Laocoonte - la cui possente figura marmorea svetta ai Musei Vaticani, con i figli avvolti da serpenti - era un veggente e gran sacerdote di Troia, di cui racconta Virgilio nell'Eneide.
Dopo dieci anni di guerra senza risultati, i greci seguirono il piano di Ulisse l'astuto, e lasciarono alle porte di Troia un enorme cavallo di legno pieno di guerrieri (Ulisse compreso), fingendo di voler abbandonare la terra e tornarsene a casa.
I troiani si affacciarono convinti dello scampato pericolo, e decisero di portarsi in città quello che sembrava un dono sacrificale.
Si opposero ai più due personaggi di rilievo: Laocoonte e la profetessa Cassandra ("Verace sempre e non creduta mai"). Laocoonte si lanciò contro l'animale, considerato sacro dai troiani, e scagliò una lancia dicendo: "Timeo Danaos, et dona ferentes". Cioè: "Temo i greci anche se portano doni".
Il seguito della storia prova che aveva ragione.
(Per chi non sapesse: il cavallo fu portato dentro le mura, nella notte Ulisse e i suoi uscirono dalla pancia dell'animale e fecero stragi. Troia cadde, vinta dall'astuzia di Ulisse: perché non aveva dato retta né a Cassandra né a Laocoonte).
P.S.: e io avrei dovuto accettare in Consiglio Comunale un cosiddetto regalo dal consigliere Mosca, uno che fa sembrare Ulisse un dilettante? (anche grazie a generosi aiutini, però).
martedì 4 marzo 2014
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