tra l'altro: "e siccome 'dajje al negro' è un genere che ai lettori piace assai, dopo aver soffiato sul fuoco a Saluggia ci si sposta a Crescentino. Dove di migranti non ce ne sono (cioè, ce ne sono tanti ma sono arrivati 40, 50 anni fa), la Prefettura non ne ha mandati ma ....". Segue il resoconto del timore che essi migranti "possano arrivare a Villa Tournon, al centro di un parco giochi frequentato ogni giorno da decine di mamme e bambini". Robe da matti davvero.
La stessa atmosfera della Periferia, rafforzata da richieste di controlli e quant'altro, viene esibita dalla tristemente nota mozione del Consigliere Mosca: che alberga in apertura della pagina crescentinese della Gazzetta, con tanto di foto del Sullodato e delle sue pregevoli bretelle da benestante che fatica a scucire l'euro per il "povero negro" (con la "r").
Ma non leggo commento alcuno del vispo direttore del mio sempre giornale preferito, su questa vicenda. Se tale atteggiamento andava sottolineato per la Periferia, perché non per il baldo Consigliere, in un bel fondo di quelli suoi? Ai miei tempi sono stata passata per le armi per molto meno.
Il fondo sul PD
L'abile penna viene invece caricata per l'auspicabile rinascita del PD locale. Nel fondo "Il partito che cambia" si ripercorre la storia delle due liste perdenti, la débâcle di tessere e assenze seguita alla sconfitta elettorale a tutto campo. Per poi rimarcare le presenze alle nuove riunioni, e concludere: " 'Il cuore del nuovo PD crescentinese aperto verso l'avvenire' - per dirla con Ravarino - è tutta la Giunta Venegoni. Tranne un suo membro: che prima hanno fatto fuori dal Municipio, ed ora anche emarginato dal partito".
Dovete sapere che ho due gatti, e hanno l'abitudine di mangiare qualche fiocco della loro pappa, poi allontanarsi, e venire da me a chiedere altro cibo, come se non vedessero più la scodella piena. Mi sono venuti in mente, perché anche loro non vedono, non si accorgono. Il fondista della Gazzetta non ricorda, non si accorge che quella mammoletta di Allegranza si era fatto fuori da solo con la sua bella idea di quella lettera del famoso 18 febbraio 2014 inviata ai giornali mentre io ero a Sanremo, piena di accuse varie, dal mio assenteismo in là, che posso anche ripubblicare, ad usum Lorini.
Era pur sempre il Vicesindaco, potevo fidarmi ancora di un vice che mi sparava in faccia solo per candidarsi sindaco, pronto al tutto per tutto? Ricordo anche che, nei pochi mesi da lì alle elezioni, nessuno abbandonò la nave della Maggioranza.
La storia seguente era già scritta prima di cominciare, bastava togliersi le fette di salame dagli occhi. Quel che successe nella costruzione delle liste com'è noto non lo so, perché tutti presero le distanze da me, da Gianni Taverna a Franco Allegranza. Ciascuno con i suoi bravi motivi elettorali o personali. Furbizie o rivalse. Ma ne girano di ogni, ogni giorno ne apprendo una nuova.
Vi giuro che non me ne importa nulla, e penso sia arrivato il momento di lasciarsi dietro quella pagina sciagurata e di occuparsi d'altro. Delle persone comuni, alle quali questi comportamenti non piacciono, tanto che hanno disertato le tessere.
Solo i politici navigati si divertono. Scazzottarsi ha portato solo acqua agli avversari politici. Dico solo che il PD di Crescentino deve ricominciare a vivere non per i notabili ma per la gente comune, per essere al fianco delle persone e dei loro problemi. Se no, che si vive a fare?
domenica 28 giugno 2015
sabato 27 giugno 2015
Accordo sui profughi al summit dell'Unione Europea
Sperando che qualcuno legga prima di spararle grosse sui blog, ben coperti da anonimato (così non si vede quanto siano ignoranti non perché ignoranti, ma perché dediti alle proprie idee soltanto, senza cercare il confronto), pubblico qui i termini dell'accordo raggiunto alla Commissione sulla discussa questione dei migranti.
Da La Stampa di oggi, autore l'ottimo Marco Zatterin.
MV
Da La Stampa di oggi, autore l'ottimo Marco Zatterin.
MV
Strutture, quote e rimpatri: come si muoverà da oggi l’Europa
«Per la fine dell’estate saremo molto vicini a determinare dove distribuire i 40 mila», stima una fonte diplomatica europea. Processo lento, dunque, ma a suo modo concreto. Nelle prossime settimane i tecnici della Commissione, d’intesa con quelli della presidenza lussemburghese entrante, lavoreranno ai criteri di ripartizione dei migranti aventi diritto di protezione che l’Europa dovrà spartirsi sulla base del consenso e delle necessità specifiche. L’effetto del modello scelto dal Vertice Ue è che i 24 mila presi nei centri italiani lasceranno il Paese dall’autunno, dopo una lavoro di definizione delle quote che non appare facile. Non è la sola novità del summit chiusosi ieri. Ecco le altre.
HOTSPOT
La Commissione Ue è chiamata a redigere entro il mese di luglio, in cooperazione con gli Stati, «una tabella di marcia sugli aspetti giuridici, finanziari e operativi» delle nuove strutture di accoglienza negli Stati. Sono gli hotspot - i «punti di crisi» - dove le autorità nazionali, gli esperti di altri Paesi, l’agenzia Frontex per la sorveglianza delle frontiere, l’ufficio per l’asilo (Easo) e l’Europol, identificheranno chi arriva. Ciò consentirà di stabilire chi ha bisogno di protezione internazionale. Gli altri dovranno essere rimpatriati. Il funzionamento dei centri è una condizione necessaria per avviare la riforma del regolamento di Dublino che impone il principio dello sbarco nel porto sicuro più vicino. L’Italia ne avrà 5-6 sparsi nel Mezzogiorno. Funzionamento previsto: autunno.
IL REINSEDIAMENTO
Ventimila cittadini stranieri aventi diritto alla protezione internazionale, ma non ancora entrati in Europa, verranno redistribuiti fra «tutti gli Stati» rispecchiando le loro «situazioni specifiche». Tempi e modi da definire.
RIMPATRI
I leader chiedono di mobilitare «tutti gli strumenti a disposizione per promuovere la riammissione degli irregolare nei Paesi di origine e transito». Il Consiglio, con la Commissione, «preparerà un pacchetto globale» per chiudere i negoziati coi Paesi terzi: attualmente non abbiamo dei patti simili con alcun Paese del Nord Africa, ad esempio. Gli Stati si impegnano ad adottare pienamente la direttiva rimpatri, mentre le espulsioni decise finiranno nel Sis, il Sistema di informazioni di Schengen. Attualmente è molto difficile sapere se un migrante è stato espulso da un altro partner europeo.
FRONTEX E GLI ILLEGALI
Entro luglio, la Commissione stabilirà le modalità con cui Frontex potrà fornire sostegno immediato in materia di rimpatri agli Stati sotto pressione come Grecia e Italia. Oggi, noi espelliamo appena il 20% di chi ha un foglio di via. La Francia fa appena meglio.
ASILO
Nel corso del mese venturo Bruxelles dovrà dire come l’Easo potrà coordinare l’attuazione delle disposizioni sul Paese di origine sicuro. Serve una lista degli luoghi verso i quali è possibile rimandare i clandestini. E serve in fretta.
MARCO ZATTERIN
mercoledì 24 giugno 2015
Di che pasta è fatto il Consigliere Mosca?
Avrete ormai letto sul blog di Mauro Novo (che gentilmente mi ha dato il permesso di riprodurla, più sotto) la mozione del redivivo consigliere Gian Maria Mosca, che torna ai fasti della prima fila "politica" dedicandosi all'argomento del giorno, i profughi che vivono a Verrua Savoia da qualche tempo.
Mi dicono che si sta per accendere anche una competizione in Consiglio fra chi è più oltranzista e più duro nei confronti della nuova situazione.
Una bella lezione di vita, davvero, per la nostra povera Crescentino.
Molti consiglieri e sindaci di destra in giro per l'Italia sono finiti sulle prime pagine dei giornali per aver espresso idee molto più pacate di quelle che avete letto o leggerete qui sotto.
Poche parole.
Spiace che l'intelligenza di un Consigliere Comunale con la laurea sia messa tristemente al servizio dell'euro per il carrello.
Spiace che egli dimentichi che cosa c'è dietro l'arrivo di tante persone, da Aosta a Lampedusa fino in Svezia, in quest'epoca che fra 100 anni sarà ricordata sui libri di storia per le spaventose migrazioni causate dalle guerre più atroci ma anche dalla fame dei paesi meno sviluppati, quelli che i cosiddetti paesi civili non sono stati finora in grado di aiutare sul loro territorio, limitandosi a sfruttarne le risorse.
