Il 28 febbraio abbiamo deciso di organizzare una manifestazione regionale contro la crisi e per la difesa dei diritti contrattuali. Come è noto la crisi colpisce il lavoro e con esso le imprese e il reddito.
I dati del Piemonte dimostrano che per la prima volta sono coinvolti in contemporanea tutti i settori e tutte le Province. La CIGL a fine gennaio ha coinvolto circa 50 mila lavoratori ai quali vanno aggiunti i 28 mila in mobilità e i 125.000 con contratti atipici che scadono nel corso del 2009. La cassa integrazione non è ancora riconosciuta a tutti nonostante l’Accordo Stato-Regioni perché il Governo non ha ancora erogato la sua parte lasciando i territori privi di fondi e migliaia di lavoratori senza reddito.
Con i lavoratori l’effetto della crisi colpisce le imprese anche sul versante del credito che ci fa presagire in assenza di interventi efficaci ulteriori problemi di liquidità e, conseguentemente, sul reddito dei lavoratori. Il rischio è uscire dalla crisi più deboli e conseguentemente più poveri. I primi a pagarne il prezzo più alto sono i giovani, le donne, i migranti.
Dal Governo abbiamo risposte che giungono in ritardo e parziali a differenza di quanto fanno gli altri paesi europei, le risorse a disposizione sono ancora scarse. La Confindustria continua ad appoggiare le proposte del Governo il giorno prima e si dichiara insoddisfatta il giorno dopo.
C’è ancora una grave sottovalutazione del rischio che, ritardando e sbagliando le azioni per fronteggiare la crisi, da essa ne potremo uscire tutti peggio. I pesanti tagli sulla formazione delle persone, sull’Università e nella scuola sottraggono strumenti indispensabili per uscire dalla crisi e minano il welfare delle famiglie. Tutto questo anche se la Regione Piemonte e gli EE.LL. hanno dimostrato grande sensibilità e iniziative che però, senza la sponda governativa, non bastano. Le risorse possono essere reperite tassando i redditi alti (oltre i 150.000€) per ridistribuirle ai più deboli.
Non possiamo più solo stare a guardare, c’è bisogno di una risposta forte che metta al centro della crisi il Piemonte con le sue caratteristiche e le sue potenzialità, non sottacendo le gravi responsabilità del Governo centrale che, in ritardo, comincia a riconoscere la gravità della situazione.
Bisogna fare presto!! Una soluzione diversa è possibile. In questo quadro risulta ancora più evidente l’inutilità dell’adesione all’accordo separato sulla Riforma della Contrattazione. Non l’abbiamo sottoscritto perché quell’Accordo non offre nessuna tutela alle retribuzioni, né con il contratto nazionale, né con la contrattazione aziendale.
Infatti il meccanismo con cui viene calcolata l’inflazione, con la decisione di depurare l’indicatore dei prezzi dei beni energetici importati, insieme all’alleggerimento del valore punto su cui vengono costruiti i contratti nazionali, porterà ad un netto ridimensionamento del potere d’acquisto delle lavoratrici e dei lavoratori.
Ridimensionamento confermato dallo svuotamento della contrattazione aziendale che diventa la sede a cui si affida la riduzione fiscale che, come è noto, riguarda una parte esigua di lavoratori, mentre tutti sanno che la contrattazione integrativa dovrebbe aiutare a rilanciare la produttività. Nell’Accordo non esistono cenni sui temi classici della contrattazione sulla condizione di lavoro, a partire dalla organizzazione, qualità e sicurezza sul lavoro.
Se poi guardiamo alle deroghe, si capisce che potranno servire a cancellare tanti diritti con il ricatto della delocalizzazione; e, infine, l’intervento sul diritto di sciopero ci fa dire che siamo in presenza di una scelta neocorporativa in un quadro di relazioni neoautoritarie che cancellano qualsiasi barlume di concertazione oltre a mettere in discussione basilari diritti costituzionali.
La crisi non giustifica queste scelte che risultano ancora più sbagliate proprio perché cadono in una situazione economica così grave e dagli esiti ancora imprevisti. Non accettiamo che ancora una volta i lavoratori e i pensionati paghino il costo più elevato della crisi.
L’insieme di queste questioni ci fanno pensare che le risposte per affrontare l’emergenza determinata dalla crisi economica e finanziaria devono tener conto della condizione sociale dei lavoratori e dei pensionati.
Queste sono le ragioni che ci hanno spinto a lanciare l’iniziativa del 28 febbraio. Lo spirito che ci anima è quello di condividere con le Istituzioni e la società la centralità del lavoro e della condizione lavorativa come punto essenziale sul quale concentrare l’attenzione di tutte quelle persone e quelle forze che in questo ci credono, anche se non condividono tutte le nostre posizioni.
Sarebbe utile l’unità contro questa crisi che divide; l’unico modo oggi è quello di ridare ai lavoratori, alle lavoratrici, ai pensionati l’ultima parola sulle scelte attivando le procedure democratiche come già fatto in passato.
Come sempre, lo spirito che ci anima è aperto al confronto e alla ricerca di soluzioni il più largamente condivise.
Con l’auspicio di incontrarvi il 28 febbraio, cordiali saluti.
I dati del Piemonte dimostrano che per la prima volta sono coinvolti in contemporanea tutti i settori e tutte le Province. La CIGL a fine gennaio ha coinvolto circa 50 mila lavoratori ai quali vanno aggiunti i 28 mila in mobilità e i 125.000 con contratti atipici che scadono nel corso del 2009. La cassa integrazione non è ancora riconosciuta a tutti nonostante l’Accordo Stato-Regioni perché il Governo non ha ancora erogato la sua parte lasciando i territori privi di fondi e migliaia di lavoratori senza reddito.
