martedì 4 marzo 2014

Verso l'8 marzo: perché "Sindaca" o "Ministra"

Oggi sarebbe il giorno del settantunesimo compleanno di Lucio Dalla se fosse fra noi. E' Martedì Grasso, è la sera del Consiglio Comunale a Crescentino. E' anche il giorno nel quale mancano solo 4 giorni all'8, Festa della Donna. Ho trovato sull'"Internazionale", via Twitter, una piacevole disamina sulla femminilizzazione di parole per lo più al maschile. E poiché sono di quella scuola, e sono (ancora per poco) la "Sindaca" del nostro amato paesello, vi copio-e-incollo l'articoletto. Ciauz a tutti/e.

Le parole delle donne

    Per la maggior parte dei giornali italiani Elsa Fornero è un ministro. Per noi di Internazionale (numero 927, pagine 19 e 20) è una ministra. Come darci torto? Lo sanno tutti che i nomi in -o formano il femminile in -a. Se ministra suona strano, è per una questione di abitudine: in Italia i ministri sono quasi sempre maschi.
Scegliendo il femminile riconosciamo alle donne un ruolo sociale a cui la lingua si sta ancora adeguando. Inoltre, per evitare discriminazioni, evitiamo il suffisso -essa e usiamo la forma unica al maschile e al femminile: la presidente, non la presidentessa. Senza mai dimenticare, però, che imporre parole artificiali è impossibile.
Scrivendo la professora, la studente e la poeta, non faremmo un buon servizio a nessuno. Preferiamo procedere senza forzature: rispettando le professoresse, le studentesse e le poetesse, che si sono affermate nella società e nella lingua, e incoraggiando le presidenti e le presidi, che si stanno affermando insieme alle avvocate, alle ministre e alle sindache. Ma neanche così riusciamo ad accontentare tutte le donne.
Molte preferiscono farsi chiamare ministro e avvocato. È un modo per sentirsi riconosciute per quello che fanno, a prescindere dal sesso.



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