Spiace che una decina di persone - peraltro nemmeno residenti a Crescentino - che sono senza patria, senza affetti, senza soldi, e per ora senza prospettive, vengano viste come dei pericoli pubblici.
Poche domande.
Abbiamo paura di dieci profughi?
Chi ha scritto questa mozione sembra non aver visto un tg, non aver letto un giornale né un libro da tempo.
Che cosa c'è nel nostro animo, se consideriamo ogni sconosciuto (quelli poveri eh, che per gli altri non c'è problema) un pericolo per i nostri beni?
Che educazione diamo ai bambini e ai ragazzi, se il messaggio che arriva loro dai nostri comportamenti è che bisogna sempre diffidare, allontanare, protestare per uno che ti chiede un'euro senza puntarti la pistola, e chiamare i carabinieri?
Quali virtù umane vengono promosse da questa mozione, che sembra ignorare ogni pudore civico?
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Mi hanno detto che la Sig.ra Moscoloni, Sindaco di Verrua Savoia, è una persona di vero cuore, generosa ed ospitale non solo a casa degli altri.
Non se la prenda, quindi, se in questo caso le chiediamo di collaborare con noi aiutandoci ad acquisire qualche notizia basilare, anche per ragioni di sicurezza pubblica, sui giovani ospitati sul nostro territorio (benché per qualche ora, di notte, formalmente sul bordo del confine di Verrua Savoia), permanentemente occupati di fronte al nostro ipermercato ad esercitare il diritto perentorio di
parcheggiare i nostri carrelli prelevando il nostro Euro.
parcheggiare i nostri carrelli prelevando il nostro Euro.
E’ mai possibile che uno non possa in santa pace decidere se tenersi in tasca quell’ultimo Euro in attesa che tra poco tempo qualche nuovo aumento, o la prossima imposta, lo polverizzi anche senza l’aiuto dei nostri vicini di casa?
GIAN MARIA MOSCA
Ill.mo Consiglio Comunale di Crescentino Pregiatissimi Colleghi Consiglieri,
le ripetute smentite – lette sugli organi di informazione – di fronte all’ipotesi che a Crescentino vengano ospitati gruppi di migranti, risultano tanto interessanti quanto prive di prospettiva. Infatti sul nostro territorio sono già ospiti, durante l’intero arco della giornata, coloro che di notte dormono in territori vicini, primo fra tutti Verrua Savoia.
Ho personalmente verificato che costoro stazionano per lo più di fronte all’ipermercato di via Viotti dove, muniti di cuffie nelle orecchie e telefono cellulare (o altro dispositivo elettronico) tra le mani, camminano a falcate verso i clienti che escono dal negozio dicendo a voce alta: “CARRELLO!”.
Senza attendere una risposta o un cenno adesivo, costoro si pongono in ogni caso ad un metro e mezzo circa dalla persona che scarica la spesa nel baule dell’auto, guardandola in silenzio fino alla fine.
Qualcuno cede per timore, qualcuno per fastidio. Qualcuno resiste e mantiene il carrello riguadagnando la propria moneta. Il fenomeno è inopportuno e sempre più ricorrente. Poiché da un confronto avuto con le Forze dell’Ordine locali non risulta che costoro siano noti ed identificati, il che tra l’altro agevola chi si dissocia dal problema avendolo creato, chiedo al Consiglio di votare all’unanimità la seguente mozione costituente anche atto di indirizzo per l’Amministrazione:
“Il Consiglio Comunale di Crescentino si esprime affinché:
- venga richiesto a stretto giro a tutti i Comuni confinanti sul cui territorio risultano ospitati – per la notte – migranti / profughi, a partire dal Comune di Verrua Savoia in relazione a coloro che dimorano in Frazione La Rocca, un’informativa completa contenente i dati anagrafici dei predetti soggetti, la durata prevista del soggiorno e le attività poste in essere dai medesimi – per quanto noto e verificabile – durante la giornata -
venga impartito un ordine di servizio al Comando di Polizia Municipale affinché, ove possibile anche di concerto con i Carabinieri della locale Stazione, dia corso ad attività di vigilanza del territorio identificando (e verificandone la regolarità amministrativa) coloro che, stazionando o meno nei pressi di esercizi pubblici, molestano l’utenza e la cittadinanza con atteggiamenti come quelli sopra descritti.
Con osservanza.
Gian Maria Mosca
venerdì 19 giugno 2015
Addio a Beppe Aichino, il prof.
Il povero Beppe Aichino non è più tra noi, se n'è andato in seguito ad un edema polmonare all'ospedale di Chivasso dov'era ricoverato da alcuni giorni. A ottobre avrebbe compiuto 80 anni.
Una figura caratteristica della nostra comunità, a lungo professore alla Ragioneria. A lungo, in gioventù, ha suonato l'organo in Parrocchia durante le funzioni: ancora mi ricordo il suo stile.
Persona stravagante e simpatica, un solitario senza averne la vocazione; i suoi ultimi anni sono stati rallegrati e confortati dalla straordinaria solidarietà umana di alcuni Crescentinesi, ai quali va la mia ammirazione.
Ciao Beppe!!!!
Una figura caratteristica della nostra comunità, a lungo professore alla Ragioneria. A lungo, in gioventù, ha suonato l'organo in Parrocchia durante le funzioni: ancora mi ricordo il suo stile.
Persona stravagante e simpatica, un solitario senza averne la vocazione; i suoi ultimi anni sono stati rallegrati e confortati dalla straordinaria solidarietà umana di alcuni Crescentinesi, ai quali va la mia ammirazione.
Ciao Beppe!!!!
Ed ecco il pensiero di Massimo D'Alema, la grande star (dal Corriere della Sera)
Ne conosco pochi più scostanti di lui, e in compenso sono tutti meno intelligenti. Il Corriere della Sera di questa mattina pubblica questa intervista a firma di Antonio Macaluso, che l'ha scovato se ho capito bene a una cena della sua Fondazione Italiani-Europei (più che altro, della cena di finanziamento si è parlato al TG7 di ieri sera, quando Mentana ha fatto ascoltare una sua battutaccia sul basso livello dei giornalisti, alla quale Mitraglia ha replicato con un ironico "Caro...").
Il titolo del Corriere è
"Se cede il PD, Italia preda dei populismi/Ora si deve riaprire il dialogo interno al partito".
*************************
Il sorriso sotto i baffi c’è, ma è amaro: «Oramai lo dico senza alcuna vis polemica... Non partecipo più alle riunioni del Pd. Non mi arrabbio neanche più, sono preoccupato. Se si spezza il legame tra il Pd e la sua gente viene meno un punto di tenuta che ha retto finora. E rischiamo di cedere nel pieno della crisi europea, stretti tra Grecia e immigrazione».
Massimo D’Alema è appena tornato da un convegno a Tunisi.
«Ovunque vado, fuori dall’Unione, mi colpisce l’impressionante caduta di immagine dell’Europa. C’è una crescente disillusione. Sull’altra sponda del Mediterraneo vengono apprezzati gli sforzi fatti dall’Italia con “Mare Nostrum” e altre iniziative, ma quando descrivono ciò che i loro cari trovano nel nostro Paese, allora il racconto cambia: sfruttamento, ingiustizia, prevaricazione. C’è molto turbamento per l’incapacità dell’Europa a fronteggiare un’emergenza che riguarda alcune decine di migliaia di persone».
Potrebbero arrivare centinaia di migliaia di immigrati.
«Se non si riescono a gestire poche decine di migliaia di persone e si diffondono immagini di abbandono, degrado, mancanza di controllo, è naturale che aumenti la paura, ma ciò dimostra un impressionante vuoto di classe dirigente. Durante la drammatica crisi del Kosovo ci furono 300 mila profughi, ma non vi fu questo stato di tensione. È vero che era un’Europa forte, dove c’era una comunità di valori solidali e condivisi. Governava la sinistra».
Anche oggi in Francia e in Italia è la sinistra che governa.
«In Francia è una sinistra tallonata da Marine Le Pen, mentre l’Italia fa quel che può, stretta tra una legge folle, la Bossi-Fini, che produce clandestinità e respinge l’immigrazione di qualità, e la mancata gestione del fenomeno. In questo quadro, la sinistra rischia la sconfitta: non può affrontare il problema accodandosi ai populismi. Rischia di perdere senza combattere. In gioco ci sono i valori di accoglienza e solidarietà della democrazia europea».
Sulla quale pesa anche il caso Grecia.
«Sì, infatti, è l’altra grande emergenza che, se non risolta, non solo avrà risvolti economici devastanti, ma causerà anche una nuova ondata antieuropea. Se la Grecia non sarà salvata, il cittadino medio penserà che l’Europa feroce dei banchieri ha voluto schiacciare chi si è ribellato all’austerità in nome della sopravvivenza».