Con i lavoratori l’effetto della crisi colpisce le imprese anche sul versante del credito che ci fa presagire in assenza di interventi efficaci ulteriori problemi di liquidità e, conseguentemente, sul reddito dei lavoratori. Il rischio è uscire dalla crisi più deboli e conseguentemente più poveri. I primi a pagarne il prezzo più alto sono i giovani, le donne, i migranti.
Dal Governo abbiamo risposte che giungono in ritardo e parziali a differenza di quanto fanno gli altri paesi europei, le risorse a disposizione sono ancora scarse. La Confindustria continua ad appoggiare le proposte del Governo il giorno prima e si dichiara insoddisfatta il giorno dopo.
C’è ancora una grave sottovalutazione del rischio che, ritardando e sbagliando le azioni per fronteggiare la crisi, da essa ne potremo uscire tutti peggio. I pesanti tagli sulla formazione delle persone, sull’Università e nella scuola sottraggono strumenti indispensabili per uscire dalla crisi e minano il welfare delle famiglie. Tutto questo anche se la Regione Piemonte e gli EE.LL. hanno dimostrato grande sensibilità e iniziative che però, senza la sponda governativa, non bastano. Le risorse possono essere reperite tassando i redditi alti (oltre i 150.000€) per ridistribuirle ai più deboli.
Non possiamo più solo stare a guardare, c’è bisogno di una risposta forte che metta al centro della crisi il Piemonte con le sue caratteristiche e le sue potenzialità, non sottacendo le gravi responsabilità del Governo centrale che, in ritardo, comincia a riconoscere la gravità della situazione.
Bisogna fare presto!! Una soluzione diversa è possibile. In questo quadro risulta ancora più evidente l’inutilità dell’adesione all’accordo separato sulla Riforma della Contrattazione. Non l’abbiamo sottoscritto perché quell’Accordo non offre nessuna tutela alle retribuzioni, né con il contratto nazionale, né con la contrattazione aziendale.
Infatti il meccanismo con cui viene calcolata l’inflazione, con la decisione di depurare l’indicatore dei prezzi dei beni energetici importati, insieme all’alleggerimento del valore punto su cui vengono costruiti i contratti nazionali, porterà ad un netto ridimensionamento del potere d’acquisto delle lavoratrici e dei lavoratori.
Ridimensionamento confermato dallo svuotamento della contrattazione aziendale che diventa la sede a cui si affida la riduzione fiscale che, come è noto, riguarda una parte esigua di lavoratori, mentre tutti sanno che la contrattazione integrativa dovrebbe aiutare a rilanciare la produttività. Nell’Accordo non esistono cenni sui temi classici della contrattazione sulla condizione di lavoro, a partire dalla organizzazione, qualità e sicurezza sul lavoro.
Se poi guardiamo alle deroghe, si capisce che potranno servire a cancellare tanti diritti con il ricatto della delocalizzazione; e, infine, l’intervento sul diritto di sciopero ci fa dire che siamo in presenza di una scelta neocorporativa in un quadro di relazioni neoautoritarie che cancellano qualsiasi barlume di concertazione oltre a mettere in discussione basilari diritti costituzionali.
La crisi non giustifica queste scelte che risultano ancora più sbagliate proprio perché cadono in una situazione economica così grave e dagli esiti ancora imprevisti. Non accettiamo che ancora una volta i lavoratori e i pensionati paghino il costo più elevato della crisi.
L’insieme di queste questioni ci fanno pensare che le risposte per affrontare l’emergenza determinata dalla crisi economica e finanziaria devono tener conto della condizione sociale dei lavoratori e dei pensionati.
Queste sono le ragioni che ci hanno spinto a lanciare l’iniziativa del 28 febbraio. Lo spirito che ci anima è quello di condividere con le Istituzioni e la società la centralità del lavoro e della condizione lavorativa come punto essenziale sul quale concentrare l’attenzione di tutte quelle persone e quelle forze che in questo ci credono, anche se non condividono tutte le nostre posizioni.
Sarebbe utile l’unità contro questa crisi che divide; l’unico modo oggi è quello di ridare ai lavoratori, alle lavoratrici, ai pensionati l’ultima parola sulle scelte attivando le procedure democratiche come già fatto in passato.
Come sempre, lo spirito che ci anima è aperto al confronto e alla ricerca di soluzioni il più largamente condivise.
Con l’auspicio di incontrarvi il 28 febbraio, cordiali saluti.
p. la Segreteria CGIL Piemonte Vincenzo Scudiere
5 commenti:
Bene che la CGIL sia tornata a fare la CIGL. un saluto
Vista la totale assenza di commenti mi pare che il lavoro non sia più un problema. Oppure questo blog è frequentato solo da altre categorie e non dai lavoratori?
Non c'è nessuno perchè il sindacato invece di difendere i lavoratori si è occupato d'altro. Pensioni, lavoro e salari, tutto il resto lo lasci alla politica.
e soprattutto il sindacato si impegna a difendere a spada tratta solamente tutti coloro che sono nel sindacato.
Non gli iscritti al sindacato ma i vari delegati aziendali, componenti del direttivo, direzioni provinciali, regionali, nazionali.
questa lettera mi sembra serve esclusivamente per invitare tutti oltre che esponenti istituzionali e di forze politiche locali a
partecipare alla manifestazione a Torino.
Non serve commento ma partecipazione
fiero di essere operaio
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