(ma sull'imbecillità, i due sono d'accordo. E nel mio piccolo pure io, grande frequentatrice dei social).
MV
«I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli».
Attacca internet Umberto Eco nel breve incontro con i giornalisti nell’Aula Magna della Cavallerizza Reale a Torino, dopo aver ricevuto dal rettore Gianmaria Ajani la laurea honoris causa in “Comunicazione e Cultura dei media” perché «ha arricchito la cultura italiana e internazionale nei campi della filosofia, dell’analisi della società contemporanea e della letteratura, ha rinnovato profondamente lo studio della comunicazione e della semiotica». È lo stesso ateneo in cui nel 1954 si era laureato in Filosofia: «la seconda volta nella stessa università, pare sia legittimo, anche se avrei preferito una laurea in fisica nucleare o in matematica», scherza Eco.
La sua lectio magistralis, dopo la laudatio di Ugo Volli, è dedicata alla sindrome del complotto, uno dei temi a lui più cari, presente anche nel suo ultimo libro `Numero zero´. In platea il sindaco di Torino, Piero Fassino e il rettore dell’Università di Bologna, Ivano Dionigi. Quando finisce di parlare scrosciano gli applausi. Eco sorride: «non c’è più religione, neanche una standing ovation». La risposta è immediata: tutti in piedi studenti, professori, autorità.
«La tv aveva promosso lo scemo del villaggio rispetto al quale lo spettatore si sentiva superiore. Il dramma di Internet è che ha promosso lo scemo del villaggio a portatore di verità», osserva Eco che invita i giornali «a filtrare con un’equipe di specialisti le informazioni di internet perché nessuno è in grado di capire oggi se un sito sia attendibile o meno». «I giornali dovrebbero dedicare almeno due pagine all’analisi critica dei siti, così come i professori dovrebbero insegnare ai ragazzi a utilizzare i siti per fare i temi. Saper copiare è una virtù ma bisogna paragonare le informazioni per capire se sono attendibili o meno».
Eco vede un futuro per la carta stampata. «C’è un ritorno al cartaceo. Aziende degli Usa che hanno vissuto e trionfato su internet hanno comprato giornali. Questo mi dice che c’è un avvenire, il giornale non scomparirà almeno per gli anni che mi è consentito di vivere. A maggior ragione nell’era di internet in cui imperversa la sindrome del complotto e proliferano bufale».
Gianluca Nicoletti: "Ecco perché Eco sbaglia"
Dove andremo a finire signora mia! Adesso che Umberto Eco ci ha aperto gli occhi sul fatto che l’umanità sia popolata da legioni d’imbecilli. E’ incredibile che costoro abbiano pure diritto di parola, senza che nessuno possa metterli a tacere! S’immagini che Il professore ha detto pure che hanno lo stesso diritto di parola di un premio Nobel…Pensi signora sarebbe come se io e lei, che ci parliamo dal balcone mentre stendiamo i panni, potessimo parlare con la stessa dignità che so di un Dario Fo….Non c’è più religione veramente!
Attenzione, non è un paradosso per criticare il pensiero di quello che ritengo essere uno dei più illustri rappresentanti viventi della nostra letteratura e saggistica, anzi resto sinceramente e profondamente ammirato da tutto quello che Umberto Eco ha sinora prodotto come pensiero. Ma non riesco a reprimere la tentazione di rappresentare un’onirica ricostruzione di come potrebbe stimolare il dibattito tra due casalinghe di Voghera il pensiero che egli ha espresso in occasione del conferimento della laurea honoris causa in “Comunicazione e Cultura dei media” da parte dell’Università di Torino.