Arriviamo alla politica italiana.
«Quello che è avvenuto è più che un campanello d’allarme. Ho letto dichiarazioni che attribuiscono responsabilità alle primarie, ai candidati. Ma come? Una volta le primarie facevano vincere e ora fanno perdere? Tutto questo non c’entra nulla. Quando c’è una tendenza che si manifesta in tutto il Paese e con tutti i candidati, salvo eccezioni, si è di fronte ad un fatto politico. Non ci vuole un grande analista per capirlo: una parte grande del nostro elettorato ci ha abbandonato e il crollo della partecipazione al voto è stato particolarmente forte nelle Regioni rosse».
Facciamo un breve elenco dei mali che affliggono il Pd.
«Il fatto più grave? Tanti militanti e dirigenti hanno abbandonato il partito negli ultimi mesi e anziché capire che questo era il segno di un distacco progressivo di una parte importante dell’insediamento storico della sinistra, si è reagito con un atteggiamento sprezzante che ha finito per radicalizzare un sentimento negativo verso il Pd».
Renzi fa un’analisi diversa e pensa di tornare al Renzi 1...
«Il Renzi 1 è quello che ha portato il Pd unito alle Europee».
Cosa è successo dopo il 41 per cento alle Europee?
«Si è illuso di avere oramai vinto e di poter fare da solo ma ha finito per deludere molte delle speranze che aveva suscitato. La disillusione è stata ancora più cocente. Di fronte a misure che hanno colpito il nostro popolo, la gente si è sentita tradita. È di oggi il provvedimento che permette alle aziende di spiare mail e telefonate dei dipendenti. Speriamo che venga modificato, ma il fatto stesso che il governo del Pd possa prendere un provvedimento del genere è inquietante. Ho paura che possa alimentare nel popolo della sinistra un sentimento di estraneità e di disamore. Pensiamo a ciò che è accaduto nella scuola, dove si sono create le condizioni perché la rivolta degli insegnanti fosse uno dei fenomeni che ha caratterizzato la campagna elettorale».
Bisogna cambiare rotta, riaprire il dialogo interno?
«Sì, certo. Basta con questa finzione sui riformisti e i conservatori: tutti vogliamo le riforme. Si tratta di capire se sono le nostre riforme oppure quelle ispirate dal centrodestra. Mentre la riforma uninominale Mattarella fu una grande riforma perché creava le condizioni per una democrazia più avanzata e dava maggior potere dei cittadini, l’Italicum è una legge dirigista e plebiscitaria, pericolosamente ispirata al Porcellum. E se la sinistra fa le riforme della destra, il nostro popolo ci lascia. Colpiscono l’entusiasmo di Sacconi, che parla di vittoria culturale della destra, il sostegno di Bondi, la simpatia di Verdini. Non solo non colmano il vuoto che si crea dall’altra parte, ma rischiano persino di incoraggiare tanti a sinistra che pensano che questo non sia più il loro partito».
E dunque?
«Ci vogliono coraggio e onestà intellettuale, non si può sempre dare la colpa agli altri. Gli altri vanno rispettati. Si parla di Blair, dimenticando che fu capace di andare verso il centro, ma mantenendo il radicamento tradizionale del partito laburista. Vinse perché fu un rinnovatore e non un rottamatore».
Vede segnali di cambiamento nella gestione Renzi?
«Alcune delle dichiarazioni attribuite a Renzi in questi giorni mi hanno preoccupato perché sembrano voler dividere anziché unire. Che senso ha dire: Marino deve avere paura? Renzi è il capo del governo e il segretario del partito. Non può liquidare una situazione così complessa con una battuta. Il sindaco di Roma è in una tempesta: o lo si sostiene o si va alle elezioni. Indebolirlo e lasciarlo a se stesso non mi sembra una buona soluzione».
Renzi l’ha più visto o sentito?
«No. Ma d’altro canto capisco il rilievo dei suoi impegni e non si tratta di rapporti personali. Si tratta della necessità di un confronto serio e di un cambiamento politico, che sono indispensabili e urgenti».
Non è che fa il gufo?
«La prego... Sono preoccupato, ho paura che il Paese non ce la faccia e che, se cede il Pd, finisca preda dei populismi. Occorre ricostruire il campo del centrosinistra. In fondo Berlusconi sta cercando di fare la stessa cosa dall’altra parte. Noi non possiamo pensare che si possa andare avanti come se nulla fosse, magari con i voti di Verdini. Non credo che quei voti ci riporteranno i milioni di voti persi tra la nostra gente. Vorrei garbatamente farlo presente a Palazzo Chigi».
Il titolo del Corriere è
"Se cede il PD, Italia preda dei populismi/Ora si deve riaprire il dialogo interno al partito".
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Il sorriso sotto i baffi c’è, ma è amaro: «Oramai lo dico senza alcuna vis polemica... Non partecipo più alle riunioni del Pd. Non mi arrabbio neanche più, sono preoccupato. Se si spezza il legame tra il Pd e la sua gente viene meno un punto di tenuta che ha retto finora. E rischiamo di cedere nel pieno della crisi europea, stretti tra Grecia e immigrazione».
Massimo D’Alema è appena tornato da un convegno a Tunisi.
«Ovunque vado, fuori dall’Unione, mi colpisce l’impressionante caduta di immagine dell’Europa. C’è una crescente disillusione. Sull’altra sponda del Mediterraneo vengono apprezzati gli sforzi fatti dall’Italia con “Mare Nostrum” e altre iniziative, ma quando descrivono ciò che i loro cari trovano nel nostro Paese, allora il racconto cambia: sfruttamento, ingiustizia, prevaricazione. C’è molto turbamento per l’incapacità dell’Europa a fronteggiare un’emergenza che riguarda alcune decine di migliaia di persone».
Potrebbero arrivare centinaia di migliaia di immigrati.
«Se non si riescono a gestire poche decine di migliaia di persone e si diffondono immagini di abbandono, degrado, mancanza di controllo, è naturale che aumenti la paura, ma ciò dimostra un impressionante vuoto di classe dirigente. Durante la drammatica crisi del Kosovo ci furono 300 mila profughi, ma non vi fu questo stato di tensione. È vero che era un’Europa forte, dove c’era una comunità di valori solidali e condivisi. Governava la sinistra».
Anche oggi in Francia e in Italia è la sinistra che governa.
«In Francia è una sinistra tallonata da Marine Le Pen, mentre l’Italia fa quel che può, stretta tra una legge folle, la Bossi-Fini, che produce clandestinità e respinge l’immigrazione di qualità, e la mancata gestione del fenomeno. In questo quadro, la sinistra rischia la sconfitta: non può affrontare il problema accodandosi ai populismi. Rischia di perdere senza combattere. In gioco ci sono i valori di accoglienza e solidarietà della democrazia europea».
Sulla quale pesa anche il caso Grecia.
«Sì, infatti, è l’altra grande emergenza che, se non risolta, non solo avrà risvolti economici devastanti, ma causerà anche una nuova ondata antieuropea. Se la Grecia non sarà salvata, il cittadino medio penserà che l’Europa feroce dei banchieri ha voluto schiacciare chi si è ribellato all’austerità in nome della sopravvivenza».
Arriviamo alla politica italiana.
«Quello che è avvenuto è più che un campanello d’allarme. Ho letto dichiarazioni che attribuiscono responsabilità alle primarie, ai candidati. Ma come? Una volta le primarie facevano vincere e ora fanno perdere? Tutto questo non c’entra nulla. Quando c’è una tendenza che si manifesta in tutto il Paese e con tutti i candidati, salvo eccezioni, si è di fronte ad un fatto politico. Non ci vuole un grande analista per capirlo: una parte grande del nostro elettorato ci ha abbandonato e il crollo della partecipazione al voto è stato particolarmente forte nelle Regioni rosse».
Facciamo un breve elenco dei mali che affliggono il Pd.
«Il fatto più grave? Tanti militanti e dirigenti hanno abbandonato il partito negli ultimi mesi e anziché capire che questo era il segno di un distacco progressivo di una parte importante dell’insediamento storico della sinistra, si è reagito con un atteggiamento sprezzante che ha finito per radicalizzare un sentimento negativo verso il Pd».
Renzi fa un’analisi diversa e pensa di tornare al Renzi 1...
«Il Renzi 1 è quello che ha portato il Pd unito alle Europee».
Cosa è successo dopo il 41 per cento alle Europee?
«Si è illuso di avere oramai vinto e di poter fare da solo ma ha finito per deludere molte delle speranze che aveva suscitato. La disillusione è stata ancora più cocente. Di fronte a misure che hanno colpito il nostro popolo, la gente si è sentita tradita. È di oggi il provvedimento che permette alle aziende di spiare mail e telefonate dei dipendenti. Speriamo che venga modificato, ma il fatto stesso che il governo del Pd possa prendere un provvedimento del genere è inquietante. Ho paura che possa alimentare nel popolo della sinistra un sentimento di estraneità e di disamore. Pensiamo a ciò che è accaduto nella scuola, dove si sono create le condizioni perché la rivolta degli insegnanti fosse uno dei fenomeni che ha caratterizzato la campagna elettorale».
Bisogna cambiare rotta, riaprire il dialogo interno?
«Sì, certo. Basta con questa finzione sui riformisti e i conservatori: tutti vogliamo le riforme. Si tratta di capire se sono le nostre riforme oppure quelle ispirate dal centrodestra. Mentre la riforma uninominale Mattarella fu una grande riforma perché creava le condizioni per una democrazia più avanzata e dava maggior potere dei cittadini, l’Italicum è una legge dirigista e plebiscitaria, pericolosamente ispirata al Porcellum. E se la sinistra fa le riforme della destra, il nostro popolo ci lascia. Colpiscono l’entusiasmo di Sacconi, che parla di vittoria culturale della destra, il sostegno di Bondi, la simpatia di Verdini. Non solo non colmano il vuoto che si crea dall’altra parte, ma rischiano persino di incoraggiare tanti a sinistra che pensano che questo non sia più il loro partito».
E dunque?
«Ci vogliono coraggio e onestà intellettuale, non si può sempre dare la colpa agli altri. Gli altri vanno rispettati. Si parla di Blair, dimenticando che fu capace di andare verso il centro, ma mantenendo il radicamento tradizionale del partito laburista. Vinse perché fu un rinnovatore e non un rottamatore».
Vede segnali di cambiamento nella gestione Renzi?
«Alcune delle dichiarazioni attribuite a Renzi in questi giorni mi hanno preoccupato perché sembrano voler dividere anziché unire. Che senso ha dire: Marino deve avere paura? Renzi è il capo del governo e il segretario del partito. Non può liquidare una situazione così complessa con una battuta. Il sindaco di Roma è in una tempesta: o lo si sostiene o si va alle elezioni. Indebolirlo e lasciarlo a se stesso non mi sembra una buona soluzione».
Renzi l’ha più visto o sentito?
«No. Ma d’altro canto capisco il rilievo dei suoi impegni e non si tratta di rapporti personali. Si tratta della necessità di un confronto serio e di un cambiamento politico, che sono indispensabili e urgenti».
Non è che fa il gufo?
«La prego... Sono preoccupato, ho paura che il Paese non ce la faccia e che, se cede il Pd, finisca preda dei populismi. Occorre ricostruire il campo del centrosinistra. In fondo Berlusconi sta cercando di fare la stessa cosa dall’altra parte. Noi non possiamo pensare che si possa andare avanti come se nulla fosse, magari con i voti di Verdini. Non credo che quei voti ci riporteranno i milioni di voti persi tra la nostra gente. Vorrei garbatamente farlo presente a Palazzo Chigi».
mercoledì 17 giugno 2015
Rossi (governatore Toscana): vince chi occupa il Centro ma non perde a Sinistra
Se a qualcuno può interessare, fra le figure emergenti e pensanti del Centro-Sinistra, oltre al mitico Barca, c'è il governatore della Toscana Rossi, che in questa intervista a Repubblica, uscita stamattina, mostra di che pasta è fatto e i ragionamenti sensati da portare avanti in quest'area politica tanto sofferente.
MV
FIRENZE. "Il partito della nazione? Per il Pd finisce prima di cominciare. È il caso invece di provare ad essere il partito della sinistra nuova ". Enrico Rossi, governatore della Toscana rieletto col 48 per cento, apre una discussione sulla natura e il destino dei Democratici.
Renzi dice che l'Italia è un paese moderato dove vince chi occupa il centro.
"E io aggiungo che vince chi occupa il centro ma non perde a sinistra. Sarebbe un grave errore ignorare la delusione che emerge dall'astensione record e dai tanti segnali di disagio della società".
Alle Europee il Pd aveva fatto centro. Che è successo poi?
"Allora era stata importante la forza innovativa del leader ma ancora più decisiva la scelta di stampo laburista degli 80 euro in busta paga. Dopo un anno di riforme è inevitabile scontentare parte dell'elettorato ma non bisogna accentuare la frattura".
Pensa a scuola e sindacati?
"Il rapporto con i sindacati è vitale per una forza di sinistra, non perché si debba sempre dare ragione a loro ma perché sono importanti. Il Pd deve costruirsi un'idea delle forze sociali con cui dialogare prioritariamente. Esiste un mondo del lavoro che è fatto di capitani di industria che investono sull'innovazione e di lavoro dipendente. Vorrei che nelle fabbriche si parlasse di introdurre modelli di cogestione e compartecipazione, i tempi ormai sono maturi in un paese vocato all'export. Queste elezioni denunciano la necessità di avere un profilo culturale più forte in campo sociale. Non è un caso che tutti aspettiamo l'enciclica del Papa. Anche la politica ha bisogno di avere una filosofia alle spalle. E il centrodestra vince ancora perché è capace di conservare la sua egemonia culturale di fronte ad emergenze come quella dell'immigrazione".
Il Pd paga le sue divisioni?
"Sono contrario alle divisioni, è giusto discutere ma poi ci si adegui al voto della maggioranza. Altrimenti non siamo un partito. Servono organi dirigenti più snelli, un maggiore radicamento nel territorio e un vero coinvolgimento degli iscritti. Per me non va bene il partito all'americana che lavora in vista delle primarie
Perché non ospiti i profughi a casa tua?
Nel nostro piccolo a Crescentino, durante il mio mandato, abbiamo molto discusso di questi argomenti, a proposito della situazione locale. Sono sempre stata incornata e tanto più mi fa piacere pubblicare, dal mio giornale "La Stampa" questo "Buongiorno" di Gramellini del 17 giugno.
Mentre scrivevo queste note, non avevo ancora letto il blog di Mauro Novo, dal quale vengo a scoprire che l'attività prevalente in Comune (e di Arlotta) in questo momento consiste nel negare l'arrivo di profughi che altre cittadine dei dintorni hanno accolto, come se si trattasse di appestati e sicuri delinquenti pronti a tutto. Mi dispiace molto vedere il mio Paese così sulla difensiva, e privo di quello spirito che dovrebbe contraddistinguere noi umani. Penso anche, detto per chi crede in Dio e va a Messa, che Papa Francesco darebbe volentieri un calcio nel sedere a tutti quelli che la pensano così, e a quelli che spargono terrore uno anche più forte.
Cheers
Marinella
MASSIMO GRAMELLINI
Al tranello della demagogia («Perché non ospiti i profughi a casa tua?»), Cecilia Strada di Emergency ha risposto con le parole della laicità: «E perché dovrei? Vivo in una società e pago le tasse anche per aiutare chi ha bisogno. Ospitare un profugo è carità. Creare accoglienza con le tasse è giustizia». È tipico di una certa Italia refrattaria allo Stato evadere il fisco per poi salvarsi l’anima organizzando collette per i bisognosi. La stessa Italia che accusa di incoerenza chiunque si batte a favore di un mondo più equo, in base alla curiosa idea che per essere autorizzati a farlo sia necessario indossare il saio di san Francesco. L’obiezione a cui Cecilia Strada ha replicato da par suo è di una stupidità contagiosa. Per dire: io sono favorevole ai matrimoni gay, ma non per questo ho mai preso in considerazione l’ipotesi di sposare un uomo, a parte forse Paolino Pulici.
Nemmeno le tasse, qualora venissero finalmente pagate da tutti, basterebbero però a creare il mondo perfetto, altrimenti non ci sarebbe bisogno di Emergency. La solidarietà serve, anche se si esprime in modi diversi. Aprendo le porte, ma anzitutto le teste. Come fanno i Salvini a ridurre l’esodo biblico di migliaia di esseri umani a pretesto per battute da bar? Nessuno ha la soluzione in tasca ed è comprensibile che i residenti impoveriti si sentano minacciati nei loro residui diritti da masse di persone ancora più disgraziate di loro. Per questo gli andrebbe almeno spiegato che i profughi a cui la polizia di Ventimiglia mette le mani in faccia non sono invasori o terroristi, ma fuggitivi con l’unica colpa di volere restare vivi. Il racconto della verità è oggi la prima opera di carità.
martedì 16 giugno 2015
Da Gad Lerner il punto su Renzi nel dopo-ballottaggio (e niente da stare allegri)
Parlando con molte persone, mi sono resa conto di quanto sia approssimativa l'informazione sugli accadimenti nel fronte politico dopo il ballottaggio, per la mancanza di possibilità o/e ti tempo nel leggere i giornali. Così ho cercato una sintesi su quanto scrivono i principali quotidiani italiani il 16 giugno, e l'ho trovata nel blog di Gad Lerner che prendo a prestito. Sperando che sia utile ad arricchire i ragionamenti delle persone interessate (e per non raccontarci delle palle fra noi mentre chiacchieriamo al bar).