Senza nemmeno lontanamente immaginare che qualcuno possa mettere in discussione opinioni altrui su temi in fondo così legati a punti di vista personali, mi verrebbe da dire che finalmente possiamo misurarci con il più realistico tasso d’imbecillità di cui da sempre è intrisa l’umanità. Era sin troppo facile per ogni intellettuale, o fabbricatore di pensiero, misurarsi unicamente con il simposio dei suoi affini. Ora, chi vuole afferrare il senso dei tempi che stiamo vivendo è costretto a navigare in un mare ben più procelloso e infestato da corsari, rispetto ai bei tempi in cui questa massa incivilizzabile poteva solo ambire al rango di lettori, spettatori, ascoltatori. Stare buoni e zitti, leggere giornali scritti da noi, leggere libri scritti da noi, guardare programmi in tv in cui al centro eravamo noi, ascoltare lezioni che facevamo noi.
E’ finita purtroppo l’epoca delle fortezze inespugnabili in cui la verità era custodita dai suoi sacerdoti. Oggi la verità va difesa in ogni anfratto, farlo costa fatica, gratifica molto meno, ma soprattutto richiede capacità di combattimento all’arma bianca: non si produce pensiero nella cultura digitale se non si accetta di stare gomito a gomito con il lato imbecille della forza.
E’ vero, Internet è il libero scatenamento di ogni menzogna, consolidamento di ogni superstizione, sublimazione di ogni velleità. Proprio per questo la contemporaneità ci affascina, è una tigre da cavalcare per non essere da lei divorati. Pensare che ancora possano esistere gabbie capaci di contenerla e quanto di più lontano dalla realtà si possa immaginare. Non è questione di supporto del sapere di rango inferiore, può anche essere come dice il professor Eco che si ritornerà al cartaceo, ma equivarrà al ritorno al vinile, alle foto con la Polaroid, al cosplay steampunk che sogna un futuro d’ipertecnologia a vapore e abiti vittoriani. Sono nostalgie che hanno la loro gloriosa rinascita nella memoria digitale, riportano ogni folle idea del passato a un funzionale stratagemma perché quei milioni d’imbecilli possano, a loro piacere, ricostruirsi un’epica individuale, senza aver mai compiuto un gesto veramente epico in tutta la loro vita…
E allora? Chi siamo noi per negare il diritto all’imbecillità di evolvere con strumenti individuali? Non credo ai comitati di saggi, ai maestri di vita digitale che fanno dai giornali l’analisi critica della rete. Le loro sentenze avrebbero quel profumino di abiti conservati in naftalina che oggi emanano le muffe lezioncine sulla buona televisione, sul servizio pubblico, sulla qualità dei programmi, su questo è buono e questo fa male. Siamo tutti intossicati, per questo oggi l’intellettuale deve fare sua la follia del funambolo. Chi vorrebbe curare gli altri e ancora si proclama sano, è in realtà (digitalmente) già morto.
7 commenti:
Marinella, ma lei ci fa leggere le critiche di Eco per darci degli imbecilli? Non è mica bello.
C'è chi pensa di essere l'unico saggio in mezzo a un mondo di imbecilli.
Credo che ECO in massima parte abbia ragione, altrimenti non si spiegherebbe perché prima Berlusconi e Bossi ed oggi Salvini siano votati da milioni di persone.
Destra liberale
Anche questo è un interessante punto di vista, gentile signor Destra Liberale.
No resti sereno, signor Sereno. Ma non nascondiamoci che gli imbecilli fanno parte di questo mondo social (come di quello fuori, per carità)
Il problema è che il pensiero di Umberto Eco, che partiva da una domanda di Maurizio Crosetti di Repubblica, era più complesso di come è stato riportato. Per rendersene conto basta dare un occhiata al video della conferenza stampa: https://www.youtube.com/watch?v=u10XGPuO3C4 Manco a dirlo tutti i giornali hanno "sparato" una parte del discorso di Eco, decontestualizzandola dalla sua forma originale. A questo punto bisogna chiedersi chi sono gli imbecilli: gli utenti dei social network o chi distorce il ragionamento di Eco per avere due click in più sulla pagina web del giornale?
Caro Unknow, lo so avrei dovuto mettere l'intervista per intero, ma credo che alla fine il concetto resti e resti anche condivisibile, e poi così diciamo che sono i giornalisti e le logiche dei media ad essere imbecilli. Amen.
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