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“Certezze perdute e illusioni”, “Matteo senzaterra”, domande sulla sconfitta bruciano. Le prime pagine di “Corriere della Sera”, “La Repubblica” e “La Stampa” evidenziano la delusione e il cambiamento di clima che si registra nei confronti di Matteo Renzi.
Dopo il pareggio delle regionali, la sconfitta ai ballottaggi ha reso evidente l’impopolarità del presidente del Consiglio. Matteo Renzi è ancora il leader politico più apprezzato dagli italiani, ma il suo vantaggio nei confronti degli avversari è inferiore rispetto alle aspettative.
In particolare della grande stampa, che in questi mesi ha sostenuto, più o meno apertamente, l’iniziativa del governo.
Dal “Corriere” sono giunte critiche anche molto dure su singoli punti, ma l’appoggio della grande stampa verso l’esecutivo non è mai stata in discussione. Le regionali e le amministrative hanno però raccontato un’Italia diversa, dove è maggioritaria l’opposizione a Renzi, e dove il centrodestra è competitivo con il PD, tanto da batterlo in “roccaforti” come Liguria, Venezia, Arezzo e così via.
L’editoriale del direttore del Corriere Della Sera, Luciano Fontana, chiarisce questo mutamento di prospettiva.
“ I ballottaggi nei Comuni e il risultato nelle sette Regioni che hanno votato quindici giorni fa consegnano un panorama politico nuovo. È accaduto qualcosa che era molto difficile prevedere nei mesi in cui si discuteva in Parlamento di nuova legge elettorale e riforme costituzionali. La sfida al Pd, al suo 40,8 per cento conquistato alle Europee, sembrava impossibile: per l’opposizione di centrodestra e per ogni altra”.
Sulla Repubblica, il direttore Ezio Mauro è ancora più duro, visto che egli non solo sottolinea la debolezza del PD e la sua sconfitta, ma la ritiene favorita dalla strategia renziana di inseguimento del centro e di scontro con la sinistra. “ Avevamo avvertito che le regionali erano una vittoria numerica, ma una chiara sconfitta politica. Adesso la crisi del Pd, nonostante i successi a Mantova, Lecco, Segrate, Trani e Macerata, è anche numerica ed è davanti agli occhi di tutti: negarla è impossibile per cinque ragioni evidenti. L’astensione che supera il 50 per cento anche in elezioni comunali conferma che l’incantamento è rotto e il renzismo si deve guadagnare il pane nella lotta di tutti i giorni, senza rendite di posizione: diventa uguale agli altri. L’inseguimento del partito della nazione ha lasciato sguarnito il fianco di sinistra, e la disaffezione si vede e soprattutto si conta. La rincorsa al centro arranca perché il cambiamento ristagna. Il Pd è il luogo del conflitto e non delle idee, del risentimento e non del sentimento di una sinistra moderna”.
Anche Massimo Gramellini, firma prestigiosa de “La Stampa”, dedica un’intervista post elettorale al presidente del Consiglio dai tratti più spigolosi rispetto al recente passato, evidenziando punti critici e difficoltà del leader PD.
La presa di distanza della grande stampa appare un primo segnale interessante della rottura della “pax renziana” siglata con la straordinario 41% delle europee. Un anno fa Renzi sembrava destinato a un dominio lungo, mentre solo un anno dopo il centrodestra è già tornato davanti al centrosinistra nel conteggio del voto delle regionali. La grande stampa ne prende atto.
Le elezioni, Renzi nella polvere, Barca che dà speranza...
Volevo pubblicare quest'intervista da Repubblica ieri, ma dovevo andare a Roma e non ho avuto tempo. 24 ore dopo, il mondo sembra cambiato. La batosta del PD alle amministrative che obbligherà la direzione a cambiare tiro, l'astensione tremendissima, la perdita di Venezia, le malizie del neo sindaco Brugnaro che da destra dice "Renzi è solo contento della mia vittoria", mi mandano il morale sotto le ascelle: finirà mai, questa deriva del tanto peggio tanto meglio? Io non ci credo, che Renzi sia contento.
Qualcosa deve cambiare, una tendenza va invertita. Chi ci sta lavorando con lodevole onestà è l'ex ministro Fabrizio Barca, alle prese con un'impresa titanica di cui parla con franchezza ammirevole.
Eccolo qui
Professor Barca, il PD è ancora di sinistra?
"lo è, anche se in questi anni ha fatto poche cose di sinistra. Nella pancia degli iscritti ci sono i valori di sinistra".
E lei tenacemente continua a credere nel PD?
"Tenacemente, è vero. E credo che la casa democratica possa essere usata da persone di sinistra per cambiare un pezzettino di mondo, luogo per luogo. E' difficile, ma un anno di lavoro in giro per il partito, ci dice che è possibile".
Però ammette la gravità dei fenomeni degenerativi come quelli di Roma...
"Il grosso della corruzione non è nel Pd. Ma il Pd romano ci ha messo del suo. Tornare indietro è difficile".
Fabrizio Barca, responsabile della mappatura dei circoli capitolini, afferma, che "corruzione e rapporti clientelari si recidono avendo il coraggio di affidare a un gruppo di giovani indipendenti, come quelli che ho reclutato, la diagnosi della diffusione del male e, se c'è, del bene. Si fa insomma una valutazione. Non bisogna sempre intervenire dopo".
A Roma tornare indietro è difficile?
"Ci siamo chiesti se Roma è l'immagine dell'Italia o il peggio dell'Italia. Di certo sono venute in risalto situazioni che si trovano anche da altre parti, ma Roma è più avanti per via di una vecchia malattia della città che è il forte peso della rendita, delle reti di potere, le cene, le telefonate, la vicinanza al centro del potere ha creato una grossa leva di ceto medio parassitario. Che non c'entra con il Pd". "Dove chiedere favori è un comportamento molto diffuso, i rischi per ogni partito diventano maggiori. Il grosso della corruzione non è nel Pd, ma il Pd ci ha messo del suo. La scivolata nella corruzione diventa più facile e si crea un brodo di coltura".
Ma girando l'Italia, cosa pensano i dem?
"Da un lato sono felici di avere una leadership forte, dall'altra si sentono afoni e incapaci di parlare con il centro".
Barca auspica che il Campidoglio non sia sciolto per mafia, "visto lo straordinario coraggio di questa amministrazione che ha chiuso la discarica di Malagrotta il più grande scandalo della città di Roma. Valga come credito".
Mai più un premier che sia segretario?
"La separazione tra partito e Stato si può sacrificare in un momento eccezionale in cui c'è un governo sinistra-destra, ma poi non più".
domenica 14 giugno 2015
Nicoletta Ravarino e il musical sull'alimentazione di tre brave maestre
Nicoletta Ravarino, da assessore all'Educazione durante la mia Amministrazione (ma anche con la consapevolezza che ogni medico ha), aveva abbracciato la causa della qualità dell'alimentazione nelle mense scolastiche, e del tipo di cibi che in generale i bambini mangiano. Un argomento che va per la maggiore oggi, dall'America a qui, ma con il quale è molto difficile venire a patti, nel regno dei distributori di merendine zuccherose e patatine chips chips anche all'interno degli edifici scolastici.
Niente da stupirsi dunque che il suo interesse continui, anche come spettatrice di un musical didattico che è stato preparato da alcune maestre particolarmente consapevoli, alle quali va la mia ammirazione.
Qui il suo resoconto.
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Niente da stupirsi dunque che il suo interesse continui, anche come spettatrice di un musical didattico che è stato preparato da alcune maestre particolarmente consapevoli, alle quali va la mia ammirazione.
Qui il suo resoconto.
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Di Nicoletta Ravarino
Un pomeriggio davvero speciale al Teatro Angelini: i bambini della classi 4a e 4b ci hanno deliziati con " Cavolo ....che frutta", un musical che è il risultato di uno sforzo didattico per educare i bambini ad una sana e corretta alimentazione, nella quale frutta e verdura sono dei capisaldi. Atmosfera frizzante ed un entusiasmo davvero unico, quello che ha accolto le maestre Grazia D' Oronzo, Sonia Corrain e Patrizia Azzolina, che hanno condiviso il loro lavoro con bimbi, genitori, nonni ed i fans esterni dei quali faccio parte.
Bravissimi tutti nella recitazione e nella danza con le loro magliette variopinte" a tema" dipinte da una mamma artista.
L' inizio, con la tromba del piccolo Fontana con la " Pappa con il pomodoro", mi ha fatto venire la pelle d'oca, forse perché sono tornata bambina.
E' stato tutto un crescendo. Dai dialoghi ben recitati ai vari generi musicali, dal tango del carciofo del mistero, al rap della zucchina e della melanzana, al can can delle ciliegie al rock and roll dei piselli e dei fagioli, per dirne alcuni. Frutta e verdura così fanno venire la voglia a tutti.
E' proprio per questo che ci piacerebbe organizzare una replica dello spettacolo in occasione della festa dei nonni, perché tanti possano ancora apprezzare questo enorme lavoro.
La scuola, per chi non lo sapesse, sa offrire molto non solo ai bambini ma anche a noi: che a scuola non ci andiamo più da un pezzo .
sabato 13 giugno 2015
Gramellini: #Rivogliamo Matteo
Questo acuto "Buongiorno" di Massimo Gramellini, pubblicato sabato mattina su La Stampa, fa molto riflettere.
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MASSIMO GRAMELLINI
Giglio Magico, avete un problema. Il vostro Renzi sta diventando un primo ministro come gli altri. Ieri si trovava all’Expo per un incontro Italia-America Latina. Ma il Matteo di un anno fa avrebbe liquidato rapidamente la questione Morales per precipitarsi in ospedale dal ferroviere che, in un altro incontro Italia-America Latina appena avvenuto su un treno milanese, si era visto affettare il braccio sinistro da un machete. Poi Renzi è andato a un convegno istituzionale, mentre il fu Matteo si sarebbe precipitato alla stazione per rendersi conto di persona dell’emergenza del momento, i migranti che bivaccano sui binari di mezza Italia nella speranza di raggiungere un’Europa che ha chiuso loro le porte e sputato in faccia al governo italiano.
Avrebbe coordinato i soccorsi, quel Matteo, magari alzato un po’ di polvere con dichiarazioni roboanti. Ma avrebbe comunicato ai cittadini la presenza fisica dello Stato, di uno Stato giovane, energico e impegnato ad affrontare i problemi in modo anticonformista. Così avrebbe oscurato le parole d’ordine dell’antistato leghista, incarnato da quel Maroni che, da quando è finito nel tritacarne per l’assunzione delle sue amiche, ha dismesso i panni del burocrate invisibile per trasformarsi in un Salvini senza felpa che vuole mandare l’esercito a sparare sui treni.
Giglio Magico, attenzione: l’esercizio del potere ingrigisce, spolpa e fa perdere di vista l’essenziale. Chi ha plebiscitato il vostro Renzi alle primarie e dato il 40% dei voti europei al Pd lo ha fatto per avere Matteo. Se avesse voluto un leader imbalsamato si sarebbe tenuto Letta, che era più competente.
venerdì 12 giugno 2015
Umberto Eco: I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli
Ferve la polemica sulle dichiarazioni del grande scrittore e filosofo dopo la lectio magistralis all'Università di Torino in seguito al conferimento di una laurea honoris causa. Il web ribolle, dargli torto è difficile; a prendere la difesa del diritto di parola agli imbecilli è stato Gianluca Nicoletti, il cui intervento troverete più sotto: "Finalmente possiamo misurarci con il più realistico stato di imbecillità di cui da sempre è intrisa l'Umanità".
(ma sull'imbecillità, i due sono d'accordo. E nel mio piccolo pure io, grande frequentatrice dei social).
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(ma sull'imbecillità, i due sono d'accordo. E nel mio piccolo pure io, grande frequentatrice dei social).
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«I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli».
Attacca internet Umberto Eco nel breve incontro con i giornalisti nell’Aula Magna della Cavallerizza Reale a Torino, dopo aver ricevuto dal rettore Gianmaria Ajani la laurea honoris causa in “Comunicazione e Cultura dei media” perché «ha arricchito la cultura italiana e internazionale nei campi della filosofia, dell’analisi della società contemporanea e della letteratura, ha rinnovato profondamente lo studio della comunicazione e della semiotica». È lo stesso ateneo in cui nel 1954 si era laureato in Filosofia: «la seconda volta nella stessa università, pare sia legittimo, anche se avrei preferito una laurea in fisica nucleare o in matematica», scherza Eco.
La sua lectio magistralis, dopo la laudatio di Ugo Volli, è dedicata alla sindrome del complotto, uno dei temi a lui più cari, presente anche nel suo ultimo libro `Numero zero´. In platea il sindaco di Torino, Piero Fassino e il rettore dell’Università di Bologna, Ivano Dionigi. Quando finisce di parlare scrosciano gli applausi. Eco sorride: «non c’è più religione, neanche una standing ovation». La risposta è immediata: tutti in piedi studenti, professori, autorità.
«La tv aveva promosso lo scemo del villaggio rispetto al quale lo spettatore si sentiva superiore. Il dramma di Internet è che ha promosso lo scemo del villaggio a portatore di verità», osserva Eco che invita i giornali «a filtrare con un’equipe di specialisti le informazioni di internet perché nessuno è in grado di capire oggi se un sito sia attendibile o meno». «I giornali dovrebbero dedicare almeno due pagine all’analisi critica dei siti, così come i professori dovrebbero insegnare ai ragazzi a utilizzare i siti per fare i temi. Saper copiare è una virtù ma bisogna paragonare le informazioni per capire se sono attendibili o meno».
Eco vede un futuro per la carta stampata. «C’è un ritorno al cartaceo. Aziende degli Usa che hanno vissuto e trionfato su internet hanno comprato giornali. Questo mi dice che c’è un avvenire, il giornale non scomparirà almeno per gli anni che mi è consentito di vivere. A maggior ragione nell’era di internet in cui imperversa la sindrome del complotto e proliferano bufale».
Gianluca Nicoletti: "Ecco perché Eco sbaglia"
Dove andremo a finire signora mia! Adesso che Umberto Eco ci ha aperto gli occhi sul fatto che l’umanità sia popolata da legioni d’imbecilli. E’ incredibile che costoro abbiano pure diritto di parola, senza che nessuno possa metterli a tacere! S’immagini che Il professore ha detto pure che hanno lo stesso diritto di parola di un premio Nobel…Pensi signora sarebbe come se io e lei, che ci parliamo dal balcone mentre stendiamo i panni, potessimo parlare con la stessa dignità che so di un Dario Fo….Non c’è più religione veramente!
Attenzione, non è un paradosso per criticare il pensiero di quello che ritengo essere uno dei più illustri rappresentanti viventi della nostra letteratura e saggistica, anzi resto sinceramente e profondamente ammirato da tutto quello che Umberto Eco ha sinora prodotto come pensiero. Ma non riesco a reprimere la tentazione di rappresentare un’onirica ricostruzione di come potrebbe stimolare il dibattito tra due casalinghe di Voghera il pensiero che egli ha espresso in occasione del conferimento della laurea honoris causa in “Comunicazione e Cultura dei media” da parte dell’Università di Torino.
Senza nemmeno lontanamente immaginare che qualcuno possa mettere in discussione opinioni altrui su temi in fondo così legati a punti di vista personali, mi verrebbe da dire che finalmente possiamo misurarci con il più realistico tasso d’imbecillità di cui da sempre è intrisa l’umanità. Era sin troppo facile per ogni intellettuale, o fabbricatore di pensiero, misurarsi unicamente con il simposio dei suoi affini. Ora, chi vuole afferrare il senso dei tempi che stiamo vivendo è costretto a navigare in un mare ben più procelloso e infestato da corsari, rispetto ai bei tempi in cui questa massa incivilizzabile poteva solo ambire al rango di lettori, spettatori, ascoltatori. Stare buoni e zitti, leggere giornali scritti da noi, leggere libri scritti da noi, guardare programmi in tv in cui al centro eravamo noi, ascoltare lezioni che facevamo noi.
E’ finita purtroppo l’epoca delle fortezze inespugnabili in cui la verità era custodita dai suoi sacerdoti. Oggi la verità va difesa in ogni anfratto, farlo costa fatica, gratifica molto meno, ma soprattutto richiede capacità di combattimento all’arma bianca: non si produce pensiero nella cultura digitale se non si accetta di stare gomito a gomito con il lato imbecille della forza.
E’ vero, Internet è il libero scatenamento di ogni menzogna, consolidamento di ogni superstizione, sublimazione di ogni velleità. Proprio per questo la contemporaneità ci affascina, è una tigre da cavalcare per non essere da lei divorati. Pensare che ancora possano esistere gabbie capaci di contenerla e quanto di più lontano dalla realtà si possa immaginare. Non è questione di supporto del sapere di rango inferiore, può anche essere come dice il professor Eco che si ritornerà al cartaceo, ma equivarrà al ritorno al vinile, alle foto con la Polaroid, al cosplay steampunk che sogna un futuro d’ipertecnologia a vapore e abiti vittoriani. Sono nostalgie che hanno la loro gloriosa rinascita nella memoria digitale, riportano ogni folle idea del passato a un funzionale stratagemma perché quei milioni d’imbecilli possano, a loro piacere, ricostruirsi un’epica individuale, senza aver mai compiuto un gesto veramente epico in tutta la loro vita…
E allora? Chi siamo noi per negare il diritto all’imbecillità di evolvere con strumenti individuali? Non credo ai comitati di saggi, ai maestri di vita digitale che fanno dai giornali l’analisi critica della rete. Le loro sentenze avrebbero quel profumino di abiti conservati in naftalina che oggi emanano le muffe lezioncine sulla buona televisione, sul servizio pubblico, sulla qualità dei programmi, su questo è buono e questo fa male. Siamo tutti intossicati, per questo oggi l’intellettuale deve fare sua la follia del funambolo. Chi vorrebbe curare gli altri e ancora si proclama sano, è in realtà (digitalmente) già morto.
mercoledì 10 giugno 2015
Chiamparino: La posizione di Maroni sui migranti dev'essere ignorata
Mi rendo conto che sto saccheggiando Repubblica negli ultimi giorni, ma credo di avervi portato qui le interviste più interessanti, sui fatti dei quali si discute anche nella nostra piccola comunità, fra esseri pensanti. Quello dei migranti è un tema cruciale, che suscita diffidenza e negatività in molti strati della popolazione. Quel che penso io, se interessasse a qualcuno, credo sia chiaro dall'atteggiamento che ho tenuto in questi anni, aiutando tutti quelli che ho potuto anche di tasca mia, e rischiando processi, certo con l'aiutino del consigliere Mosca e dei suoi friends cofirmatari (Greppi, Speranza, non mi ricordo chi altro ma amen meglio così). Anche quello è un modo di far politica, del resto.
E comunque qui il nostro Chiamparino dice, come al solito, cose sensate sul fenomeno epocale in corso, del quale fra 100, 500 anni e oltre si parlerà sui libri di storia. E del quale noi siamo protagonisti nostro malgrado, comunque la pensiamo.
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Maroni mente sui numeri, dice Sergio Chiamparino. Dimissionario come presidente della Conferenza delle Regioni in attesa che facciano il loro ingresso i nuovi eletti, insiste perché i territori rispettino gli accordi: "Se il governo applicasse lo stesso principio che Maroni vorrebbe per i Comuni, dovrebbe tagliare i fondi alla Lombardia. Credo che la posizione del presidente lombardo vada ignorata. E si dia disposizione ai prefetti perché tutti accolgano i migranti. Se c'è un ambito in cui il centralismo è sacrosanto è proprio la gestione dell'immigrazione".
Presidente Chiamparino, al Nord si sta creando un asse forte di conservatorismo di destra che ha coinvolto anche il forzista Giovanni Toti. Si sente accerchiato?
"Per nulla, anzi mi sento piuttosto a mio agio a rappresentare un Nord che ha tradizioni di solidarietà e accoglienza, anche in Regioni come Veneto e Lombardia, dove potrebbero sentirsi poco orgogliosi per le posizioni dei miei colleghi. La politica ha anche un compito pedagogico, deve aiutare le comunità a capire che accogliendo chi fugge dalla fame e dalla guerra si svolge una funzione di alta qualità morale".
Maroni sostiene che la Lombardia è la terza regione italiana più "penalizzata". Lei dice che quei dati sono falsi. Chi ha ragione?
"Non si possono sommare immigrati e profughi. Se si conteggiano anche gli immigrati che lavorano da anni in Italia i calcoli non tornano. Questa è soltanto strumentalizzazione politica".
Nell'ultimo incontro di Anci e Regioni con Alfano, la strada indicata era opposta a quella teorizzata da Maroni: incentivi ai Comuni disponibili. A che punto siamo?
"Siamo in attesa, è un nodo importante. Basterebbe rendere più flessibile il patto di stabilità, con l'esclusione delle spese affrontate dai Comuni per l'accoglienza. Servono poi strutture da utilizzare sul modello di hub regionali, non vogliamo tendopoli. Non soluzioni a medio e lungo periodo, ma per smistamento e prima accoglienza. E tempi più rapidi delle commissioni".
Il centrodestra sostiene che la Conferenza delle Regioni è appiattita sul governo. E' così?
"Per parlare il centrodestra dovrebbe vincere le elezioni. Battute a parte, c'è un accordo dell'agosto 2014. Ribadito un mese fa con Alfano. Non è colpa mia se la maggior parte delle Regioni è guidata dal centrosinistra".
Maroni dice che Renzi dovrebbe
sbattere i pugni in Europa. Lei condivide le politiche del presidente del Consiglio?
"La battaglia di Renzi in Europa è sacrosanta e difficile. Ma per essere forti non si debbono avere defezioni in casa. Se sono proprio le Regioni più ricche a defilarsi, è un assist allo smarcamento di altri Paesi in Europa. La strategia è aprire centri di prima accoglienza nei Paesi di partenza e creare corridoi umanitari per sottrarre le persone agli scafisti".
martedì 9 giugno 2015
La direzione PD: Renzi si difende, Fassina attacca, Ranieri lascia i DEM
Ho copiato in modo un po' scrauso dal sito de La Repubblica la cronaca di quanto è successo ieri sera alla direzione del Pd, per coloro che volessero saperne di più e discutere qui o altrove...
"Abbiamo il governo di 17 Regioni su 20, difficile far capire all'estero che si pensa di aver perso...". Il premier Matteo Renzi, ha aperto in serata la direzione Pd sulle elezioni regionali, mentre fuori al Nazareno un gruppo di insegnanti protestava contro la riforma della scuola. L'analisi elettorale dà al premier-segretario l'occasione di lanciare frecciate a destra e a sinistra e respingere le accuse di chi ha visto nell'esito del voto amministrativo un risultato preoccupante per il Pd: "Ora tutto il Sud è nelle nostre mani". E sul caso Campania e il contestato candidato pd, "De Luca ha davanti delle sfide da far tremare i polsi". Ma avverte anche: "Non esiste più il voto di rendita. Abbiamo perso luoghi simbolo", dice citando ad esempio la sconfitta di Prato sei anni fa e la perdita di altri luoghi-roccaforte della sinistra italiana. "Molti campanelli d'allarme arrivano da queste elezioni".
SPECIALE ELEZIONI REGIONALI 2015
La destra leghista. "A livello nazionale c'è uno scenario suggestivo con tre opposizioni". Tre sono le opposizioni: desta, sinistra di Landini e M5s. Innanzitutto la destra, che, spiega il leader Pd alla direzione del partito, "c'è ed è ancora viva, anche se in una fase di discussione interna, in Liguria Toti ci ha preso voti al centro, ma non trova un punto di equilibrio".
La destra appare "guidata numericamente e nei contenuti da un leghismo di ritorno che non ha casa in Europa ma molta casa tra gli italiani". Che "sferra un attacco sul tema dell'immigrazione ma che ha tentato di sfondare sul tema dell'economia e non ce l'ha fatta, respinti con perdite" dagli imprenditori perché sono contro l'euro e usano parole come "chiusura", sono non credibili" anche di fronte all'Europa. E allora "usano la carta della paura", ad esempio contro gli immigrati.
Landini "demagogia pura". Un altro attacco lo riserva al fronte di sinistra, al movimento di Landini, la coalizione sociale, "destinata ad essere sconfitta" perché "sta più in televisione che sui luoghi di lavoro" e usa totem idelogici : "Vede in Marchionne il male assoluto". "Io la chiamo Coalizione asociale guardando certe facce. Se qualcuno immagina che futuro sia con Landini o Piperno, auguri. Di certo non è il mio futuro e spero che non sia nemmeno vostro futuro". "E' demagogia pura".
Reddito di cittadinanza "sbagliato". Per quanto riguarda il campo del M5S, Renzi cita il tema del reddito di cittadinanza, una "misura sbagliata e il Pd ha commesso un errore a non contrastare Beppe Grillo su questo punto durante la campagna elettorale. Il reddito di cittadinanza non è una misura universale contro la povertà. Loro (m5s, ndr) sostengono che un cittadino che ha compiuto 18 anni deve avere un tot di soldi da parte". "Una misura - ha aggiunto - che dà un messaggio diseducativo, dobbiamo provvedere a chi non ce la fa, ma dare il messaggio 'non ti preoccupare, io ti stipendio', è un errore. Avere consentito a Grillo di fare campagna elettorale con questo messaggio, anziché dire 'questo è assistenzialismo', è stato un errore da parte mia e da parte nostra".
"Basta diktat". Alla minoranza interna un colpo diretto: "Il tema non può essere che si seguono i diktat, né della maggioranza, né della minoranza. Abbiamo scelto un percorso da fare, sui temi di merito si discute", ha detto rivolgendosi a Roberto Speranza. "Chi ha votato contro la fiducia non mi può fare la ramanzina il giorno dopo". "Noi abbiamo scelto un percorso, ci confrontiamo, sui temi di merito questo partito discute, ma non si può discutere sempre. Non è che su tutti i temi ognuno fa come gli pare o peggio ancora si organizza all'interno del Pd sulle questioni di coscienza. Non ho mai visto un voto di coscienza declinato in formazioni correntizie. Non ho problemi sui numeri, posso fare la riforma della scuola anche domattina, anche spaccando il Pd ma lo riterrei un errore politico, stessa cosa sulle riforme. Se vogliamo discutere tra di noi,facciamolo, ma serve un codice di condotta interno, che va approvato, senza diktat".
Il messaggio di "speranza" del Pd questa volta non è arrivato agli elettori perché "obnubilato" dalle "polemiche interne": "Siamo gli unici che rappresentano una speranza, gli altri rappresentano delle rabbie, la speranza che tutto vada male". Alle europee, ha aggiunto, il messaggio è passato, questa volta no perché "è stato obnubilato dalle polemiche interne, a partire da ciò che è accaduto in Campania. Si sono fatte analisi tutte sul nostro ombelico". Ha aggiunto Renzi: "Si dirà: ha inciso molto anche la scuola. Permettetemi di dire che non sono d'accordo".
Scuola, Renzi: "Ho i voti ma serve discussione, prendiamoci altri 20 giorni"
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Scuola, "prendiamoci altri 20 giorni". Renzi si è soffermato molto sulla riforma della scuola: "Prendiamoci altri 15 giorni. Ma allora facciamo assemblee in tutti i circoli del Pd, entriamo nel merito. La riforma della scuola la facciamo per i ragazzi e non per assumere 200mila persone, per i ragazzi e non come ammortizzatore", riferendosi al nodo delle assunzioni della Buona Scuola. "Non accetto idea che stiamo distruggendo scuola pubblica quando abbiamo messo più soldi di tutti. E' la cosa più preziosa che abbiamo". E ancora un altro colpo alla minoranza: "Quando sento, lo dico con affetto a Stefano Fassina, persone che partecipano a una riunione di 4-5 ore qui dentro e poi escono e danno un'immagine completamente diversa, ci rimango male".
RIFORMA DELLA SCUOLA
Riforme costituzionali. E infine la riforma costituzionale, "elemento chiave della legislatura" che dà credibilità al Paese quando si siede ai tavoli internazionali. Nel merito della riforma costituzionale noi ci siamo. La disponibilità a discutere è reale. Bisogna capire per fare cosa. Per me Senato non si può riunire tutti i giorni. Diciamo come il Bundesrat, una volta al mese. Una volta ogni 20 giorni. L'importante è che non dia la fiducia". "Siamo pronti a una discussione nel merito - aggiunge Renzi - purché si faccia senza che questo sia la scusa per non mandare avanti le riforme".
"L'Italia sta recuperando confidenza e fiducia nel futuro e in questo momento ci sarebbe bisogno di un Pd che faccia il Pd e che la smette di guardarsi l'ombelico. Non è possibile che ciascuno decida cosa votare e cosa no in Parlamento come se fosse menù a la carte". Sulle riforme "si accelera, non si rallenta". "La mia segreteria ha un senso solo se si fanno le cose. Chi volesse oggi bloccare questo percorso mi tolga la fiducia in Parlamento e in direzione, ma finché ciò non avverrà noi tutti i santi giorni che restano da qui al 2018 per il governo e da qui al dicembre 2017 per il Pd, rappresenteremo l'Italia a testa alta.
Fassina: Renzi non guarda in faccia la realtà. Dopo Renzi ha parlato Stefano Fassina: "Mi aspettavo da una leadership forte maggiore capacità di guardare in faccia alla realtà ed evitare letture strumentali: non credo che possiamo dire che va tutto bene e dove non va bene è per un problema creato dalla minoranza della minoranza". E, rivolgendosi a Orlando e facendo riferimento al suo intervento, Fassina afferma: "trovo squallido che associ una lettura diversa dalla tua all'intenzione di mercanteggiare sulle poltrone". "Non ho nei miei piani di iscrivermi alla Coalizione sociale di Landini ma lasciamo stare la propaganda dei giornali di destra". ha aggiunto Fassina. "Trovo anche inaccettabile - aggiunge - pensare che Rosy Bindi sia stata mossa dall'intento di boicottare il partito e regolare i conti...Se il vertice Pd la pensa così abbiamo chiuso".
"Una parte significativa del nostro popolo non ha votato Pd per colpa di alcune svolte fatte: non so se ha valore l'accostamento dell'Economist tra Renzi e Thatcher ma sulla delega lavoro abbiamo preso la posizione elettorale del Pdl, sulla scuola i poteri dei presidi sono quelli del ddl Aprea. Se assumi i punti programmatici dei tuoi avversari poi non ti lamentare se i tuoi non ti votano", aggiungendo che un primo passo per riaprire il dialogo con il popolo del Pd "è l'apertura su alcuni nostri emendamenti sui presidi e un piano pluriennale per le assunzione".
Gianni Cuperlo: segnale urne è cambiare rotta. Dal 41 % di un anno fa al responso di oggi delle urne la "strategia" renziana esce "molto ridimensionata" e il "segnale" mandato dalle urne è quello di "cambiare rotta": La domanda che sale dal voto - ha aggiunto Cuperlo - è "dove intendiamo portare il partito e il progetto?".
Andrea Ranieri lascia il Pd ."Ho votato Pastorino ma non ho fatto perdere Paita. Io sto con i lavoratori, gli studenti e gli insegnanti. Io in questo partito non rappresento più nessuno". E' quanto ha affermato, intervenendo alla direzione del Pd, Andrea Ranieri annunciando così di lasciare i Dem.
Piero Fassino replica ai dissidenti Pd: criticità è astensionismo. "Io non condivido un leit-motiv che una serie di nostri dirigenti manifesta, cioè che il principale problema è ricomporre l'unità del Pd. Un partito che antepone sue logiche interne a ciò che sta fuori da sé è un partito che perde consensi. Non è che qualsiasi unità sia giusta, è giusta un'unità che ci fa avanzare su un programma riformista e innovatore, non un'unità che ci frena". Ha affermato il presidente dell'Anci, Piero Fassino, osservando come la "criticità del voto sia l'astensionismo. Permane sentimento di disaffezione, di malessere". "Non penso che la decisione di Bindi sia stata fatta per regolare i conti. La mia critica è più profonda io non voglio vivere in un partito che pensa che, in nome di principi morali, venga subordinato lo Stato di diritto", aggiunge Fassino facendo riferimento alla lista degli impresentabili della presidente della commissione Antimafia.
Raffaella Paita: perso elezioni in Liguria per miei errori e per "fuoco amico". "Abbiamo perso le elezioni il giorno in cui, la sera delle primarie, quando il mio avversario Sergio Cofferati, invece di riconoscere la mia vittoria e stringermi la mano ha deciso di non accettare l'esito delle primarie, ma e' uscito dal Pd descrivendoci come mafiosi e fascisti". Cosi Raffaella Paita, candidata alle regionali in Liguria, èintervenuta alla direzione Pd dicendo che la sua sconfitta è stata colpa dei suoi errori, ma anche dello "stillicidio" di accuse che le sono state rivolte. "Il fuoco amico e' arrivato anche da qui, nel corso della campagna, da esponenti di questa direzione che hanno detto in campagna elettorale che io stavo snaturando il Pd".
Scintille tra Roberto Giachetti e Stefano Fassina. L'ora tarda avrà forse influito, anche se il botta e risposta era cominciato ore prime, ma la direzione del Pd si è chiusa con uno scoppiettante botta e risposta tra Roberto Giachetti e Stefano Fassina. Giachetti prima ha criticato la minoranza sostenendo che "innaturale è stato non votare la fiducia su una riforma che volevate mandare a puttane", poi ha fatto il verso a Stefano Fassina che aveva chiesto il rimborso a tutti i pensionati dopo la sentenza della Consulta: "Che cazzo dici? Dici bugie", gli ha replicato dalla platea Fassina. "Stai sereno, primo e poi tu quanto a bugie...", ha ribattuto il vicepresidente della Camera. A tentare invano di fare da paciere il presidente Matteo Orfini che ripeteva: "Buoni, capisco che è tardi ma state buoni". Giachetti comunque è tornato a chiedere le dimissioni del sottosegretario Castiglione.
Niente voto su relazione Renzi, ma solo sul bilancio 2014. Con il voto sul bilancio del 2014 (che vede un piccolo utile di 168.000 euro e il risanamento del disavanzo), si è conclusa la riunione della direzione del Pd. Dopo la relazione del segretario si è svolto un dibattito di circa quattro ore. Nessun voto sulla relazione di Renzi, al termine, ma solo l'approvazione del bilancio.
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